TU VUO’ FA L’AMERICANO RENZI FA LA SPALLA DI MR. PRESIDENT
OBAMA PRIMA AMMIRA PAPA FRANCESCO, POI VEDE A QUATTR ‘OCCHI IL “CARO AMICO” NAPOLITANO…. INFINE DIALOGA CON IL PREMIER CHE SI APPROPRIA DELLO SLOGAN “YES WE CAN”
“Il Presidente Obama non è solo il presidente degli Usa, ma per me una fonte di ispirazione”. Cravatta rossa, abito scuro, aria decisamente emozionata, per non dire impacciata, Matteo Renzi introduce ai giornalisti italiani e americani nella sala di Villa Madama Barack Obama.
Poche parole in un inglese scolastico che appare più stentato di altre volte.
Il momento è solenne, l’impatto sul giovane premier è forte. Accanto a lui c’è il Mito. Quello dal quale ha cercato di copiare lo stile, il look, anche “il format” nelle campagne per le primarie.
Stare vicino al mito che, magrissimo sembra alto il doppio di lui, non è facile. “Yes we can, oggi vale anche per noi”.
Insomma, è un po’ come il “#cambiaverso”
Matteo stenta a trovare una cifra. Ci prova con le battute.
Il Mediterraneo, per esempio, da “Mare nostrum” diventa “our sea”.
Non proprio una traduzione esatta, ammette lo stesso Renzi.
Insiste perchè Barack veda le bellezze di Roma e mangi del buon cibo. Ma più che altro è concentrato sull’impatto che ha sull’altro
Obama ricorda che Renzi “venne alla Casa Bianca da sindaco, ora sono ansioso di accoglierlo come premier”. Cortese, gentile.
Ma le parole più forti sono per Napolitano: “Per fortuna l’Italia ha un grande statista”. Renzi lo guarda, si muove, rotea gli occhi. Guarda la sala.
Barack gli fa la sua apertura di credito: “Sono colpito dall’energia e dalla grande visione che Matteo ha portato al suo incarico. C’è una serietà , un’ambizione: sarà tutto positivo per l’Italia, ma anche per l’Europa”. Matteo si rilassa
I due nel bilaterale si sono parlati per un’ora. Renzi era ansioso di convincere, anche per rafforzarsi sul fronte interno. Ha parlato soprattutto delle riforme costituzionali e del jobs act (come dice in conferenza stampa “l’abbiamo mutuato da lui”).
Il presidente americano ha ascoltato.
Incuriosito e disposto a concedere un po’ di credito al ragazzo che ha di fronte. Non fosse altro per la giovinezza.
Gli avrebbe addirittura detto: “Se ce la fai, per l’Europa, diventi un modello”.
Ma se con Hollande Renzi era disinvolto, con la Merkel giocava la carta della novità e della simpatia, davanti a Barack sembra il fratello minore.
Il presidente degli States è venuto a Roma per conoscere il Papa e parla quasi solo di lui (“Sono un suo grande ammiratore”).
Ci tiene a brillare della luce riflessa di Bergoglio, almeno quanto Matteo ci tiene a rifulgere della sua.
Il premier non usa l’auricolare per la traduzione . Doppia concentrazione: per seguire il ragionamento e per capire fino a che punto l’altro lo sdogana
“Mi fido del premier”, dice Obama. A proposito delle riforme, ma soprattutto delle misure sul lavoro, perchè è importante aiutare i giovani ad entrare nel mercato. Finalmente. Renzi fa sì con la testa, annuisce.
Ogni tanto, gli esce qualche smorfia. Sulle spese per la difesa la prende alla larga. “Non possiamo lamentarci del dolore del mondo se non ce ne facciamo carico. Ma verificheremo i nostri budget”.
Addio al taglio degli F35? Rispondendo all’ultima domanda, comincia in inglese, poi passa all’italiano perchè “la stampa italiana deve aver chiaro il concetto”: “La nostra economia è in grado di affrontare gli impegni in Ucraina e anche una crisi energetica”. E poi, parte con la generosità degli americani durante la Seconda guerra mondiale per spiegare che le scelte di politica internazionale non dipendono da “mere ragioni di politica economica”
Il tentativo finale di prendersi la scena per 3 minuti, mentre ribadisce che l’Italia non è “la Cenerentola d’Europa”.
Barack lo guarda gesticolare e per la prima volta sorride. Foto finale. Matteo non sa quanto si può avvicinare.
Ma Barack lo circonda con il braccio, sorride a 360 gradi.
È lui il Presidente.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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