TUTTO PRONTO PER IL “PROCESSO†STALINISTA ALLA GAMBARO: HA RIFIUTATO LA PROPOSTA DI FARE AUTOCRITICA, AVANTI IL BOIA
LA SCISSIONE DEI RIBELLI: VERSO UN GRUPPO AUTONOMO AL SENATO…. TRA URLA, PIANTI E ABBANDONI IERI SERA SI E’ ALLARGATO IL DISSENSO
La prova di forza è compiuta. Da ieri Adele Gambaro è candidata all’espulsione.
Il processo, istruito in gran fretta dall’ala dura, è in programma per lunedì pomeriggio, anche se l’ultima parola spetterà al web.
A Palazzo Madama, nel corso di una drammatica riunione, urla e porte sbattute fanno da sfondo a una frattura insanabile.
La linea dello scontro, fortissimamente voluta da Beppe Grillo, frantuma il Movimento e pone le basi per una scissione.
Una piccola pattuglia di senatori, infatti, è in contatto con ambasciatori del Pd.
L’obiettivo è raccogliere informazioni per costruire un gruppo autonomo. Come alla Camera, dove i dissidenti si sono dati appuntamento per martedì.
È la dead line, poi alcuni di loro potrebbero mollare gli ormeggi e salutare il porto grillino.
Eppure, secondo il quartier generale cinquestelle, non sarebbe dovuta finire così.
Gli ambasciatori avevano ideato un piano per siglare un armistizio. Prevedeva un incontro tra Beppe Grillo — in missione romana — e la senatrice Gambaro.
L’autocritica della parlamentare avrebbe chiuso il caso, a favore di telecamere e in nome del bene supremo del movimento. «Poche ore fa la senatrice ha incontrato Morra. Eravamo d’accordo — rivela un falco — poi ha subito pressioni e si è sfilata».
La questione è in realtà parecchio più complessa.
Perchè il leader da giorni cerca il braccio di ferro. Lo desidera. In nome della chiarezza preferisce affrontare una scissione.
«Chi non ci merita va stanato», gli sussurrano i duri e puri. Alla fine sono Morra e Crimi a mettere all’ordine del giorno la cacciata. Preannunciata da un secco tweet di Grillo: «Gambaro a giudizio».
L’accusa alla senatrice è di aver consegnato ai media «analisi politiche attaccando Grillo» e mettendo così in atto «un’azione lesiva dell’immagine e dell’attività del M5S».
Da ieri, chi vota contro l’epurazione vota contro il Fondatore.
Il problema è che la maggioranza dei senatori si batte da giorni contro misure così drastiche e ha assistito incredula all’accelerazione.
Quando inizia a circolare voce del processo, quasi tutti cadono dalle nuvole.
«Espulsione? Lo può scrivere fin d’ora — non si nasconde Maurizio Romani — io non voto contro di lei». Come lui, tanti altri.
Lo scontro è stato feroce e ha sfibrato l’infinita assemblea di Palazzo Madama.
Urla, lacrime, volti stravolti. Sul calar della serala porta della sala riunioni non riesce a trattenere l’appello di uno dei presenti, quasi disperato: «Ragazzi, vi prego, fermiamoci un attimo. Sospendiamo l’incontro. Così ci facciamo solo del male».
Vanno avanti ancora per ore. Senza risultati. E infatti l’incontro proseguirà stamane.
Ma alcuni strappi si sono già consumati e assomigliano a scelte definitive.
Perchè a summit in corso sbattono la porta i senatori Lorenzo Battista, Paola De Pin, Rosetta Blundo, Cristina De Pietro e Ivana Simeoni. Si lasciano alle spalle il gruppo.
Quello che alcuni cinquestelle intendono abbandonare.
Qualche senatore, riservatamente, ha chiesto consiglio ai più esperti colleghi del Pd. Hanno preso nota delle procedure per dar vita a un nuovo gruppo, informandosi anche delle eventuali risorse che avrebbero a disposizione.
Laura Puppato sembra confermare: «Gli addii? Sono diverse le persone a disagio».
La senatrice del Pd, d’altra parte, sogna fin dall’avvio della legislatura un governo del cambiamento con i grillini.
Anche alla Camera tira aria di resa dei conti.
Il caso Gambaro, in fondo, è il vero spartiacque del movimento. Alcuni deputati sono pronti a lasciare, forse già martedì. E molti altri difenderanno apertamente Adele.
Uno è Tommaso Curro: «Ha esercitato un suo legittimo diritto, quello di esprimere un dissenso. Posso avere qualche dubbio sui toni, ma sui contenuti condivido».
L’ala dura però tira dritto, come dimostra il capogruppo Roberto Nuti: «Certo che sono per l’espulsione, abbiamo perso già troppo tempo ».
Tommaso Ciriaco
(da “la Repubblica“)
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