INTERVISTA A EMMA BONINO: “PER LA POLITICA I MALATI NON HANNO COSCIENZA”
“NON E’ PIU’ UNA QUESTIONE CATTOLICA, E’ CHE LA STRADA DEI DIRITTI CIVILI IN ITALIA E’ SEMPRE IN SALITA”
Disobbedienza civile, non violenza, autodenuncia, sciopero della fame e della sete, referendum sono gli strumenti con cui il mondo radicale porta avanti da sempre in Italia le sue battaglie.
“La strada dei diritti civili è sempre stata in salita”, racconta a Huffington Post Italia Emma Bonino, leader radicale e testimonial da una vita della campagna su eutanasia e testamento biologico.
Sul caso di Fabiano Antoniani e il dibattito di questi giorni “la mia posizione è nota e arcinota. Il punto che solleva questa storia è chiaro: sembra che per la politica i malati non abbiano coscienza”, dice l’ex ministra degli Esteri.
Bonino, l’Italia sta facendo i conti con i diritti civili?
Vogliamo fare una lista? No, perchè è impressionante. Da una parte c’è la questione carceri, che si trascina da tempo immemore. Un ragazzo di 22 anni si è suicidato due giorni fa a Regina Coeli: pur con problemi psichiatrici, era stato portato in cella. Rita Bernardini è al 23esimo giorno di sciopero della fame per avere lo stralcio della questione carceri dalla riforma penale. Poi c’è il tema cannabis e legalizzazione. C’è la questione, appunto, del testamento biologico. Su altri piani, lo ius soli è in dirittura d’arrivo: manca il passaggio al Senato. Anche la questione dei minori non accompagnati è in dirittura d’arrivo. Insomma: una lunga lista di diritti per il momento congelati. O impantanati, ecco: alla Camera, al Senato o proprio rinviati.
Immobilismo o gioco al ribasso?
Il fatto è che il Parlamento non prende alcuna posizione. Si tratta in tutti i casi di leggi pendenti e in discussione da una vita. Gli unici due provvedimenti che ricordo ultimamente e da anni – in tema di diritti civili sono quello sulle unioni civili, nei limiti in cui è stato approvato, e quello sul divorzio breve. Punto.
Cosa pensa di queste due leggi?
Sarei stata più “aperturista”, ma intanto rappresentano un passo in avanti. Ricordo che la gestazione, per le unioni civili, è stata piuttosto lunga: dal 2006. Il punto è che, qualunque siano le motivazioni, il cittadino non è mai al centro dell’attenzione.
È possibile oggi che quest’ondata di dibattito sui diritti civili costituisca una svolta?
Ma speriamo! È quello a cui stiamo lavorando nella nostra nota o notissima solitudine. Nel frattempo, però, si accumulano non-soluzioni a problemi che sono sotto gli occhi di tutti.
Da cosa dipende questo immobilismo, secondo lei?
Non è più la questione cattolica, le assicuro. Non c’è più l’alibi della Chiesa: non è che siamo in presenza del Cardinale Ruini, per intenderci. Siamo in un altro tipo di situazione. E non credo affatto che il paese sia spaccato: semmai, è spaccata la politica. Quando sono passate le unioni civili si diceva: questa è una legge che cambierà il paese. Ma di che parlano? Il paese era già cambiato sotto ai loro occhi. E le unioni civili sono state una legalizzazione dell’esistente.
È un problema di classe dirigente o di sistema politico?
Entrambe le cose. È come se il cittadino, specialmente quello fragile, non meriti nessuna attenzione prioritaria.
Il contrasto investe anche diritti acquisiti come quello all’aborto, con il caso dell’assunzione di due medici non obiettori all’ospedale San Camillo di Roma.
Il numero degli aborti, in questo momento storico, riguarda soprattutto le immigrate, che non conoscono la legge e che magari hanno paura. Ma chi conosce la legge – io la ricordo a memoria – sa che l’articolo 9 chiarisce che gli enti ospedalieri, in caso di cure autorizzate, sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure. E la Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. Pensi che a Rovigo stanno cercando due ostetriche non obiettrici per applicare la legge 40.
A Foligno non esistono medici non obiettori. In Molise ce n’è solo uno.
Esatto. E con tutto il rispetto per l’obiezione di coscienza di chicchessia, vorrei segnalare che anche i cittadini hanno non solo la coscienza, ma anche la legge dalla loro parte.
Sembra che il problema sia l’autodeterminazione.
Il punto essenziale è esattamente questo. In caso di scelte individuali, alla fine, chi decide? La tesi è che decide in libertà e responsabilità il cittadino. Non è che può decidere il medico. Perchè mai, insomma? Il nodo dei diritti civili, da sempre, è questo.
Che prospettive vede per la questione della regolamentazione del fine-vita oggi?
Noi andiamo avanti in ogni modo. Ad esempio con iniziative di pressione sulla Camera perchè la questione del testamento biologico venga rimessa all’ordine del giorno. Quella dei diritti civili è sempre stata una strada in salita. Sempre. Con una politica molto resistente, mentre il paese è assai più avanti o comunque fa altre scelte. A volte siamo riusciti faticosamente ad ottenere dei risultati con la disobbedienza civile, a volte con il referendum. Ma non è mai stato gratuito. Con tutto il rispetto, ma c’è una società fatta di gente che ha qualche difficoltà . E verso queste persone l’attenzione è piuttosto scarsa. Siamo sempre allo stesso punto: nelle scelte complesse della vita, chi decide?
(da “Huffingtonpost”)
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