Maggio 24th, 2025 Riccardo Fucile
“COSÌ TUTTO IL CARICO FISCALE È SULLE SPALLE DEL 17% DELLA POPOLAZIONE CHE DICHIARA REDDITI DA 35 MILA EURO LORDI L’ANNO IN SU. PER PAGARE LA SOLA SANITÀ (IL DIRITTO INALIENABILE) A QUESTO 60% OCCORRE CHE QUALCUN ALTRO METTA SUL PIATTO OGNI ANNO QUASI 60 MILIARDI, MENTRE PER FINANZIARE LA SCUOLA CE NE VOGLIONO ALTRI 66, SEMPRE A CARICO DEI POCHI E DEL DEBITO…. SIAMO IN CIMA ALLE CLASSIFICHE PER EVASIONE FISCALE E CONTRIBUTIVA; PRIMI PER MALAVITA ORGANIZZATA”
La sola possibilità di conservare e migliorare la democrazia e i valori civili e sociali nei
Paesi europei e in Italia è quella di dire la verità ai cittadini, a quel popolo nel cui nome spesso la politica ha fatto disastri. Li ha fatti perché soprattutto negli ultimi 25 anni si è modificata la forma e la metodologia di cattura del consenso, sempre più basata su promesse e maggiori benefici: più servizi gratis e meno tasse per tutti.
Questo soprattutto nel nostro Paese. Con tre gravi effetti:
1) uno spaventoso aumento dei debiti pubblici che nel 2024 a livello mondiale hanno superato i 100 mila miliardi di dollari pari a circa il 100% dell’intero Pil mondiale. L’Italia si colloca ai vertici di questa poco onorevole classifica con quasi il 135% di rapporto debito/Pil e, a differenza di altri Paesi, con scarse possibilità di miglioramento.
2) Non dire la verità, anzi dire cose a volte errate ma utili per conquistare il consenso politico (i voti), ha annebbiato e confuso una parte dei cittadini che pensano sia loro diritto avere tutto e gratis. O quasi. Siamo diventati la società dei diritti e la parola doveri, che sono le fondamenta dei diritti, sembra essere sparita dal vocabolario. Ma se mancano i doveri, la sanità non funziona, i treni arrivano in ritardo, la scuola non è più maestra di vita e la società peggiora, diventa rabbiosa.
3) Il risultato è tragico e non solo in Italia: instabilità politica, estremismi. Ma anche movimenti nazionalisti ed antieuropei.
Ma quali sono le verità che andrebbero dette nel nostro Paese?
La prima: quanto può durare un Paese in cui il 60% non paga tasse, un 24% versa quelle appena sufficienti per pagarsi i servizi di base. Così tutto il carico fiscale è sulle spalle del 17% della popolazione che dichiara redditi da 35 mila euro lordi l’anno in su. Per pagare la sola sanità (il diritto inalienabile) a questo 60% occorre che qualcun altro metta sul piatto ogni anno quasi 60 miliardi, mentre per finanziare la scuola ce ne vogliono altri 66, sempre a carico dei pochi e del debito. Poi c’è tutto il resto: strade, assistenza (altri 83 miliardi di redistribuzione), funzionamento delle amministrazioni.
La seconda verità è che ci strappiamo le vesti perché nascono pochi bambini ma la verità è che su 38 milioni di italiani in età da lavoro, facciamo fatica a trovarne 24 milioni che lavorano e così siamo ultimi in tutte le classifiche Eurostat e Ocse per donne, giovani, over 55 (ne lavora solo il 57%) e totale. E meno male che ci sono gli stranieri se no la metà dei servizi turistici alberghieri, i bar, ristoranti, manutenzioni e giardinaggi, l’agricoltura, le consegne di pacchi e cibi , sarebbero fermi. Gli italiani sono brava gente ma siamo in cima alle classifiche per evasione fiscale e contributiva; primi per malavita organizzata […]
Verità scomode
Terza verità scomoda: se venissimo invasi quanti giorni resisteremmo? Tra munizioni, soldati e mezzi, forse 2 o 3 giorni? Non farebbe nemmeno in tempo ad intervenire la Nato che saremmo già ko.
Perché non dire agli italiani che se nessuno paga la sanità e la scuola non si può pretendere di avere questi servizi, visto che insegnanti, medici, infermieri, vanno pagati. Fosse il 4/6% di popolazione bisognosa lo sforzo si potrebbe fare, ma il 60% è insostenibile. Perché non dire che non ci sono le risorse se quasi 30 milioni di italiani presentano l’Isee per avere servizi gratis o a sconto
Perché lavorare se il risultato di queste mancate verità è: meno dichiari (e meno lavori in chiaro) e più soldi e servizi ti dò, mentre più dichiari e più ti tartasso di imposte e a meno servizi avrai diritto.
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Maggio 24th, 2025 Riccardo Fucile
IL FIGLIO DEL CAV, PER CERCARE DI RISOLLEVARE L’AUDIENCE, HA SPREMUTO COME UN LIMONE IL “GRANDE FRATELLO”, CHE ARRIVATO A DURARE SETTE MESI, MA ANCHE IL PUBBLICO DEL “GF” SI È GRADUALMENTE RIDOTTO … IL DISASTRO DI “THE COUPLE”
Una crisi profonda, profondissima. Mascherata e negata a lungo, ma ormai sotto gli occhi di tutti. Canale 5 sta certamente affrontando il periodo più nero della sua esistenza, lunga quarantacinque anni. […]
I numeri della prima serata raccontano di una leadership perduta per larga parte della settimana, con le uniche eccezioni rappresentate dai programmi di Maria De Filippi e, saltuariamente, dalla Coppa Italia. Poca roba rispetto alla sconfinata lista di insuccessi, titoli sbagliati e prodotti usurati, fatti proseguire per inerzia e per l’incapacità – o paura – di tentare dell’altro.
E’ con questa filosofia che il “Grande Fratello” è arrivato a durare setmesi il reality più longevo del piccolo schermo è stato spremuto come un limone. Dentro, ovviamente, è stato inserito di tutto, rendendo alla fiera della fiera la narrazione assolutamente autoreferenziale.
Il pubblico del “Gf” si è così gradualmente ridotto, isolandosi dal resto della platea televisiva che non poteva più riconoscersi in personaggi noti solo a quel determinato circuito e a dinamiche replicate senza sosta, con protagonisti – sempre gli stessi – utilizzati e riutilizzati all’infinito.
L’allarme è scattato quando in realtà nessuno voleva ascoltarlo. Ovvero quando il “Gf”, pur avendo perso centinaia di migliaia di spettatori, continuava a tenersi sopra la soglia minima di galleggiamento. “Il dato è comunque sufficiente e, oltretutto, ti consente di coprire un lungo periodo”, era la secca risposta a chi osava adoperarsi in qualche osservazione critica.
Non paghi della ‘prigionia’ da “Gf”, a Canale 5 decidevano pertanto di bissare col lancio di “The Couple”. Sulla carta un reality game con l’obiettivo del milione di euro come montepremi, nei fatti una protesi della trasmissione precedente. E, come se non bastasse, ecco pure “L’Isola dei Famosi”, propinata ad un pubblico già saturo e stanco.
La verità è che Canale 5 è finita nel tunnel quando ha cominciato ad avere il terrore di sperimentare. Meglio puntare sull’usato sicuro, anche se quell’usato risultava a tutti appannato, tranne che agli occhi di quelli di Cologno.
Un’involuzione che si può inoltre spiegare con l’epidemia di produzioni turche che hanno invaso il palinsesto. In origine fu “Il Segreto”, esploso una decina d’anni fa e collocato senza sosta e logica ad ogni ora del giorno e della notte. Poi, esaurito il tormentone spagnolo, spazio a Can Yaman e soci, con titoli come “DayDreamer”, “Terra Amara”, “Endess Love” e “Tradimento” sbattuti ovunque. Una sorta di reazione a catena che ha reso Canale 5 un ‘turchificio’ senza soluzione di continuità.
L’emblema del tramonto, probabilmente, sta nel declino ormai irreversibile della trasmissione più identificativa e longeva di Canale 5: “Striscia la Notizia”. Una graduale discesa negli inferi – sul fronte dell’Auditel – che costringe inevitabilmente la rete a guardarsi dentro, mettendo in discussione persino tradizioni incise sulla pietra e principi inossidabili siglati da prima che crollasse il Muro di Berlino.
Ma rinviare ulteriormente il momento della rifondazione significa solo perdere altro tempo prezioso.
(da agenzi)
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Maggio 24th, 2025 Riccardo Fucile
RICCARDO MAGI, SEGRETARIO DI +EUROPA, SI SCAGLIA CONTRO IL CAPO DEL CARROCCIO, CHE HA CRITICATO LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE CHE RICONOSCE I DIRITTI DEI FIGLI NATI CON FECONDAZIONE ASSISTITA ALL’ESTERO AD AVERE DUE MADRI RICONOSCIUTE DALLO STATO ITALIANO
Il giorno dopo la sentenza della Corte Costituzionale che riconosce i diritti dei figli nati
in Italia ma avuti da una coppia di donne con la Pma all’estero, arriva l’attacco ai giudici della Corte Costituzionale. «La ritengo una sentenza politica – afferma il vicepremier Matteo Salvini –. Io rivendico la libertà di amore, di affetto per tutti».
«E viva l’amore libero e consapevole – sottolinea –. Rivendico il diritto del bambino a venire al mondo se ci sono una mamma e un papà. Quindi è una
sentenza di partito, di parte, perché ci sono tantissimi giuristi che stanno sostenendo l’esatto contrario».
A puntare il dito contro i giudici è anche Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia che giudica la sentenza «un punto di svolta preoccupante» e avverte che «la Corte ha ribaltato l’impianto giuridico: da sempre è la genitorialità giuridica a fondare il dovere e la responsabilità verso il minore, non il contrario. Se passasse questo principio, qualsiasi forma di cura potrebbe trasformarsi in pretesa di status, disancorando definitivamente il diritto dalla realtà e aprendo a derive puramente ideologiche».
A rispondere è stata innanzitutto la segretaria del Pd Elly Schlein. «Ieri è arrivata una sentenza storica della Corte Costituzionale, è una bella botta per quella destra che ha fatto della discriminazione delle famiglie e dei bambini una bandiera. Evviva le famiglie omogenitoriali e i loro diritti, che andrebbero sanciti con una legge che prendo l’impegno a fare quando finalmente saremo noi al governo», è la sua promessa.
«L’escalation antidemocratica di queste ore del leader leghista è preoccupante – avverte Riccardo Magi, segretario di +Europa –: attacca il Quirinale che chiede più controlli antimafia per il Ponte sullo Stretto, attacca la Consulta bollando come politica la sentenza sui figli delle famiglie arcobaleno e, per non farsi mancare nulla, invita all’astensione ai referendum dell’8 e 9 giugno. Una deriva anti–istituzionale che dovrebbe far accapponare la pelle alla presidente Meloni, che invece tace e asseconda il suo vicepremier».
(da agenzie)
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Maggio 24th, 2025 Riccardo Fucile
ENNESINA STRAGE DI UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE CAPUANATA DA UN ASSASSINO
Una notizia drammatica arriva dalla Striscia di Gaza: come riporta la BBC, i raid israeliani delle scorse ore avrebbero colpito la casa di una pediatra, la dottoressa Alaa al-Najjar, uccidendo 9 dei suoi 10 figli. A darne comunicazione è stato l’ospedale dove lavora la donna nella città di Khan Younis, la clinica Al Tahrir del complesso medico Nasser.
Quest’ultimo ha dichiarato che uno dei figli della dottoressa, un bambino di 11 anni, e suo marito sono rimasti feriti, ma sono sopravvissuti. Graeme Groom, un chirurgo britannico che lavora nell’ospedale, ha confermato di aver operato il minore, aggiungendo che il marito della pediatra “è un medico anch’egli e non aveva alcun legame politico né militare”. Un video condiviso dal direttore del Ministero della Salute, gestito da Hamas e verificato dall’emittente britannica, mostrava piccoli corpi ustionati estratti dalle macerie dopo l’attacco a Khan Younis verificatosi venerdì. La BBC ha anche contattato l’esercito israeliano per un commento.
In una dichiarazione rilasciata sabato, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno dichiarato di aver colpito più di 100 obiettivi a Gaza nelle 24 ore precedenti. Il Ministero della Salute della Striscia ha precisato che almeno 74 persone sono state uccise nello stesso periodo. Il Dott. Muneer Alboursh, direttore del Ministero della Salute, in un post su X ha scritto che la casa della famiglia al-Najjar è stata colpita pochi minuti dopo che il marito della dottoressa, Hamdi Al Najjar, era tornato a casa dopo aver accompagnato la moglie al lavoro. servirebbe un’alluvione”
Ancora, Mahmoud Basal, portavoce della Protezione Civile di Gaza, gestita da Hamas, ha dichiarato su Telegram venerdì pomeriggio che le sue
équipe avevano recuperato otto corpi e “diversi feriti” nell’abitazione della dottoressa al-Najjar, vicino a una stazione di servizio a Khan Younis. L’ospedale aveva inizialmente pubblicato su Facebook la notizia della morte di otto bambini, poi due ore dopo ha aggiornato il numero a nove. In un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa AFP, un parente della famiglia, Youssef al-Najjar, ha dichiarato: “Basta! Abbiate pietà di noi! Imploriamo tutti i Paesi, la comunità internazionale, il popolo, Hamas e tutte le fazioni di avere pietà di noi. Siamo sfiniti a causa degli sfollamenti e della fame, basta!”.
(da agenzie)
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Maggio 24th, 2025 Riccardo Fucile
CHE C’ENTRA CON CHIARA POGGI? UNO DEI DUE RICATTATORI ORA RIVELA A “CHI L’HA VISTO” CHE LA RAGAZZA, UCCISA IL 13 AGOSTO 2007, AVEVA SCOPERTO UN GIRO DI SCANDALI SESSUALI LEGATI AL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA BOZZOLA
Chiara Poggi aveva scoperto un giro di scandali sessuali legati al Santuario della
Madonna della Bozzola, e da lì sarebbe partita la vicenda che si sarebbe conclusa il 13 agosto 2007 con la sua morte. Lo sostiene un latitante in un documento che Federica Sciarelli mostra a “Chi l’ha visto?” nella puntata del 21 maggio su Rai3.
Tutto ruoterebbe intorno a un “segreto” che la città di Garlasco custodirebbe da 18 anni. Nel giugno 2014 a Vigevano, nei locali della diocesi, un carabiniere travestito da religioso vede due uomini romeni parlare col promotore di giustizia inviato dal Vaticano per capire cosa stia succedendo.
“I due uomini chiedono al prete 250mila euro per non far scoppiare uno scandalo, e gli fanno sentire un audio del rettore del Santuario della Bozzola di Garlasco. I contenuti sono a sfondo sessuale” spiega il servizio a cura di Vittorio Romano in riferimento a presunti filmati registrati nella camera da letto del religioso, che si sarebbe intrattenuto con diversi giovani.
L’uomo in questione è Don Gregorio Vitali, che non è solo un prete ma anche un esorcista. Dal 1991 è rettore del Santuario, “luogo nel quale ogni mercoledì arrivano fedeli da ogni dove per la preghiera di guarigione e liberazione, una sorta di esorcismo in pubblico”.
È lui a fare il famoso appello all’assassino di Chiara Poggi dopo il delitto dicendo: “Mi meraviglio di come riesca a tenere dentro di sé questo macigno”.
Il religioso, inoltre, ha fondato diverse comunità di recupero per giovani in difficoltà, orfani, tossicodipendenti, alcolisti. Una di queste sorge proprio accanto al Santuario.
“Il rumeno – prosegue Romano – che chiede 250mila euro fa sentire un audio compromettente ma sostiene di avere anche video di festini in una chiavetta usb, probabilmente millanta”.
Come nasce l’inchiesta sui ricatti hot? Qualcuno denuncia? L’avvocato Roberto Grittini risponde: “Nessuno: né le parti offese, cioè i preti, né chi era a conoscenza. È stato un confidente dei carabinieri di Vigevano che,
interpellato nel contesto di un’indagine per rapina, racconta di queste anomalie nel Santuario”.
Don Gregorio, parte offesa nel processo, ammette un solo rapporto e gli viene proibito di celebrare messa. I clienti di Grittini sono stati condannati per estorsione, ma il materiale con i festini hot lo avevano davvero?
“Lo han sempre sostenuto, di fatto i video non sono mai stati forniti. C’era un audio che riproduceva conversazioni hot”. I rumeni alla fine hanno preso i soldi, ma perché è stato comprato il silenzio – ci si chiede – se i filmati non esistevano? “Evidentemente li avevano e si sentivano forti” replica l’avvocato.
Malgrado sia latitante, il programma di Rai3 è riuscito a sentire telefonicamente uno dei due: “Poggi aveva scoperto il giro e aveva detto che avrebbe parlato, da lì è partito tutto”. Parole da prendere con cautela visto il profilo criminale del soggetto e l’assenza di riscontri, come sottolinea il giornalista.
Al rientro dal filmato, Romano fa notare che quando i Carabinieri operano sul pc di Alberto Stasi eliminano il contenuto del cestino. “Questo è uno degli errori giudiziari della prima inchiesta sul delitto di Garlasco” sottolinea in collegamento dal comune pavese.
“Un errore macroscopico, quando il pc viene consegnato ai Carabinieri sovrascrivono dei dati. Sapete perché ci occupiamo del suo computer? Perché il delitto è senza movente, il giudice dice ‘Chiara era diventata scomoda, aveva scoperto una verità scomoda’, ma quale?
Si è indagato a lungo sul pc di Stasi per capire se lì ci fosse qualcosa, un segreto non divulgabile che coinvolgeva chissà quante persone. Nella perizia si legge che alcuni file di quel computer sono stati cancellati. Mentre alcuni file possono essere stati sovrascritti per errore, come fai a sbagliarti quando cancelli tutto ciò che è nel cestino?” si domanda Romano gettando un’ombra inquietante sul caso ancora irrisolto dopo 18 anni.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Maggio 24th, 2025 Riccardo Fucile
PIU’ SALE L’INFORMAZIONE, PIU’ AUMENTA IL CONSENSO: PER QUESTO I SOVRANISTI VOGLIONO CHE NON SE NE PARLI, SONO ABITUATI A PRENDERE PER IL CULO GLI ITALIANI
C’è un paradosso che attraversa silenziosamente il dibattito pubblico italiano, e il recente sondaggio di YouTrend lo mette in piena luce: la maggioranza degli italiani vuole cambiare la legge sulla cittadinanza, ma la maggioranza non la conosce.
L’indagine, presentata alla Stampa Estera a poco più di due settimane dal voto sul referendum cittadinanza, mostra che meno di un terzo degli elettori conosce con precisione i criteri attualmente in vigore per diventare italiani. Eppure, più sale la consapevolezza, più aumenta il consenso alla riforma.
Non è solo, dunque, una questione di opinioni: è una questione di informazioni, che sembrano ancora oggi scarsamente diffuse su un tema che riguarda il futuro democratico e civile del Paese. E mentre il 51% si dice favorevole alla proposta referendaria, che punta a dimezzare il periodo di residenza necessario per chiedere la cittadinanza, solo il 12% crede che sarà raggiunto il quorum.
I requisiti per ottenere la cittadinanza: solo il 28% li conosce davvero
La prima, impressionante, fotografia scattata da YouTrend riguarda il livello di conoscenza della legge: solo il 28% degli intervistati dichiara infatti di conoscere bene e nel dettaglio i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana. Il 55% afferma di conoscerne “qualcuno”, mentre il 14% ammette di non saperne nulla. Un ulteriore 3% risponde di non sapere nemmeno come rispondere.
Eppure si tratta di norme fondamentali, che incidono sulla vita di centinaia di migliaia di persone nate o cresciute in Italia ma formalmente ancora considerate “straniere”. I tre requisiti attuali, almeno dieci anni di residenza legale e continuativa, un reddito dimostrabile, l’assenza di precedenti penali, risultano poco noti: solo il requisito dei dieci anni è riconosciuto dall’81% degli intervistati, mentre quello del reddito stabile è noto soltanto al 50%. Per un italiano su due, insomma, il legame tra stabilità economica e accesso alla cittadinanza è del tutto ignoto.
Un’Italia più aperta, ma solo in teoria
Nonostante la scarsa informazione, la maggioranza assoluta degli italiani, il 52%, si dichiara favorevole ad abbassare il requisito di residenza da dieci a cinque anni; il 33% fissa come soglia ideale i cinque anni, mentre un ulteriore 16% scenderebbe addirittura sotto quella soglia: 9% basterebbero dodici mesi, per il 7% due anni. Solo il 30% difende l’attuale limite decennale, mentre un marginale 6% spingerebbe oltre, fissando il paletto a 15 o 20 anni. C’è poi un dato che va anche oltre il dato numerico: il 9% degli italiani pensa che la residenza non dovrebbe essere nemmeno un criterio. Si tratta, chiaramente, di una minoranza, ma il fatto che questa opinione esista mostra una spaccatura nel modo in cui il Paese immagina l’appartenenza.
La forbice tra conoscenza e voto: chi sa, vota sì
Il punto forse più significativo del sondaggio sta però nella correlazione tra conoscenza e opinione. Tra coloro che conoscono bene i tre criteri reali per ottenere la cittadinanza, il sostegno al referendum aumenta sensibilmente; lo stesso vale per chi sa distinguere le condizioni vere da quelle inventate, come l’obbligo di lavoro dipendente o l’origine da Paesi democratici, che la
legge non prevede. Il 60% degli intervistati che hanno deciso di andare a votare conosce correttamente la normativa. Il dato è, insomma, estremamente chiaro: l’informazione è il vero fattore abilitante della partecipazione. E dove c’è consapevolezza, cresce il consenso per la riforma. Come ha sintetizzato una delle frasi emerse in conferenza stampa: “Più conosci la legge sulla cittadinanza, più ti rendi conto che va cambiata”.
Le intenzioni di voto e il nodo del quorum
Per quanto riguardano invece le intenzioni di voto, alla domanda centrale, “Una persona residente in Italia dal 2019, senza precedenti penali e con un reddito sufficiente, dovrebbe poter chiedere la cittadinanza nel 2025?”, il 51% ha risposto sì, il 38% no, l’11% ha preferito non esprimersi. Sono numeri che mostrano una maggioranza teorica favorevole alla proposta del referendum dell’8 e 9 giugno. Ma quando il tema si sposta sulla reale possibilità di raggiungere il quorum, le aspettative si ridimensionano bruscamente: solo il 12% del campione crede infatti che si supererà la soglia del 50% + uno degli aventi diritto al voto.
Magi (+Europa): “Chi sostiene il no si sottrae al confronto”
In conferenza stampa, Riccardo Magi, segretario di +Europa e tra i promotori del referendum, ha messo in rilievo le responsabilità della politica: “Gli italiani non sono adeguatamente informati. Più cresce la conoscenza, più cresce la propensione al voto e al sì. Non c’è una conoscenza approfondita di cosa prevede la legge e chi sostiene le ragioni del no si sottrae al confronto”. Un altro aspetto sottolineato è stato il ruolo della mobilitazione dal basso: “Abbiamo raccolto 640mila firme in tre settimane e abbiamo capito che ce l’avremmo fatta quando il link del nostro referendum è finito nelle chat delle scuole, dei genitori”, ha raccontato. “Se si fornisce un’informazione concreta, cresce la propensione a votare”.
Il referendum sulla cittadinanza non è quindi soltanto un’occasione per aggiornare una legge giudicata da molti obsoleta, ma è anche un test sulla tenuta democratica dell’informazione e del dibattito pubblico in Italia.
Perché non può esserci scelta libera dove manca la conoscenza. Ed è forse proprio anche su questo terreno che si giocherà la partita decisiva delle prossime settimane.
(da Fanpage)
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Maggio 24th, 2025 Riccardo Fucile
CI ARRIVA IN SALITA, COL SUDORE, CON LA LOTTA PUNTO A PUNTO, L’AMBIENTE OSTILE… DOPO IL PAREGGIO CON IL PARMA SI SONO CREATE LE CONDIZIONI CHE A LUI PIACCIONO DI PIÙ. ORMAI LO SANNO TUTTI, NELLA PRESSIONE, NEL RUMORE DEI NEMICI, CONTE È A PROPRIO AGIO
La corsa verso i giocatori («I miei fantastici soldati»), l’urlo, l’adrenalina in circolo,
l’abbraccio fortissimo con Napoli: è scudetto al Maradona quando mancano dieci minuti alle undici della sera.
Il prodigio è avvenuto, Conte lo ha benedetto dall’alto: «Il mio capolavoro? La mia impresa più difficile: insieme ai ragazzi abbiamo fatto qualcosa di clamoroso. Se resterò? Io e il presidente siamo dei vincenti, ma diversi: intanto festeggiamo insieme…».
Il comandante arriva e vince al primo anno, in Italia è il quinto titolo della sua storia da allenatore. Dunque, scudetto a Napoli in una sera di metà primavera, in cui Antonio ha il favore del pronostico e la pressione di dover vincere per forza. Condizione ideale per lui, che deve essere sotto stress per dare il meglio. Il Maradona che urla il suo nome lo fa commuovere. Si svela, Conte: è emozionato.
Napoli lo ha incoronato, il tricolore al primo anno dopo una stagione, la scorsa, finita al decimo posto va oltre tutto, immaginazione e previsioni. Conferma i suoi record, dimostra ancora una volta che vincere è un’ossessione. Quella che te lo fa amare oppure odiare ma che di fatto lo porta nel regno degli allenatori più forti d’Europa. Ci arriva in salita, col sudore, con la lotta punto a punto, l’ambiente ostile.
D’altra parte è questo il contismo allo stato puro: vincere distruggendosi. Dopo il pareggio con il Parma si sono create le condizioni che a lui piacciono di più. Ormai lo sanno tutti, nella pressione, nel rumore dei nemici, è a proprio agio. Per 22 giornate il Napoli è stato in testa alla classifica, paradossalmente ha cominciato a perder punti (fra gennaio e febbraio) quando l’Italia del calcio iniziava a convincersi che sarebbe stato
scudetto. Quindi la rimonta, il sorpasso, inserendosi là dove gli avversari sbagliavano, la nuova caduta. L’ordine di scuderia nello spogliatoio e anche fuori: «Chi vince fa la storia, gli altri possono soltanto leggerla».
(da il Corriere della Sera)
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Maggio 24th, 2025 Riccardo Fucile
LA NOMINA AVREBBE DOVUTO COMPETERE ALLA PROSSIMA AMINISTRAZIONE, FATTA DI CORSA PER ASSICURARE LA POLTRONA A UN CONGIUNTO DELL’ASSESSORE USCENTE DI FDI
Avrebbe dovuto essere corsa dai toni composti, sulla carta: sufficientemente lontani gli sgambetti delle ultime Regionali, lontana l’inchiesta per corruzione che in Liguria ha travolto l’ex governatore Giovanni Toti
La campagna elettorale genovese, invece, la progressista Silvia Salis contro il vicesindaco reggente Pietro Piciocchi, è stata per tre mesi battaglia di giocate rischia tutto, colpi bassi, attacchi personali, scontri furiosi e scivolate in serie.
A confermarlo, e dare l’idea della posta in palio, è anche l’ultimo blitz dell’amministrazione. Un colpo di mano, già contestatissimo, che a due giorni dal voto ha portato alla nomina in quota maggioranza del posto riservato all’amministrazione nel Comitato di gestione del Porto.
Ieri, “un po’ a sorpresa”, – si ammette anche a destra, al gong del silenzio elettorale – la Città Metropolitana guidata di fatto dal facente funzioni sindaco e candidato, Piciocchi, ha comunicato la sua designazione per il Comitato di gestione dei porti di Genova e Savona, l’organo di controllo dell’Autorità portuale, che a Genova nell’ultimo anno è finita travolta dall’inchiesta per corruzione che ha decapitato la Regione.
La scelta è caduta su Davide Maresca, avvocato genovese, managing partner dello studio legale Maresca&Partners, sedi sia a Genova sia a Bruxelles
La convinzione più o meno diffusa che il compito di fare la nomina
dovesse spettare alla prossima amministrazione, aspettando per una questione di opportunità l’esito del voto di questa domenica. E il fatto che Maresca sia il fratello dell’assessore comunale uscente al Porto, Francesco, che dopo aver cambiato partiti e collocazioni politiche (è stato in Forza Italia e nella lista di Toti) a questo giro si ricandida con FdI.
“A poche ore dal voto per il sindaco di Genova, apprendiamo che la città Metropolitana ha indicato il nome per il rappresentante di Genova nel comitato di gestione dell’Autorità portuale e ha scelto il fratello di un assessore in Comune – protestano con una nota i parlamentari liguri del Pd, Valentina Ghio, Lorenzo Basso, Alberto Pandolfo e Luca Pastorino
– Una nomina che stupisce ancora di più anche perché fatta da un sindaco Metropolitano facente funzione, figura che non è neanche eletta dai cittadini e che dovrebbe limitarsi all’ordinaria amministrazione, non certo fare nomine dell’ultimo minuto solo per piazzare rappresentanti della propria parte politica. Il porto non è un poltronificio, basta con questo sistema clientelare. Genova ha bisogno di serietà e scelte che guardino al suo futuro e non agli interessi di pochi come invece questo centrodestra ha fatto finora”.
(da agenzie)
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Maggio 24th, 2025 Riccardo Fucile
IL PARTITO DI GIORGIA MELONI HA ATTACCATO ROBERTO SAVIANO (SENZA MAI NOMINARLO), CONTRAPPONENDO UNA FOTO DI GIOVANNI FALCONE E PAOLO BORSELLINO CON LA COPERTINA DI “GOMORRA”… “LANCIANO LA PIETRA E NASCONDONO LA MANO. COME I CODARDI. UN MESSAGGIO PERICOLOSISSIMO CHE PUÒ ESSERE LETTO COME LO STATO CHE ABBANDONA SAVIANO” … LA RISPOSTA ROBERTO SAVIANO A “OTTO E MEZZO”: “SONO DISGUSTATO, UN COMPORTAMENTO DA BANDA, NON DA PARTITO…”
La copertina di Gomorra di Roberto Saviano come simbolo negativo,
contrapposto all’immagine di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. È il messaggio diffuso sui social da Fratelli d’Italia nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci. Nella didascalia del post si legge: “Esempi da evitare, esempi da emulare. Diffida di chi ha migliorato la propria vita speculando sulla criminalità. Prendi esempio da chi l’ha combattuta, pagando con la vita”. Senza nominare l’autore del libro, Saviano.
All’attacco del partito della premier Giorgia Meloni replica il leader di Avs, Nicola Fratoianni: “Nel giorno in cui si ricordano le vittime di una delle stragi più efferate della mafia, come Giovanni Falcone, sua moglie e il personale di scorta, il partito della premier, sull’account ufficiale di FdI, non trova di meglio che attaccare un intellettuale come Roberto Saviano. E lo fanno senza citarlo, lanciando la pietra e nascondendo la mano.
Come i codardi. E lo fanno utilizzando le stesse argomentazioni che ricordano quelli che la camorra ha utilizzato contro Saviano […] Lo dice il partito della presidente del Consiglio, un messaggio pericolosissimo che può essere letto come lo Stato che abbandona Saviano ( e gli disegna un bersaglio sulla schiena).
Lo scrittore vive sotto scorta da anni ormai, proprio per aver avuto il coraggio di raccontare. Lo Stato dovrebbe proteggerlo. E invece…Mi auguro che Meloni intervenga il prima possibile e faccia rimuovere questo post vergognoso. E spero anche – conclude il leader di Avs – che non abbia bisogno di chissà quale indagine interna per capire cosa sia accaduto. Vergogna”
(da agenzie)
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