Dicembre 31st, 2024 Riccardo Fucile
ABBANDONATO DA UN ANNO DALLE ISTITUZIONI DEI SEDICENTI “PATRIOTI” ERA COSTRETTO A VIVERE IN STRADA
«Un impiego? Te lo offro io». Lo avevamo lasciato in Galleria San Federico, seduto su un sacco a pelo, intento a chiedere una moneta ai passanti. Ieri Andrea Baudissone, 61 anni, esodato dell’Embraco che da un anno vive in strada, ha ricevuto una visita inattesa: quella di Riccardo Gorrieri, 36 anni, imprenditore, che gli ha proposto di andare a lavorare nella sua azienda: «Ne sarei felicissimo», la risposta di Andrea.
Baudissone era stato costretto a lasciare lo stabilimento di Riva di Chieri nel 2018, a un anno dalla pensione. Da allora cercava un lavoro, ma senza successo. «Sono troppo vecchio, non mi vuole più nessuno» spiegava l’altro giorno a La Stampa. Negli ultimi tempi aveva ripulito qualche cantina e dato il bianco a casa di un amico. Niente di più. «Abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi del servizio di portierato» gli ha spiegato Gorrieri, seduto con Andrea al tavolino di un bar.
Il nuovo lavoro
L’azienda di cui è socio, la «Sicurezza 360», che si occupa si sicurezza non armata, con sede a Orbassano, nel 2025 si ingrandirà: «Un impiego perfetto per me» ha risposto entusiasta Baudissone. I due si rivedranno dopo Capodanno per definire i dettagli dell’accordo. L’obiettivo è consentire ad Andrea di iniziare a lavorare tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio.
«Ho letto la storia di Andrea su La Stampa: mi sorprende che sia stato abbandonato dalle istituzioni» dice Gorrieri. Ieri, arrivato sotto i portici del centro, ha donato a Baudissone e agli altri senzatetto una busta con una bottiglia d’acqua, un succo di frutta, un trancio di pizza e due focacce. «Aiuteremo Andrea ad arrivare a una pensione dignitosa», promette Gorrieri. Un traguardo, aggiunge, che dovrebbe rappresentare «un elemento cardine per la democrazia»
Le notti sotto i portici
«Non mi sembra vero» dice Baudissone, uno dei 537 lavoratori dell’Embraco rimasti senza impiego dopo il fallimento dell’azienda. Lui, che per quasi vent’anni aveva caricato e scaricato compressori per elettrodomestici, a suo tempo era stato spesso in prima fila nelle manifestazioni di protesta post-chiusura. Poi, dopo aver ripianto qualche debito, si era ritrovato da solo e senza un euro in tasca. Da un anno la sua casa è Galleria San Federico, nel cuore della città, dove trascorre la notte insieme a una ventina di senzatetto.
La solidarietà
«Sono felice – ha aggiunto ieri – Ma lo sarei ancora di più se aiutassi anche lui». Nel dirlo all’imprenditore, Baudissone ha indicato Giacomo Boetto, 55 anni, ex consulente finanziario, uno degli “invisibili” di Galleria San Federico, che vive in strada con la mamma di 84 anni e il loro cane malato, Sky: «Sono loro, ora, la mia famiglia» spiega Andrea.
«Troverò un posto anche a te» ha assicurato Gorrieri, rivolgendosi a Boetto. Finito il caffè, ha salutato tutti ed è entrato in farmacia, dove ha acquistato una medicina per Sky. Oggi, assicura, la porterà in Galleria.
(da La Stampa)
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Dicembre 31st, 2024 Riccardo Fucile
SETTE IN SALVO, SI CERCA NELLA NOTTE DI TROVARE SUPERSTITI
Naufragio davanti alle coste di Lampedusa. Sette migranti sono stati tratti in salvo dai finanzieri arrivati in soccorso con una motovedetta. Fra i superstiti c’è pure un bambino di 8 anni. Venti persone, invece, fra cui 5 donne e 3 bambini, sono ritenuti dispersi.
I sopravvissuti (oltre al bambino due siriani, due sudanesi e due egiziani) hanno raccontato di essere partiti ieri dal porto libico di Zuwara, il loro barchino è colato a picco sotto costa. I sopravvissuti sono stati portati tutti all’hotspot di contrada Imbriacola. Le loro condizioni di salute sono buone.
Il bimbo di 8 anni è stato salvato da un parente che, dopo il naufragio, lo ha tenuto stretto impedendo che annegasse. Il piccolo, secondo la prima ricostruzione, durante la traversata avrebbe perso la madre, travolta dalle onde dopo l’affondamento del loro barchino. Insieme avrebbero voluto raggiungere la Germania dove si trovava già il padre che, all’hotspot, ha ricevuto la videochiamata del piccolo.
“Non sono riusciti a toccare terra. Sapere che questi poveretti c’erano quasi, ma non sono riusciti ad arrivare fa ancora più impressione. Spero tanto, lo dico ogni volta, ma oggi in concomitanza con la fine dell’anno è una speranza fortissima, che questa tragedia sia davvero l’ultima”. Lo ha detto il sindaco di Lampedusa e Linosa, Filippo Mannino, apprendendo del naufragio avvenuto sotto la costa della maggiore delle isole Pelagie. Mannino, in questi minuti, sta cercando informazioni sul piccino sopravvissuto e sulle sue condizioni di salute.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2024 Riccardo Fucile
“AMA L’ITALIA ANCHE CHI NON E’ NATO QUI MA FA PROPRI I VALORI COSTITUZIONALI E LE LEGGI”
Care concittadine e cari concittadini,
questo nostro incontro tradizionale mi consente di rivolgere l’augurio più sincero a tutti voi, a chi si trova in Italia e agli italiani che sono all’estero.
Stiamo vivendo come ogni fine anno ore di attesa per un tempo nuovo che viene e che speriamo migliore.
Ore in cui cerchiamo la serenità rinsaldando i nostri rapporti. Nelle nostre comunità, nelle famiglie, nelle amicizie. Facciamo i nostri auguri e ne riceviamo. Non è soltanto un rito, è la dimostrazione della nostra natura più autentica, quella che ci chiama alla relazione con gli altri.
Lo facciamo, dobbiamo farlo tanto più in quanto viviamo momenti difficili. Quando migliaia di vittime civili delle guerre in corso turbano tragicamente le nostre coscienze.
Nella notte di Natale si è diffusa la notizia che a Gaza una bambina di pochi giorni è morta assiderata.
Nella stessa notte di Natale feroci bombardamenti russi hanno colpito le centrali di energia delle città dell’Ucraina per costringere quella popolazione civile al buio e al gelo.
Gli innocenti rapiti da Hamas, e tuttora ostaggi, vivono un secondo inizio di anno in condizioni disumane.
Queste forme di barbarie non risparmiano neppure il Natale e le festività più sentite.
L’appello per la pace
Eppure mai come adesso la pace grida la sua urgenza.
La pace che la nostra Costituzione indica come obiettivo irrinunziabile, che l’Italia ha sempre perseguito, anche con l’importante momento quest’anno della presidenza del G7. La pace di cui l’Unione Europea è storica espressione.
La pace che non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri Paesi con le armi, ma la pace del rispetto dei diritti umani, la pace del diritto di ogni popolo alla libertà e alla dignità.
Perché è giusto. E – se questo motivo non fosse ritenuto sufficiente – perché è l’unica garanzia di una vera pace, evitando che vengano aggrediti altri Paesi d’Europa.
Questo è, quindi, il primo augurio che tutti ci rivolgiamo. Che il nuovo anno porti vera pace ovunque
Interpreto, in queste ore, l’angoscia di tutti per la detenzione di Cecilia Sala. Le siamo vicini in attesa di rivederla al più presto in Italia.
Quanto avviene segnala ancora una volta il valore della libera informazione. Tanti giornalisti rischiano la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai confini dell’Europa, in Medio Oriente e altrove. Spesso pagano a caro prezzo il servizio che rendono alla comunità.
La notte di Natale Papa Francesco – cui invio auguri pieni di riconoscenza – ha aperto il Giubileo, facendo risuonare nel mondo il richiamo alla speranza.
Quelle di questa sera sono ore di speranza nel futuro, nell’anno che viene.
Tocca a noi saperla tradurre in realtà.
Coltivare la fiducia
Cosa significa concretamente coltivare fiducia in un tempo segnato, oltre che dalle guerre, da squilibri, da conflitti?
Vi è bisogno di riorientare la convivenza, il modo di vivere insieme.
In questo periodo sembra che il mondo sia sottoposto a una allarmante forza centrifuga, capace di dividere, di allontanare, di radicalizzare le contrapposizioni.
Sono lacerate le pubbliche opinioni.
Faglie profonde attraversano le nostre società.
La realtà che viviamo ci presenta contraddizioni che generano smarrimento, sgomento, talvolta senso di impotenza.
A livello globale aumenta in modo esponenziale la ricchezza di pochissimi mentre si espande la povertà di tanti.
La crescita della spesa in armamenti, innescata nel mondo dall’aggressione della Russia all’Ucraina – che costringe anche noi a provvedere alla nostra difesa – ha toccato quest’anno la cifra record di 2.443 miliardi di dollari. Otto volte di più di quanto stanziato alla recente Cop 29, a Baku, per contrastare il cambiamento climatico, esigenza, questa, vitale per l’umanità. Una sconfortante sproporzione.
Lavoro, sanità, disuguaglianze
Luci e ombre riguardano anche la nostra Italia.
La scienza, la ricerca, le nuove tecnologie aprono possibilità inimmaginabili fino a poco tempo addietro per la cura di malattie ritenute inguaribili. Nello stesso tempo vi sono lunghe liste d’attesa per esami che, se tempestivi, possono salvare la vita. Numerose persone rinunciano alle cure e alle medicine perché prive dei mezzi necessari.
I dati dell’occupazione sono incoraggianti. Resistono tuttavia aree di precarietà, di salari bassi, di lavoratori in cassintegrazione.
L’export italiano registra dati positivi, e così il turismo. Segno che il Paese esercita una forza di attrazione, che va anche al di là delle sue bellezze naturali, delle sue città d’arte, della sua cultura.
Con questo aspetto confortante stride il fenomeno dei giovani che vanno a lavorare all’estero perché non trovano alternative, spesso dopo essersi laureati.
Tra Nord e Sud c’è una disuguale disponibilità di servizi. Continua il pericolo dell’abbandono delle aree interne e montane.
Colmare queste distanze. Assicurare una effettiva pienezza di diritti è il nostro compito.
Il mutamento del clima incide decisamente anche sugli eventi meteo che subiamo in Italia: ne abbiamo ripetute testimonianze. Le alluvioni non possono più essere considerate fatti straordinari. Sono frequenti e vanno quindi prevenute con lungimiranza, rimuovendo le condizioni che provocano sciagure.
Dalla parte dei giovani
Un’attenzione particolare richiede il fenomeno della violenza. Tocca tutto il mondo ma diviene ancor più allarmante quando coinvolge i nostri ragazzi.
Bullismo, risse, uso di armi. Preoccupante diffondersi del consumo di alcool e di droghe, vecchie e nuove, anche tra i giovanissimi. Comportamenti purtroppo alimentati dal web che propone sovente modelli ispirati alla prepotenza, al successo facile, allo sballo.
I giovani sono la grande risorsa del nostro Paese. Possiamo contare sul loro entusiasmo, sulla loro forza creativa, sulla generosità che manifestano spesso. Abbiamo il dovere di ascoltare il loro disagio, di dare risposte concrete alle loro esigenze, alle loro aspirazioni.
La precarietà e l’incertezza che avvertono le giovani generazioni vanno affrontate con grande impegno anche perché vi risiede una causa rilevante della crisi delle nascite che stiamo vivendo.
Si intrecciano, quindi, straordinarie potenzialità e punti di debolezza da risolvere. Impegniamoci per una comune speranza che ci conduca con fiducia verso il futuro.
L’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani ha scelto, come parola dell’anno, «rispetto».
Il rispetto verso gli altri rappresenta il primo passo per una società più accogliente, più rassicurante, più capace di umanità. Il primo passo sulla strada per il dialogo, la collaborazione, la solidarietà, elementi su cui poggia la nostra civiltà.
I morti sul lavoro e i femminicidi
Rispetto della vita, della sicurezza di chi lavora. L’ultima tragedia pochi giorni fa, a Calenzano: cinque persone sono morte. Non possono più bastare parole di sdegno: occorre agire, con responsabilità e severità. Gli incidenti mortali – tutti – si possono e si devono prevenire.
Rispetto della dignità di ogni persona, dei suoi diritti. Anche per chi si trova in carcere. L’alto numero di suicidi è indice di condizioni inammissibili.
Abbiamo il dovere di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere. Il sovraffollamento vi contrasta e rende inaccettabili anche le condizioni di lavoro del personale penitenziario.
I detenuti devono potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine. Su questo sono impegnati generosi operatori, che meritano di essere sostenuti.
La fine dell’anno è anche tempo di bilancio. Ho incontrato valori e comportamenti positivi e incoraggianti nel volto, nei gesti, nelle testimonianze di tanti nostri concittadini.
Li ho incontrati nel coraggio di chi ha saputo trasformare il suo dolore, causato da un evento della vita, in una missione per gli altri.
Li ho letti nelle parole di Sammy Basso che insegnano a vivere una vita piena, oltre ogni difficoltà.
Si trovano nel rumore delle ragazze e dei ragazzi che non intendono tacere di fronte allo scandalo dei femminicidi.
§Siamo stati drammaticamente coinvolti nell’orrore per l’inaccettabile sorte di Giulia Cecchettin e, come lei, di tante altre donne uccise dalla barbarie di uomini che non rispettano la libertà e la dignità femminile e, in realtà, non rispettano neppure sé stessi.
Non vogliamo più dover parlare delle donne come vittime. Vogliamo e dobbiamo parlare della loro energia, del loro lavoro, del loro essere protagoniste.
Ho fatto riferimento ad alcuni esempi di persone che hanno scelto di operare per il bene comune perché è proprio questa trama di sentimenti, di valori, di tensione ideale quel che tiene assieme le nostre comunità e traduce in realtà quella speranza collettiva che insieme vogliamo costruire.
È questa medesima trama che ci consentirà di evitare quelle divaricazioni che lacerano le nostre società producendo un deserto di relazioni, un mondo abitato da tante solitudini.
Il senso della Patria
Siamo tutti chiamati ad agire, rifuggendo da egoismo, rassegnazione o indifferenza.
Nella quotidiana esperienza di tanti nostri concittadini si manifesta un sentimento vivo, sempre attuale, dell’idea di Patria.
Mi ha colpito, di recente, l’entusiasmo degli allievi della nostra Marina militare, su nave Trieste, all’avvio del loro servizio per l’Italia e per i suoi valori costituzionali. Come stanno facendo in questo momento tanti nostri militari in diversi teatri operativi. Ad essi rinnovo la riconoscenza della Repubblica.
Patriottismo è quello dei medici dei pronto soccorso, che svolgono il loro servizio in condizioni difficili e talvolta rischiose. Quello dei nostri insegnanti che si dedicano con passione alla formazione dei giovani. Di chi fa impresa con responsabilità sociale e attenzione alla sicurezza. Di chi lavora con professionalità e coscienza. Di chi studia e si prepara alle responsabilità che avrà presto. Di chi si impegna nel volontariato. Degli anziani che assicurano sostegno alle loro famiglie.
È patriottismo quello di chi, con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità. È fondamentale creare percorsi di integrazione e di reciproca comprensione perché anche da questo dipende il futuro delle nostre società.
La sicurezza rimane una preoccupazione dei cittadini e massimo sostegno deve essere assicurato alle vittime dei reati.
Dal Rapporto Censis, sulla base di dati del Ministero dell’Interno, risulta che, dal 2013 al 2024, sono stati raggiunti risultati significativi sul fronte della prevenzione, con una forte riduzione degli omicidi volontari, delle rapine, dei furti nelle abitazioni.
Siamo grati alle Forze dell’Ordine, presidio della libertà dei cittadini, per il contributo decisivo che recano alla cornice di sicurezza in cui vive il nostro Paese.
Si affacciano nuovi odiosi fenomeni, a partire dalle truffe agli anziani, alle aggressioni via web ai ragazzi, alla violenza di strada, crimini contro i quali le Forze dell’Ordine sono fortemente impegnate.
Desidero rivolgere un saluto alle donne e agli uomini di sport in questo che è stato un anno olimpico e paralimpico. Ricordo le notti di Parigi, l’orgoglio dei nostri atleti attorno alla nostra bandiera. Sono a loro grato per i successi e ancor di più per l’autentico spirito sportivo con cui hanno vissuto la loro partecipazione: un bell’esempio, ben oltre i confini dello sport.
Gli 80 anni della Liberazione
Nel 2025 celebreremo gli ottanta anni della Liberazione.
È fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità.
Una ricorrenza importante. Reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia.
Sono valori che animano la vita del nostro Paese, le attese delle persone, le nostre comunità. Si esprimono e si ricompongono attraverso l’ampia partecipazione dei cittadini al voto, che rafforza la democrazia; attraverso la positiva mediazione delle istituzioni verso il bene comune, il bene della Repubblica: è questo il compito alto che compete alla politica.
Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra.
Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa.
La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte.
Buon anno a tutti!
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Dicembre 31st, 2024 Riccardo Fucile
QUASI UN MILIONE DI PROFUGHI IN TENDE DI FORTUNA CHE ARRIVANO FINO AL MARE… LA TESTIMONIANZA SUI CRIMINI DI ISRAELE
A Deir al Balah prima della guerra scatenata dall’esercito israeliano dopo il 7 ottobre 2023, vivevano circa 80 mila persone. Già al tempo si trattava di un insediamento affollato, in quel gigantesco carcere a cielo aperto che è sempre stata la Striscia di Gaza, dove 2 milioni di palestinesi vivevano senza libertà di movimento, sopravvivendo grazie agli aiuti internazionali.
Ora a Deir al Balah c’è il più grande campo profughi della Striscia di Gaza, qui vivono circa 1 milione di persone in una gigantesca tendopoli che arriva fino al mare, dove le tende costruite con materiali di fortuna, vengono colpite dalle onde dal mare quando è agitato. È qui che sono morti di freddo due gemelli di pochi mesi.
Mohammed Almajdalawi vive nel campo profughi, scappato via da Behit Laya, una delle città palestinesi completamente distrutte dall’esercito israeliano. È grazie alla sua testimonianza che possiamo raccontarvi l’orrore di questo pezzo di mondo dall’altro lato del Mediterraneo, dove si muore di freddo e di stenti, mentre le truppe israeliane continuano a uccidere.
Le tende fatte con materiali di fortuna, l’acqua arriva ovunque
Le foto del campo profughi di Deir al Balah raccontano da sole le condizioni in cui sono costretti a vivere circa 1 milione di profughi che sono ammassati qui. “Le tende sono costruite con materiali di fortuna – ci dice Mohammed – si fa con quello che si trova, le tele, il nylon, la plastica, le lamiere. Quando queste tende restano sotto al sole si rompono, si bucano. Quando sono arrivate le piogge nelle ultime settimane l’acqua è entrata dappertutto. L’80% delle tende del campo profughi sono danneggiate. L’acqua entra e bagna ogni cosa, e non c’è nulla con cui possiamo asciugare. Non possiamo accendere il fuoco, innanzitutto perché 1 kg di legna costa l’equivalete 1,50 euro e non abbiamo soldi. Poi perché non si possono accendere fuochi, qui viviamo uno sopra l’altro se accendessimo il fuoco si incendierebbe tutto”.
In queste condizioni, sopravvivere è una sfida quotidiana. L’estensione del campo profughi di Deir al Balah arriva fino al mare, dove le tende sono ammassate fino alla riva. In questi giorni di cattivo tempo, il vento ha fatto volare via molte tende, distruggendole, e il mare agitato ha portato le onde fino a ridosso delle tende, bagnando tutto e in alcuni casi distruggendo i giacigli che i palestinesi si erano costruiti.
“Sotto le tende c’è la sabbia, quando piove ed entra l’acqua la sabbia si bagna e resta così per giorni e giorni. Quindi ora con il freddo sotto le tende fa ancora più freddo. Molte tende sono a ridosso del mare, ora c’è mare agitato e le onde arrivano fino alle tende. In queste condizioni il freddo è moltiplicato” spiega Almajdalawi.
L’acqua ha invaso una parte consistente del campo profughi, le persone sono costrette a vivere praticamente a mollo nell’acqua. Le condizioni igieniche sono terribili, anche senza la pioggia e il freddo di questi giorni. “Fuori ad ogni tenda si scava una buca di 1-2 metri – racconta Mohammed – serve come latrina, ogni tenda fa la sua latrina che però è immediatamente fuori alla propria tenda, perché viviamo uno sopra l’altro. Con le piogge e l’acqua che ha invaso il campo, tutto è risalito in superficie”. Uno scenario da inferno.
I gemelli morti: “Una famiglia di 5 persone, avevano 4 coperte”
Nel campo di Deir al Balah negli ultimi giorni sono morti due neonati di pochi mesi, erano gemelli, la loro famiglia proveniva da Nuseirat, dal nord di Gaza e si sono rifugiati in questa immensa baraccopoli. Mohammed ci invia anche la foto di uno dei due neonati morti, che non pubblichiamo.
“La loro famiglia era di 5 persone, ma avevano solo 4 coperte. I genitori per trovare cibo si alzano alle 6 del mattino. Oltre al cibo devono trovare qualcosa di asciutto per coprire i bambini. I piccoli nel sonno, girandosi, si sono tolti le coperte, l’acqua, l’umidità e il freddo hanno fatto il resto. Sono morti così, di freddo” ci racconta. Già in condizioni normali per un bimbo di 2 mesi sopravvivere al freddo è difficile. Immaginatevi cosa deve essere nell’inferno di Deir al Balah sommerso dall’acqua.
Per i bambini le condizioni sono estreme, qui riescono a mangiare solo cibo in scatola, che chiaramente non aiuta la loro salute già cagionevole, non c’è il latte per i più piccoli, non ci sono coperte a sufficienza. Prima della guerra nella Striscia di Gaza entravano circa 500 camion di aiuti umanitari ogni giorno. “Ora entrano solo 20-30 camion al giorno – dice Mohammed – praticamente è il nulla. Solo in questo campo siamo 1 milione di persone, come si fa a garantire un supporto con poche decine di camion di aiuti al giorno. Non ci sono coperte a sufficienza e quello che c’è si bagna subito e non può asciugarsi. È così che muoiono i bambini”.
Ad impedire l’accesso degli aiuti umanitari è l’esercito israeliano che ha ridotto al minimo gli accessi a Gaza, praticamente ora è simbolico, in questo modo il governo israeliano sostiene di “garantire l’accesso degli aiuti”, ma nei fatti questa è una bugia.
“I soldati entrano nel campo e schiacciano le tende con i mezzi militari”
Mentre le persone sono costrette a vivere in questo inferno, non si fermano le incursioni dell’IDF (le forze armate israeliane) all’interno del gigantesco campo profughi. L’ultimo blitz è avvenuto 4 giorni fa all’interno di Deir al Balah. “Entrano e uccidono le persone – spiega Mohammed – con i loro mezzi militari camminano sopra le tende schiacciandole, non gli importa se dentro c’è qualcuno o se le persone non sono riuscite a scappare. Uccidono così. Questo avviene continuamente e non ha alcun senso. Nell’ultimo blitz di pochi giorni fa hanno ucciso decine di persone”.
L’orrore che si sta consumando a Gaza avviene sotto gli occhi del mondo, e nonostante il governo israeliano impedisca l’accesso ai giornalisti in gran parte delle zone della Striscia di Gaza, grazie alle testimonianze dei palestinesi che riusciamo a raccontare questo inferno.
Alla fine dell’anno chiediamo a Mohammed Almajdalawi che messaggio manda al mondo la gente che vive nel campo profughi di Deir al Balah. “Vogliamo dire grazie a tutti quelli che ci vogliono aiutare – ci dice – ma vi chiediamo anche di non credere ai vostri governi, ai media che raccontano la realtà distorta. Gli aiuti militari che i governi occidentali stanno dando ad Israele servono per farci vivere in queste condizioni, per far morire la gente. Qui non entra nulla sotto il controllo israeliano. Noi siamo pescatori, non possiamo nemmeno pescare nel nostro mare. Noi viviamo dentro un carcere e non possiamo nemmeno vedere il sole. Il mio augurio per il nuovo anno è che noi qui possiamo vedere il sole, come tutte le altre persone nel mondo”.
(da Fanpage)
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Dicembre 31st, 2024 Riccardo Fucile
LA NOMINA È STATA PROPOSTA DALLA MINISTRA DEL LAVORO, MARINA ELVIRA CALDERONE, CON LA REGIA DEL SOTTOSEGRETARIO LEGHISTA CLAUDIO DURIGON. FORZA ITALIA HA AVALLATO LA PROPOSTA
Un esperto di tiroide a guardia dei fondi pensione. La ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, ha proposto nei giorni scorsi al Consiglio dei ministri il nome di Mario Pepe, ex deputato di Forza Italia e del Popolo delle libertà, come presidente della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), ottenendo il via libera dei colleghi di governo e poi l’approvazione delle commissioni parlamentari competenti per materia. Così Pepe è diventato presidente della Covip, che vigila sull’impiego di una montagna di soldi, quasi 350 miliardi di euro
Solo che qualcuno, a distanza di qualche giorno, si è posto una domanda: cosa c’entra un endocrinologo con i fondi pensione e della casse di previdenza? Per risolvere il dilemma sull’eventuale rapporto il Pd ha presentato un’interrogazione alla Camera, a prima firma Arturo Scotto […], per chiedere conto al governo Meloni della nomina di un medico al vertice di un organismo così delicato.
L’atto sollecita poi un ripensamento rispetto al profilo individuato visto che nel corso delle audizioni parlamentari ha rivendicato «l’idea meravigliosa di Silvio Berlusconi sulle pensioni».
Si attendono spiegazioni da parte delle opposizioni. «Dovrebbe essere la competenza e non la fedeltà politica a selezionare le scelte del governo», dice a Domani Arturo Scotto, deputato del Pd, che sta seguendo il caso.
«Aggiungo», insiste il parlamentare dem, «che trovo incredibile e senza precedenti la rivendicazione, in piena audizione alla Camera dell’onorevole Pepe, della sua appartenenza politica passata e presente. Era nota a tutti, bastava leggere il curriculum dell’endocrinologo salernitano. Anche la lottizzazione ha un limite invalicabile: la decenza istituzionale».
La regia politica dell’operazione, secondo quanto risulta a Domani, è stata della Lega, che con il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha molto a cuore il cosiddetto secondo pilastro previdenziale, ossia le pensioni integrative, al centro dell’attività di vigilanza della Covip. Forza Italia ha avallato la proposta: può contare su un suo ex deputato in un posto chiave.
Di fronte all’accordo politico, la ministra Calderone ha dato il via libera senza battere ciglio. La destra ha cercato di reperire nelle pieghe del curriculum di Pepe degli elementi per dimostrare le sue competenze in materia, sostenendo che ha seguito vari progetti in quel campo. Agli atti, nella sua vita da parlamentare, c’è un’assidua presenza in commissione Giustizia a Montecitorio e un incarico da capogruppo del Misto in commissione Cultura.
La capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Lavoro alla Camera, Marta Schifone, ha però riferito che Pepe è stato «incaricato dal suo gruppo parlamentare di seguire l’attività della Commissione parlamentare di controllo sull’attività di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale».
Insomma, il neo-presidente della Covip ha avuto un ruolo partitico in quel settore, ma nelle istituzioni non risultano tracce di un impegno diretto. Nel curriculum Pepe riferisce di aver elaborato «progetti nel settore della sanità integrativa, collaborando con enti pubblici e privati, sostenendo la necessità di creare un’unica autorità di controllo del welfare integrativo (fondi pensione e fondi sanitari)» e spiega di aver collaborato «con istituti di credito, Inpdap, Inps, Ingv, a progetti di welfare integrativo». Restando comunque sul generico…
(da Domani)
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Dicembre 31st, 2024 Riccardo Fucile
“ELLY SCHLEIN? NON MI DISPIACE”… “MELONI PIU’ INTELLIGENTE DI SALVINI? NON CHE CI VOGLIA GRANCHE'”
«Non mi sono mai piaciuti i vincitori. Al liceo tifavo per i Troiani, pur sapendo che avrebbero perso, anzi proprio per questo. Ora per coerenza voto Pd. E tifo Juve, che di questi tempi non vince più neppure lei». Si potrebbe parlare dell’intervista di Aldo Cazzullo a Francesco Guccini sul Corriere della Sera come di una confessione, se non fosse che il cantautore modenese classe 1940, uno dei pilastri della storia della musica italiana, non ha mai risparmiato opinioni chiare e nette.
Come quelle sulla politica attuale, lui che da militante «non comunista», ci tiene a ribadirlo anche in quest’ultima intervista, con la sua musica ha sempre partecipato attivamente al dibattito. La Locomotiva, uno dei sui cavalli di battaglia, scritta «in venti minuti», ne è un tipico esempio.
Il protagonista era un anarchico ma, riflette Guccini, «oggi che senso avrebbe dichiararsi anarchico? Anche se viviamo davvero in un periodo fosco, oscuro». A questo proposito il cantautore torna su quel famoso rifiuto ad Atreju, lanciato dalle pagine del Corriere e che fece scalpore: «Non vado ad Atreju perché i fascisti non mi piacciono», ancor prima, come ricorda Cazzullo, che Fanpage svelasse la matrice di certi circoli di Fratelli D’Italia.
«Pure per me, che ormai sono quasi cieco per la maculopatia – ammette Guccini – non era difficile vedere che non c’era bella gente». Perfino la Meloni in persona chiamò Guccini per invitarlo, «Fu cortese. E io cortesemente declinai. la trovo furba. Intelligente. Pericolosa. E urla troppo» commenta oggi, e se gli si chiede se però è più intelligente di Salvini, l’artista liquida la domanda con una battuta fulminea: «Non che ci voglia granché».
Pericolosa, continua a spiegare Guccini, «perché ha tentato di imporre riforme che avrebbero stravolto la Costituzione. Ora sia il premierato sia l’autonomia pare stiano rientrando. L’intenzione però era quella: una forma moderna di autocrazia, alla Orban».
A differenza di tanti intellettuali di sinistra, Guccini si dimostra preoccupato anche per una certa rinnovata fascinazione per il fascismo: «una certa voglia serpeggia. Gli italiani tendono a voltarsi sempre da quella parte» dice. Più morbido invece con gli esponenti di sinistra, sia con Bersani («A me, con la sua pacatezza, piace») sia con Elly Schlein («Non mi dispiace. L’ho conosciuta ai funerali di Sergio Staino. E poi con Schlein c’è un montanaro delle mie parti cui ho dato il mio endorsement, Igor Taruffi»).
Ligabue, Zucchero, Dalla e Vasco
Il primo degli amici che viene in mente a Francesco Guccini è l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, «per quanto mi sembra impossibile avere un amico cardinale». Tra i colleghi invece due nomi: Luciano Ligabue e Zucchero, con cui «chiacchieriamo in dialetto emiliano, anche se loro sono reggiani: testi queder, teste quadre».
Più complesso il rapporto con Lucio Dalla, altro eterno della musica targata Emilia-Romagna, «Non eravamo amici, troppo diversi – dice – ci vedevamo a Bologna, da Vito. Una sera venne Vasco Rossi: voleva conoscere l’autore de L’avvelenata. Una canzone che non amo, è piena di parolacce… Fui anche denunciato da un maresciallo dei carabinieri e processato per oltraggio al pudore. Mi assolsero». E, a proposito di Vasco Rossi: «mi è piaciuto moltissimo quello che ha scritto di suo padre, prigioniero dei nazisti. Anche il mio era un Imi». Ma l’affinità artistica che sente di più è quella con Fabrizio De André: «Anche lui affascinato dagli anarchici. C’era già la canzone d’autore, Paoli, Tenco, Endrigo…ma erano sempre canzoni d’amore. Fabrizio e io cominciammo a parlare d’altro. Ricordo la prima volta che ci incontrammo, lui timidissimo, si convinse dopo grandi preghiere a cantare un suo brano, ma a luci spente. La differenza è che De André veniva da una famiglia borghese».
Tutti nomi di un certo spessore, normale forse alzare le braccia dinanzi alla vicenda Tony Effe: «Non lo conosco, ma la censura è sempre sbagliata, anche se quella di Roma è una vicenda diversa. Io fui censurato per Dio è morto: la radio non poteva trasmetterla. Per fortuna passò su Radio Vaticano. Si erano accorti del finale: “Se Dio muore è per tre giorni e poi risorge”».
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2024 Riccardo Fucile
FINCHÉ C’È BIDEN, UN “NO” ALL’ESTRADIZIONE DELL’INGEGNERE-SPIONE DI TEHERAN NEGLI USA SAREBBE ANCORA FATTIBILE… LA GENESI DELL’ARRESTO: GLI AMERICANI SAPEVANO CHE ABEDINI DA MALPENSA SAREBBE STATO PRELEVATO IN AUTO E PORTATO IN SVIZZERA
Non è stato un caso. Gli Stati Uniti hanno scelto di arrestare Mohammad Abedini Najafabadi in Italia perché sapevano, evidentemente, di potersi fidare. Hanno aspettato che arrivasse nel nostro paese, mentre era di passaggio tra la Turchia e la Svizzera, quando ancora non sapeva di essere ricercato. E hanno avvisato le nostre forze di polizia ottenendo una collaborazione immediata.
La stessa che, evidentemente, si aspettano oggi. Non è un caso che — in attesa di completare l’iter per la richiesta di estradizione, che non è ancora formalmente stata presentata al ministero della Giustizia — abbiano chiesto espressamente di non mandare Najafabadi agli arresti domiciliari. «Potrebbe scappare », dicono.
Per capire bene la storia è però il caso di riavvolgere il nastro e partire dal principio. E cioè dalla mattina del 16 dicembre quando dal dipartimento di Stato americano arriva una telefonata all’antiterrorismo italiano.
Avvisano che alle 17.35 atterrerà, proveniente da Istanbul, all’aeroporto di Milano Malpensa, il cittadino iraniano Najafabadi, un signore per cui il tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto del Massachusetts, «nell’ambito del procedimento n.24-MJ-1737-DLC», ha disposto un mandato d’arresto per reati molto gravi commessi dal 2016 al 2024. Lo aveva fatto tre giorni prima, il 13 dicembre.
L’iraniano non conosceva le accuse — così come nulla sapeva il suo presunto complice Mahdi Mohammad Sadeghi, che gli americani avevano fermato lo stesso giorno in Massachusetts — e per questo si era serenamente imbarcato sul volo che doveva portarlo in Svizzera.
«Najafabadi — si legge negli atti — è cofondatore e amministratore delegato di Sdra, una società con sede in Teheran con collegamenti con il governo e le forze armate, compreso il corpo delle Guardie della rivoluzione islamica. Nello specifico — spiegano gli americani — la Sdra produce i sistemi di navigazione che l’Iran utilizza nei suoi droni Shahed, che vengono utilizzati per commettere attacchi terroristici in tutto il mondo, inclusa la guerra della Russia in Ucraina».
Nello specifico gli americani dicono di avere la prova che il sistema di navigazione del drone che il 28 gennaio del 2024 aveva ucciso 3 soldati americani e ferito 38 persone in Giordania sia stato costruito negli Usa e messo in commercio attraverso una società svizzera riconducibile a Najafabdi, direttore dell’azienda iraniana Sdra.
Per gli Usa era fondamentale arrestare Najafabadi appena atterrato in Italia. Perché sapevano che da Malpensa sarebbe stato prelevato in auto e portato subito in Svizzera. Dove l’uomo aveva un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. E dove, evidentemente, sarebbe stato più difficile ottenerne l’arresto: anzi, il mandato d’arresto americano non è stato mai nemmeno trasmesso a Berna, evidentemente perché sicuri di fermarlo in Italia.
Da quanto risulta a Repubblica , il rapporto dell’iraniano con la Svizzera non è solidissimo. L’attività principale di Najafabadi è in Iran. Quello in Europa sarebbe principalmente un ufficio di corrispondenza con fatturati dichiarati bassi. «Ma ha solidissimi rapporti e un’ingente risorsa finanziaria per poter fuggire», hanno detto gli americani al ministero della Giustizia italiano
Per due giorni la notizia dell’arresto viene tenuta sotto traccia. Forse anche all’Iran. Il 19 però tutto diventa noto. Viene fissata l’udienza per il consenso all’estradizione: il ministero della Giustizia esprime parere positivo. Najafabadi nomina il suo avvocato di fiducia, Alfredo de Francesco, esperto di diritto internazionale. Un’ora e mezza dopo a Teheran viene arrestata, senza alcun motivo, Cecilia Sala.
(da La Repubblica)
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Dicembre 31st, 2024 Riccardo Fucile
LO RILEVA UN’ANALISI DELL’AFP SUI DATI DELL’ISTITUTO STATUNITENSE PER LO STUDIO DELLA GUERRA (ISW): MOSCA ORA CONTROLLA O OPERA NEL 70% DELLA REGIONE, CONTRO IL 59% ALLA FINE DEL 2023
Le forze russe sono avanzate di quasi 4 mila chilometri quadrati (3.985) in Ucraina nel 2024, sette volte di più rispetto al 2023. Lo rileva un’analisi dell’Afp sui dati dell’Istituto statunitense per lo studio della guerra (ISW).
L’avanzata fino al 30 dicembre è stata spinta dall’aumento dei movimenti di truppe russe in autunno, avanzate di 610 chilometri quadrati a ottobre e di 725 chilometri quadrati a novembre. Novembre e ottobre sono stati anche i due mesi in cui – si rileva – i russi hanno conquistato la maggior parte del territorio dalle prime settimane del conflitto, nel marzo 2022.
Quasi tre quarti del territorio conquistato dai russi in Ucraina nel 2024 si trovava nella regione orientale di Donetsk, che comprende Pokrovsk, un centro logistico ucraino. La Russia ora controlla o opera nel 70% della regione, contro il 59% alla fine del 2023.
L’avanzata russa – rileva l’analisi – ha accelerato nell’agosto 2024, con quasi 400 chilometri quadrati conquistati nel corso del mese, raggiungendo un progresso di 629 chilometri quadrati a novembre. Il 2024 è stato segnato anche da un’importante offensiva ucraina nella regione russa di Kursk iniziata a luglio, che ha raggiunto il culmine tra il 20 e il 21 agosto, estendendosi su circa 1.320 chilometri quadrati. Al 30 dicembre l’area delle operazioni era ridotta a 482 chilometri quadrati.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2024 Riccardo Fucile
“PIERFURBY” POSSIEDE I CROMOSONI PERFETTI PER FEDERARE LE DIVERSE ANIME ORFANE DI UN PARTITO LIBERALE CONSERVATORE A FIANCO DEL PD: DEMOCRISTIANO, BUONI RAPPORTI CON IL VATICANO, POI NELLE FILE DEL BERLUSCONISMO FINO ALL’ARRIVO COME INDIPENDENTE, GRAZIE A RENZI, NELL’AREA PD, IL BELL’ASPETTO, L’ELOQUIO PIACIONE E I 40 ANNI IN PARLAMENTO
Se l’amore per il denaro non avesse offuscato la sua mente, chissà dove sarebbe oggi Matteo Renzi. Sicuramente, se fosse stato lontano dallo “sterco del diavolo”, oggi avremmo avuto un’altra leadership d’opposizione al Governo “Qui comando io!” della Meloni, al posto di Elly Schlein (che ha portato comunque il Pd dal 18 al 24%).
Sono bastati i suoi affondi contro le sorelle Meloni e contro il “camerata” Ignazio La Russa per dimostrare che la sua capacità dialettica ha un’efficacia distante anni luce dai paludati leaderini che ambiscono a vari ruoli: i vari Beppe Sala, Paolo Gentiloni, Ernesto Maria Ruffini, Andrea Orlando, Dario Nardella, tutta gente dalla lingua di legno per la cultura di massa di oggi
Nell’intervista alla “Stampa” di ieri, Renzi si è schierato a favore della creazione di un partito di centro (“Serve. E sarà decisivo. Senza un centro cattolico, liberale, riformista accanto al Pd di Schlein, le elezioni non si vincono”), ma si è sfilato dalla corsa alla leadership: “Ho l’ambizione di costruirlo, non di guidarlo. E non voglio regalare il voto dei garantisti, degli imprenditori, dei cattolici a questa destra illiberale”.
Matteonzo, per quanto non ambisca più al ruolo di frontman, non ha deposto ovviamente le sue smanie da kingmaker.
L’ex sindaco di Firenze aveva un piano per costruire il famoso “centro”: mettere i vari partitini che lo compongono (Italia Viva, Azione, +Europa e liste civiche) al servizio dell’unico leader realmente spendibile per il ruolo di federatore dei moderati, cioè Pierferdinando Casini.
A dimostrazione che la politica va capita, prima di farla, l’idea di Casini federatore del centro era più che plausibile. Pierfurby, infatti, da vecchio volpone democristiano, sarebbe stato perfetto per amalgamare le riottose animelle del centro unendo una scaltrezza e un’esperienza rare. Il curriculum di Casini parla chiaro: ex Dc, ex alleato di Berlusconi, eletto da indipendente nelle liste del Pd proprio grazie a Renzi.
Già presidente della Camera, da più di 40 anni, ininterrottamente, in Parlamento, può contare su solidi rapporti con le alte sfere vaticane, e ha un passato da frequentatore dei Family Day (malgrado la sua vita privata).
I cromosomi giusti per acchiappare consensi anche a destra. Renzi, d’altronde, conosce l’importanza di Santa romana Chiesa nella vita politica italiana: la sua stessa ascesa a Presidente della Provincia di Firenze prima, e a sindaco del capoluogo toscano poi, fu “spinta” dalla rete delle parrocchie toscane che, entrate in contrasto con i Ds dell’allora sindaco Leonardo Domenici, invitò gli elettori a sostenere il giovane boy-scout di Rignano sull’Arno.
Dall’alto del nomignolo che inventanno tanti anni fa (“Pierfurby”), Casini può contare su una consolidata e mediatica capacità dialettica, sulla bella presenza che fa presa sulle casalinghe di Voghera, sull’empatia televisiva utile per affabulare gli elettori, e su uno standing da riserva della Prima Repubblica che non guasta mai, visto chi è arrivato dopo gli Andreotti e i Craxi.
Renzi ha sottoposto la sua idea all’amico Casini e si è visto rispondere con un secco “Grazie, preferirei di no”. Le ambizioni dell’ex marito di Azzurra Caltagirone guardano altrove. Al Colle più alto. Non è un mistero che “Pierfurby” sogni di prendere il posto di Sergio Mattarella quando scadrà il suo secondo mandato. Peccato che le nuove elezioni per il Quirinale si terranno nel 2029 e da qui ad allora campa cavallo. Con la politica di oggi non si possono più fare previsioni. Può succedere di tutto e di brutto…
(da Dagoreport)
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