Dicembre 20th, 2024 Riccardo Fucile
LA DUCETTA PARTECIPERA’ A UN INEDITO VERTICE NORD-SUD DELL’UE MA COGLIERA’ L’OCCASIONE PER GODERSI L’AURORA BOREALE E VISITARE INSIEME ALLA FIGLIA ANCHE IL VILLAGGIO DI BABBO NATALE
Nella terra di Babbo Natale per parlare di migranti, a tre giorni dall’antivigilia. Giorgia Meloni è attesa nel primo pomeriggio qui in Lapponia (temperatura minima -22 gradi), reduce da una febbraccia che l’ha costretta ad abbandonare ieri i lavori del consiglio europeo a Bruxelles.
A 260 chilometri a nord del circolo polare artico, la premier approda per affrontare questioni in teoria spinose, in una località che sembra uscita da una fiaba e che a dirla tutta di migranti scarseggia. Anzi, a occhio non ci sono proprio. Saariselkä è un villaggio sami di 350 anime, sole zero in questo periodo dell’anno, renne al pascolo, igloo col soffitto di vetro sepolti dalla neve, l’immancabile casa di Santa Claus (anche se il “villaggio doc” di Babbo Natale – i finlandesi su questo non ammettono imprecisioni – è 250 chilometri più a sud, a Rovaniemi).
Che ci fa la presidente del Consiglio italiana tra queste lande ghiacciate che in passato, soprattutto durante la guerra fredda, hanno ospitato leader come Breznev, Ford e persino il palestinese Arafat, altra epoca, altro contesto storico, a ridosso del cenone? L’ha invitata il premier finnico, Petteri Orpo, che qui ha organizzato questo inedito vertice “Nord-Sud” dell’Ue.
Non si ricordano visite di un premier italiano a queste latitudini, così a nord insomma. Potrà dire, Meloni, “abbiamo fatto la storia”. Certo è difficile immaginare che da una sperduta località lappone, a un’ora e mezzo di volo da Helsinki, più mezz’ora abbondante di torpedone nello stradone imbiancato che corre in una foresta di conifere gelate, il quartetto politico cavi fuori dal cilindro la soluzione “all’immigrazione irregolare di massa”, chiodo fisso della leader di FdI. Ma chissà, è pur sempre Natale. E se si è fortunati, si può vedere l’aurora boreale.
(da Dagoreport)
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Dicembre 20th, 2024 Riccardo Fucile
IL TESTO RISCHIA DI NON SUPERARE DEL TUTTO IL VAGLIO TECNICO E COSTITUZIONALE PRIMA DI ARRIVARE IN CONSIGLIO DEL MINISTRI…. DUBBI ANCHE IN FDI: “NON SI RISCONTRANO PROFILI DI NECESSITÀ E URGENZA TALI DA GIUSTIFICARE UN DECRETO”
Le anticipazioni dei contenuti del decreto Cultura piombano negli uffici del Collegio
romano e si alza la bufera sulla decisione del ministro Alessandro Giuli di nominare sei nuovi dirigenti per i piani Mattei e Olivetti, dare più potere ad Ales e stanziare fondi a pioggia che sanno di mance.
La bozza, di cui Repubblica è entrata in possesso, era tra i documenti riservati in attesa di arrivare sul tavolo del pre-consiglio dei ministri in programma oggi e non è detto che riesca a superare del tutto il vaglio tecnico e costituzionale. «Ci sono approfondimenti in corso», fanno sapere dalle parti del governo e nessuno è pronto a giurare che lunedì il testo sarà approvato così come è stato scritto.
Le opposizioni parlano di «amichettismo» e il Pd, in particolare, mette l’accento sulla volontà «di piegare politicamente l’amministrazione ministeriale» con la nomina di nuovi dirigenti scelti fuori dal ministero.
Il clima di sospetto, che da mesi si respira nelle stanze di via del Collegio romano, ha raggiunto l’apice quando ieri mattina presto è scattata la caccia alla talpa, ovvero a chi ha passato le dieci pagine del provvedimento. Giuli va su tutte le furie, teme che il suo decreto, già in ritardo di un mese perché il via libera era previsto a fine novembre, possa essere impallinato
I partiti di maggioranza restano perplessi. Tanti esponenti, anche quelli che alla Camera e al Senato si occupano di cultura, non ne erano a conoscenza: «Di solito si fanno riunioni preparatorie, ma questa volta nulla». Insomma, Giuli si sarebbe mosso da solo, tranne che su Ales, la società in house del ministero guidata da Fabio Tagliaferri, esponente di Fratelli d’Italia e amico di Arianna Meloni.
In questo caso la decisione di includere Ales, in automatico, nell’elenco delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza dell’Autorità anticorruzione sarebbe stata presa in accordo con i vertici di FdI.
Forza Italia, Lega ma anche alcuni esponenti di FdI sollevano, a taccuini chiusi, forti dubbi di costituzionalità presto recapitati a Giuli: «Come può essere approvato questo provvedimento in cui non si riscontrano profili di necessità e urgenza tali da giustificare un decreto?». Non solo riguardo la nomina di sei nuovi dirigenti, che costerà più di un milione e 500 mila euro per quattro anni, ma anche per lo stanziamento dei fondi.
Giusto per fare qualche esempio si parla di un milione e 150 mila euro per la realizzazione degli stati generali delle periferie, di un milione e 800 mila da dare a quattro istituti culturali e di dieci milioni per la valorizzazione della via Appia antica. Tra le norme attenzionate e che potrebbero essere modificate ci sono quelle che riguardano il piano Mattei, ovvero il piano strategico Italia-Africa, e il piano Olivetti per la cultura.
I deputati Pd della commissione cultura della Camera sottolineano che «i nuovi dirigenti saranno incaricati addirittura di controllare attività che rientrano già nelle competenze degli uffici ministeriali esistenti, portando a una duplicità di funzioni e risorse». Il capogruppo M5S in commissione cultura al Senato Luca Pirondini punta il dito contro Ales a cui «sarà dedicata una corsia preferenziale per ottenere più autonomia e potere quando deve indire una gara d’appalto».
(da La Repubblica)
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Dicembre 20th, 2024 Riccardo Fucile
SECONDO I DATI DELL’INPS, SE SI GUARDA ALLE ATTIVAZIONI DI CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO (ESCLUSE LE TRASFORMAZIONI DI CONTRATTO A TERMINE) A FRONTE DI 669.901 CONTRATTI STABILI FIRMATI TRA GENNAIO E SETTEMBRE, 315.836 ERANO PART TIME, OVVERO IL 47,15% DEL TOTALE
Nei primi nove mesi del 2024 su oltre 6,2 milioni di attivazioni di contratti nel complesso 2,33 milioni sono avvenuti con la definizione di un orario part time mentre 3,88 milioni erano full time: è quanto emerge dalle tabelle pubblicate dall’Inps sull’Osservatorio del mercato del lavoro dal quale emerge che la percentuale di contratti attivati con orario ridotto è del 37,51%. Se si guarda alle attivazioni di contratto a tempo indeterminato (escluse le trasformazioni di contratto a termine) a fronte di 669.901 contratti stabili firmati tra gennaio e settembre ce ne erano 315.836 con part time, pari al 47,15% del totale.
LAVORO PART TIME
La modalità di part time più utilizzata nei primi nove mesi del 2024 – secondo quanto emerge dalle tabelle dell’Inps – è quella cosiddetta orizzontale che prevede una riduzione delle ore su base giornaliera (si lavora tutti i giorni previsti ma per meno ore al giorno): i contratti attivati nel complesso con il part time orizzontale tra gennaio e settembre sono stati 1.990.858 mentre quelli con il part time verticale (orario ridotto su base settimanale o mensile o magari con l’impegno prevalente nel weekend come accade per esempio nel commercio e nella ristorazione) sono stati 107.754. I contratti attivati con il part time misto (una combinazione tra il part time orizzontale e verticale) sono stati 234.832.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2024 Riccardo Fucile
IL LEADER DI ITALIA VIVA COPO IL PROSCOGLIMENTO PER OPEN: “AVEVAMO IL 6%, POI E’ ARRIVATA L’INCHIESTA”
«Io sono stato indagato due volte e per due volte prosciolto da un pubblico
ministero». Che «è lo stesso che ha arrestato mio padre e mia madre, arresto poi ritenuto illegittimo». Che «ha chiesto il processo per mio cognato, durato otto anni, salvo essere assolto». E che «ha indagato pure mia sorella, prosciolta». Dopo la chiusura dell’inchiesta Open Matteo Renzi dice che per i pm d’assalto «dovrebbe valere il principio che chi sbaglia paga». Mentre lui non ha avuto giustizia «perché dopo cinque anni mi hanno dato ragione. Al contrario, ho subito un’ingiustizia lunga cinque anni con mia moglie e i miei figli che hanno pagato per questo dolore. Non c’è cicatrice per questa ferita», sostiene in un’intervista a Repubblica il leader di Italia Viva.
I genitori
E ancora: «Io ho avuto la forza di sopportare, ma tanti cittadini non hanno risorse o energie per resistere e magari cadono in depressione. Qualcosa non funziona se un solo pm può maciullare intere famiglie, come ha fatto con la mia». I suoi genitori «sono stati arrestati e hanno subito nove procedimenti solo perché erano i miei genitori. Sono stati assolti in otto processi. E sul nono risolveranno in appello. Se non fossero stati i miei genitori non avrebbero subito nessun processo. A me sembra folle». E aggiunge che «quando ho deciso di lasciare il Pd, i sondaggi davano Italia oltre il 6%. Un mese dopo, è esploso il caso Open». Un tentativo di delegittimazione pubblica: «È evidente che il bimbo è stato ucciso in culla».
Conte e Meloni
Renzi dice di essere stato massacrato «specie da Giuseppe Conte e Giorgia Meloni, che oggi non dicono una parola, né sentono il bisogno di scusarsi. Anzi la premier, che è nervosissima perché sui centri in Albania rischia di fare la fine di Chiara Ferragni col Pandoro-gate, vuole cancellare un avversario politico per via legislativa, dopo che è l’assalto giudiziario».
La cosiddetta norma anti-Renzi, dice l’ex premier, «l’hanno voluta Giorgia e Arianna Meloni per due motivi: perché ho avuto il coraggio di parlare di una leadership familista che al mondo esiste solo in Italia e in Corea del Nord e perché se vado col centrosinistra, matematicamente noi vinciamo e la destra perde. Ma la norma contro di me è incostituzionale. Se avessero scritto che i parlamentari non possono svolgere un altro lavoro, l’avrei votata subito. Ma dire che chi fa conferenze fuori dall’Europa deve chiedere il permesso alla maggioranza e se non lo fa gli si applica una tassazione del 100%, è assurdo, è un esproprio proletario».
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2024 Riccardo Fucile
“ANGELA CARINI? ERA UN’AMICA, NON SI E’ PIU’ FATTA SENTIRE”
«Senza controllare le fonti, Giorgia Meloni ha partecipato a una battaglia contro di me che ha sfregiato la mia immagine, la mia vita, e tutto il duro lavoro che ho fatto per raggiungere il mio posto». Sono queste le parole della pugile algerina Imane Khelif nel ripercorrere la tormentata estate delle Olimpiadi di Parigi. Nonostante la medaglia d’oro nella sua categoria, l’atleta non ricorda quello dei giochi come un periodo sereno. Le polemiche che l’hanno investita a causa del suo iperandrogenismo e del suo aspetto fisico che qualcuno ha usato come ragioni per attaccarla, sostenendo falsamente che pur competendo con altre donne lei una donna non lo fosse.
«Meloni, Trump e Musk hanno sfregiato la mia immagine»
«Non augurerei a nessuna persona al mondo quello che mi è successo alle Olimpiadi di Parigi. È stata una campagna di puro odio e bullismo. Ha sfregiato la mia immagine, la mia vita e tutto il duro lavoro che ho fatto per raggiungere il mio posto. Tutti coloro che hanno partecipato a questa battaglia — Trump, Elon Musk, Meloni — lo hanno fatto senza controllare le fonti. Artisti, persone famose, presidenti non hanno capito che sono solo una ragazza che cerca di raccogliere i frutti di tantissimi sforzi. È stata una guerra folle il cui unico obiettivo era creare il caos e buttarmi fuori dalla competizione. Ma alla fine ho dimostrato al mondo che sono qui», ha dichiarato Khelif in un’intervista rilasciata a Repubblica.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva detto di non essere d’accordo con i parametri del Comitato Olimpico Internazionale che hanno permesso a Khelif di gareggiare.
Secondo la premier, la gara contro l’italiana Angela Carini non è stata combattuta ad armi pari. Elon Musk – che la pugile algerina ha denunciato per molestie – aveva pubblicato un post su X secondo cui «gli uomini non appartengono agli sport femminili». Mentre Trump sosteneva che Khelif fosse «un trans, un bravo atleta uomo».
Angela Carini era un’amica
Un po’ di spazio nell’intervista trova anche l’avversaria italiana del match più contestato: Angela Carini. La pugile azzurra ha recentemente lanciato un velato attacco alla collega algerina: Ho detto allora che non giudico nessuno. Però sarebbe bene che neanche Imane lo facesse con me. Non voglio aggiungere altro». Su di lei, Khelif afferma: «Angela era un’amica. Ci siamo allenate insieme ad Assisi. Ci sentivamo sempre. Ma dopo l’incontro non ci siamo più parlate. Forse in futuro».
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2024 Riccardo Fucile
38 REPUBBLICANI VOTANO CON I DEM
Nella serata di ieri, giovedì 19 dicembre, la Camera degli Stati Uniti ha bocciato un
accordo per evitare lo shutdown, la paralisi parziale del governo federale a partire da sabato.
Si tratta di una prima sconfitta per Donald Trump che, insieme al suo consigliere più fidato Elon Musk, aveva sostenuto il piano. I repubblicani, che hanno la maggioranza alla Camera, non hanno infatti raggiunto i due terzi dei voti richiesti per l’approvazione: trentotto membri del Grand old party hanno votato contro insieme a quasi tutti i democratici (secondo la Cnn 2 dem hanno votato a favore). Una mossa di fatto politica, e ricorrente nel clima di contrapposizione fra i partiti con un impatto sull’economia americana, che può dare una prima indicazione di come Trump non avrà vita facile alla Camera, sebbene i repubblicani abbiano la maggioranza. Mike Johnson, speaker repubblicano del ramo basso del Congresso, è ora al lavoro per risolvere l’impasse. Ha già chiamato i suoi per cercare di mettere a punto una misura che possa essere approvata e arrivare rapidamente in Senato, così da evitare la paralisi dalla mezzanotte di venerdì. L’intesa raggiunta dai repubblicani conteneva uno slittamento della data per il tetto del debito di due anni. Una disposizione che i democratici non hanno appoggiato poiché avrebbe significato perdere un’arma importante contro l’atteso taglio delle tasse di Trump, destinato a far aumentare il debito.
La bocciatura di Trump (e Musk) al primo accordo
Il neo-eletto presidente e il suo first buddy avevano spazzato via il primo accordo bipartisan. In qualità di neo segretario al dipartimento per l’efficienza governativa, Musk aveva iniziato ad attaccare la legge e fare pressioni sui repubblicani a Capitol Hill minacciandoli perfino di essere esclusi dalle prossime elezioni di midterm nel 2026. «Non deve essere approvata, è piena di sprechi», si leggeva ieri su X. Una linea sposata, ma in un secondo momento, anche da The Donald che aveva definito il piano «un tradimento del nostro Paese». Le pressioni del patron di Tesla hanno offerto la sponda agli attacchi dei dem, che hanno definito l’uomo più ricco del mondo il vero «presidente ombra». A questo punto spettava a Johnson trovare una soluzione: lo speaker ha tenuto per tutto il giorno una serie di consultazioni frenetiche con i repubblicani del Congresso alla ricerca di un piano B. Che, una volta concordato – e approvato dal tycoon – è stato bocciato dalla Camera.
Cosa succede con lo shutdown
Ora per evitare lo shutdown entrambe le Camere devono approvare un accordo entro la mezzanotte di oggi. In caso contrario verranno bloccate tutte le attività amministrative non essenziali, mentre i dipendenti dei vari dipartimenti vengono mandato in congedo non retribuito. L’Antideficiency Act, volta a prevenire spese in eccesso rispetto agli stanziamenti varati dal Congresso e indebitamenti da parte dei vari enti governativi, prevede infatti che in caso di mancata copertura finanziaria possono essere continuate solo le attività legate alla sicurezza della vita umana o alla tutela della proprietà.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2024 Riccardo Fucile
LA REPLICA ALLE INSINUAZIONI DEL QUOTIDIANO
«Gli spioni di Equalize di casa al il Giornale». È questo l’incipit della risposta del conduttore di Report, Sigfrido Ranucci all’articolo apparso su Il Giornale in cui la trasmissione si Rai 3 viene accusata di aver scambiato informazioni con Equalize, la società milanese accusata di aver trafugato ottenuti dati violando sistemi informatici di banche e istituzioni per poi venderli.
«Emerge dalla informativa dei carabinieri di Varese. Mentre nell’informativa non c’è traccia di effettivi contatti tra Report e gli spioni né di appalti contratti da Report, come falsamente riportato da Luca Fazzo de Il Giornale», aggiunge Ranucci in un post su Facebook.
Gli spioni di Equalize: «Oggi parlo con quelli del giornale»
«Emerge che gli stessi erano di casa al giornale che fu di Paolo Berlusconi, oggi di Angelucci. Eccoli mentre rientravano in ufficio dopo aver parlato agli “amici de Il Giornale”», scrive il giornalista pubblicando le immagini degli hacker di Equalize Samuele Calamucci, l’informatico Massimiliano Camponovo e l’ex poliziotto Carmine Gallo amministrazione delegato di Equalize in riunione con un altro degli spioni: Fulvio Pravadelli. P
roprio quest’ultimo afferma, secondo quanto si legge nell’informativa dei carabinieri, «oggi parlo con quelli de Il Giornale».
Ranucci: «Presto altre prove»
«Presto altre prove dei contatti tra spioni e chi cerca di buttare fango su Report e non guarda in casa sua. È normale che un Giornale che appartiene a un Gruppo che usufruisce di finanziamenti pubblici e controlla dati sanitari possa ospitare chi è in contatto con una centrale di spionaggio? Report in onda su Rai3 domenica alle 20.30», conclude Ranucci.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2024 Riccardo Fucile
SECONDO LO STUDIO DELL’ENGLISH LONGITUDINAL STUDY OF AGING, CHE HA PRESO IN CONSIDERAZIONE IL MANTENIMENTO DELLE CAPACITÀ COGNITIVE, MOTORIE, PSICOLOGICHE E SENSORIALI, UN 68ENNE NATO NEL 1950 RISULTA AVERE CAPACITÀ SIMILI A QUELLA DI UN 62ENNE NATO UN DECENNIO PRIMA
Gli anziani di oggi invecchiano meglio dei loro genitori e nonni, tanto che i 70 anni
possono ormai essere considerati i nuovi 60: merito dei miglioramenti avuti nel XX secolo in termini di alimentazione, educazione e condizioni igienico-sanitarie, che hanno permesso di rallentare il declino fisico e cognitivo dovuto all’avanzare dell’età.
E’ però possibile che in futuro fattori come il dilagare dell’obesità possano invertire questo trend. Lo dimostrano i dati raccolti grazie a un vasto studio sulla popolazione inglese, l’English Longitudinal Study of Aging (Elsa), pubblicati sulla rivista Nature Aging da un gruppo di ricerca internazionale guidato dalla Columbia University. I ricercatori puntualizzano che questa frenata dell’invecchiamento è stata documentata negli inglesi e potrebbe non valere per altri Paesi come gli Stati Uniti.
Allo stesso tempo, però, affermano che indizi di un migliore invecchiamento sono emersi anche da un simile studio condotto sulla popolazione cinese, sebbene i dati disponibili coprano un arco temporale più ristretto. La novità dell’approccio adottato dai ricercatori sta nel fatto di valutare la salute degli anziani non considerando solo la presenza o assenza di malattie, bensì il mantenimento delle capacità cognitive, motorie, psicologiche e sensoriali. Dai dati sono emersi “grandi miglioramenti” rispetto al passato, spiega il primo autore dello studio, John Beard.
Ad esempio, un 68enne nato nel 1950 risultava avere capacità simili a quella di un 62enne nato un decennio prima. Allo stesso modo, quelli nati nel 1940 mostravano condizioni migliori rispetto a quelli nati nel 1930 o nel 1920. “Siamo rimasti sorpresi da quanto fossero grandi questi miglioramenti, in particolare confrontando le persone nate dopo la Seconda guerra mondiale con i gruppi nati prima”, aggiunge Beard.
“Ma non c’è nulla che dica che continueremo a vedere gli stessi miglioramenti in futuro: cambiamenti come la crescente prevalenza dell’obesità potrebbero persino far invertire questa tendenza. È anche probabile che i gruppi più abbienti abbiano sperimentato maggiori benefici rispetto ad altri. Ma nel complesso, i trend sono ben delineati e suggeriscono che, per molte persone, i 70 anni potrebbero davvero essere i nuovi 60”.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2024 Riccardo Fucile
CAPEGGIATA DA TRUMP, SPALLEGGIATA DA MILEI E MELONI, SUGGELLATA DA MUSK: IN NOME DEL NEO-LIBERISMO PIU’ SFRENATO
Mentre il 2024 volge al termine dilaniato da due guerre di portata globale, sempre più frequenti fenomeni climatici estremi e una crescente instabilità sul piano sociale ed economico ovunque nel mondo, l’anno che ci apprestiamo a vivere si profila come un possibile punto di svolta nel panorama geopolitico globale.
Il ritorno di Trump alla Casa Bianca rende il 2025 un anno incerto caratterizzato da potenziali cambiamenti in grado di destabilizzare equilibri consolidati negli ultimi decenni.
Riuscirà il magnate e presidente Usa a risolvere i conflitti globali, dall’Ucraina al Gaza? La domanda, che si fanno un po’ tutti, è in realtà mal posta. Spesso si riflette sul fatto che con Trump al potere, durante il suo primo mandato da presidente, l’America non fosse così tanto in guerra quanto lo è oggi, con Biden e i democratici al potere.
Se guardiamo agli eventi che si compongono e che si scompongono ogni giorno dinanzi ai nostri occhi, come un valzer ballato con armonia, la realtà dei fatti ci si prospetta per quello che è.
Dimenticatevi l’unilateralismo o l’aspirazione di un mondo multipolare, nella CaosLandia di questi anni sta emergendo sempre più un bizzarro ma interessante fenomeno: l’Internazionale della Destra capeggiata da Trump, spalleggiata da Milei e Meloni, suggellata da Musk, il cui pensiero si salda al neo-liberismo più sfrenato.
Più che la Via Italiana (il manifesto Meloni ad Atreju) è la nuova Via Internazionale della Destra che mette insieme la protezione sociale con la tutela della proprietà, che promette meno tasse (ma accontenta solo i ricchi), che offre pensioni più alte. In sintesi: una Internazionale della Destra che ha rubato alla sinistra il proprio ruolo di forza federatrice, di protezione sociale ed economica dell’individuo, integrando tutto ciò con la protezione (o la paventata minaccia) dalle invasioni dei barbari (i quali mangiano cani e gatti).
Il caso più esemplificativo di tale direzione emerge dal caso controverso ma curioso del settimanale britannico The Economist: la rivista ha quest’anno accreditato, a cospetto del proscenio della stampa internazionale, il leader argentino Milei.
Un tempo snobbato e da taluni persino deriso, descritto come un eccentrico leader privo di reali ricette per salvare il proprio Paese, la rivista londinese accende un faro di luce (“Javier Milei has turned Argentina into a libertarian laboratory”; “Javier Milei, free-market revolutionary”) sul cosiddetto “miracolo Milei”; e questo a prescindere dalle ambiguità sull’appartenenza politica del presidente argentino.
L’elogio di Milei e il suo credito internazionale odierno derivano in larga parte dal fatto che lo studente ha fatto i compiti e ha perseguito un modello economico e sociale, da sempre nel Dna di The Economist, del free market neo-liberista.
Che miracolo non è, chiaramente, visto che Milei avrà anche ridotto l’inflazione ma l’economia argentina va male (il presidente ha tagliato del 30 per cento la spesa pubblica), la povertà dilaga e le diseguaglianze crescono enormemente.
L’uomo che vuole dare lezioni di liberismo all’Europa, applicando la sua motosega dei tagli sociali anche qui in casa nostra, se necessario invitandoci ad andare contro i burocrati che ostacolano il nostro progresso (gli stessi che spesso hanno tutelato il nostro mercato) in realtà non è affatto un leader a cui ispirarsi né uno statista in grado di risanare il proprio Paese, riscrivendo il patto sociale con il suo popolo.
Vale, in fin dei conti, lo stesso principio di Trump: si esalta il fatto che abbia vinto (ed è vero) con il consenso popolare, ma si dimentica che farà tutto fuorché gli interessi degli ultimi.
Il fenomeno interessante benché preoccupante da tenere d’occhio nel 2025 è perciò questa triangolazione emergente, da Milei a Trump, passando per Meloni. Con in testa Elon Musk, il “Leonardo Da Vinci contemporaneo” (Milei dixit).
Unica grande assente in questo nuovo dibattito: la sinistra. La quale perde perché è ancora vista come “sistema”. Quindi distante, traditrice, incapace di ascoltare e fare cose per le persone. La sinistra tradizionale, così radicata nel ceto medio riflessivo, non ha le capacità di inseguire sullo stesso terreno i Milei, i Trump, i Meloni, a meno che non decida di scrollarsi di dosso fantasmi e paure nel dire la verità, innanzitutto a se stessa.
Gli unici che erano riusciti in questa impresa in qualche modo e misura sono stati i 5 Stelle, al netto delle loro turbe e dei loro qualunquismi dirimenti, ma forse anch’essi sono risultati eccessivamente moderati.
(da TPI)
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