Febbraio 10th, 2025 Riccardo Fucile
UN SUO VECCHIO AMICO “CAMERATA” RICORDA: “È SEMPRE STATO DI DESTRA”… E OGGI VIENE ACCUSATO DA SOVRANISTI COMPLICI DI CRIMINALI CHE SAREBBERO STATI CACCIATI DALLE SEDI MISSINE A CALCI IN CULO
Nel 1975 a Palermo c’era un ragazzo con la Vespa rossa che distribuiva volantini del
Fronte della Gioventù, quelli con la fiaccola stilizzata nel pugno virile. Si chiamava Francesco Lo Voi.
Cinquanta anni dopo, lo raccontano come il nemico pubblico di Giorgia Meloni, classe 1977, la prima premier di destra, che ha iniziato sotto la stessa fiaccola la scalata al partito, nel 2004, da segretario di Azione Giovani, l’erede del Fronte (in tempi molto piu’ tranquilli)
Per capire “il paradosso Lo Voi”, come lo chiama lui, bisogna ascoltare un suo vecchio amico ‘camerata’.
Sotto anonimato racconta: “Franco è sempre stato di destra. Frequentavamo entrambi il liceo Garibaldi e la sede del Fronte della Gioventù di piazza Politeama. Una sera mentre attaccavamo un manifesto del Fronte in via Pirandello fummo inseguiti dai rossi e io caddi dalla Vespa per via della sella piccola ma mi salvai correndo”. Erano gli anni in cui per attaccare i manifesti del Fronte morivano Paolo Di Nella a Roma e Sergio Ramelli a Milano.
Lo Voi conferma il vespino rosso, la sella corta, la frequentazione del Fronte e qualche volantinaggio. Fino a 15 anni. . Comunque la militanza romantica di un 15enne non intaccherebbe la quarantennale storia professionale di serietà, competenza e terzietà riconosciuta da tutti.
Questa piccola storia è invece utile a comprendere il grande “paradosso Lo Voi”.
Entrato giovanissimo in magistratura, a 30 anni già lavorava con Giovanni Falcone, di idee opposte come noto. Il giudice ucciso dalla mafia amava passare le serate a giocare a ping pong con il giovane Lo Voi e Pietro Grasso nella sua villa affittata a Mondello.
Tutta la storia di Lo Voi cozza con la propaganda meloniana. Pm impegnato in importanti indagini antimafia ha raggiunto incarichi prestigiosi per i suoi meriti ma è stato certamente sostenuto dalla destra nei tornanti della sua carriera.
Eletto consigliere al CSM dal 2002 al 2006, in quota MI, nel 2009 va a Eurojust scelto dal Governo Berlusconi, di cui Giorgia Meloni era ministro. Procuratore di Palermo appoggiato sempre da MI, contro il pm del processo Andreotti, Guido Lo Forte, diventa procuratore di Roma dopo essere stato criticato per la foto con il ministro dell’Interno Matteo Salvini a un evento organizzato nel 2019 da Annalisa Chirico.
Il paradosso trova la sua sublimazione nell’inchiesta sul Domani che gli è costata l’esposto del Dis a Perugia. Lo Voi è narrato come un pm che lascia copiare le carte dei servizi segreti ai giornalisti con troppa disinvoltura. In realtà è il procuratore che ha condotto due indagini per scoprire le fonti del Domani a seguito delle denunce del ministro della Difesa Crosetto e del capo di gabinetto di Meloni, Gaetano Caputi.
Nel primo caso la Procura di Roma ha individuato la fonte a tempo record e poi la sostituta procuratrice dell’inchiesta è andata a lavorare al Ministero della giustizia con Nordio.
Nel secondo caso la Procura di Lo Voi ha iscritto a tempo record quattro giornalisti del Domani su denuncia di Caputi per il reato contestato dal capo di gabinetto: accesso abusivo a banca dati. Peccato che con l’accesso i giornalisti non c’entravano.
Quando si è reso conto che l’accusa non reggeva, ha notificato la chiusura indagine 415 bis per rivelazione di segreto ai nostri colleghi in concorso con un pubblico ufficiale ignoto. Una scelta insolita.
E allora qual é la morale del “paradosso Lo Voi”?
La destra di oggi non fa prigionieri. Non c’è militanza giovanile, adesione a MI, amicizia con Falcone e storia professionale che tengano. Se serve alla narrativa di Meloni un atto dovuto diventa un atto ostile. E l’ex ragazzo del Fronte gradito alla destra diventa una toga nemica da far indagare e cacciare.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 10th, 2025 Riccardo Fucile
IL PPE, DI CUI ANTONIO TAJANI È VICEPRESIDENTE (SI RICANDIDERÀ), PRESENTA UN ATTO A STRASBURGO CONTRO LE INGERENZE DI ELON MUSK
L’attacco diretto, frontale, di Matteo Salvini a Madrid per il raduno sovranista al Partito popolare europeo e al suo “malgoverno” nella Ue è il nuovo capitolo della saga del centrodestra italiano, dove ognuno tenta di aumentare i consensi — e adesso cavalcare l’onda americana — a discapito altrui.
L’altro vicepremier Antonio Tajani, leader di Forza Italia, si ricandiderà alla vicepresidenza del Ppe al congresso di Valencia ad aprile e domani la segreteria nazionale degli azzurri avrà tra gli argomenti sul tavolo proprio gli equilibri internazionali. Ma pure le ripercussioni interne, perché le bordate del Capitano leghista al Ppe hanno turbato e non poco i forzisti, considerate un altro sgarbo tra alleati.
«Se lo slogan “make Europe great again” ci porta verso le insidie di una retorica populista e divisiva e strizza l’occhio a chi l’Europa tenta di dividerla — ragiona l’europarlamentare Letizia Moratti, un peso massimo di FI — in quel caso la nostra idea è completamente diversa. Lavoriamo per la valorizzazione di un’Europa riformata, non frammentata. Vale infatti la pena ricordare che Forza Italia ha sempre sostenuto un’Europa di Stati sovrani, ma uniti nel mercato comune, dove la riforma e il miglioramento delle istituzioni sono valore aggiunto rispetto a una disgregazione del progetto europeo».
Lo smantellamento dell’Organizzazione mondiale della sanità — ma anche la completa delegittimazione della Corte penale internazionale — sono questioni che già adesso fanno fibrillare il centrodestra e lo si è visto anche nel Consiglio regionale della Lombardia la scorsa settimana, con una mozione leghista che voleva impegnare la Regione contro l’Oms, mozione poi mitigata dopo le proteste degli azzurri («siamo un po’ stanchi delle sparate della Lega», si era sfogato il coordinatore regionale Alessandro Sorte).
Giorni fa invece al Parlamento europeo esponenti del Ppe, assieme a socialisti, Greens e rossoverdi di The Left, si sono appellati alla Commissione chiedendo: le prese di posizione pubbliche di Elon Musk per l’estrema destra tedesca e contro i giudici rappresentano un «rischio sistemico » per il pluralismo e i processi elettorali? E poi, che strumenti si stanno utilizzando per valutare l’algoritmo di X e i suoi sistemi di raccomandazione?
Tutto questo nel mentre, invece, Lega e Fratelli d’Italia competono per accreditarsi con il mondo trumpiano e dello stesso Musk.
Mentre in Spagna il gruppo dei Patrioti faceva il suo evento Mega […], esponenti di Ecr — il raggruppamento della fiamma tricolore — e della tedesca Afd discutevano online su X sempre sul Mega con un uomo molto vicino a Musk: il trentenne australiano Mario Nawfal, fondatore di un’azienda di consulenza internazionale sulla blockchain. Profilo da quasi due milioni di follower che dialoga amabilmente con Musk quasi quotidianamente, è un altro propagatore del pensiero tecnocratico e sovranista.
Ecco, l’interlocutore per l ’Italia era Francesco Giubilei, che è direttore scientifico della fondazione An, direttamente riconducibile quindi a FdI. Il quale da tempo coltiva relazioni col mondo repubblicano Usa. […] Il grande disegno è insomma un super gruppo che varrebbe 187 deputati, uno in meno del Ppe. Oggi sembra fantapolitica, ma domani chissà.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2025 Riccardo Fucile
NEL GIUGNO 2021 GUIDO CROSETTO SCRIVE: “SAVIANO VA PUNITO. FA SCHIFO.” E GIORGIA MELONI RILANCIA: “IO DOMANI ESCO CON UNA PALATA DI LETAME CONTRO SAVIANO” … VIOLENZA VERBALE, SETE DI VENDETTA E PAURA DI CHI SMASCHERA LA LORO INCAPACITÀ DI GOVERNARE
“Saviano va punito.” “Saviano fa schifo.” (Guido Crosetto). “Io domani esco con una
palata di letame contro Saviano.” (Giorgia Meloni). E poi il solito Delmastro, quello della rivelazione di segreti d’ufficio e del Capodanno con le pistole, che ancora non ha capito di non essere più un picchiatore, ma un sottosegretario… e alla Giustizia, per giunta.
Nel libro “Fratelli di chat”, il giornalista del Fatto Quotidiano Giacomo Salvini svela ciò che Fratelli d’Italia non avrebbe mai voluto far emergere: odio, violenza verbale (il mio “bastardi” era da dilettanti), paura degli avversari non solo politici, ma soprattutto esponenti della società civile.
Cosa emerge dalle chat (ricostruite graficamente) di Meloni&co (i testi sono esattamente come loro li hanno scritti)? Violenza verbale, sete di vendetta e soprattutto paura. Paura di chi smaschera la loro incapacità di governare.
“Sciacallo, diffamatore, smettila di fare la vittima” sono le accuse che rivolgono a me, mentre il governo implode, divorato dall’incompetenza e dal sospetto reciproco. Si spiano tra loro (caso Caputi), negano l’uso di spyware israeliani contro giornalisti e attivisti, non sanno nemmeno perché hanno rimpatriato Almasri (Nordio e Piantedosi non si sono accordati sul dare versioni coerenti) e i centri in Albania sono di fatto definitivamente naufragati.
Troppi errori, troppi scandali, troppe menzogne. Il governo è terrorizzato e fa bene a esserlo perché gli italiani stanno iniziando a capire il bluff.
Oltre ai nemici a destra, ovviamente, ci sono anche quelli a sinistra. E nello specifico gli intellettuali che si permettono di attaccare Meloni e il suo partito soprattutto sulla vicinanza ad ambienti di estrema destra e sulla nostalgia del fascismo di alcuni dirigenti di Fratelli d’Italia. Nelle chat dei parlamentari ci sono due «infami» che vengono messi ripetutamente nel mirino: lo scrittore Roberto Saviano e il giornalista de «la Repubblica», Paolo Berizzi.
Il primo è l’autore di Gomorra, conosciuto al grande pubblico per la sua denuncia nei confronti della camorra passando la sua vita sotto scorta per le minacce della criminalità organizzata.
Il secondo è un cronista e scrittore che ha spesso dedicato articoli e analisi sul fenomeno del neofascismo in Italia e sui legami tra l’ estrema destra e i partiti di governo. Due figure, quindi, molto critiche nei confronti di Meloni e che vengono viste come nemiche da parte dei vertici di Fratelli d’Italia.
Nelle chat dei parlamentari il nome di Saviano viene citato trentadue volte, per lo più con offese, insulti e critiche politiche. Si va dall’esultanza perché il consiglio comunale di. Verona gli ha revocato la cittadinanza onoraria (Ciro Maschio, attuale presidente della commissione Giustizia) alla critica al «Corriere della Sera» da parte di Salvatore Deidda per aver assunto Saviano come firma del giornale («Quello che una volta era il più importante quotidiano d’Italia», commenta a gennaio 2021) fino a Guido Crosetto che, commentando un post di Saviano che accusava di «razzismo» Meloni, scrive: «Saviano va punito», «Saviano fa schifo», «Incita alla violenza» (5 giugno 2021).
In quei giorni, le cronache raccontano la storia di Seid Visin, calciatore di vent’anni di origine etiope che si è suicidato per insulti razzisti. Saviano commenta il fatto accusando Meloni e Salvini di razzismo e l’accusa non viene presa bene nelle chat di Fratelli d’Italia. Oltre a Crosetto, anche la leader di Fratelli d’Italia ci va giù pesante: «Io domani esco con una palata di letame pesante contro Saviano e co. Se ci sono controindicazioni da parte dei genitori fatemelo sapere», scrive l’attuale premier il 5 giugno 2021. Il giorno dopo firmerà proprio una nota contro la cosiddetta «intellighenzia di sinistra» che lega il suicidio del calciatore a episodi di razzismo quando «il padre ha detto che non è così».
L’accusa di essere un «infame» però arriva come commento al caso più noto di litigio con la presidente del Consiglio. Nel 2020 il giornalista aveva usato il termine «bastardi» durante un’intervista a Piazza Pulita per definire lei e Salvini, di fronte alle immagini del dolore della madre del piccolo Yusuf, un neonato morto tra le onde del Mediterraneo.
Meloni aveva deciso di querelare lo scrittore per diffamazione e il 16 novembre 2022, cioè un mese dopo la formazione del governo, lo scrittore era stato rinviato a giudizio perché nel frattempo la leader di Fratelli d’Italia, anche se diventata premier, non aveva ritirato la querela. Nonostante le richieste da parte delle opposizioni e delle associazioni della Stampa di ritirare la querela visto il suo ruolo istituzionale, Meloni non ha fatto alcun passo indietro e il 12 ottobre 2023 Saviano è stato condannato in primo grado a pagare una multa da mille euro oltre alle spese processuali.
Una notizia che quel giorno viene accolta con gioia nelle chat di Fratelli d’Italia: a pubblicare il lancio di agenzia con la sentenza è Deidda che aggiunge un entusiastico: «Evviva, paga infame». A quel punto si apre un dibattito tra esponenti di governo, tra cui il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e quella all’Interno Wanda Ferro, che avrebbero voluto una condanna molto più pesante di una semplice multa da mille euro, anche se per un reato di opinione nei confronti di uno scrittore.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2025 Riccardo Fucile
ITALICS, IL CONSORZIO CHE RIUNISCE 74 TRA LE PIÙ IMPORTANTI GALLERIE D’ARTE ITALIANE: “SENZA LA RIDUZIONE DELL’IVA L’ITALIA ESCE DAL MERCATO DELL’ARTE” – FRANCIA E GERMANIA HANNO ABBASSATO L’IVA SULLE OPERE AL 5 E AL 7%
Come in un corteo, come in un presidio davanti a una fabbrica, alle 17, nei padiglioni di Arte Fiera è andata in scena una protesta sonora: galleristi, quasi tutti quelli presenti, ma anche artisti e operatori tutti insieme hanno fischiato per qualche minuto dentro a fischietti colorati, con il suono che rimbombava per i padiglioni dell’Expo
Anche Simone Menegoi, direttore artistico della manifestazione, l’ha fatto. Non era una performance d’artista ma un’azione collettiva ideata per dare un segnale al Governo che giovedì, mettendo la fiducia al Decreto Cultura, non ha approvato l’abbassamento dell’Iva sulla compravendita di opere d’arte dal 22 al 10 per cento. I promotori dell’azione sono state le gallerie del gruppo Italics che nei giorni scorsi ha mandato una lettera di protesta al Governo.
“Abbiamo coinvolto i colleghi presenti in Fiera perché la protesta fosse trasversale – ha spiegato Francesca Pennone, una delle titolari di Pinksummer – Volevamo dare un segnale concreto proprio qui ad Arte Fiera, la prima fiera d’arte in Italia”
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2025 Riccardo Fucile
E IN ITALIA? SE LE INIZIATIVE GOVERNATIVE LATITANO, SONO LE GRANDI AZIENDE A MUOVERSI: IL 2025 SI È APERTO CON IL VIA ALLA SETTIMANA CORTA DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA, SIAE OPTA LA FLESSIBILITÀ IN BASE AL PERIODO DELL’ANNO: A GIUGNO, LUGLIO, AGOSTO, SETTEMBRE E DICEMBRE, OLTRE 600 DIPENDENTI POTRANNO DECIDERE DI ADERIRE ALLA SETTIMANA LAVORATIVA DI QUATTRO GIORNI. E ANCHE UNIPOL E LUXOTTICA…
L’ultima in ordine di tempo è stata la Spagna: qualche giorno fa il Paese ha annunciato
un progetto di legge per abbassare a 37,5 ore l’orario di lavoro settimanale a parità di stipendio.
L’obiettivo è «lavorare meno per vivere meglio». Da noi in Italia, in attesa di misure da parte del governo che le opposizioni hanno evocato a più riprese, sono le grandi aziende a muoversi.
Per fare qualche esempio, con l’inizio del 2025 il via alla settimana corta è arrivato da Autostrade per l’Italia. Autostrade partirà con una sperimentazione della riduzione dell’orario di lavoro a partire da giugno con 36 ore settimanali a parità di retribuzione.
Tra le novità anche un sostegno della genitorialità con l’istituzione di un contributo per l’asilo nido del secondo e terzo figlio (rispettivamente, 50 e 100 euro al mese) e l’estensione del congedo di paternità per un totale di 20 giorni (10 obbligatori per legge e 10 messi a disposizione dall’azienda).
Anche Siae ha deciso per orari più leggeri ma la flessibilità cambierà a seconda del periodo dell’anno: nei mesi di giugno, luglio, agosto, settembre e dicembre, oltre 600 dipendenti potranno decidere di aderire alla settimana lavorativa di quattro giorni. Negli altri mesi, invece, l’orario rimarrà di 40 ore da lunedì al venerdì. L’elenco è lungo. Anche Unipol sta considerando l’introduzione della settimana corta nel suo piano industriale per il 2025-2027. Permetterà ai suoi dipendenti di lavorare quattro giorni a settimana su base volontaria. Allo stesso modo Luxottica, un altro big del mondo produttivo, che aveva sperimentato la settimana corta a partire da aprile 2024 prevede di raddoppiare le adesioni nel 2025. I dipendenti lavoreranno dal lunedì al giovedì, mantenendo lo stipendio.
I casi sono in crescita e adesso anche il pubblico apre alla nuova formula. Nel nuovo anno i dipendenti dei ministeri sperimenteranno la settimana corta: i dipendenti delle Funzioni centrali sperimenteranno la settimana corta (ma senza riduzione dell’orario di lavoro).
Le iniziative per la settimana corta rappresentano un passo verso un modello di lavoro più flessibile e orientato al benessere dei dipendenti.
L’elenco di grandi gruppi e aziende che già hanno intrapreso questa via è già nutrito e va da Intesa Sanpaolo a Thun fino a Lamborghini.
«Occorre fare attenzione – dice Rossella Cappetta, Associate Dean per la formazione su misura di Sda Bocconi, Professoressa di Organizzazione del Lavoro di Università Bocconi – Quello a cui stiamo assistendo è una trasformazione di natura tecnica ed è un passaggio difficilissimo».
In pratica per l’esperta occorre essere capaci di mettere in piedi una giusta gestione del lavoro. Sennò si rischia un crollo della produttività. «E’ una sfida tecnica – sottolinea l’esperta -. Il rischio di farsi molto male è grande in particolare nelle piccole aziende che hanno minori competenze nell’organizzazione del lavoro».
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2025 Riccardo Fucile
IL POVERETTO È ANDATO ALL’OSPEDALE DI LATINA ACCUSANDO PROBLEMI AL CUORE, MA I MEDICI HANNO SCOPERTO CHE I SINTOMI ERANO PARTE DI UN PROBLEMA PIÙ COMPLESSO
C’è un inchiesta sul bracciante indiano di 46 anni che ormai da circa due settimane è ricoverato in gravi condizioni nel reparto di Terapia intensiva coronarica dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. Il quarantaseienne è arrivato nel nosocomio pontino per una grave cardiopatia, ma durante gli accertamenti è emerso che gli arti inferiori, un braccio, il naso e la milza erano interessati da una vasculite autoimmune, provocata probabilmente dalla reazione del sistema immunitario all’esposizione a pesticidi o diserbanti senza le dovute precauzioni previste per legge, sembrerebbe per addirittura tre giorni
Il quarantaseienne ha perso entrambe le gambe e i medici gli hanno potuto salvare solamente il braccio. Sulla vicenda indagano adesso carabinieri, polizia e guardia di finanza. Si cerca di risalire all’azienda agricola per cui ha lavorato lo straniero, che non parla italiano. Informati anche i servizi sociali per rintracciare la famiglia di origine.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2025 Riccardo Fucile
LE DUE STRADE PER RISOLLEVARE LE SUE SORTI: SBATTERSI PER IL TERZO MANDATO DEI GOVERNATORI (E TENERE ZAIA IN VENETO EVITANDO UNA SCISSIONE) E SEDURRE GLI ELETTORI EVASORI CON LA ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE ESATTORIALI
Matteo Salvini ha fiutato l’aria e non ha sentito profumo di lavanda. La legislatura, per la
Lega, sta prendendo una piega inaspettata e sfavorevole.
La tanto cara riforma costituzionale sull’autonomia differenziata è stata ampiamente smantellata dai giudici, e avrà bisogno di molte modifiche per riuscire a vedere la luce.
I consensi per il Carroccio non si schiodano da un 8%, considerata una pericolosa soglia di galleggiamento, e le regionali del 2025 portano in dote la pericolosissima rogna del Veneto.
La “Liga”, braccio lagunare del partito, ha già raccolto 61mila firme in favore del Governatore uscente, Luca Zaia, e l’umore generale in Regione è che il “Doge” debba essere ricandidato o, nella peggiore delle ipotesi, indicare in piena autonomia il suo successore.
L’attivismo dei veneti a favore di Zaia è una pesante minaccia alla già barcollante leadership di Salvini nella Lega. Per questo il fu “Truce del Papeete” ha capito di non poter restare mani in mano ad aspettare gli eventi: ha deciso di fare un passo in avanti con l’esecutivo, a favore di Zaia, per proporre una revisione della normativa del limite dei due mandati per i governatori.
Blindarsi in Veneto è l’unico modo che ha Salvini per contenere i malumori interni al partito. Sul piano nazionale, invece, la strategia è quella di puntare, come insegnava Silvio Berlusconi, sul tema delle tasse. Non siamo ancora al “pagare poco, pagare forse”, ma quasi.
Salvini spingerà forte sulla rottamazione delle cartelle esattoriali, facile fonte di consenso verso gli elettori-evasori, e ha già fatto capire di aver trovato un alleato nel ministro Giancarlo Giorgetti.
Venerdì il vicepremier ha dichiarato: “Abbiamo interloquito e la vediamo alla stessa maniera, c’è piena sintonia”.
È un messaggio di sponda al viceministro Maurizio Leo, di Fratelli d’Italia, da sempre scettico sul condono fiscale. Come a dire: caro Leo, non sei tu il ministro e dunque non decidi nulla al riguardo.
Oggi Leo ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco, affermando di essere “d’accordo con la nuova rottamazione”, ma subito precisando la necessità di mantenere “la dovuta attenzione ai conti pubblici”: “Sono interventi da fare alla luce delle osservazioni della Ragioneria generale dello Stato”.
Nel rapporto con Giorgia Meloni, invece, Salvini ha dovuto mostrare i canini dopo le numerose ricostruzioni, diffuse dai giornali, in cui veniva evocata, da parte della Ducetta, l’ipotesi di forzare la mano e tornare al voto per capitalizzare il consenso che le viene riconosciuto dai sondaggi.
Il fidanzato di Francesca Verdini ha fatto capire alla premier di non essere un tontolone: si è reso conto di una strategia in atto, da parte di Palazzo Chigi, per metterlo con le spalle al muro, costringerlo a un colpo di testa, così da permettere alla sora Giorgia, in modo “pulito”, di salire al Quirinale e chiedere il voto a Mattarella in assenza di fiducia.
Salvini ci ha tenuto a rovinare i sogni di grandezza di Giorgia Meloni, facendo presente che nel caso in cui la premier volesse andare al voto anticipato per fare filotto in quel caso la Lega non correrebbe in coalizione con il centrodestra.
La premier ha capito che i problemi all’interno della coalizione sono complessi e di non facile risoluzione, al punto da aver disdetto la sua partecipazione alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, prevista dal 14 al 16 febbraio, dove sarà presente il vice presidente americano, JD Vance.
Ps. Gli addetti ai livori fanno notare che dopo aver preso un bello shampoo da Ursula, al Consiglio europeo informale, non si è fatta più vedere (né in Parlamento, né a Monaco, ne al vertice sull’intelligenza artificiale di Parigi)
(da Dagoreport)
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Febbraio 10th, 2025 Riccardo Fucile
IL CAPOMISSIONE DI “MEDITERRANEA” CHIEDE AI MAGISTRATI DI PALERMO DI INDAGARE SULL’INTRUSIONE INFORMATICA DI CUI E’ STATO VITTIMA… I LEGALI: “VOGLIAMO SAPERE SE E’ ATTIVITA’ CONNESSA ALLE OPINIONI POLITICHE DEL NOSTRO ASSISTITO”
Anche le procure italiane adesso dovranno occuparsi del caso Paragon. O almeno sarà di certo tenuta a farlo la procura di Palemo.
Luca Casarini, assistito dagli avvocati Serena Romano e Fabio Lanfranca ha presentato una denuncia-querela contro ignoti per chiedere ai magistrati di individuare chi abbia “bucato” il suo telefono con lo spyware militare Graphite di Paragon, in grado – si spiega – non solo di leggere e acquisire tutto quanto sia contenuto nel telefono, ma anche di trasformarlo in un registratore e in una foto e video-camera, come di importare sul dispositivo contenuti di varia natura
La denuncia è stata presentata direttamente in procura a Palermo e dell’iniziativa, annuncia l’avvocato Lanfranca, “sarà notiziato il capo Maurizio de Lucia”.
Non un esposto, ma una precisa denuncia-querela
Non si tratta di un generico esposto che sottopone alla magistratura alcune circostanze chiedendo ai magistrati di valutare se e in che misura costituiscano reato, ma di una denuncia precisa, che individua una violazione di diritti anche costituzionali, con cui si chiede alla procura di procedere. Con Graphite – si ricorda nell’esposto – sono stati infettati i telefoni di 90 persone in tutto il mondo fra cui quello del direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, di tre esponenti di Mediterranea – Casarini, Beppe Caccia e un rifugiato che con loro collabora da tempo – e dell’attivista libico residente in Svezia, Husam El Gomati
Sono “fatti d’inedita e preoccupante gravità per l’inaccettabile compromissione del principio di riservatezza delle comunicazioni e della vita privata che trova riconoscimento e tutela in plurime fonti di diritto nazionale, internazionale, europeo”, si afferma nel documento.
L’avvocato: “Attività connessa alle opinioni politiche del nostro assistito?”
La denuncia, spiega l’avvocato Lanfranca, “è finalizzata a conoscere quale apparato dello Stato si sia spinto fino a usare le armi delle spionaggio dei propri cittadini e chiediamo di conoscere se questa attività sia connessa alle opinioni politiche del nostro assistito”. Per Lanfranca “in uno Stato di diritto nessuno, nè il governo, nè la magistratura, nè i Servizi segreti possono considerarsi al di sopra della legge”.
I dettagli della denuncia
In dettaglio, nel documento di cinque pagine, si ripercorre la vicenda: dalla scoperta dell’intrusione informatica, comunicata dalla stessa app Whatsapp con una notifica di sicurezza, alla consultazione con il team di ricerca indipendente CitizenLab, consigliato dalla stessa società, alle inchieste giornalistiche che hanno rivelato come la campagna spyware riguardasse 90 attivisti e giornalisti in tutto il mondo e che Paragon, esattamente negli stessi giorni in cui l’infezione spyware mondiale veniva fuori, abbia rescisso il contratto con l’Italia, dove la società italiana aveva due clienti, “un’agenzia di intelligence e una forza di sicurezza”.
Mediterranea nel mirino?
Coincidenze che gettano ombre lunghe su tutta la vicenda. Anche perché Casarini – si conferma nell’esposto – non è l’unico esponente di Mediterranea spiato. Dell’ong c’è anche Beppe Caccia, più secondo indiscrezioni, non confermate nella querela, un rifugiato sudanese che con loro da tempo collabora. Per Casarini e i suoi legali si tratta di circostanze preoccupanti, soprattutto alla luce “di un gravissimo episodio di diffusione illecita di informazioni a carattere riservato”.
Le precedenti violazioni della privacy
Il riferimento è alla valanga di intercettazioni – captate nel corso del procedimento che contro Mediterranea si trascina da anni a Ragusa e è ancora in fase di udienza preliminare – finite sui giornali prima ancora che le avessero in mano gli avvocati. Si tratta di conversazioni che nulla hanno a che fare con l’oggetto del processo, spesso di natura del tutto privata e personale, per oltre un mese finite su due testate, contro le quali Casarini ha già presentato denuncia. Alla procura di Palermo, Casarini e i suoi legali, chiedono dunque di indagare per scoprire chi abbia portato avanti la campagna di intrusione, captazione e eventuale manomissione del telefono del capomissione e fondatore di Mediterranea, e soprattutto per quale motivo e per quale scopo.
Conferenza stampa a Strasburgo
Nel pomeriggio, della vicenda si parlerà a Strasburgo, dove Casarini e il caporedattore di Fanpage, Francesco Cancellato, parleranno durante una conferenza stampa organizzata dall’eurodeputato Pd Sandro Ruotolo, a cui parteciperanno anche rappresentanti di Sinistra italiana, Verdi e Movimento 5 stelle.“Pensiamo che sia di estrema gravità per la democrazia europea quello che è avvenuto con lo spionaggio nei confronti del direttore cancellato e di altri esponenti della società civile – afferma Ruotolo – Per questo chiederemo alla commissione europea di fare chiarezza “.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2025 Riccardo Fucile
I LAVORI PER UNA SERIE DI INFRASTRUTTURE VERRANNO RIPROGRAMMATI, A RISCHIO 17 MILA POSTI NEGLI ASILI NIDO. IN GRAVE RITARDO I NUOVI OSPEDALI AL SUD… INVESTITO SOLO IL 30% DEI FONDI
Nonostante la revisione dell’anno passato il Pnrr stenta a decollare. Secondo l’ultimo
monitoraggio effettuato dalla fondazione Openpolis, da mesi in pressing sul governo per ottenere dati aggiornati, a un anno e mezzo dalla scadenza del piano gli investimenti realizzati non arrivano nemmeno ad un terzo dei fondi che l’Europa ci ha messo a disposizione: in base ai dati aggiornati allo scorso 13 dicembre siamo infatti al 30,5%, ovvero a 58,6 miliardi di euro su un totale di 194,4.
Stando al ministro degli Affari europei Tommaso Foti, in realtà saremmo già oltre quota 64 miliardi, ma è un dato di fatto che un anno fa eravamo in ritardo e oggi lo siamo ancora. Da mettere a terra ci sono ben 269.299 progetti e ora ci si rende conto che forse sono troppi.
Secondo la Svimez il Sud ha realizzato solamente i 30% dei progetti relativi a ospedali, case di comunità e telemedicina contro il 72,7% del Nord. Per quanto riguarda i comuni, invece, i progetti esecutivi più in ritardo riguardano gli impianti per il trattamento dei rifiuti con appena l’11% dei lavori avviati al Sud ed il 27% al Nord ma anche la realizzazione di nuovi asili avanza a fatica.
A conti fatti le Regioni, con l’82,3% dei progetti avviati al Nord ed il 64% al Sud, hanno fatto meglio dei comuni arrivati rispettivamente al 75,9 ed al 50%.
Stando a Openpolis il settore messo peggio è quello della Pa (10 progetti in tutto) dove sono stati investiti appena 37,8 milioni su 535,5 (7,6%). Molto male anche la voce “Transizione ecologica”, dove la spesa per 8.568 progetti è ferma all’8,46% (3,2 miliardi su 37,3). Questo perché nel campo della tutela del territorio sono stati investiti appena 1,6 miliardi su 10, nelle rinnovabili nemmeno 50 milioni su 8,6 miliardi, 202 milioni nell’economia circolare anziché 2,1 miliardi.
Cultura e turismo si fermano invece all’11,25% (552 milioni), il programma a favore dell’inclusione sociale arriva al 13,69% (799,8 milioni) coi progetti nel campo della disabilità che però annaspano al 3,81% (spesi appena 19,1 milioni su 500).
Anche i programmi nel campo della salute faticano ad avanzare: a fine 2024 con 10.084 progetti in corso erano stati infatti investiti solo 2,3 miliardi su 15,6. In ritardissimo soprattutto quelli sulla medicina territoriale fermi all’11,32% (877,2 milioni).
Quasi non pervenuti quelli in ricerca e formazione (stanziati 1,3 miliardi, speso solo il 2,36%). Poco più di un terzo dei progetti del Pnrr riguarda la digitalizzazione: in questo campo le riforme sono state realizzate al 100%, gli investimenti invece arrivano appena al 22,31% (3 miliardi anziché 13,1).
Su scuola, università e ricerca si contano in tutto 59.501 progetti: finora sono stati spesi 7,4 miliardi (26,21%) per cui ne restano altri 21 da investire, soprattutto sul fronte delle 25.229 strutture scolastiche inserite nel Pnrr dove la spesa è al 27,79% dei 12,1 miliardi disponibili. Va meglio nel campo della Giustizia, dove però erano previsti appena 5 progetti e dove è stato già investito 1 miliardo pari al 42,66% del totale
Infine il capitolo “Imprese e lavoro” dove gli investimenti hanno raggiunto quota 47,33% con la messa a terra di 15,8 miliardi su 33,3. Ma questo risultato lo si deve essenzialmente ai programmi dedicati a competitività e innovazione che grazie alle imprese private destinatarie degli incentivi è stato possibile investire 14,2 miliardi su 17,9 (79,08%). Perché di contro alla voce “lavoro” la spesa di ferma al 9,95% (668 milioni), mentre l’agricoltura arriva appena al 2,47% dei 5,9 miliardi messi a bilancio.
Dati non positivi, insomma, che secondo Openpolis confermano le difficoltà e i ritardi che da mesi vengono denunciati, e «che contraddicono il tono trionfalistico sul Pnrr della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dell’ex ministro Raffaele Fitto, oggi diventato commissario europeo».
(da La Stampa)
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