Febbraio 3rd, 2025 Riccardo Fucile
NON SOLO, L’ITALIA SI ERA IMPEGNATA, QUALORA FOSSERO SORTI PROBLEMI, A INFORMARE LA CORTE PENALE… E ANCORA: L’AMBASCIATORE ITALIANO ALL’AJA AVEVA TEMPESTIVAMENTE INFORMATO IL GOVERNO DELL’IMMINENTE MANDATO D’ARRESTO INTERNAZIONALE PRIMA ANCORA CHE FOSSE EMESSO… MORALE: SIAMO COMPLICI DI UN CRIMINALE, IN UN PAESE CIVILE STASERA MELONI SAREBBE DA MATTARELLA PER RASSEGNARE LE DIMISSIONI
Il particolare è in un comunicato stampa che la Corte penale internazionale dell’Aja ha
diffuso ormai dieci giorni fa, ma finora pochi sembrano averlo notato.
E però alla luce di quello che si è poi saputo circa la liberazione e il rimpatrio del generale e presunto torturatore libico Osama Almasri – costati un’inchiesta a Meloni, Mantovano, Nordio e Piantedosi – è divenuto sempre più centrale.
E’ stata l’Italia a chiedere alla Corte dell’Aja di non diffondere la notizia che Almasri era stato arrestato a Torino. Il testo del 22 gennaio è molto chiaro: «A richiesta delle autorità italiane e agendo in loro totale rispetto, la Corte ha deliberatamente evitato di commentare pubblicamente l’arresto del sospettato», qui il riferimento è alla giornata del 19 gennaio, quando l’arresto del libico a Torino è appena avvenuto.
Non è però l’unica cosa che la corte dell’Aja ha fatto, si legge ancora. E l’ulteriore frase serve a smentire l’ipotesi che ci sia stato qualche vizio di forma nella domanda di arresto di Almasri: «Allo stesso tempo, la Corte ha continuato ad essere operativa con le autorità italiane per assicurare l’effettiva esecuzione di tutti gli step necessari perché la richiesta della corte andasse a buon fine».
E in particolare, «La cancelleria (che è il braccio operativo della corte, molto diversa dalla cancelleria di un tribunale italiano ndr) ha ricordato alle autorità italiane che in caso avessero identificato qualunque problema che potesse impedire l’esecuzione della richiesta di cooperazione avrebbero dovuto consultare la Corte velocemente per risolverlo». Il resto è noto e parla del fatto che quando il 21 Almasri viene rilasciato la Corte non è stata consultata in nessun modo.
I contatti tra l’Aja e l’Italia
Le informazioni in questo comunicato fanno il paio con quelle dei giorni scorsi, circolate anche in ambienti governativi, che ammettevano come l’ambasciatore italiano presso l’Aja avesse fatto sapere all’Italia la imminente richiesta di arresto per Almasri prima ancora che fosse emessa.
L’informazione viene riportata al Coordinatore dell’Unità Crimini Internazionali della Polizia Criminale del Ministero dell’interno. Avviato il contatto, il funzionario della corte forniva alla polizia italiana anche i contatti con l’agente della polizia tedesca che aveva inviato all’Aja tutte le informazioni raccolte su Almasri (è la Germania del resto il primo paese ad essere attivato dall’Aja già il 10 luglio scorso, in quel momento è l’unico paese ad avere la Blue notice) e i due si sono certamente sentiti perché la Germania ha inviato tutto quanto aveva raccolto, compreso il controllo in strada su Almasri del 15 gennaio. Anche qui gli atti sembrano confermare che ogni elemento informativo per correggere o sanare eventuali errori di forma era a disposizione. E che se le cose sono andate diversamente una scelta c’è stata.
(da Open)
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Febbraio 3rd, 2025 Riccardo Fucile
LA GIUSTIFICAZIONE: “NON HANNO PAGATO LA QUOTA DI MANUTENZIONE”… LA SCUOLA SI OFFRE DI PAGARE MA I CONDOMINI IGNORANO L’OFFERTA… L’AVVOCATO: “NON POSSONO FARLO”… LA SOLUZIONE? ANDARE A TROVARE I CONDOMINI, VEDRETE CHE CAMBIANO IDEA
Essa ha sei anni, è nato in Pakistan e soffre di una grave disabilità che non gli permette di camminare. Vive al quinto piano di un palazzo di Milano assieme a sua madre, Alia Bibi, ai suoi due fratelli, e suo padre, Yaseen. Ma nessuno di loro può usare l’ascensore, che il condominio al civico 71 di viale Monte Ceneri riserva solo a chi paga la manutenzione. Ma la famiglia non se la può permettere, e Alia Bibi è costretta ogni giorno a portare suo figlio in braccio per cinque lunghi piani di scale. Essa cresce sempre di più, e le ginocchia della madre fanno sempre più fatica. Le braccia sono sempre più stanche.
L’ascensore riservato alle persone autorizzate
Una situazione nota da tempo ai condomini – riporta Miriam Romano sull’edizione milanese di Repubblica – ma evidentemente ritenuta non sufficientemente urgente. A ogni piano, davanti all’ascensore, è affisso lo stesso cartello: riservato alle persone autorizzate. Ovvero ai due o tre condomini che hanno partecipato alle spese di manutenzione. Per Alia, Yaseen ed Essa non sembra esserci soluzione. La madre, arrivata dal Pakistan due anni fa, attualmente non può lavorare. La condizione di Essa non gli permette di camminare. E i soldi che Yaseen porta a casa lavorando come rider non bastano a farsi carico di un simile onere.
L’intervento della scuola per pagare l’ascensore del bambino
Persino la scuola di Essa, la Rinnovata Pizzigoni, ha provato a smuovere le acque. Ma né i condomini né l’amministratore si sono fatti convincere e la situazione è rimasta immutata. Sembra che la famiglia non esista: i nomi non appaiono sul citofono. Quando viene chiesto di loro ai vicini, le risposte sono vaghe. Ma i 70 gradini rimangono là, così come i mille euro al mese di affitto. «È profondamente ingiusto — la preside spiega Anna Ferri, — . Noi abbiamo messo a disposizione della famiglia il pulmino per poter consentire a Essa di venire a scuola. Ma la madre non può continuare a portare il figlio su e giù dalle scale. Vorremmo offrire una quota per pagare l’uso dell’ascensore almeno per quelle due volte al giorno per consentire a Essa di frequentare la scuola. Ma non ci hanno mai risposto».
Il consigliere comunale e l’amministratore
Anche il consigliere comunale del Pd Alessandro Giungi, avvocato, ha scritto una lettera all’amministratore, senza successo. «Nulla può giustificare un tale divieto che impedisce ad Essa di frequentare la scuola e, in generale, di uscire da casa. Fino ad ora si è parzialmente sopperito grazie ai volontari e alla sensibilità della dirigente Ferri ma tale situazione deve trovare un punto fermo consentendo ai genitori di Essa di poter utilizzare l’ascensore insieme al loro figlio. Il tema della disabilità è diventato centrale nel dibattito pllitico e sociale milanese ma una vicenda di questo tipo fa capire quanto ancora ci sia da lavorare su questo tema».
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2025 Riccardo Fucile
ABITUATI A USARE BENE I FONDI EUROPEI, GLI SPAGNOLI STANNO UTILIZZANDO IL PNRR COME UN VOLANO PER TRAINARE L’ECONOMIA (SALUTAME A FITTO) – IL BOOM DEL TURISMO (+10% DI VISITATORI STRANIERI E L’IMMIGRAZIONE CHE GENERA POSTI DI LAVORO)
Nel 2024, il prodotto interno lordo del regno è balzato del 3,2%. Quattro volte più veloce
della media europea, scrive Le Monde.
In un’Europa in cui l’economia è a mezz’asta, la Spagna mostra una crescita insolita. Secondo i dati pubblicati mercoledì 29 gennaio, nel 2024 il suo prodotto interno lordo (PIL) è aumentato del 3,2%. Si tratta di una crescita quattro volte superiore alla media europea e di 0,5 punti in più rispetto al 2023. Ciò significa che il 40% della crescita della zona euro nel 2024 verrà da qui”, ha dichiarato Carlos Cuerpo, Ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Impresa. Per la prima volta, l’economia spagnola ha attenuato gli effetti degli shock internazionali anziché esacerbarli”. Nel complesso dell’anno, i consumi sono cresciuti del 2,8%, le esportazioni del 3% e le importazioni del 2%.
Trainata dal settore turistico – con 94 milioni di visitatori stranieri (+10%) e 126 miliardi di euro di spesa turistica (+16%) – e favorita da una forte immigrazione – si prevedono 1,5 milioni di nuovi residenti tra il 2021 e il 2024 e il 40% dei 470.000 posti di lavoro creati nel 2024 sarà occupato da stranieri – la crescita spagnola sta beneficiando anche dei fondi forniti dal piano di rilancio europeo NextGenerationEU, approvato nel 2020.
Con 163 miliardi di euro, di cui 80 miliardi di euro in sovvenzioni e 83 miliardi di euro in prestiti, il piano di risanamento spagnolo è il più grande dopo quello concesso all’Italia. Dopo un ritardo, il governo ha accelerato notevolmente la sua attuazione nel 2023, raggiungendo una velocità di crociera sostenuta nel 2024.
In totale, il governo e le regioni autonome hanno lanciato bandi per progetti per un valore di 77,5 miliardi di euro, concentrandosi sui dodici progetti strategici per la ripresa e la trasformazione dell’economia che ha definito: sviluppo del veicolo elettrico, delle energie rinnovabili, dell’agroalimentare, della cantieristica, della decarbonizzazione industriale
Quanto della crescita della Spagna può essere legata a questo piano di ripresa? “Al di là delle ricadute fiscali, è difficile quantificarne l’impatto”, spiega l’economista Jorge Galindo, vicedirettore del centro studi economici dell’Esade, una business school di Barcellona.
Secondo l’istituto con sede a Francoforte, il piano di ripresa può contribuire tra 0,4 e 0,9 punti percentuali di crescita cumulativa del PIL nell’Unione Europea fino al 2026. E, nei casi più specifici di Italia e Spagna, tra 1,2 e 1,9 punti percentuali. “L’effetto dei finanziamenti europei sulla competitività delle imprese e sulla diversificazione delle loro attività è difficile da misurare nel breve periodo. Ciò che conta è la loro capacità di produrre cambiamenti duraturi”,continua Galindo.
Le imprese spagnole sono tornate a chiedere di più. Secondo un rapporto della Banca di Spagna pubblicato mercoledì 29 gennaio, il 21,2% delle imprese del Regno ha già richiesto, o intende farlo nel prossimo futuro, l’accesso ai fondi del piano di ripresa. La metà di esse ha finora ricevuto una decisione favorevole. Tuttavia, il 45% di queste aziende dichiara che non avrebbe investito senza l’impulso del piano di ripresa europeo.
(da Le Monde)
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Febbraio 3rd, 2025 Riccardo Fucile
2) IL POPOLINO FA INORRIDIRE: I “CAFONI”, CARI A SILONE, NON SE LI VUOLE SCIROPPARE NESSUNO: A LORO NON PENSA LA POLITICA, FIGURIAMOCI SE PUÒ ACCOLLARSELI UN OSTE ABRUZZESE… 3) NELLA VICENDA SI FONDE CLASSISMO PICCOLO-BORGHESE, UN SENTIMENTO ANTI-NAPOLETANO E SPREZZO DEI DISGRAZIATI … 4) OGNI CETO HA I SUOI INFLUENCER… MORALE: HAI CAPITO, OH MISERABILE, CHE CI VAI A FARE A ROCCARASO? MA NON È MEGLIO UNA BELLA PIZZA A MERGELLINA?
Cosa ci insegna il caso Roccaraso, improvvisamente riempita da migliaia di turisti napoletani, spronati da alcuni tiktoker partenopei e allettati da offerte iper-discount delle agenzie di viaggi? Politici, commercianti e ristoratori della località sciistica abruzzese hanno parlato di “invasione”. Neanche fossero arrivati gli unni, gli ostrogoti o i barbari di Attila.
Certo, un paese da 1.500 abitanti non poteva essere attrezzato per accogliere 12mila persone in un fine settimana. E infatti il comune si è ritrovato nel caos: piste intasate, strade bloccate, rifiuti ovunque. La fiumana di turisti campani “mordi e fuggi” ha solleticato critiche legittime dei residenti, qualche esondazione anti-partenopea (come gli striscioni esposti allo stadio Olimpico “Roccaraso, tappati il naso”), un po’ di classismo anti-popolino, condivisibili perplessità sul ruolo dei tiktoker-pifferai capaci di movimentare folle con una facilità inquietante.
Riepilogando:
1) Nessun vuole i turisti ciabattoni. Chi porta il panino da casa, chi non puo’ permettersi un pranzo stellato, finisce nella ridotta degli straccioni appestati. Che ce sei venuto a fa’? Un visitatore è ben accetto solo se portatore sano di Visa gold. Munifici bonifici, sennò scio! Dalle Alpi alla Sicilia, passando per l’Abruzzo montano, sono diventati tutti piccoli Briatore. Vogliono vedere i “dindini”: se spendi, bene, altrimenti fora dai ball.
2) Il popolino, quello che una volta si chiamava proletariato, dà ontologicamente fastidio. Fa inorridire. Una reazione epidermica. Prima che etica, è una questione estetica. I poveri sono brutti, sporchi e cattivi, per definizione. Ignazio Silone tratteggiò con la cura di un etnografo i cafoni di Fontamara, ora quegli stessi cafoni sarebbe meglio se restassero lontano dai radar. Che sgradevoli, signora mia! Non se li vuole sciroppare nessuno: a loro non pensa la politica, figuriamoci se può accollarseli l’oste di Roccaraso.
Nel descrivere le “invasioni” della località sciistica d’Abruzzo si sono mescolati classismo piccolo-borghese e sprezzo dei ceti meno colti, meno abbienti, meno trendy. Un evergreen già ammirato, magistralmente, nell’articolo di Alain Elkann, pubblicato su “Repubblica” il 23 luglio 2023: il giornalista doveva andare a Foggia e si ritrovò, in treno, con dei ragazzi un po’ rumorosi che non esitò a definire “lanzichenecchi”. Elkann marcò la distanza tra sé e quei giovani. Della serie: ma questi “bavbavi”, detto con la r moscia, qui, chi li ha fatti entrare?
3) In Italia il disprezzo per i napoletani gode di ottima salute. Quando ci sono di mezzo i partenopei, si scatena una spremuta di livore eccezionale. Verrebbe da dire “discriminazione territoriale” ma qui nessuno viene dalla montagna del sapone: i napoletani se la vanno a cercare, orgogliosamente. Sfrontatamente. Non brillano certo per sobrietà, understatement, discrezione. Offrono il fianco, a volte anche in modo sfacciato, a chi li immagina ricoperti dalla lava Vesuvio. Negli stadi si canta: “Lavali col fuoco, o Vesuvio, lavali col fuoco”. Insomma sparare a zero sul cafoncello piace sempre, se è napoletano di più.
4) Ogni ceto ha il suo sottaceto, e pure i suoi punti di riferimento. L’influencer-macchietta Rita De Crescenzo può far sorridere o indignare, a seconda della puzza sotto il naso. Ma è la perfetta espressione del suo mondo di riferimento. Come scrive Letizia Pezzali su “Domani”: “Parliamo di influencer che si rivolgono a chi i soldi non ce li ha. Proprio così, ci sono gli influencer dei poveri e quelli dei ricchi.
Il tema, se scavi un po’, è la classe sociale”. Se migliaia di napoletani hanno seguito i consigli di Rita De Crescenzo, fiondandosi a Roccaraso, è perché si rivedono in lei. E’ una “del popolo”. Non è l’influencer patinata che mostra la sua “vita smeralda” a Dubai e magari fa qualche marchetta post-prandiale. La De Crescenzo che smuove le folle è considerata alla stregua di un pericolo sociale. E’ meglio una Chiara Ferragni che pubblicizza un pandoro o delle uova di Pasqua in nome di una beneficienza piuttosto opaca?
5) Se povero sei, povero devi schioppare. Molti dei napoletani arrivati a Roccaraso non avevano mai visto la neve. Ripeto: mai vista. Ma come, direte: possibile che non abbiano mai messo le ciaspole per passeggiare a Cortina? Come spiega “Domani”: “La montagna come esperienza esclusiva è un argomento profondo e annoso che attraversa la nostra cultura Lo sci è associato a un turismo di fascia medio-alta, sia per i costi, sia per l’immagine”.
“In questo senso – prosegue l’articolo – ‘l’invasione di Roccaraso’ mostra le disuguaglianze, anche se naturalmente non c’è nessuna rivoluzione in atto: non è che le persone siano andate in massa in montagna per fare un sit-in di protesta contro il sistema, la tensione emerge dai fatti. Chi ha meno soldi non intende rinunciare a una giornata sulla neve, perché la neve è bella e piace, come il mare, e perché forse si è stufi di guardare i ricchi e i famosi che fanno cose che tu non puoi fare. Datemi un motivo per cui i poveri dovrebbero rinunciare a una gita in montagna”. Insomma i poveri hanno “osato” mettere piede dove l’Isee non li avrebbe voluti. E questo ha fatto arricciare il naso ai più: i disgraziati devono stare al loro posto sennò dove andiamo a finire, signora mia.
Nella poesia “’A livella”, Totò faceva così sbottare il “Marchese signore di Rovigo e di Belluno” verso il netturbino Gennaro Esposito: “La casta è casta e va, sì, rispettata, ma voi perdeste il senso e la misura; la vostra salma andava, sì, inumata, ma seppellita nella spazzatura! Ancora oltre sopportar non posso la vostra vicinanza puzzolente. Fa d’uopo, quindi, che cerchiate un fosso tra i vostri pari, tra la vostra gente”.
Hai capito, oh miserabile, che ci vai a fare a Roccaraso? Ma non è meglio una bella pizza a Mergellina?
(da Dagoreport)
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Febbraio 3rd, 2025 Riccardo Fucile
LAM MAGOCK E’ STATO TORTURATO NELLA PRIGIONE DI MITIGA, GUIDATA DAL CRIMINALE CHE L’ITALIA HA LIBERATO
Lam Magock è una delle vittime di Almasri. Vive oggi in Italia e sta seguendo un
percorso di integrazione grazie a Baobab Experience. Dopo tre mesi in Algeria, Lam è arrivato in Libia dove è stato catturato e portato nella prigione di Mitiga che è guidata, insieme a quella di Jadeda, da Najeem Almasri.
“Sono stato torturato sulle gambe, mi hanno legato le mani e i piedi, e mi hanno messo su una sedia, lì mi hanno torturato con dei cavi elettrici”. Lam porta ancora sul corpo i segni evidenti delle torture, sono dei veri e propri buchi sulle caviglie, sulle mani e sulle braccia.
“Io ricordo bene Almasri, era il boss, il capo di Mitiga – prosegue Lam – lui arrivava con una grossa pistola ed un grosso bastone, e ci picchiava. Poi prendeva alcuni dei prigionieri, li portava in isolamento, in una stanza a parte, e lì avvenivano le torture. Ricordo che c’era una stanza dove la gente veniva uccisa. Quando finivano chiamavano noi, altri migranti detenuti, e dovevamo pulire tutto, il sangue, le feci, e dovevamo prendere il cadavere e metterlo nel sacco. Io ho visto tutto questo in prima persona”.
(da Fanpage)
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Febbraio 3rd, 2025 Riccardo Fucile
L’ACCUSA DEL PRESIDENTE DELLA CORTE, GIUSEPPE MELIADÒ: “DESTA SGOMENTO LA SCELTA DEL LEGISLATORE DI TRASFERIRE A QUESTA CORTE, CON PROCEDURA D’URGENZA E SENZA RISORSE AGGIUNTIVE, LE PROCEDURE DI CONVALIDA DEI TRATTENIMENTI”
Lo sconcerto tra i magistrati della Corte d’Appello di Roma è attenuato solo dal fine settimana che ha svuotato gli uffici. Ma le reazioni governative ai provvedimenti che venerdì sera hanno liberato e fatto venire in Italia i 43 migranti richiedenti asilo portati in Albania hanno suscitato proprio quel sentimento.
Che si sovrappone all’altro espresso pubblicamente dal presidente Giuseppe Meliadò il sabato precedente, nella relazione con cui ha aperto l’anno giudiziario
«Ha destato sgomento — aveva detto in quell’occasione — la scelta del legislatore di trasferire a questa corte, con procedura d’ugenza e senza risorse aggiuntive, le procedure di convalida dei trattenimenti degli stranieri decisi dal questore, ad appena pochi mesi dall’opposta scelta di rafforzare, a Roma e con ben dieci posti in più, le sezioni di primo grado competenti in materia di protezione internazionale».
A ben vedere, l’accusa di aver truccato le carte mossa nemmeno troppo velatamente a quest’altra toga tutt’altro che «rossa» (tra il 2002 e il 2006 fu consigliere del Csm per la corrente «centrista» Unità per la costituzione, insieme all’attuale procuratore Francesco Lo Voi che rappresentava la destra di Magistratura indipendente) nasce proprio da lì: dal decreto legge dell’11 ottobre che ha riversato sui giudici d’Appello le attribuzioni sui migranti, in risposta alla decisione del tribunale di rilasciare i migranti e rivolgersi alla Corte di giustizia europea.
Gravando con nuovi compiti e nessun aumento di organico una corte che ha già uno scoperto del 20 per cento, dopo che in aprile il ministero aveva rafforzato il tribunale di dieci unità proprio in virtù del lavoro aggiuntivo per l’«operazione Albania».
Di qui la soluzione ideata dal presidente Meliadò adottando lo stesso criterio governativo: un bando per sei posti al quale hanno risposto altrettanti giudici di primo grado, quattro dei quali provenienti dalla sezione che con le sue ordinanze sgradite aveva provocato la contromossa di governo e Parlamento.
Tuttavia dei cinque giudici che hanno sottoscritto gli ultimi provvedimenti contestati, solo uno si era già pronunciato quando stava in tribunale. E tra questi ce n’erano alcuni che si trovavano alla sezione protezione internazionale di primo grado con un incarico provvisorio, in attesa di essere assegnati all’ufficio definitivo; dunque è difficile catalogarli come strutturalmente e «culturalmente» organici alla squadra che il centrodestra considera ostile.
Decisioni attese
Sono queste considerazioni ad alimentare lo sconcerto che si respira nella Corte d’Appello di Roma. La stessa che ha atteso inutilmente il parere del ministro della Giustizia Carlo Nordio prima di scarcerare il generale libico Osama Almasri, ricercato per crimini di guerra e contro l’umanità dalla Corte penale internazionale, ritenendo di non poter fare altrimenti. Tanto più che i provvedimenti con cui i giudici di secondo
Nello stesso senso, infatti, con un «rinvio pregiudiziale» alla Corte di giustizia, si erano già pronunciati non solo i magistrati di Roma, ma pure quelli di Firenze, Bologna e Palermo. E, soprattutto, quelli della corte di Cassazione che con l’ordinanza del 30 dicembre sul ricorso del governo contro i «no» del tribunale avevano anch’essi sospeso il giudizio in attesa del verdetto dei giudici di Lussemburgo.
La Cassazione
Si tratta del provvedimento che a detta della premier e di tutto il centrodestra aveva «dato ragione al governo», poiché ribadisce che il giudice chiamato a convalidare i trattenimenti non può sostituirsi al potere esecutivo, titolare esclusivo della designazione dei «Paesi sicuri» di provenienza dei migranti che giustificano le procedure accelerate in Albania per l’esame delle richieste d’asilo e l’eventuale rimpatrio; principio che peraltro nessun giudice ha mai contestato.
La stessa Corte suprema, però, ha aggiunto che il giudice deve valutare caso per caso la situazione del singolo richiedente asilo, e «verificare, in ipotesi limite, se la valutazione ministeriale abbia varcato i confini esterni della ragionevolezza e sia stata esercitata in modo manifestamente arbitrario, o se la relativa designazione sia divenuta non più rispondente alla situazione reale».
Ecco perché i magistrati d’Appello sono rimasti stupiti dalla sbrigativa dichiarazione del responsabile organizzativo di FdI, Giovanni Donzelli, secondo il quale i provvedimenti di venerdì «più che contro il governo vanno contro la Cassazione».
Dopo le Procure e i Tribunali, ora tocca alle toghe d’Appello finire nel mirino. «E non si fermeranno finché non troveranno qualche giudice compiacente che dia ragione al governo», pronostica preoccupato un magistrato della Corte.
(da Il Corriere della Sera)
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Febbraio 3rd, 2025 Riccardo Fucile
“REPORT” ACCUSA LA DEPUTATA DI “NOI MODERATI” DI UTILIZZARE LA “LEGA ITALIANA DIFESA ANIMALI E AMBIENTE”, DI CUI È PRESIDENTE, COME UN BANCOMAT: COI FONDI PUBBLICI DELLA ONLUS AVREBBE PAGATO IL GIARDINIERE PER LA SUA VILLA, AUTO BLU E L’ORGANIZZAZIONE DI EVENTI ELETTORALI – IL POSSIBILE CONFLITTO D’INTERESSI PER LA TRASMISSIONE CHE L’EX PASIONARIA BERLUSCONIANA CONDUCE SU RETE4
La pasionaria dei diritti degli animali, nonché deputata Michela Vittoria Brambilla è
finita nella lista dei cattivi del presidente della Camera Lorenzo Fontana: è stata richiamata all’ordine sulla trasparenza ché nonostante l’anno fiscale 2023 sia passato da un pezzo, a gennaio ancora non aveva fornito la dichiarazione su redditi e patrimonio con annessi eventuali aggiornamenti come è d’uopo.
Stando invece agli anni precedenti è certo che Brambilla se la passa benissimo: il suo 730, nell’ultimo biennio disponibile, è lievitato fino al punto di triplicare passando da quota 100 mila euro a una media di quasi 350 mila. Questo a fronte, a quanto pare, di una sola novità ossia essere diventata socia al 50% di una srl – la Lyon Project di Cusano Milanino – che ha come core business il “Marketing Media Trade”.
Attività che somma a quella di parlamentare oltre che di presidente della Lega italiana difesa animali e ambiente (Leidaa). È qui, nell’intreccio di ruoli pubblici e affari privati, che la faccenda si complica terribilmente come mostra un servizio di Giulia Innocenzi di Report
Leidaa a quanto pare è una sorta di bancomat di Brambilla: la onlus si sarebbe fatta carico di diverse spese anche elettorali del Movimento ambientalista fondato dalla deputata e “adottato” fin dalla sua nascita da Silvio Berlusconi che fu per esempio l’ospite d’onore alla kermesse in vista delle politiche del 2018.
Sempre la onlus ha pagato per altre iniziative organizzate da Brambilla politica, come per i pullman di attivisti da portare in piazza a Roma per la prima manifestazione pubblica oltre che per il battesimo del Movimento a Milano. Ma anche poi per altri eventi in cui occorreva trasportare i suoi sostenitori animalisti con il cuore a destra lungo l’Italia, tra Lecce, Isola Liri, Avellino e Benevento, Sondrio, Viterbo, Teramo e Pescara.
O per pagare il conto di altre spese come quelle di allestimento audio e luci: la Leidaa ha pagato anche i 700 euro necessari per registrare il Movimento animalista che tanta fortuna continua ad assicurare a Brambilla che alla Camera è ormai di casa.
Epperò almeno stando alle dichiarazioni di inizio mandato a Montecitorio, Brambilla non sembra aver avuto bisogno di nessuno: non c’è traccia di erogazioni o servizi da lei ricevuti né in questa né nella passata legislatura (fatta eccezione per una liberalità di 10 mila euro da parte di una società come registrato dal suo mandatario elettorale). Ma l’odore di conflitto di interessi invece si sente benissimo.
Nel 2023 la onlus della Brambilla ha incassato 1,4 milioni di euro da raccolte fondi, 5Xmille ma anche donazioni, come quella che ha visto nominata erede universale proprio la deputata: una signora di Pavia le ha lasciato tutto perché usasse il lascito per la buona battaglia a favore degli animali. O le altre eredità di cui è stata invece beneficiata Leidaa, sempre per il nobile scopo.
E poi ci sono o contributi di enti pubblici, ma questo lo vedremo in seguito a proposito di un altro ruolo svolto dalla deputata ossia di conduttrice di una famosa trasmissione Mediaset.
Tornando ai bilanci della onlus si scopre che i fondi a disposizione sono impiegati in parte minore per la voce ‘materie prime’ come potrebbe essere il mangime per gli animali (165 mila euro). Per il pagamento del personale se ne vanno invece oltre 400 mila anche se la voce più consistente (605 mila euro) serve per coprire “servizi da attività di interesse generale” che è un enigma avvolto in un mistero.
Anche perché Report è venuto in possesso di alcune fatture relative ad anni passati per l’acquisto di vini pregiati, il servizio di noleggio di auto blu e persino spese che sarebbero servite a sistemare il giardino di villa Brambilla. Ma anche pasti e soggiorni extra lusso come quello al Principe di Savoia di Milano: la Leidaa ha pagato fatture per affittare gli spazi dell’albergo per eventi, ma anche pranzo e pernotto per Brambilla (per soggiornare una notte con cena in camera sono stati spesi 3.290 euro e un totale di una sola ricevuta di 17.165).
Per le auto blu pagate dalla Leidaa il conto sarebbe invece di 7.515 euro. Poi c’è il beveraggio di lusso: nel periodo natalizio risultano due acquisti di bottiglie, uno da 1.263 euro, e l’altro da 2.550 euro per 15 bottiglie da 139 euro l’una.
A chiedere conto a un lavoratore di Leidaa su un’altra fattura anche questa con poco a che fare con gli animali, è venuto fuori un conto di 488 euro per il noleggio di una piattaforma aerea per potatura piante. Quali? Quelle del giardino di Brambilla che impreziosisce i 450 metri quadri della sua casa di Calolziocorte, in provincia di Lecco.
La potatura degli alberi della parlamentare a spese dell’associazione animalista, ma pure l’onorevole cancello per altri 200 euro, 5.490 per un intervento di bonifica delle aree verdi e altri 6.954 fatturati alla voce “a corpo concordato” sempre chez Brambilla.
La trasmissione di Sigfrido Ranucci aveva dedicato in precedenza un altro servizio sempre firmato da Giulia Innocenti: nella puntata di inizio gennaio dedicata all’Enci, l’ente nazionale cinofilia italiana (si occupa di proteggere e catalogare le razze canine), vigilato dal ministero dell’Agricoltura è stato raccontato che nel 2021 e nel 2024 ha pagato 200 mila euro a stagione alla trasmissione di Rete 4 Dalla parte degli animali della stessa Brambilla.
Che è dunque oltreché presidente della Leidaa e deputata che guida l’intergruppo benessere animali del Parlamento anche conduttrice di un programma che costa 20 mila euro a puntata ma per il quale Mediaset non scucirebbe un centesimo limitandosi a mandarla in onda. E allora chi cura il programma e soprattutto come si finanzia?
A occuparsi della trasmissione è una produzione esterna, la Showlab srl, sia per quel che riguarda i costi sia per trovare sponsor tra cui nomi noti del settore animali: Monge, Arcaplanet, L’isola dei tesori e Iv San Bernard, un marchio che produce cosmetici per cani e gatti, e aziende del settore alimentare come Trevalli e Proda.
Poi però ci sono anche soggetti pubblici come tante Regioni Italiane: Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Toscana e Abruzzo con cifre che vanno dai 40 mila ai 60 mila euro.
Oltre che Enci: il suo presidente Dino Muto ha rivelato a Report che dell’accordo (che all’ente cani è costato 5 mila euro per ogni minuto di trasmissione per un totale di 460 mila euro) è stato concordato direttamente con Brambilla.
E pace per i maligni che sentono odore di conflitto di interessi, visto che con il suo ruolo in politica dovrebbe vigilare anche su enti come l’Enci. Idem per quel che riguarda le regioni che finanziano con fondi pubblici la trasmissione della parlamentare che grazie alla visibilità raccoglie consensi e donazioni di centinaia di migliaia di euro alla sua onlus. Che con quei soldi le paga anche vini, potature e pernottamenti-
(da Il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 3rd, 2025 Riccardo Fucile
INCHIESTA INDIPENDENTE OPENPOLIS DENUNCIA TUTTI I RITARDI
A più di tre anni dall’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e con meno di due anni rimanenti alla sua scadenza, l’Italia ha speso solo il 30% (30,14 per precisione) delle risorse previste. Cioè meno di un terzo dei fondi.
Lo rivela Openpolis, fondazione indipendente che monitora costantemente l’andamento del Pnrr attraverso la piattaforma OpenPNRR. I dati mostrano che dei 194,4 miliardi stanziati per la ripresa economica del Paese, ne sono stati effettivamente spesi solo 58,6 miliardi. Un numero che conferma i ritardi denunciati da mesi da esperti e osservatori indipendenti, in contrasto con la narrazione ottimistica del governo.
Il rilascio di questi dati non è stato immediato: la fondazione sottolinea come la società civile abbia dovuto intraprendere un lungo percorso per ottenere informazioni dettagliate sulla spesa effettiva dei fondi. La prima richiesta di accesso civico risalirebbe addirittura al 12 febbraio 2024, quando il governo ha negato l’accesso, costringendo Openpolis e altre associazioni a una lunga battaglia legale e mediatica.
Come si legge dal rapporto, solo alla fine dell’anno, poco prima della scadenza del 31 dicembre, annunciata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, i dati sono stati finalmente resi pubblici grazie anche alla pressione esercitata da organizzazioni come Dati Bene Comune e Osservatorio Civico PNRR, che hanno chiesto maggiore chiarezza sull’utilizzo delle risorse pubbliche.
Dove si concentrano i ritardi
L’analisi di OpenPNRR permette di monitorare in dettaglio l’avanzamento dei quasi 270mila progetti finanziati dal piano. I dati rivelano che la spesa non è per niente omogenea tra le diverse misure e territori: alcune iniziative sono infatti avanzate più rapidamente, mentre altre restano completamente bloccate. Una lentezza che solleva parecchi dubbi sulla capacità del Paese di rispettare le tempistiche imposte dall’Unione Europea.
I settori che hanno impiegato la maggiore percentuale di fondi del Pnrr sono le infrastrutture (46,11%), il comparto impresa e lavoro (47,33%) e la giustizia (42,66%). Nonostante questi ambiti siano quelli più avanzati, rimangono comunque al di sotto della metà delle risorse stanziate, segnalando una progressione ancora estremamente incompleta.
Molto più indietro si trova il settore della digitalizzazione, con solo il 22,61% delle risorse utilizzate; per questo settore sono insomma stati spesi solo 3 miliardi di euro su 13 miliardi previsti. Un ritardo che risulta particolarmente evidente se si considera che tutte le riforme legislative necessarie per il settore sono già state attuate al 100%, dimostrando che il problema principale non sta tanto nella regolamentazione, ma nella concreta realizzazione proprio dei progetti.
Nel campo dell’istruzione, dell’università e della ricerca, l’utilizzo dei fondi ha raggiunto il 26,21%, pari a 7,4 miliardi di euro. Ancora più basso è il livello di spesa nel settore sanitario, dove è stato impiegato solo il 14,79% delle risorse disponibili: 2,3 miliardi su un totale di 15,6 miliardi. Un dato che evidenzia un ritardo significativo negli investimenti destinati al potenziamento della sanità pubblica, ambito che dovrebbe essere invece considerato prioritario soprattutto dopo l’emergenza pandemica.
Anche i finanziamenti destinati alla cultura e al turismo sembrano procedere a rilento: al 13 dicembre 2024 risultavano spesi solo 552 milioni di euro, a fronte di un budget di quasi 5 miliardi. Un andamento simile si registra anche nel settore dell‘inclusione sociale, dove sono stati utilizzati 799 milioni di euro, pari al 13,69% delle risorse stanziate.
La situazione più critica riguarda però la transizione ecologica e la pubblica amministrazione: per quanto riguardo la prima, un settore chiave per la trasformazione sostenibile del Paese, è stato impiegato solo l’8,46% dei fondi disponibili, ossia 3,2 miliardi su un totale di 37,3 miliardi; la pubblica amministrazione ha utilizzato invece appena il 7,06% dei finanziamenti previsti, cioè 37,8 milioni su 535,5 milioni.
Questi numeri dimostrano in sintesi che la spesa effettiva del Pnrr procede estremamente a rilento in tutti i settori, con ritardi particolarmente gravi in ambiti strategici come la transizione ecologica, la sanità e la digitalizzazione. Se questa tendenza non verrà invertita, il rischio è quello di non riuscire a impiegare le risorse nei tempi previsti, compromettendo l’efficacia dell’intero piano.
Le implicazioni economiche e politiche
La difficoltà nell’impiegare i fondi rischia di ridurre poi anche l’impatto positivo del piano sulla crescita economica e sull’occupazione. Il Pnrr è stato pensato per rilanciare il Paese dopo la crisi pandemica, ma se i progetti non vengono attuati nei tempi previsti, i benefici rischiano di essere compromessi. Non solo, questa situazione finisce per alimentare sempre più il dibattito politico: mentre il governo Meloni, infatti, continua a difendere l’operato dell’esecutivo, l’opposizione e le organizzazioni indipendenti denunciano inefficienze e mancanza di pianificazione.
Critiche dall’opposizione: “Ritardo preoccupante”
“Meloni insiste su centri in Albania e fa guerra alla magistratura per nascondere le difficoltà dell’economia italiana. La crescita è ferma, la produzione industriale è ferma. E mentre le aziende chiudono, l’occupazione ha smesso di crescere e le famiglie sono sempre più in difficoltà, il governo con atteggiamento irresponsabile si nasconde dietro alla propaganda”, ha dichiarato Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Anche l’eurodeputata dei Verdi europei, Cristina Guarda ha detto la sua: “Questo ritardo rischia di farci perdere un’opportunità unica per rilanciare il Paese in chiave sostenibile”, si legge nella nota di Guarda.
“Non possiamo permettere che il Pnrr si traduca in un’occasione sprecata. Serve un cambio di passo immediato per accelerare gli investimenti, semplificare le procedure e garantire trasparenza”, ha ribadito l’europarlamentare Guarda che ha sottolineato l’urgenza di un controllo rigoroso: “ogni euro speso deve contribuire a un’Italia più verde, equa e resiliente. Il nostro Paese ha ricevuto la quota più grossa del Recovery fund, se vogliamo rendere strutturali gli strumenti fondati sul debito comune occorre dimostrare che siamo in grado di spendere queste risorse al meglio e nei tempi previsti”Precedente Articolo precedente: Meloni, ossia l’arte del comandare tra arroganza e distrazioni di massa
(da Fanpage)
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Febbraio 3rd, 2025 Riccardo Fucile
VOGLIONO REINTRODURRE LO SCUDO ABOLITO NEL 1993, D’INTESA CON LA LEGA: IL GOVERNO DEGLI IMPUNITI
All’inizio era solo una idea buttata lì, quasi come provocazione nei giorni caldi
dell’ennesimo scontro tra politica e magistratura. Invece in Forza Italia stanno adesso davvero lavorando a un testo per avviare la discussione sul ripristino della vecchia immunità per parlamentari e componenti del governo: lo scudo tolto in parte nel 1993 sulla scia di Tangentopoli e che prevedeva la richiesta al Parlamento non solo per ordinanze di arresto dopo condanne definitive ma anche per il solo avvio di indagini nei confronti del presidente del Consiglio, di un ministro, di un deputato o senatore.
«Sto già lavorando a una proposta di legge, che chiaramente deve avere valore Costituzionale, per iniziare un confronto con tutte le forze politiche senza pregiudizi», dice Tommaso Calderone, capogruppo azzurro in commissione Giustizia alla Camera e già relatore del ddl sulla separazione delle carriere.
Dopo il 1993 è stata eliminata l’autorizzazione parlamentare per l’avvio del procedimento penale, comprese le indagini preliminari, e per la richiesta di arresto in caso si sentenza definitiva. Resta l’autorizzazione parlamentare per richieste di arresto nel corso delle indagini e per l’utilizzo delle intercettazioni. «Per essere chiari, con il ripristino della vecchia immunità parlamentare, prevista nella Costituzione fin dal 1948 e poi modificata nel 1993 — dice il portavoce di Forza Italia, Raffaele Nevi — il caso odierno della premier e dei ministri indagati e subito sottoposti al vaglio del Tribunale dei ministri per un esposto sulla vicenda Almasri non sarebbe successo».
Il deputato azzurro vuole avviare una discussione in Parlamento: «È ora di piantarla con i pm che si dedicano tutto il giorno a inseguire i politici». L’idea piace all’interno del partito fondato da Silvio Berlusconi. «Diciamoci la verità, è stato un errore ridurre questo scudo nel 1993», dice il deputato Enrico Costa. E aggiunge il collega Paolo Emilio Russo: «L’ipotesi di tornare alla formulazione originaria dell’articolo 68 della Costituzione può trovare un consenso largo perché la norma anche prima del ‘93 aveva funzionato bene».
I forzisti sperano di trovare sponde innanzitutto in FdI, e informalmente sarebbero arrivate. Di sicuro le hanno già trovate nella Lega: «Bisogna ritornare allo spirito dei nostri padri costituenti», dice il senatore Claudio Borghi.
La strada è comunque tutta in salita: «Ripristinare la vecchia immunità sarebbe giusto — dice il capogruppo di Forza Itala in Senato, Maurizio Gasparri — ma credo sarà difficile. Io intanto mi concentro su cose più realizzabili nel breve tempo». E proprio sulla vicenda Almasri il senatore Gasparri chiede al Csm di valutare «l’opportunità che resti a capo della procura di Roma Francesco Lo Voi. Nella capitale sarebbe il caso di voltare pagina». Il riferimento è all’esposto dei consiglieri laici del Csm che chiedono l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del procuratore che ha indagato la premier Giorgia Meloni, i ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano.
(da La Repubblica)
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