Febbraio 16th, 2025 Riccardo Fucile
“SU BIG TECK GRANDE PROBLEMA DI CONCORRENZA SLEALE”
“Per il momento non si può ignorare che molti dei primi interventi di Trump hanno sì
portato qualche vantaggio immediato agli Stati Uniti, ma alla lunga la sua strategia di mettere gli altri Paesi continuamente sotto pressione si trasformerà in una forza centrifuga sempre più violenta, capace di separare e dividere la comunità occidentale”. Lo dichiara la presidente di Fininvest e Mondadori Marina Berlusconi, in un’intervista sul Foglio di domani, di cui è stata fornita un’anticipazione.
“Spero davvero – continua – che il Paese che è sempre stato il principale garante dell’Occidente non abbia ora un presidente che ambisce a diventare lui il ‘rottamatore’ dell’Occidente stesso, demolendo così tutto quello che l’America è stata negli ultimi ottant’anni”.
In merito alle Big Tech, aggiunge Marina Berlusconi, “c’è un problema di concorrenza sleale grande come una casa. Sono riusciti a imporre nella nostra vita di tutti i giorni la dittatura dell’algoritmo”.
Riguardo alla guerra fra Russia e Ucraina, la presidente di Fininvest spiega: “Per porre fine a questo terribile conflitto, sarà inevitabile un compromesso, ma sono assolutamente convinta che la fine della guerra non debba coincidere con la resa di Kiev e la vittoria di Mosca. All’Ucraina spettano le garanzie necessarie per la sua sicurezza e la sua indipendenza”. La primogenita di Silvio Berlusconi sostiene che “se fosse una pace fatta sulla pelle di Kiev e dell’Europa non credo si potrebbe considerare un bene” e conclude che “se l’Europa verrà tagliata fuori dalla soluzione che sembra si stia profilando dovrà anche fare una seria autocritica”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 16th, 2025 Riccardo Fucile
“IL PRIMO FIGLIO ERA TROPPO LEGATO ALLE TATE, ED È MORTO PROPRIO MENTRE ERA ACCUDITO DA UNA DI LORO. HA FATTO CINQUE FIGLI CON LA STESSA DONNA E OGNUNO E’ STATO CRESCIUTO DA UNA TATA. ERANO TROPPO RICCHI ED ELON NON HA MAI TRASCORSO DEL TEMPO CON I BAMBINI”
Che Elon Musk non fosse il padre dell’anno, a dire il vero, potevamo anche aspettarcelo. A rincarare la dose arriva anche il padre di Elon Musk che in un’intervista ha definito il CEO di Tesla e SpaceX «un pessimo padre».
L’ingegnere elettromeccanico (ed ex co-proprietario di una miniera di smeraldi in Zambia) Errol Musk (che tempo addietro il figlio definì «un essere umano terribile e un uomo malvagio») ha parlato a ruota libera di suo figlio e della sua (non) capacità di essere un buon genitore in un’intervista senza filtri, ammettendo scherzosamente che, per le sue dichiarazioni, potrebbe facilmente essere fucilato da suo figlio Elon. «
Se Elon lo sente mi sparerà o qualcosa del genere – ha detto – ma comunque è quello che penso».
«No, non è stato un buon padre», ha detto. «Il primo figlio era troppo legato alle tate, ed è morto proprio mentre era accudito da una tata».
Il riferimento – decisamente infelice, per usare un eufemismo – di Errol Musk è a Nevada Alexander, primo dei sei figli nati dal matrimonio con la scrittrice canadese Justine Wilson. Il bambino, nato nel 2002, era infatti morto a sole dieci settimane di vita a causa della SIDS. «Erano troppo ricchi, avevano troppe tate. Cinque figli con la stessa donna, cresciuti ognuno con la propria tata. Quando hanno divorziato, le tate erano sei da una parte e sei dall’altra»
Errol Musk ha anche affermato che suo figlio «non ha mai trascorso del tempo con i suoi figli». Lui, invece, di tempo con i suoi ne ha passato un bel po’, evidentemente, tanto da aver avuto perfino una relazione con la sua figliastra, Jana Bezuidenhout, da cui – nonostante i quarant’anni di differenza – Errol Musk ha avuto anche due figli, in una relazione che non ha mancato di suscitare qualche scalpore.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 16th, 2025 Riccardo Fucile
IL MINISTRO CIRIANI IN PARLAMENTO AVEVA ASSICURATO: “NESSUNA RESCISSIONE DEL CONTRATTO, NON C’È STATO ALCUN UTILIZZO ANOMALO”. DOPO 48 ORE È ARRIVATA UNA CLAMOROSA SMENTITA: L’UTILIZZO DEL SOFTWARE DELL’ISRAELIANA PARAGON È STATO SOSPESO … MA CHI HA SPIATO IL DIRETTORE DI “FANPAGE”, FRANCESCO CANCELLATO E I MEMBRI DELLA ONG MEDITERRANEA, LUCA CASARINI E BEPPE CACCIA?
Il governo aveva assicurato: «Nessuna rescissione anche perché non c’è stato alcun
utilizzo anomalo». La società Paragon era però pronta a inviare una nota per spiegare che, invece, sì, qualcosa di anomalo era stato loro segnalato e dunque non potevano proseguire nella collaborazione con l’Italia.
Alla fine è arrivata una nota concordata e congiunta per spiegare che «è stato concordato di sospendere l’operatività del sistema Graphite» in attesa di una «due diligence condotta dal Copasir e dell’Agenzia nazionale per la cybersicurezza». Dunque: Paragon viene per il momento bloccato in Italia.
E’il primo punto fermo che viene messo in una storia che ogni giorno di più si fa più scivolosa, tanto che fonti di Palazzo Chigi lasciano intendere che possa essere «l’ennesimo sgambetto di chi non ci vuole bene », facendo riferimento, dopo i casi Abedini e Almasri, a presunti sgambetti internazionali che paesi esteri vorrebbero fare all’Italia.
Al momento però di certo c’è soltanto che, secondo quanto risulta alla società che lo ha creato, il software sia stato utilizzato in Italia in maniera contraria alla policy: sia stato usato, cioè, per spiare attivisti e giornalisti, cosa non consentita da chi lo ha creato e lo vende. In particolare sarebbe stato utilizzato per controllare il telefono del direttore di Fanpage , Francesco Cancellato. Gli animatori di Mediterranea, la nave che salva migranti nel Mediterraneo, Luca Casarini e Beppe Caccia. L’attivista sudanese, tra gli accusatori del torturatore libico Almasri, David Yambio.
Chi è stato a spiarli? I casi vanno separati. È possibile che sugli attivisti stiano lavorando i nostri Servizi: al Copasir, il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli, nell’ammettere di usare Paragon in casi controllati e previsti dalla legge, ha escluso di averlo mai utilizzato su chi lavora con i migranti. Martedì al Copasir toccherà al direttore di Aisi, Bruno Valenzise e si capirà se sono stati loro.
Resta però il caso di Cancellato: il sottosegretario Alfredo Mantovano ha escluso che l’intelligence possa aver mai spiato un giornalista. Chi è stato allora? Potrebbero essere state le forze di polizia, nell’ambito di indagini coordinate dalla procure. Ma Polizia, Carabinieri e Finanza hanno escluso di usare il software.
Da giorni si cita la Penitenziaria, che proprio sui telefoni (ce ne sono a centinaia nelle carceri italiane) da tempo sta facendo un lavoro di controllo. E che, dunque, in astratto potrebbe aver utilizzato il software.
Proprio la Penitenziaria è stata chiamata in causa direttamente ieri dal leader di Italia viva, Matteo Renzi. «Il governo cambia versione, pensa che siamo fessi — ha detto — gli impegni del sottosegretario Alfredo Mantovano durano più o meno quanto le storie su Instagram. E mi stupisce che la Penitenziaria non abbia smentito l’uso del software».
(da Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 16th, 2025 Riccardo Fucile
QUESTA VOLTA MELONI SIEDERÀ AL TAVOLO E NON DISERTERÀ, COME HA FATTO A MONACO. DOPO I BACI E GLI ABBRACCI CON TRUMP, LA DUCETTA-CAMALEONTE STA CORREGGENDO IL TIRO
«Non esiste una nuova Jalta senza l’Europa». È questo il concetto alla base del vertice d’emergenza che il presidente francese Emmanuel Macron vuole convocare a Parigi. Nella sua agenda il giorno prescelto è domani. Ma potrebbe anche slittare per verificare le disponibilità di tutti. I tempi, però, stringono.
L’obiettivo, allora, è concordare una linea sul negoziato “solitario” tra Trump e Putin in relazione all’Ucraina. E soprattutto avvertire che senza il Vecchio Continente ogni soluzione sarà inaccettabile.
Non sarà un vero proprio Consiglio europeo. Altrimenti non sarebbe stato l’inquilino dell’Eliseo ad assumere l’iniziativa. Ma si tratta di un formato molto particolare: il cosiddetto “Weimar Plus” – ossia il gruppo composto da Francia, Germania e Polonia – allargato a Italia, Spagna, Gran Bretagna, Ucraina e Ue.
La tensione, del resto, ormai è altissima. I contatti costanti tra Mosca e Washington, la missione del Segretario di Stato americano Rubio in Arabia Saudita proprio per incontrare gli emissari del Cremlino e di Kiev, hanno consegnato ormai in maniera definitiva il rischio di un’Europa fuori da tutti i giochi.
Con il rischio di ritrovarsi un’intesa su un pezzo del Vecchio Continente che passa sopra la testa del Vecchio Continente.
Il tentativo, concordato in primo luogo con Berlino e Varsavia, è allora quello di convincere stabilmente il leader ucraino Zelensky a non accettare negoziati senza gli europei.
Come Macron ha già detto nei giorni scorsi, non si può acconsentire ad una «pace che sarebbe una capitolazione ».
Ed in effetti le reazioni avute nelle ultime ore dal capo di Kiev stanno andando in questa direzione. Prima ha bocciato la proposta sulle terre rare avanzata dalla Casa Bianca («Non ho autorizzato i ministri a firmare l’accordo perché non è pronto. A mio parere, non ci protegge»), poi ha definito «non sufficiente» il colloquio con il tycoon al quale ha ribadito la necessità di «parlare prima con me». E infine ha incoraggiato la nascita di un esercito europeo.
Come se fosse un membro di fatto della Ue. Al summit parigino, dunque, cui dovrebbero partecipare – oltre a Macron – Scholz, Tusk, Meloni, Sánchez, Starmer, Zelensky, von der Leyen (che sempre lunedì riceverà l’inviato della Casa Bianca, Keith Kellogg) e Costa, si cercherà in primo luogo di concordare un messaggio preciso alla Casa Bianca: qualsiasi patto sull’Ucraina deve essere condiviso. Altrimenti l’Europa lo rifiuterà con almeno una conseguenza: le relazioni con la Cina verranno riaperte.
È l’unica minaccia concreta che può essere brandita contro gli States trumpiani. Il famoso trattato “La via della Seta”, che è stato abbandonato da tutti i Paesi europei, potrebbe quindi ritornare ad essere una formula praticabile.
Il punto centrale è che gli europei non possono ammettere la conclusione di una pace in Ucraina senza avere precise garanzie di sicurezza. Il sospetto di Bruxelles e di molte altre capitali è che Putin, dopo aver incassato una vittoria anche incompleta su Kiev, possa tentare un colpo di mano anche altrove: Moldova (la porta verso la Romania) o Paesi baltici.
Una prospettiva ancora più praticabile se si connette all’intenzione americana di disimpegnarsi militarmente dall’Europa. Negli ultimi giorni è circolato un report dell’Intelligence danese che confermava un pericolo di questo tipo e lo scadenzava nei prossimi cinque anni. Anche la probabile dislocazione massiccia di truppe russe in Bielorussia viene considerata una prova ulteriore di questo pericolo.
Senza contare che per una forza di interposizione dopo l’eventuale pace, tutto diventerebbe più complicato. L’Ue avrebbe più di una difficoltà a partecipare ad una missione militare in Ucraina senza una codecisione. E ne avrebbe altrettante ad esserne assente. Ma il nuovo puzzle mondiale si sta componendo in maniera fulminea. E le tessere vanno scelte con altrettanta rapidità.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 16th, 2025 Riccardo Fucile
TRE CELLULARI SONO STATI SCOPERTI DALLA POLIZIA PENITENZIARIA NASCOSTI ALL’INTERNO DI UN PALLONE CHE ERA STATO LANCIATO DALL’ESTERNO NELLE VICINANZE DEL CAMPO SPORTIVO DEL CARCERE DI ROSSANO, IN PROVINCIA DI COSENZA
Tre telefoni cellulari sono stati scoperti dalla Polizia penitenziaria nascosti all’interno di
un pallone che era stato lanciato nelle vicinanze del campo sportivo del carcere di Rossano a Corigliano-Rossano. Lo rendono noto Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Francesco Ciccone, segretario regionale.
Gli agenti hanno rinvenuto il pallone all’interno dell’intercinta, in un’area a cui hanno accesso i detenuti. Ciò ha insospettito i poliziotti che all’interno hanno trovato tre smartphone che, con ogni probabilità, erano destinati ai detenuti per introdurli in carcere. Il pallone, riferisce il Sappe, Con ogni probabilità era stato lanciato dall’esterno.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 16th, 2025 Riccardo Fucile
BENE, IL TAR DEL LAZIO HA RIGETTATO IL RICORSO PRESENTATO DA MEDIASET, CONFERMANDO LA LEGITTIMITÀ DELLA DELIBERA AGCOM E, QUINDI, LA CONDANNA CONTRO I DUE GIORNALISTI E L’EMITTENTE
Il Tar del Lazio ribadisce: non si possono offendere i meridionali. E l’Agcom correttamente intervenne per fermare Vittorio Feltri (allora Direttore di Libero) e Mario Giordano e Mediaset che l’avevano fatto o non contrastato. Né -dice il Tar- ci si può coprire dietro l’articolo 21 della Costituzione, che di certo non protegge la libertà di insultare.
Era il 21 aprile 2020. A “Fuori dal coro”, su Rete 4, si parla del governatore della Campania Vincenzo De Luca, che ha annunciato di chiudere i confini della sua regione se le regioni del Nord dovessero allentare le regole contro la diffusione del Covid. Vittorio Feltri dice: “Io credo che nessuno di noi abbia voglia di trasferirsi in Campania, perché dovremmo andare in Campania, ma a fare che cosa, i posteggiatori abusivi? Il fatto che la Lombardia sia andata in disgrazia per via del coronavirus ha eccitato gli animi di molta gente, che è naturalmente nutrita da un sentimento di invidia o di rabbia nei nostri confronti, perché subisce una sorta di complesso di inferiorità; io non credo ai complessi di inferiorità, credo che i meridionali in molti casi siano inferiori”.
ll Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni accertò la violazione del regolamento di contrasto ai discorsi d’odio nei confronti dell’emittente R.T.I (Mediaset). “L’Autorità – spiegava una nota dell’Agcom – ha rilevato che il conduttore della trasmissione, Mario Giordano, non ha “preso posizione per ricondurre il programma entro i limiti della correttezza e del rispetto dei principi richiamati dal regolamento; il conduttore non solo non si è dissociato apertamente, ma è apparso da un lato ricondurre le affermazioni dell’intervistato ad un contesto ironico e dall’altro ha mostrato come unica preoccupazione non già l’offesa alla dignità delle persone interessate, ma la possibile perdita di audience”.
L’Autorità quindi ha applicato l’articolo 7 comma 3 del Regolamento, diffidando l’emittente a non reiterare le condotte contestate, suscettibili di diffondere, propagandare o fomentare l’odio, il pregiudizio e la discriminazione nei confronti di un determinato insieme di persone (‘i meridionali’), attraverso stereotipi relativi a caratteristiche di gruppo, di provenienza territoriale, e lesive della dignità umana”. A ricorrere all’Agcom furono fra gli altri lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni, il parlamentare napoletano Sandro Ruotolo e l’Ordine dei Giornalisti.
Il provvedimento fu impugnato da Mediaset, che ha fatto ricorso al Tar contro AgCom, con il fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza dell’Authority per il contrasto all’hate speech, al linguaggio d’odio. Nella memoria allegata al ricorso venne anche usato l’articolo 21 della Costituzione quale garanzia di libertà di espressione, anche in caso di offese e discriminazioni.
Il Tribunale amministrativo del Lazio ora afferma che la definizione “i meridionali sono inferiori” integra una forma di linguaggio d’odio. Il Tar del Lazio adesso ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità della delibera AgCom e, quindi, di quella condanna. La sentenza è stata pubblicata il 12 febbraio e ribadisce che l’articolo 21 della Costituzione non tutela la libertà di insulto.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 16th, 2025 Riccardo Fucile
“LA PRIORITÀ RESTA IL TAGLIO DELL’IRPEF DAL 35 AL 33% PER I REDDITI FINO A 60 MILA EURO”
Si apre una crepa tra Lega e Forza Italia. Non bastavano i punti di vista differenti sulla
riforma del Consiglio superiore della magistratura o sul terzo mandato, ora anche la rottamazione delle cartelle esattoriali, annunciata da Matteo Salvini, è un nuovo terreno di scontro.
Salvini vuol fare sul serio e riunisce gli esperti economici del partito per redigere una proposta sulla “pace fiscale” da condividere con gli alleati e che possa “ridare ossigeno a milioni di italiani in buonafede”. Il vicepremier punta a “un accordo soddisfacente per tutti e in linea con il programma elettorale”, spiega una nota della Lega, che assicura: “I contatti con gli altri partiti di maggioranza sono già in corso e non si sono mai interrotti”.
Forza Italia prende le distanze. Prima di tutto puntualizza che una eventuale proposta deve essere “compatibile con le risorse”, spiega il responsabile economico Maurizio Casasco: “La priorità resta il taglio dell’Irpef”. Come se non bastasse è il capogruppo azzurro in Senato, Maurizio Gasparri, a far la voce grossa: “La rottamazione è giusta ma la riduzione dell’Irpef dal 35 al 33% per i redditi fino a 60 mila euro è un’assoluta urgenza”.
Antonio Misiani, senatore e responsabile economia del Pd, risponde dicendo che “dare una mano a chi è in condizione di comprovato bisogno è sempre importante. Il punto invece è che a destra vogliono fare l’ennesima operazione di condono indiscriminata e che tra l’altro impiegherebbe miliardi di euro di risorse pubbliche, perché la stima del costo della proposta di Salvini è di oltre 5 miliardi di euro”.
Al Partito democratico, che critica la proposta, replica secca la Lega secondo cui “il Pd dimentica di aver votato analoghi provvedimenti durante i governi Renzi e Gentiloni
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 16th, 2025 Riccardo Fucile
IL “FINANCIAL TIMES” SI LANCIA IN UNA DISAMINA SU COSA POTREBBE IMPARARE IL MILIARDARIO KETAMINICO DAL DOGE DI VENEZIA ENRICO DANDOLO CHE È RIUSCITO A TRASFORMARE UNA PALUDE PER PESCATORI IN UNA POTENZA. COME? ATTRAVERSO IL COMMERCIO INTERNAZIONALE E NON CHIUDENDOSI A RICCIO
Il commercio è importante, ha bisogno di essere difeso con i muscoli, la forza necessita di un apparato tecnologico prodotto nel paese, il sistema di governo conta e i più ricchi sono coloro che fronteggiano il rischio più spericolato e cui la fortuna arride.
Lo spunto è l’omonimia di due cariche diversissime e lontane nella storia e nella geografia, ma il quotidiano britannico Financial Times tra il governo Trump e la Serenissima un nesso lo vede, così il giornalista economico Tim Harford si è andato a rileggere le gesta del doge Enrico Dandolo e ne ha ricavato cinque lezioni per il Doge di Elon Musk, il dipartimento nato per dare una sforbiciata ai costi dell’amministrazione degli Stati Uniti. «What Elon Musk can learn from original Doge» è il titolo e il ragionamento parte dalla bellezza stupefacente di Venezia: come avrà mai fatto a diventare la meraviglia che i turisti consumano? Con la ricchezza, spiega il Financial Times.
I ricchi sono più belli e ciò vale anche per le città, da Tokyo a Bruges, e su tutte svetta Venezia. Che da posto di pescatori arroccati su isolette in una palude è diventata una potenza in cui si faceva a gara a sfoggiare ricchezza, mentre il Doge americano oggi taglia. La ricchezza era arrivata col commercio. «Venezia non coltivò mai l’illusione che il commercio internazionale fosse una forma di incontinenza che andava fermata – si legge sul Financial Times – E, tra parentesi c’è una lezione extra: Venezia fece benissimo a ignorare l’embargo lanciato dal Papa nei confronti del mondo islamico. Il libero mercato trova sempre una strada». E qui lo scampanellìo pare essere per i dazi. Il governo veneziano proteggeva le navi dei propri cittadini con mano militare, quello statunitense non lo fa.
Dandolo si prese il rischio a nome della città perché, quarta lezione, il sistema di governo era efficiente e rappresentativo- «Non era una democrazia ma era decisamente più pluralistico delle autocrazie che la circondavano», scrive Harford. Altro scampanellìo. Dandolo assunse il rischio e anche la ritorsione quando i crociati tardarono a saldare, prima attaccando Zara e poi, siccome la somma non bastava, per ritorsione si saccheggiò Costantinopoli. Un metodo di riscossione crediti che il quotidiano statunitense definisce barbaro. […] Se c’è una lezione finale per il 21esimo secolo è: i più ricchi sono coloro che si assumono rischi spericolati e cui la fortuna arride. Ma questo già lo sapevamo».
(da Il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 16th, 2025 Riccardo Fucile
I PM: “POLITICI COME IL MARCHESE DEL GRILLO”
Hanno concesso una indennità extra di 40 mila euro annui ai loro ”portaborse”. La
Procura della Corte dei conti cita in giudizio 17 soggetti: 7 sono consiglieri regionali in carica, gli altri 10 sono ex consiglieri (sei) o alti dirigenti del consiglio regionale.
Chiusa l’indagine, ora vanno tutti a processo con l’accusa di aver elargito quelle “prebende” con soldi pubblici. Udienza il 26 giugno, alla vigilia delle elezioni regionali a cui quei consiglieri vorrebbero ricandidarsi.
Chiamati a rispondere alle prime contestazioni della Procura contabile guidata da Antonio Giuseppone, un gruppo di consiglieri si è difeso definendo l’esborso “un atto di autorganizzazione dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale”.
Ai magistrati Mauro Senatore e Davide Vitale quel “passaggio” non va giù: nella citazione lo definiscono “criptico, non motivato, onestamente oscuro a chi legge, se non come dogmatica espressione della sindrome del Marchese del Grillo”.
E i pm contabili inseriscono nelle carte un link che rimanda alla frase resa celebre da Alberto Sordi: “Io sono io, voi non siete nulla”. È, secondo i magistrati, l’atteggiamento adottato dai consiglieri di fronte all’inchiesta che contesta 3,6 milioni di indennità riconosciute, dal 2019 al 2022, a “responsabili di segreteria delle commissioni consiliari e ai coordinatori amministrativi dei gruppi consiliari”. Dipendenti, alcuni comandati – cioè provenienti da altri enti o società partecipate – pagati come dirigenti. Anche se in alcuni casi non avevano neanche la laurea. A rispondere del presunto danno erariale sono il presidente del consiglio Gennaro Oliviero, i consiglieri Massimo Grimaldi, Loredana Raia, Valeria Ciarambino, Andrea Volpe, Fulvio Frezza, Alfonso Piscitelli, gli ex consiglieri Rosa D’Amelio, Antonio Marciano, Vincenzo Maraio, Flora Beneduce, Ermanno Russo, Tommaso Casillo, e i dirigenti Santa Brancati, Lucio Varriale, Mario Vasco, Maria Salerno.
La storia delle buste paga d’oro affonda le radici nel 2002 e 2003: all’epoca due leggi regionali stabilivano una serie di emolumenti. Fino al 2019 quando la Corte costituzionale definì quelle retribuzioni illegittime: perché “il trattamento dei dipendenti pubblici è materia statale” e non regionale. Cancellate le due leggi campane, si è continuato a erogare le indennità. Come? Con delibere dell’ufficio di presidenza: “Un delitto perfetto”, scrivono i pm contabili. Dall’indagine condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza, guidato dal colonnello Paolo Consiglio, è emersa “la spinta politica” dietro quelle indennità. Tant’è che una dirigente interna che si era opposta, ha dichiarato ai magistrati: «È possibile che il mio immediatamente successivo cambio incarico sia conseguenza dell’attività da me svolta».
Sono stati sentiti dagli inquirenti anche alcuni dipendenti che hanno ammesso: «I responsabili di segreteria non facevano nulla di più di un funzionario. La loro retribuzione? Sproporzionata per le funzioni attribuite».
I magistrati contabili insistono: “Ciò che viene sindacato non è l’introduzione di tali figure di supporto, quanto piuttosto l’inquadramento professionale configurato e le modalità di determinazione del trattamento economico”. Di fronte all’autonomia delle scelte rivendicata dai consiglieri – alcuni dei quali rappresentati dagli avvocati Roberto De Masi e Felice Laudadio – la Procura ribatte nell’atto di citazione: “Non si può riconoscere al potere insindacabile di autorganizzazione del consiglio regionale, riconducibile alla Costituzione, un contenuto tanto ampio da ritenere coperto da immunità qualsiasi atto, e ciò in aperto contrasto con l’univoco orientamento della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »