Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
PER LA CORTE, LA RICOSTRUZIONE DELL’ARRESTO DI ALMASRI NON È UN COMPLOTTO COME IL GOVERNO MELONI VORREBBE FAR CREDERE: E’ IL NOSTRO PAESE CHE, AL CONTRARIO, AVREBBE AVUTO UN COMPORTAMENTO OMISSIVO E INERTE… “VIENE SOSTENUTO CHE IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA NON ERA STATO INFORMATO DELL’ARRESTO DI ALMASRI. MA NON È VERO. IL 19 GENNAIO NORDIO VIENE AVVISATO DALLA DIGOS DI TORINO, IL 20 DAL PROCURATORE GENERALE DI ROMA, GIUSEPPE AMATO. E, DA QUANTO RISULTA A ‘REPUBBLICA’, QUEI DOCUMENTI SONO ARRIVATI ANCHE IN VIA ARENULA. INVIATI DALL’AMBASCIATA. DOVE PERÒ NESSUNO LI PRENDE IN CARICO. DA QUI L’INERZIA DI CUI SI PARLA ALL’AIA”
Per l’atteggiamento contraddittorio del governo di Giorgia Meloni sull’assassino e
torturatore libico Osama Almasri sul quale pendeva un mandato di cattura della Corte penale internazionale, arrestato e poi liberato, interviene l’Unione europea che ricorda gli obblighi di collaborazione. Il portavoce dell’esecutivo ha invitato ieri «tutti gli Stati membri a garantire la piena cooperazione con la Corte, compresa la tempestiva esecuzione dei mandati d’arresto».
Dichiarazioni ingombranti per un esecutivo accusato di aver riportato in Libia un indagato che deve rispondere di omicidi, torture, rapimenti e violenze sessuali commessi da febbraio 2015. Una fonte della Cpi a L’Aia rivela a Repubblica che la Corte sta valutando di avviare una procedura contro l’Italia, in violazione dello statuto della Corte penale internazionale, che potrebbe concludersi davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Una macchia per il governo.
Vista da L’Aia, la ricostruzione dell’arresto di Almasri non è un complotto internazionale come la maggioranza parlamentare vorrebbe far credere. Né tantomeno il tentativo di mettere in difficoltà l’Italia. Che, al contrario, avrebbe avuto un comportamento omissivo e inerte. Emergono diverse falle nella procedura politico-giudiziaria quando Almasri finisce nelle mani italiane.
La Cpi ha indagato su Almasri come se fosse un latitante. Documentava i fatti che poi gli sono stati contestati, però non aveva la certezza del posto in cui si trovava. E in base alle prove raccolte lo scorso ottobre i magistrati hanno chiesto al tribunale internazionale di emettere un mandato di cattura. In quell’occasione ha fatto diffondere tramite Interpol il codice Blue notice, che serve per raccogliere ulteriori informazioni sull’identità, la posizione o le attività di una persona in relazione a un’indagine penale.
Almasri arriva l’11 gennaio a Londra. Ma non scatta l’alert. Si sposta verso Bruxelles e da lì in Germania quando c’è la prima segnalazione: il 16 Almasri viene fermato in Germania dalla polizia tedesca mentre viaggia su un’auto a noleggio. Un normale controllo. Almasri esibisce il documento di identità che, caricato sul database della polizia tedesca — siamo al 17 gennaio — fa scattare il Blue notice.
È da questo momento che i magistrati all’Aia entrano nella loro operatività. Viene sollecitata la richiesta d’arresto perché hanno la prova, solo in quel momento, che Almasri è in territorio europeo. Il 18 gennaio arriva il mandato di cattura. In serata, tramite Interpol, viene emesso il codice Red notice: sono le persone da trovare perché devono essere arrestate. Qualche ora dopo, come previsto dalle procedure, Cpi consegna materialmente il mandato di arresto all’ambasciata d’Italia all’Aia.
Di fatto è come se lo avesse notificato al ministero della Giustizia, l’ambasciata è “il focus point” indicato dal governo: il luogo cioè deputato a fare arrivare quel tipo di documenti.
Deve essere cura dell’ambasciata trasmettere agli uffici del ministero della Giustizia gli atti nel più beve tempo possibile. In ogni caso gli investigatori, tramite l’informazione raccolta dalla polizia tedesca, accertano che l’auto sulla quale viaggiava Almasri doveva essere riconsegnata a Fiumicino.
Il 18 gennaio Cpi invia il mandato di cattura non solo all’Italia e alla Germania, ma anche ad altri quattro Paesi limitrofi, perché non è certa la destinazione finale del ricercato.
In Italia è notte quando Almasri viene segnalato a Torino. Alle tre e mezza del mattino di domenica 19 gennaio, mentre si trovava in un hotel in piazza Massaua, gli agenti della Digos lo arrestano.
Viene sostenuto che il ministero della Giustizia non era stato informato. Ma non è vero. Il 19 gennaio il ministro Nordio viene avvisato dalla Digos di Torino, il 20 dal procuratore generale di Roma, Giuseppe Amato.
E, da quanto risulta a Repubblica, quei documenti sono arrivati anche in via Arenula. Inviati dall’ambasciata. Dove però, evidentemente, nessuno li prende in carico. Da qui l’inerzia di cui si parla all’Aia. Eppure il 21 il difensore di fiducia di Almasri deposita l’istanza di scarcerazione che viene accolta perché il ministero non ha inviato alla Corte d’appello l’atto d’arresto.
«Il ministro della Giustizia italiano non può esprimere alcuna valutazione sull’arresto già disposto dal tribunale internazionale» dicono fonti della Cpi, facendo notare che «il ministro deve solo far transitare il documento verso gli uffici giudiziari competenti nel minor tempo possibile».
Quello che Nordio, invece, non ha fatto. Facendo in modo che il torturatore libico, per un cavillo giudiziario, tornasse a casa, perché pericoloso. Ma non arrestato
(da La Repubblica)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
ERA SCONTATO CHE I TRATTENIMENTI SAREBBERO STATI RESPINTI LEGGE ALLA MANO, I SOVRANISTI HANNO VOLUTO FORZARE PER GIUSTIFICARE LA GUERRA ALLA MAGISTRATURA… TANTO LA LORO PROPAGANDA LA PAGANO GLI ITALIANI
Prima di tutto i fatti: i giudici della Corte d’Appello di Roma hanno sospeso il giudizio di convalida dei trattenimenti dei 43 migranti trasferiti in Albania e rimesso “gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ai sensi degli artt. 267 TFUE, 105 e ss. del Regolamento di procedura e 23 bis dello Statuto della Corte”.
Una pronuncia in linea con le precedenti decisioni operate dai Tribunali, malgrado nel frattempo fosse intervenuta una sentenza della Cassazione che il governo aveva provato a interpretare favorevolmente rispetto alla possibilità di riprendere il trasferimento dei migranti nei centri in Albania per la procedura accelerata di espulsione. Per la Corte d’Appello, dunque, “il giudizio va sospeso nelle more della decisione della Corte di Giustizia europea” e, per effetto di tale sospensione, “poiché è impossibile osservare il termine di quarantotto ore previsto per la convalida, deve necessariamente essere disposta la liberazione del trattenuto, così come ha ripetutamente affermato la Corte Costituzionale in casi analoghi”.
Un flop gigantesco, insomma, che ha già scatenato la reazione furibonda della maggioranza, che parla di “sentenza sconcertante”, di “decisione preoccupante”. Il canovaccio delle prossime ore lo conosciamo. Gli esponenti della maggioranza urleranno al complotto e i giornali amici parleranno del tentativo della magistratura di sostituirsi al potere politico. Vespa tuonerà dal pulpito di Rai Uno. Mario Giordano urlerà qualcosa senza contraddittorio. Del Debbio dirà che i giudici non rispettano la volontà popolare. E così via.
La realtà dei fatti è diversa, molto più semplice. Come già accaduto in precedenza nei Tribunali, i giudici della Corte d’Appello non hanno potuto fare altro che sospendere il giudizio e rimettere gli atti alla Corte di Giustizia UE, che a breve, brevissimo, sarà chiamata a esprimersi sulle eccezioni sollevate in casi analoghi e a dirimere la questione sui “Paesi sicuri” e sulla compatibilità delle norme del governo con l’ordinamento europeo.
Il governo si era illuso che bastasse la sentenza della Cassazione, che pure chiaramente lasciava al giudice il compito di valutare singolarmente i casi. In tanti erano convinti che sarebbe andata in questo modo e avevano spiegato come non avesse alcun senso “riprovare” a mandare in Albania qualche decina di persone, con il concreto rischio di doverli riportare indietro in brevissimo tempo. Del resto, non c’era alcuna urgenza. Si poteva tranquillamente aspettare la decisione della CGUE, che comunque è attesa nelle prossime settimane
Non aveva senso, certo, a meno che non si fosse voluto creare l’ennesimo caso. Un nuovo “incidente” con i giudici, per potersi nuovamente giocare la carta vittimista e usare la questione migranti come clava nello scontro con la magistratura.
(da Fanpage)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
NON SOLO: IL CAPOGRUPPO DELLA LEGA IN CONSIGLIO COMUNALE AVEVA ANNUNCIATO L’INTENZIONE DI CANDIDARE VERONICA VERLICCHI, MA È STATO SUBITO SMENTITO DAI VERTICI DEL CARROCCIO… IL SEGRETARIO DELLA LEGA ROMAGNA, JACOPO MORRONE, HA INDICATO L’85ENNE AVVOCATO ALVARO ANCISI
Il centrodestra potrebbe presentarsi diviso alle elezioni comunali che si svolgeranno in
primavera a Ravenna, anticipate rispetto al termine del mandato vista l’elezione del sindaco Michele de Pascale alla presidenza della Regione.
Il capogruppo della Lega in consiglio comunale Gianfilippo Rolando aveva annunciato nei giorni scorsi l’intenzione di candidare Veronica Verlicchi, ma è stato subito smentito dai vertici del suo partito: il segretario della Lega Romagna Jacopo Morrone ha infatti annunciato che il candidato sindaco di una lista composta anche dal Popolo della Famiglia, sarà l’avvocato Alvaro Ancisi, 85 anni, da circa mezzo secolo protagonista della vita politica ravennate, con una lunghissima esperienza in consiglio comunale.
Un passaggio che Alberto Ferrero, consigliere regionale e coordinatore provinciale di Fdi, parlando con l’edizione locale del Resto del Carlino ha definito “confuso, contraddittorio e frettoloso. Vogliamo tentare di proseguire su lla strada maestra, cioè individuare un candidato unico di tutte le opposizioni. Le ultime vicende non sembrano andare in questa direzione”.
Anche i responsabili di Forza Italia parlano di un rischio più che concreto di presentarsi divisi alle elezioni. “L’importante – ha detto il candidato della Lega Ancisi – sarà presentarsi uniti al secondo turno”. Per la successione di de Pascale, il Pd ha invece da mesi scelto il segretario del Pd Alessandro Barattoni, con l’obiettivo di costruire un’alleanza versione campo larghissimo, che ricalchi in sostanza quella che ha eletto l’ex sindaco di Ravenna alla presidenza della Regione.
(da agenzie)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
LA SUA “COLPA”? HA AMMESSO CHE LE AUTOSTRADE SICILIANE NON REGGEREBBERO AL PASSAGGIO DEI MEZZI NECESSARI PER COSTRUIRE IL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA. E CHE LE INFRASTRUTTURE DELL’ISOLA NON SONO PRONTE A SOPPORTARE IL NUOVO TRAFFICO EVENTUALMENTE GENERATO DALLA MESSA IN FUNZIONE DELLA GRANDE OPERA
Ha ammesso che le autostrade siciliane non reggerebbero al passaggio dei mezzi necessari per costruire il Ponte sullo Stretto di Messina. E che le infrastrutture dell’isola non sono pronte a sopportare il nuovo traffico eventualmente generato dalla messa in funzione della grande opera. Per questo motivo, Franco Calogero Fazio, direttore generale del Consorzio autostrade siciliane (Cas) sarà defenestrato dall’ente della Regione siciliana.
Il cda dell’organismo che gestisce alcuni tratti autostradali nell’isola, compresa, appunto, l’A20 Palermo- Messina, ha avviato il procedimento di contestazione che prelude alla risoluzione dell’incarico. Il dirigente aveva espresso quel parere nel corso di un’audizione al Consiglio comunale di Messina: «La rete autostradale siciliana – ha detto – non sarà in grado di sopportare l’aggravio di traffico di mezzi pesanti durante la lunga fase di cantiere, né il nuovo traffico di mezzi pesanti e leggeri derivanti dal ponte stesso, una volta costruito».
Parole che, secondo il dirigente che ieri ha corretto il tiro, sarebbero state travisate. Ma non sono piaciute al governo regionale di centrodestra che lo ha invitato a evitare esternazioni pubbliche e a presentare le sue spiegazioni direttamente al presidente del Cas.
«Sono stato molto colpito – ha detto il presidente della Regione Renato Schifani – da queste dichiarazioni che condivisibili o meno, credo che necessitassero di una verifica dell’organo amministrativo. Una cosa è certa: il Ponte si farà». il caso finirà presto in parlamento.
(da agenzie)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
LA LEGITTIMA PROTESTA DEI SERVIZI DI PULIZIA
Il prossimo 4 febbraio i lavoratori della Camera scenderanno in piazza davanti a
Montecitorio. Per protestare contro i trattamenti economici della società in house. « I trattamenti economici applicati da CD Servizi Spa al personale sono rimasti pressoché invariati se non addirittura peggiorati per alcuni punti, rispetto a quanto percepito in precedenza. E la società si è rifiutata, addirittura, di riconoscere al personale part-time la giusta retribuzione per le ore di formazione obbligatorie effettuate nel mese di settembre», fanno sapere Cobas Lavoro Privato e Uclas al Fatto Quotidiano. Si tratta dei lavoratori dei servizi di pulizia.
Il confronto
«Abbiamo richiesto numerose volte un confronto alla società, al fine di individuare soluzioni condivise per modificare le condizioni contrattuali di ‘peggior favore’ applicate dalla società. E avviare un percorso per la stipula della contrattazione integrativa. Ma le nostre richieste sono rimaste senza riscontro con l’evidente obiettivo di scegliere gli interlocutori sindacali più graditi a chi amministra la società», dicono ancora i sindacati. È partita anche una diffida ai vertici di CD Servizi. E al collegio dei questori guidato da Paolo Francassini: «A tutt’oggi la Vostra società non risulta aver provveduto al pagamento delle prestazioni supplementari effettuate dai lavoratori nel mese di settembre necessarie a seguire un corso di formazione obbligatoria da voi organizzato fuori dell’orario di lavoro e ci viene riferito che state illecitamente facendo pressioni al personale affinché fruisca di permessi in sostituzione del pagamento di dette spettanze», è l’accusa.
Tre anni di lavoro
E ancora: «Riteniamo spregevole da parte dei vertici aziendali dell’intestata società questo comportamento finalizzato a risparmiare sulla pelle dei propri dipendenti i pochi soldi dovuti per il pagamento di una manciata di ore di lavoro supplementare. Dipendenti che, come a voi ben noto, risultano essere tutti detentori di redditi molto bassi derivanti dall’applicazione, in anni di lavoro in appalto, di contratti a tempo parziale e di condizioni economiche indecenti».
(da agenzie)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
SENZA IL CONTRATTO DA 300.000 EURO CON IL PARTITO DI CONTE, IL COMICO CERCA SOLDI PER TENTARE DI RILANCIARSI
Se è vero – come dice chi lo conosce bene – che più Giuseppe Conte più si rafforza all’interno più si indebolisce all’esterno, sono in molti a notare il silenzio del suo ex nemico, l’ultimo e più importante di una lunga teoria di avversari interni mandati ko: Beppe Grillo, già l’elevato e ora (politicamente) sotterrato.
Il fondatore affondato oscilla come un pendolo: scatenare la guerra sul simbolo del M5s significa rinunciare alla malleva, lo scudo legale davanti alle cause. Tema sensibile per il comico genovese che nel dubbio si è messo alla caccia di sponsor. Ma anche di finanziatori e filantropi. Manda mail per vendere spazi sul suo blog, partecipa alle fiere sull’Ambiente, come quella di Ecomondo a Rimini, per tessere relazioni.
Senza più il contratto con il M5s per la comunicazione (300 mila euro annui), Grillo cerca aria – e grana – per avere agibilità politica, accarezzando un eterno ritorno sempre più complicato. Il suo commiato al M5s è datato 9 dicembre, al termine della seconda votazione degli iscritti che confermò l’esito della prima: bye bye garante. Eccolo Grillo, l’uomo degli anni 10 della politica italiana, che in un fotomontaggio recita il finale del film “Truman show”. “Caso mai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buona sera e buona notte”, la didascalia apparsa sotto la foto pubblicata dal blog. Strumento una volta fondamentale per i destini del paese e ora ridotto a una specie di “Focus”, nel senso della rivista scientifica, con approfondimenti molto laterali. Apertura della home page di ieri: “Agricoltura senza veleni, la rivoluzione delle papere”. Oppure: “L’app svedese che ti paga per segnalare chi parcheggia male”. E ancora, per il ciclo i grandi amori non conoscono crisi: “Cina e cambiamento climatico: il gigante verde che il mondo non può ignorare”. Niente di performante. Motivo per il quale, l’ormai ex Sacro blog non tira più se non fra gli appassionati di teorie economiche e ambientali alternative quanto suggestive.
Ma era davvero già tutto previsto? Possibile che Grillo, il bucaniere feroce, si sia messo l’anima in pace? Chi è molto vicino a Giuseppe Conte, e ne ha curato anche l’ultima battaglia legale, apprezza “l’uscita di scena dignitosa di Beppe: finora ha mantenuto un basso profilo, senza polemiche né attacchi”. Sempre dalle parti dell’ex premier aggiungono, con malizia, che il contratto ancora in essere sulla malleva lo vincola in maniera concreta. “Se non lo dovesse rispettare e farlo saltare in maniera unilaterale, potremmo chiedergli anche tutti gli arretrati delle spese legali e dei risarcimenti, così come delle mediazioni concluse”. I processi civili e penali a carico del fondatore del M5s sono davvero pochi: si contano sul palmo di due mani. Quelli con gli iscritti, espulsi durante il cambio di statuti e associazioni, per esempio sono tre: a Roma, Napoli e Palermo. Questioni bagatellari, ammettono dalla controparte. Mai come questa volta il rischio dell’oblio sembra essere tangibile perché Grillo è ancora tormentato dalla sorte dell’eterno processo al figlio Ciro (la controparte legale è Giulia Bongiorno, che difende la vittima della presunta violenza sessuale).
Come raccontato sogna un rilancio e un ritorno, almeno sul palco dei teatri. Un azzardo visto i riscontri al botteghino dell’ultimo tour. I suoi amici assicurano che questa estate partirà con un nuovo spettacolo intimo e grottesco. Un modo appunto per rigenerarsi, consapevole che la tv, il vero Eldorado della visibilità, fa parte della categoria dei sogni. Oscilla, l’ex garante dei grillini, che nessuno ormai chiama più così in quanto distanti anni luce dal fondatore. Feroci e ingrati, forse, nei confronti del padre ghigliottinato. Anche i suoi consiglieri si susseguono senza sosta riducendosi sempre di più. Nel momento di scontro più alto con Giuseppe Conte, Grillo ha ascoltato tante persone dentro e fuori il M5s. Tanti ex come – ha raccontato ad amici – anche Vincenzo Spadafora, già ministro e sottosegretario dei governi gialloverdi e giallorossi. Pareri, strategie, avvocati di Genova, ma anche di Milano e di Roma. Un discreto viavai che alla fine non ha prodotto risultati, ma solo una confusione finita con l’uscita di scena. Adesso servono finanziamenti, sponsor e contatti per provare l’ultima impresa, quella più difficile. C’è ancora qualcuno pronto a scommettere sul profeta del vaffa colpito dal vaffa di Conte?
(da ilfoglio.it)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
L’ECONOMIA STA ANDANDO A PUTTANE, MA IL GOVERNO PARLA D’ALTRO
Essendo evidente (e suffragato dai numeri) lo stato di impasse economica del Paese, e
anche volendo sorvolare sullo stato di vecchiezza strutturale, e di difficoltà psicologica: che senso ha dire che stiamo andando a gonfie vele, come ripete il governo? Beninteso, ogni governo tende a ingigantire i suoi meriti, e sorvolare sui suoi demeriti. Ma qui siamo al remake grottesco, e non richiesto, del “tutto va ben, madama la marchesa”.
Gli esempi sono continui, fatti con lo stampino. In un talk show del mattino si parla di sanità pubblica in crisi, di liste d’attesa interminabili per gli esami di ogni tipo, e il deputato governativo addetto, senza spendere mezza parola sull’evidenza del problema, dice che il governo sta operando benissimo. È li apposta per dirlo, e dunque lo dice. Se anche fosse vero — e non credo che lo sia — perché non rispondere mai a tono, non entrare mai nel merito, e far sembrare ogni numero negativo come una congiura dell’opposizione?
(da repubblica.it)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
ANGELA ISAAC: “SONO GRATA E ONORATA”
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha conferito questa mattina, su proposta personale, trentuno onorificenze al Merito della Repubblica Italiana a cittadini e alle cittadine che si sono distinti per il loro impegno civile.
Le onorificenze sono state assegnate a coloro che hanno promosso il dialogo tra i popoli, lottato contro la violenza di genere, sostenuto un’imprenditoria etica, e contribuito attivamente alla causa della disabilità, dell’inclusione sociale e della giustizia penale.
L’elenco include anche chi ha operato per il diritto alla salute e compiuto atti di eroismo. La cerimonia di consegna si terrà il 26 febbraio alle 11:30 presso il Palazzo del Quirinale.
Tra i premiati figura Angela Isaac, la giovane donna che il 19 ottobre 2024 ha salvato un uomo durante l’alluvione che ha colpito Catania.
“Sono molto onorata e grata”, ha dichiarato la donna al telefono Fanpage.it subito dopo aver appreso la notizia.
Angela Isaac è una cittadina che ha guadagnato il riconoscimento di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per un atto di grande coraggio durante l’alluvione che ha colpito Catania il 19 ottobre 2024.
In quella tragica giornata, mentre le strade della città venivano sommerse da un’imponente quantità di pioggia, la donna ha rischiato la propria vita per salvare quella di un uomo, trascinato dalla furia delle acque nel pieno centro della città.
Isaac stava percorrendo Via Etnea quando ha visto l’uomo lottare contro la corrente. Senza esitazione, ha attraversato la strada, lo ha afferrato per un braccio e lo ha trattenuto, evitando che venisse travolto dall’acqua e portato via. Il suo gesto eroico è stato filmato da un cittadino che si trovava nella sua abitazione e in poco tempo è diventato virale sui social, suscitando un ampio apprezzamento da parte della comunità locale.
Isaac vive in Italia dal 2015 e lavora come barista al Pellegrino Cafè di Catania, un bar situato al numero 198 di Via Etnea.
(da agenzie)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
LE TRUPPE DI KIM JONG UN ERANO ARRIVATE CON LA FAMA DI MILITARI “ESTREMAMENTE FEROCI E TOTALMENTE INDIFFERENTI ALLA MORTE” MA, SECONDO GLI UCRAINI, ERANO “ESTREMAMENTE DISORGANIZZATI E COMBATTONO COME 70 ANNI FA”
Sono almeno tre settimane che i soldati nordcoreani non si fanno vedere sulla linea del
fronte a Kursk. Secondo il New York Times, i militari di Pyongyang, inviati l’autunno scorso da Kim Jong Un ad assistere le truppe di Vladimir Putin, «sono stati ritirati a causa di numerosi caduti». Una notizia confermata ieri dal colonnello Oleksandr Kondratenko delle Forze delle operazioni speciali di Kyiv: «Molto probabilmente hanno subito troppe perdite e sono stati costretti a retrocedere», ha dichiarato alla Ukrainskaya Pravda.
Erano stati almeno 11 mila, secondo diverse fonti, i militari di Pyongyang inviati a novembre in soccorso alle truppe russe. Dislocati principalmente nella regione di Kursk, All’inizio erano stati raccontati dai soldati di Kyiv che li avevano fronteggiati in battaglia come «estremamente feroci». A Mosca si diceva che il dittatore nordcoreano avesse mandato sul fronte ucraino i suoi uomini migliori, le truppe speciali che avevano ricevuto il miglior addestramento ed equipaggiamento: «Sono splendidamente preparati e totalmente indifferenti alla morte», raccontava pieno di ammirazione l’inviato propagandista russo Yury Kotyonok.
Alla prova dei fatti, però, gli ucraini sono rimasti delusi: i nordcoreani erano «estremamente disorganizzati», ha rivelato un funzionario anonimo del governo di Volodymyr Zelensky al New York Times, e i video girati dei soldati finiti prigionieri mostravano personaggi molto lontani dall’immagine di Rambo. «Combattono come 70 anni fa, vanno avanti mentre gli sparano contro», nel tentativo di rovesciare le linee nemiche, raccontava il giornalista ucraino Yury Butusov.
Spinti probabilmente più dal terrore dei loro comandanti, i nordcoreani si erano trovati in grande difficoltà, in un territorio sconosciuto di cui non parlavano la lingua, e non erano stati inseriti adeguatamente nella catena di comando russa, forse per la reciproca diffidenza degli ufficiali di Mosca e di Pyongyang, o forse perché considerati dai russi non all’altezza dei compiti.
Molti testimoni sostenevano che i nordcoreani erano stati utilizzati principalmente nelle retrovie di Kursk, in compiti di sostegno che permettevano di liberare le truppe russe, oppure venivano lanciati contro le linee ucraine in «assalti da macello» come fanteria non qualificata. Il risultato, secondo il comandante delle truppe ucraine Oleksandr Syrsky, è che almeno metà degli 11 mila soldati di Kim sarebbe ormai fuori gioco.
Intanto, lo spionaggio di Seul sostiene che Kim è pronto a inviare a Kursk una nuova partita di suoi militari. Nonostante il numero dei nordcoreani al fronte non sia elevatissimo, per Putin infatti rappresentano comunque un aiuto importante: il numero dei volontari russi disposti ad arruolarsi, nonostante il continuo aumento delle paghe per i soldati, non è sufficiente a colmare le enormi perdite russe, e il Cremlino non vuole dichiarare una nuova mobilitazione per paura di perdere i consensi.
(da La Stampa)
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