Febbraio 7th, 2025 Riccardo Fucile
SI TRATTA DI AL-KIKLI, UN MILIZIANO DENUNCIATO PER CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ ALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE, È ACCUSATO DI TORTURE, VIOLENZE E STUPRI, PER IL PANEL OF EXPERTS DELL’ONU È IL VERO PROPRIETARIO DELLA SQUADRA INVITATA DAL GOVERNO … A DIFFERENZA DI ALMASRI, PER LUI NON C’È ANCORA UN MANDATO DI CATTURA INTERNAZIONALE
Almasri non è l’unico comandante libico accusato di crimini che vanno dall’omicidio allo
stupro sistematico che sia transitato dall’Italia.
Ospite delle finali del campionato libico, concordate durante la visita a Tripoli della premier Meloni e del ministro Abodi del 7 maggio scorso e fortemente volute in Italia dal governo a riprova della “sempre più stretta collaborazione fra i due Paesi”, c’era anche Abdel Ghani al-Kikli. Meglio conosciuto come Gheniwa, oggi è il capo dello Stability Support Apparatus, milizia attiva a terra e a mare, nota per le violente intercettazioni di migranti, che più volte ha sparato contro diverse navi ong, e fino a qualche anno fa comandava la prigione di Abu Salim.
L’uomo, indicato dal panel of experts dell’Onu come da Amnesty International e dal Centro Europeo per i Diritti Umani e Costituzionali (Ecchr) come uno dei più pericolosi e spietati autori di violenze dentro e fuori dai centri di detenzione, è stato fotografato in più occasioni con una delle squadre ospiti negli stadi italiani.
Uno degli scatti lo ritrae con l’Al.Ahly club, una delle sei squadre finaliste. Altri due, pubblicati sul profilo ufficiale della squadra, mostrano il comandante in compagnia dei giocatori, direttamente sul campo di gioco.
Secondo l’ultimo rapporto Onu, il presidente della squadra è formalmente Mohamed Omar Hassan Al-Mashay, presidente della Compagnia elettrica nazionale, ma “la società è guidata ufficiosamente da al-Kikli”. Tra i due, si spiega, il rapporto è datato e solido: la nomina di Al-Mashay sarebbe stato il prezzo imposto al governo per garantire il proprio appoggio.
A differenza di Almasri, per lui non c’è ancora un mandato di cattura internazionale, sebbene alla Corte penale siano già arrivate diverse denunce e su di lui ci siano da tempo indagini in corso.
“Per oltre un decennio, le milizie sotto il suo comando hanno terrorizzato la gente nel quartiere di Tripoli di Abu Salim attraverso sparizioni forzate, torture, omicidi illegali e altri crimini secondo il diritto internazionale”, aveva dichiarato all’epoca Diana Eltahawy di Amnesty International.
Secondo Ecchr, che contro di lui e altri ha presentato una denuncia di 189 pagine, nel centro di Abu Salim, che lui comandava, sono stati accertati almeno 501 episodi di torture, stupri, omicidi e sparatorie.
Per l’organizzazione, Gheniwa, “uno dei più potenti leader delle milizie di Tripoli”, è stato “attivo militarmente e coinvolto personalmente in crimini internazionali a partire dal 2011 come parte del Consiglio militare di Abu Salim e dal 2013 come parte del Central Security Force – Abu Salim.
(da La Repubblica)
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Febbraio 7th, 2025 Riccardo Fucile
“STAVATE TUTTI A GUARDARE PIAZZAPULITA E NON DEL DEBBIO, ZOZZI TRADITORI”
C’è un episodio curioso che emerge dal libro “Fratelli di chat“, di Giacomo Salvini del Fatto Quotidiano in cui si riportano le chat segrete del partito di governo.
Conversazioni in questi giorni anticipate dal quotidiano di Marco Travaglio. Risale a fine settembre del 2021, a venti giorni dalle elezioni comunali a Roma e a Milano, Piazza Pulita rilancia il servizio di «Fanpage» sulla “Lobby Nera” che coinvolse il capogruppo al Parlamento Europeo, Carlo Fidanza. Inchiesta che sarà poi archiviata tre anni dopo, facendo cadere le accuse di finanziamento illecito per l’eurodeputato di FdI.
Nelle chat dei Fratelli c’è fermento. Molti non apprezzano la mossa del conduttore Corrado Formigli, nel dar risalto al lavoro della testata on line. Meloni si rifiuta di andare in trasmissione a La7. Il 3 ottobre 2021 il deputato Federico Mollicone, oggi presidente della commissione Cultura della Camera, scrive che «Fanpage» «è diventato il fucile di precisione con cui il sistema tenta di colpire il cdx [centrodestra, ndr]». Eppure, nonostante il “clima infame” il partito decide di mandare ospite nel salotto televisivo Guido Crosetto.
«Stavate tutti a guardare Piazzapulita e non Del Debbio. Zozzi, traditori»
La linea di partito che girò al tempo la ricorderanno tutti: è quella del complotto. Fanpage avrebbe montato tutto ad arte. Meloni accusa il giornale, chiede «l’intero girato» dell’inchiesta ipotizzando dei tagli. E decide di rovinare lo share di Formigli. Quando il suo fedelissimo Crosetto va a La7, il 7 ottobre, lei sceglie di andare dal suo diretto concorrente, Diritto e Rovescio di Paolo Del Debbio, su Rete 4.
Quello che va in onda però è un finale tragicomico. Perché in chat sono tutti concentrati su Crosetto nello studio di Piazzapulita. E commentano. «Formigli inaccettabile», scrive la deputata Monica Ciaburro. «Isterico odiatore seriale», aggiunge Isabella Rauti. «Comunque, applausi per Guidone», commenta l’oggi europarlamentare Nicola Procaccini. Sono insomma tutti galvanizzati su come lotta Guido a La7. Nessuno si sta filando la capa su Rete4.
Tant’è che alla fine interviene lei stessa. «Stavate tutti a guardare Piazzapulita e non la Meloni da Del Debbio. Zozzi, traditori», commenta Giorgia Meloni. «Io ci sono andata solo per spostargli lo share», spiega. PiazzaPulita registrò 1.170.000 telespettatori, per uno share del 7,12%. Dritto e rovescio si fermò a 912mila telespettatori, con uno share del 5,51%. Una mossa quella di Meloni che non ha sortito l’effetto sperato.
La fobia del giornalista è rimasta a lungo dentro Fratelli d’Italia. E forse non se ne è mai andata. A dimostrarlo una chat di due mesi dopo. Anche questa riportata nel libro di Salvini.
Alla vigilia di Atreju è Guido Crosetto che lancia l’allarme ai suoi. Colui che oggi è il ministro della Difesa chiede «attenzione» a tutti. «Vi chiedo un attimo di attenzione per una cosa molto seria. Ad Atreju ci saranno molti “infiltrati” con telecamere e microfoni. Cercheranno materiale per sputtanare FdI, Giorgia e chiunque si possa ridicolizzare o attaccare. Occorre fare attenzione sempre e dirlo soprattutto a chi verrà dal resto d’Italia. Solo Fanpage avrà più di 10 ragazzi che rimarranno lì tutti i giorni, proprio per “accreditarsi”. Poi ci saranno quelli di Report, di La 7 etc. Sono certo che già lo avevate presente ma ho preferito formalizzarlo». E Fratelli d’Italia ne hanno anche per «il Fatto Quotidiano» e per il suo direttore Marco Travaglio.
Il 18 maggio 2019, riporta Giacomo Salvini, a pochi giorni dalle elezioni europee, il quotidiano esce con la lista di tutti i candidati indagati o condannati. Tra questi figura anche Daniela Santanchè, condannata nel 2009 a quattro mesi per una manifestazione non autorizzata anti-burqa. Francesco Lollobrigida: «Oggi è uscita una indegna lista di proscrizione di candidati indagati e condannati su IL FATTO. Devo dire che per Daniela, accusata di manifestazione anti islamista, è una bella pubblicità…» Lei replica: «Sono vergognosi!». E gira il video che ha fatto contro Travaglio. Partono i «brava Daniela». Poi arriva il suggerimento di Crosetto. Un disegno di legge «che preveda impossibilità, per chi è stato condannato più di due volte per diffamazione, di fare il giornalista, il direttore di giornale e l’editore…». Si entusiasmano tutti. Ma Ignazio La Russa spegne gli animi: «Non fate cazzate ci inimichiamo anche i giornalisti amici». E scherza: «Meglio una legge ad personam: chi si chiamaTtravaglio dia le braccia all’agricoltura e lasci in pace la penna. Ah ah». Anche perché, ricorda: «Secondo voi rischierebbe più Travaglio? O Feltri?».
(da Il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 7th, 2025 Riccardo Fucile
EPPURE L’EX PD ORA IN MODALITÀ “CAMERATA” NON DICE CHE DIETRO ALLA PRESUNTA “SICUREZZA NAZIONALE”, CI SONO RICCHI INTERESSI ECONOMICI COME IL PETROLIO E IL GAS… COME PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE DI LEONARDO LUI SE NE INTENDE
La Libia è strategica, ci ha rivelato, in una intervista al Corriere della sera, l’ex ministro
dell’Interno Marco Minniti, autore dei protocolli di intesa che l’Italia ha firmato con quel paese. Grazie, se non lo avesse fatto notare non ce ne saremmo accorti.
Ma la Libia, secondo Minniti, è strategica per la sicurezza nazionale. Anche perché «l’Africa è il principale incubatore di terrorismo internazionale». Ancora una volta viene agitato il fantoccio del terrorismo islamista per provocare paura (film già visto in Iraq e in Afghanistan). E per distogliere l’attenzione dal motivo reale di tanta: il petrolio, il gas (per non dire dei traffici illeciti che coinvolgono anche il nostro paese, quelli di armi e droga).
«Primo: è la base più avanzata dei trafficanti di esseri umani», dice ancora l’ex ministro. Quegli stessi trafficanti assurti, grazie a lui, a interlocutori istituzionali (non ci scordiamo le foto dell’ufficiale della Guardia costiera libica Bija, considerato il numero uno del traffico di esseri umani, negli uffici del Cara di Mineo insieme a funzionari del ministero dell’Interno guidato, all’epoca, proprio da Minniti).
Quegli stessi trafficanti a cui il suo ministero ha fornito navi, addestramento, armi, camion, autovetture, ovvero tutto ciò che serve a trafficare in esseri umani e non solo. Solo dopo viene la partita dei combustibili fossili e dopo ancora la paura del terrorismo internazionale.
Ci insegna ancora, Minniti, che dobbiamo parlare con il nemico. Grazie della seconda lezione. Parlarci sicuramente, sempre, se si vuole la pace. Ma farci accordi, addestrarne le milizie, le bande di delinquenti, sostenere i torturatori e gli stupratori, regalare armi e motovedette usate per il traffico di esseri umani, far evadere i capi di bande di delinquenti e riportarli a casa con un aereo di stato anche se formalmente accusati di crimini contro l’umanità e di abusi, rapimenti, violenze sessuali è un poco diverso.
L’intervista di Minniti è davvero l’espressione della peggiore Realpolitik che l’occidente abbia prodotto, perché i patti bilaterali si possono fare, ma le condizioni da porre non possono essere “fate tutto quello che volete, anche le peggiori cose, pur di evitare che le persone in movimento arrivino da noi”. I patti bilaterali si fanno a condizione che vengano rispettati i diritti umani, e che gli aiuti siamo condizionati al rispetto della dignità umana.
Ma in tutta l’inquietante intervista c’è una battuta ancor più inquietante. Secondo l’ex ministro, firmatario degli scellerati accordi con la Libia, il Piano Mattei del governo Meloni è ottima cosa. Non una bolla di sapone priva di efficacia, ma anzi intuizione giusta sulla quale concentrare tutte le risorse finanziarie e politiche per farne addirittura un piano europeo.
Minniti è diventato un ideologo della peggiore destra. Non certo per rendere più umane le decisioni del governo, ma per sdoganare ancor più il cattivismo, alimentando odio e rancore
(da EditorialeDomani)
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Febbraio 7th, 2025 Riccardo Fucile
CHI VUOLE DANNEGGIARE LA PREMIER SCODELLANDO I LIVORI INTERNI?
Matteo Salvini dovrà parlare oggi, avendo convocato una conferenza stampa sulla rottamazione delle cartelle. Se le sue parole rispecchieranno il suo umore, stando almeno a quel che raccontano nella Lega, saranno problemi per Giorgia Meloni, spiazzata dall’anticipazione del libro Fratelli di chat.
Storia segreta del partito di Giorgia Meloni di Giacomo Salvini (Paper First, da oggi in libreria e in edicola col Fatto) in cui si riportano insulti al leader leghista comparsi nelle chat di FdI negli ultimi anni (“bimbominkia”, copyright Giovanbattista Fazzolari; “Deve nascondersi”, Meloni dixit).
Ieri Fratelli d’Italia ha accolto le anticipazioni con irritazione (si è aperta una caccia alla talpa e si valutano denunce a Giacomo Salvini) e anche con la paura per le altre chat contenute nel libro.
In serata è Giovanbattista Fazzolari a esporsi con l’Ansa, minimizzando gli insulti e attaccando il giornalista: “Sono battute di diversi anni fa fatte in una chat ristretta, in periodo in cui i rapporti tra Fratelli d’Italia e Lega non erano granché”.
Ma l’umore di Salvini è facilmnte intuibile: ieri, dopo un vertice in Regione Lazio, manda un messaggio al governatore meloniano Francesco Rocca: “La segreteria regionale della Lega chiede al presidente Rocca l’attivazione di un tavolo di lavoro di programmazione politica di rilancio per una condivisione di scelte e strategie che purtroppo fino ad oggi sono troppo spesso mancate”. Una richiesta di rimpasto, se non una sfiducia.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2025 Riccardo Fucile
“L’INDAGINE DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE SUL CASO ALMASRI È SOLO LA PUNTA DELL’ICEBERG. PENSO ALLA FRATTURA NEI SERVIZI SEGRETI, ALLA RAI USATA COME MEGAFONO DEL GOVERNO A COMINCIARE DA BRUNO VESPA CHE DAVANTI A MILIONI DI ITALIANI FA IL PORTAVOCE DELLA MELONI, AL CAPO DEL DAP CHE SE NE VA PERCHÉ DELMASTRO GLI HA FATTO TERRA BRUCIATA INTORNO”
«L’indagine della Corte penale internazionale mi preoccupa, ma è solo la punta
dell’iceberg. Quello che non si vede è ancora più pericoloso».
A cosa si riferisce, senatore Renzi?
«La Meloni sta distruggendo sistematicamente i legami istituzionali del Paese».
Pensa allo scontro con la magistratura?
«Penso anche alla frattura nei servizi segreti, alla Rai usata come mefagono del governo a cominciare da Bruno Vespa, al capo del Dap che se ne va perché Delmastro gli ha fatto terra bruciata intorno, alla Digos che arresta un criminale e loro lo scarcerano».
Partiamo da qui, il caso Almasri e l’informativa di Nordio e Piantedosi.
«Hanno riportato a casa un torturatore e la premier scappa: folle».
Lei di Nordio ha sempre parlato bene: è deluso?
«Più che deluso sono sconvolto: di fatto, è il portavoce di quel sadico giustizialista che è Delmastro. Nordio doveva cambiare il giustizialismo di Fratelli d’Italia: invece Fratelli d’Italia ha cambiato lui».
Cosa contesta al governo: la scelta di riportare Almasri in Libia o come lo hanno fatto?
«Non rimanderei mai a casa un torturatore, un violentatore, un killer. Se però c’è un interesse nazionale, il premier va in Parlamento e lo dice. Meloni invece è scappata».
E quale può essere l’interesse nazionale? Evitare che ripartano gli sbarchi dalla Libia?
«Piantedosi ha negato che sia questo. Potrebbe essere l’Eni? Se è così, vieni in Aula e lo dici. Ma non puoi dire un giorno l’interesse nazionale e il giorno dopo Nordio dice che lo hanno scarcerato per nullità dell’atto, andiamo».
Bruno Vespa sostiene che tutti i governi fanno cose sporchissime per interesse nazionale…
«Io so che se c’è un interesse nazionale il premier – non Vespa – deve spiegarlo al Parlamento. Ma anche questo è un segno del crollo degli argini istituzionali: Vespa tutte le sere davanti a milioni di italiani fa il portavoce della Meloni? E la commissione di Vigilanza Rai è bloccata perché la maggioranza ricatta le opposizioni: o votate chi vogliamo noi o non veniamo».
Restiamo ad Almasri: anche Calenda dice che tutti i governi, inclusi quelli di cui lui ha fatto parte, cioè anche il suo, parlano coi tagliagole libici.
«Ecco un altro di quelli che parlano per sentito dire, i professionisti del “mi hanno detto che…”. Con il mio governo Calenda si occupava di moda, export e meccanica, non di tagliagole. Io non ho mai firmato il memorandum con la Libia. Chi ha prove diverse le tiri fuori o smetta di diffamare».
Un boy scout che non si è mai sottratto dall’attaccare la magistratura, esattamente come la premier.
«Io ho criticato dei magistrati, non ho attaccato la magistratura. E l’ho fatto con esposti, ricorsi, denunce. Ho seguito le regole. Non ho passato al Tg1 veline sui voli di Stato per attaccare un pm».
Intende i voli del procuratore Lo Voi: pensa che sia stato Palazzo Chigi a passarle al Tg1?
«Il carteggio Lo Voi-Mantovano lo avevano solo loro due. O è stato Lo Voi o è stato Mantovano a darlo alla tv pubblica. Ho fatto anche una interrogazione parlamentare, ma non mi rispondono. Perché l’esecutivo attacca il potere giudiziario e silenzia il legislativo».
Cosa intende per frattura nei servizi segreti?
«Le sorelle della Garbatella vedono complotti ovunque: hanno scatenato una caccia all’uomo nelle Agenzie, un “dagli all’untore” assurdo. Ci vorranno anni per riportare il fiume negli argini».
Che impressione le fa il caso Paragon, sette spiati tramite WhatsApp?
«Violare la privacy è la violazione di un diritto umano. Farlo con giornalisti e avversari politici è devastante. È fondamentale che ci sia chiarezza: se sono stati i servizi segreti, è grave. Se non sono stati loro, è gravissimo. Il governo non può mentire anche su questo».
Detto questo della maggioranza, è ancora dell’idea di votare con loro la riforma della giustizia?
«Se la legge è giusta e scritta bene certo che voto sì. Se domattina la maggioranza propone di abbassare le tasse, io voto a favore. Ma Giorgia Meloni parla di tutto tranne che di salari, pensioni, sanità. Il loro livello istituzionale si vede anche dalle chat uscite oggi (ieri, ndr) in cui definiscono “bimbominkia” il vicepremier Salvini».
Lei nelle chat di WhatsApp non ha mai attaccato un alleato?
«Non scherziamo. Io le cose le dico in faccia. Aggiungo che se considero uno “bimbominkia” di sicuro non lo nomino vice presidente. Prima che cattivi, questi della maggioranza sono imbarazzanti».
(da La Stampa)
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Febbraio 7th, 2025 Riccardo Fucile
NESSUNA SQUALIFICA PER LA GIOCATRICE CHE AVEVA SCAVALCATO LA RINGHIERA DELLA TRIBUNA PER AFFRONTARE LA TIFOSA
Nessuna squalifica, ma una “deplorazione” (una nota di biasimo più grave dell’ammonizione) per la giocatrice dell’Happy Rimini basket che lunedì, nella partita del campionato regionale femminile U19 contro la Virtus Nuova Cesena, aveva scavalcato la ringhiera della tribuna per affrontare una tifosa, mamma di due avversarie, che in diretta Facebook le aveva rivolto insulti razzisti. Alla giocatrice è stata riconosciuta l’attenuante 21.4a del Regolamento di giustizia, ovvero “la reazione a un fatto ingiusto altrui”. Il giudice sportivo regionale dell’Emilia-Romagna ha deciso poi che la Virtus U19 giocherà le prossime tre partite a porte chiuse.
Daspo di due anni per la tifosa
Oggi la tifosa protagonista dell’episodio ha ricevuto il Daspo di due anni che ha emesso la questora di Rimini Olimpia Abbate. In mattinata la donna aveva ricevuto la raccomandata dell’invito ufficiale della Virtus a non presentarsi mai più ai campi di allenamento e di gioco della società, come aveva anticipato a Repubblica il presidente del club, Marcello Foschi.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2025 Riccardo Fucile
SI TRATTA DI PIETRO LUIGI POLIDORI
Combattere la drammatica carenza di medici negli ospedali della regione; fermare lo
spopolamento delle Marche, soprattutto nelle aree interne colpite dai terremoti del 2016; trattenere giovani talenti sul territorio e limitare la cosiddetta “fuga di cervelli”. Con queste motivazioni la scorsa settimana la Regione Marche ha dato parere tecnico favorevole all’arrivo della Link University, ateneo privato che sarebbe pronto a far partire tre corsi di laurea magistrale: uno in Odontoiatria e Protesi dentaria, a Macerata, e due in Medicina e Chirurgia, a Fano e Ascoli Piceno
Il possibile arrivo della Link University è stato confermato anche da alcuni parlamentari marchigiani di FDI e Lega. Guido Castelli (commissario straordinario del governo alla ricostruzione post sisma) ha parlato di una “straordinaria opportunità”. “A beneficiare di questo progetto di portata potenzialmente storica saranno principalmente i nostri ragazzi che potranno frequentare il corso di medicina nella loro città e/o nel loro territorio. Più in generale questo investimento eviterà che centinaia di giovani marchigiani emigrino verso altre regioni – o peggio all’estero – per studiare medicina e chirurgia; magari rimanendoci per tutta la vita dopo aver completato il ciclo di studio”. Mirco Carloni (leghista e presidente della commissione agricoltura della Camera) ha definito l’Università “una struttura ricettiva che porta ricchezza attirando studenti da altre regioni e creando un ingente indotto, culturale, sociale ed economico”.
Alla Link University retta annuale di quasi 20mila eur
Insomma, lo sbarco nelle Marche della Link University è stato annunciato come una svolta che porterà nei prossimi anni nuovi medici per gli ospedali marchigiani e un fiume di denaro dagli studenti che rimarranno sul territorio. A onor del vero, però, l’iscrizione alla Link University non costituisce una “straordinaria opportunità” proprio per tutti. La retta annuale per iscriversi alla facoltà di medicina e chirurgia è infatti di 19.800 euro (quasi 120mila euro per l’intero ciclo di studi), circostanza evidenziata da tutte le associazioni studentesche e dalle organizzazioni sindacali.
Anche i rettori delle quattro università pubbliche marchigiane però hanno protestato. Gian Luca Gregori (Politecnica delle Marche), Graziano Leoni (Università degli Studi di Camerino), John Mc Court (Università degli Studi di Macerata) e Giorgio Calcagnini (Università degli Studi di Urbino Carlo Bo) hanno infatti evidenziato come “il sostegno a soggetti formativi privati, privi del radicamento territoriale e del controllo pubblico che caratterizzano gli atenei marchigiani, rischia di compromettere l’equilibrio e la sostenibilità di un sistema già sottofinanziato”. L’accusa al Governo e alla Regione è quella di aver ridotto i fondi per le università pubbliche e di aver nel frattempo operato per favorire l’arrivo di un ateneo privato.
Chi c’è al vertice di Link University
Insomma, a parte i partiti della maggioranza di Governo (gli stessi poi che amministrano le Marche) l’arrivo della Link University non sembra convincere nessuno. Come se non bastasse non pochi temono che dietro lo sbarco ad Ascoli Piceno, Macerata e Fano dell’ateneo privato romano vi sia una certa vicinanza tra i suoi vertici e la Lega di Matteo Salvini.
Il presidente del Consiglio di Amministrazione della Link Campus University è infatti Pietro Luigi Polidori, figlio di Francesco Polidori, noto principalmente per essere il fondatore e patron di Cepu e di altre università telematiche (come E-Campus). Parliamo di uno dei più importanti imprenditori italiani nel campo dell’istruzione privata che per anni ha lautamente finanziato – in modo del tutto lecito, si intenda – proprio il Carroccio.
Le donazioni alla Lega nel 2022 e 2023
Come infatti emerge dal documento sulle “Erogazioni ai partiti e ai movimenti politici per la campagna elettorale” del 2022, quell’anno la Lega ricevette donazioni da 23 aziende private. La più sostanziosa però arrivò da Monte Finanziario Europeo Srl, che il 24 agosto versò 100mila euro, l’importo massimo consentito dalla legge. La società è di proprietà di Pietro Luigi Polidori e di sua sorella. Sì, proprio l’uomo al vertice della Link University, figlio del fondatore di Cepu.
Non solo: altre generose donazioni a “Lega Salvini Premier” sono state erogate anche nel 2023, come emerge dalla lettura del relativo documento pubblicato sul sito del Parlamento.
A Lega per Salvini Premier:
Non solo. E-Campus, Monte Finanziario Europeo e Link Campus University hanno partecipazioni in Polimedia srl, nel cui consiglio di amministrazione siede Pietro Luigi Polidori. Ebbene, il 6 febbraio 2023 la Polimedia versò nelle casse della Lega altri 10mila euro.
Oltre alle società direttamente riferibili alla famiglia Polidori altre generose donazioni al partito guidato da Matteo Salvini sono state fatte da Orienta campus (che il 31 agosto 2022 versò alla Lega 40 mila euro) e dal Centro Raccordo e Orientamento Scolastico Srl, che ha versato al Carroccio 25mila euro il 13 dicembre 2024. Entrambe svolgono attività di supporto all’Università Telematica E-Campus, l’ateneo di Polidori.
(da Fanpage)
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Febbraio 7th, 2025 Riccardo Fucile
È VERO CHE IL PARLAMENTO ITALIANO È DIVENTATO LA PIÙ FERVENTE PALESTRA DELL’INSULTO, L’UNIVERSITÀ DELL’INGIURIA, MA AL LATRARE, ALL’ULULARE, AL RINGHIARE NON ERAVAMO ANCORA GIUNTI…I MALIGNI RICORDANO CHE MONTARULI HA SUBITO UNA CONDANNA, PUNZONATA DALLA CASSAZIONE
Il grado zero del talk show, ovvero quando la parola si umilia per lasciare posto a borborigmi lessicali, a fedifraghe alleanze gergali, a oscillazioni fra la bipedità dell’uomo e della donna e la quadrupedità del cane. Prima o poi doveva succedere, è successo. Nel corso del programma «Tagadà» su La7 c’è stato uno scambio di accuse fra il deputato del Pd Marco Furfaro e la deputata di FdI Augusta Montaruli che […] non ha trovato di meglio che mettersi ad abbaiare fra lo sconcerto dell’attonita conduttrice Tiziana Panella.
Una scena terrificante: Montaruli ha iniziato a guaire con un «bau bau», ripetendolo varie volte, simulando anche con le mani l’abbaiare di un cane. E la scena si è protratta per circa sessanta interminabili secondi
Ora, è vero che il Parlamento italiano è diventata la più fervente palestra dell’insulto, l’università dell’ingiuria, la salda tradizione della volgarità, ma al latrare, all’ululare, al ringhiare non eravamo ancora giunti. È la nullificazione della parola e, con essa, del pensiero, è la pienezza del declino.] è la discesa nel Maelström del nulla
Sappiamo che nei talk show le dichiarazioni di principio, la propaganda da comizio, le frasi magniloquenti sono la sola retorica possibile: dopo anni di abuso e di risse, la parola è ormai estenuata, consunta, inservibile e la scuola del silenzio ha i banchi vuoti. La chiacchiera televisiva è ormai incapace di pensare o di agiredisorientata come durante un’allucinazione. I sovranisti dovrebbero sapere che non si abita un Paese, si abita una lingua.
Chissà da dove nasce quel «bau bau»? I maligni ricordano che Montaruli ha subito una condanna, punzonata dalla Cassazione, nell’ambito di un’inchiesta piemontese su rimborsi gonfiati. Le spese riguardavano cene, abiti di lusso, gioielli, borse, ma anche corsi sull’uso dei social network e libri come Mia suocera beve, Sexploration e Giochi proibiti per coppie. Pare che in questo ultimo libro ci siano fosforescenti conversazioni canine.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2025 Riccardo Fucile
“VOGLIAMO DEMOCRAZIA, STATO DI DIRITTO, MERITOCRAZIA E PLURALISMO”
Da oltre tre mesi la Serbia è paralizzata dalle proteste studentesche, le più grandi della
sua storia post-jugoslava. Il 28 gennaio il premier Miloš Vučević ha rassegnato le dimissioni; il governo è così caduto, e si aspettano nuove nomine.
«Il nuovo esecutivo dovrà essere formato entro il 19 o 20 marzo, in caso contrario le elezioni si terranno a inizio maggio», ha detto ieri, giovedì 6 febbraio, il presidente serbo Aleksandar Vučić alla tv pubblica Rts. A innescare le proteste è stato il crollo del 1° novembre di una pensilina nella stazione di Novi Sad, che ha causato la morte di 15 persone. Un incidente avvenuto poco dopo la fine dei lavori di ristrutturazione effettuati da un consorzio di aziende cinesi nell’ambito dello sviluppo della tratta ad alta velocità Budapest-Belgrado, nel più ampio progetto della cosiddetta Nuova Via della Seta, e causato secondo i manifestanti «dall’incuria e dai mancati controlli legati alla persistente corruzione nelle alte sfere del governo», spiegano alcuni studenti serbi a Open.
I manifestanti «non hanno mai chiesto al governo di dimettersi», ma il crollo della tettoia nella seconda città della Serbia ha fatto da detonatore di una rabbia generalizzata e sopita da tempo.
Anche nei confronti del sistema-Vučić, caratterizzato da una dilagante corruzione e dalla ricerca di opportunità economiche e politiche alternative a quelle offerte dall’integrazione europea. «Le proteste sono il risultato di anni di insoddisfazione provocata dal malfunzionamento delle istituzioni democratiche, dalla violazione dello stato di diritto, dagli alti livelli di corruzione e manipolazione dei media», ci dice la studentessa Aleksandra Kuzmanović.
«Il sistema – precisa ancora – deve essere riformato a partire dalle sue fondamenta». Nei giorni scorsi, scrive il quotidiano indipendente serbo Danas, è stata istituita una commissione d’inchiesta composta da civili, un gruppo di professori ed esperti provenienti da vari settori, per fare luce sull’incidente e determinare le responsabilità. «Ci siamo auto-organizzati perché lo Stato non ci dà risposte», spiegano.
Le «Blokade»
L’incidente nella stazione ferroviaria di Novi Sad ha dato il via a diverse forme di protesta: dalle manifestazioni nelle strade della Serbia, da Novi Sad a Belgrado fino a Niš, al blocco delle autostrade e dei ponti-chiave sul Danubio, dalle proteste silenziose di 15 minuti (uno per ciascuna delle vittime) fino alle cosiddette «blokade» delle università, dove studenti e professori hanno occupato circa sessanta delle ottanta facoltà della Serbia, interrompendo corsi e sessioni d’esame, tuttora fermi. Il movimento studentesco si è radunato attorno a quattro richieste: «La pubblicazione di tutti i documenti relativi ai lavori di ristrutturazione della stazione ferroviaria, l’archiviazione delle accuse contro studenti e manifestanti arrestati durante le proteste, l’incriminazione dei responsabili degli attacchi nei loro confronti e un aumento del 20 per cento degli stanziamenti per l’istruzione», ci spiega il plenum degli studenti della facoltà di Filologia di Belgrado raggiunti al telefono.
Il governo ha annunciato giovedì di aver disposto uno stanziamento aggiuntivo di 12,01 miliardi di dinari al bilancio per l’università e l’istruzione superiore (un euro vale 117 dinari), che per il 2025 ammonterà complessivamente a 72,06 miliardi di dinari. In tal modo, il bilancio verrebbe incrementato del 20%, così come richiesto dagli studenti. Questo non è, però, sufficiente a mettere un freno alle proteste. «Non smetteremo fino a quando tutte le nostre richieste non saranno soddisfatte», dicono gli universitari. «Tutti noi vogliamo la ripresa delle lezioni per poter dare gli esami e finire gli studi il prima possibile – spiega Aleksandra -. Tuttavia, in questo momento siamo consapevoli delle nostre responsabilità sociali. Alcuni valori e principi – afferma ancora – sono molto più importanti dei nostri interessi personali».
Dagli studenti a tutta la popolazione
In pochissimo tempo la protesta si è allargata a macchia d’olio: a studenti e professori si sono aggiunte molte altre categorie di lavoratori, tra cui avvocati, ingegneri, agricoltori, artisti e pure pensionati. Che hanno interrotto temporaneamente le proprie attività e affollato le strade della Serbia. Nel primo weekend di febbraio migliaia di persone sono partite dalla capitale Belgrado e hanno raggiunto, dopo una marcia di 80 chilometri, il centro di Novi Sad. Persino il tennista serbo Novak Djokovic si è presentato al derby dell’Eurolega con una felpa con la scritta «Gli studenti sono i campioni». Il malcontento si è trasformato in una sorta di confronto intergenerazionale, più trasversale e partecipato, tra persone di età e ceti sociali differenti che condividono gli stessi malumori e le stesse piazze. Un’esperienza collettiva paragonabile soltanto alle proteste dell’inverno 96-97, che portarono alla caduta del presidente serbo Slobodan Milošević nell’ottobre del 2000. «È impossibile determinare la vera ragione dietro l’impressionante sostegno. Ciò che è certo è che la manifestazione non è ideologicamente affiliata, non sosteniamo e non siamo appoggiati da alcun partito politico, organizzazione o governo, nazionale o estero. In questo modo, tutti i cittadini possono identificarsi – spiegano gli universitari di Filologia -. E poi le nostre richieste sono universali: è evidente che la causa del crollo della pensilina sia la corruzione, un problema che non può più essere ignorato da nessuno». Anche la tv di Stato, che si è sempre comportata da megafono del governo ignorando le proteste e definendo gli studenti «traditori» della Serbia o «burattini dell’opposizione», da alcuni giorni ha cambiato le sue modalità di racconto, mettendo le manifestazioni in cima ai notiziari.
L’integrazione europea non c’entra niente
Le manifestazioni nel Paese dei Balcani, raccontano i manifestanti, non hanno nulla a che vedere con il processo di integrazione europea o con le proteste che nei mesi scorsi si sono verificate in altri Stati come la Georgia, nonostante siano anch’esse mosse da valori democratici e sebbene Bruxelles abbia chiesto un’indagine sulle aggressioni contro i manifestanti avvenute per mano dei sostenitori del partito di governo. È una questione tutta interna alla Serbia, contro un sistema che da molto tempo privilegia corruzione e criminalità anche per la sua sopravvivenza politica. «Noi siamo consapevoli di vivere in una società dove un diploma o una laurea non sono apprezzati, piuttosto lo sono la lealtà al partito di governo (il Partito Progressista Serbo che governa il paese dal 2012) o avere una tessera di una forza politica – afferma ancora Aleksandra – Viviamo in una Paese dove il crimine e la corruzione sono tollerati e dove i giudici e i pubblici ministeri vengono scelti in base alla lealtà al governo». È ciò contro cui combattono: «Vogliamo sentirci sicuri per le strade – continua -, non temere che gli edifici ci crollino addosso a causa della corruzione, ci aspettiamo normalità, democrazia, indipendenza delle istituzioni, stato di diritto, meritocrazia e pluralismo».
Vučić, il cui regime si è retto per oltre dieci anni su un controllo totale a livello politico e sociale, si è detto pronto a dialogare con i manifestanti. «Volete parlare con Slavica Djukic Dejanovic (ministra dell’Istruzione, ndr)? Bene, parlate con lei, ne sarò felice. Parlate con chi volete», ha affermato il presidente. «E se non volete dialogare, allora qual’è il vostro messaggio? Volete la radicalizzazione, volete lo scontro, volete forse qualcos’altro?». I vertici dell’università di Belgrado – scrivono i giornali locali – hanno respinto l’invito al negoziato, rafforzando la convinzione che la protesta sta assumendo anche i connotati di una contestazione anti-governativa. Ma si dovrà aspettare marzo per capire se la crisi di governo verrà risolta con un nuovo esecutivo basato su una solida maggioranza parlamentare o se si andrà a elezioni anticipate in primavera. Ma, intanto, le proteste non accennano a placarsi.
(da Open)
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