Febbraio 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO CERTIFICA LA FOGNA ITALIANA: AL 43% NON FREGA NULLA AVER LIBERATO UN CRIMINALE. L’IMPORTANTE E’ CHE CONTINUI A SEVIZIARE I MIGRANTI PER NON FARLI ARRIVARE IN ITALIA
Il sondaggio Noto evidenzia una spaccatura netta nel Paese: il 46% ritiene inopportuna l’indagine su Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano, sotto accusa per favoreggiamento e peculato, mentre il 44% la giudica corretta.
Per quanto riguarda le motivazioni del rilascio e del rimpatrio di Almasri, il 52%, cioè poco più della metà, pensa che sia stata una decisione politica, mentre solo il 21% crede alla versione del ministro della Giustizia Carlo Nordio, secondo cui si è trattato di un “vizio di forma”.
Nel complesso, il 43% degli italiani ritiene che il governo abbia agito nell’interesse del Paese, mentre il 35% non la pensa allo stesso modo e il 22% proprio non si esprime.
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL POLITICO 54ENNE HA AMMESSO DI AVERE AVUTO UN RAPPORTO CON UN RAGAZZO CONTATTATO ATTRAVERSO UN’APP DI INCONTRI, MA SOSTIENE DI NON AVERE MAI SAPUTO CHE FOSSE MINORENNE. ORA RISCHIA FINO A 5 ANNI DI CARCERE …NON È IL PRIMO SCANDALO CHE COINVOLGE ESPONENTI DI “CHEGA”: DI RECENTE È EMERSO IL CASO DI MIGUEL ARRUDA, IL DEPUTATO ACCUSATO DI RUBARE VALIGIE NEGLI AEROPORTI
Nuova tegola giudiziaria sul partito dell’estrema destra portoghese Chega: Nuno Pardal,
consigliere comunale a Lisbona e dirigente di spicco della Direzione provinciale del partito, è indagato dalla Procura della Repubblica per presunti atti sessuali a pagamento con un minorenne. L’uomo, 54 anni, non nega di aver fatto sesso a pagamento con un giovane conosciuto attraverso un’app di incontri specifica per la comunità Lgbt, ma afferma di non aver mai saputo che il ragazzo avesse solo 15 anni.
La denuncia è partita dai genitori del ragazzo e l’accusa del Pm si baserebbe sul materiale rilevato dal cellulare della vittima. Il consigliere comunale avrebbe infatti cercato di ripetere l’incontro, ma il ragazzo si sarebbe rifiutato. Secondo il profilo pubblicato sul sito del Comune di Lisbona, Pardal – che nel frattempo ha già annunciato le dimissioni – è un ex torero professionista e presidente dell’Associazione nazionale dei toreri.
Per Chega si è candidato anche alle elezioni legislative dell’anno scorso, risultando primo dei non eletti al Parlamento nella circoscrizione di Lisbona. Ora rischia fino a 5 anni di carcere.
Questo è l’ennesimo scandalo giudiziario nel giro di poco tempo per un partito famoso per le sue posizioni fortemente giustizialiste. Da diverse settimane, infatti, i media portoghesi non parlano che del caso di Miguel Arruda, il deputato accusato di rubare valigie negli aeroporti, mentre nelle ultime ore si dava notizia anche del consigliere regionale delle Azzorre, José Paulo Sousa, trovato alla guida della sua auto con un tasso di alcol nel sangue superiore al consentito.
Il presidente di Chega, André Ventura – che poco fa ha annunciato con un comunicato la sua partecipazione all’evento “Patriots Make Europe Great Again”, ospitato sabato prossimo da Vox a Madrid – non si è ancora pronunciato sul caso.
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2025 Riccardo Fucile
“CREDEVO DI ESSERE APPRODATA IN UN PAESE GIUSTO”
Caso Alamsri, un’altra denuncia contro lo Stato italiano dopo quella depositata da Lam Magok Biel Ruei. L’avvocata lucana Angela Bitonti ha depositato oggi presso la Procura della Repubblica di Roma una denuncia – in cui si ipotizzano reati di omissione e favoreggiamento – contro lo Stato italiano per la vicenda di Njem Osama Almasri, il capo della polizia libica inseguito da un mandato di arresto della Corte penale internazionale.
Il legale ha agito per conto di una donna ivoriana che ha raccontato di essere stata “stuprata e massacrata di botte tutti i giorni per almeno un anno” nella prigione libica di Mitiga: “Almasri e i suoi soldati – ha aggiunto – mi hanno distrutto la vita”.
“Voi non potete nemmeno immaginare quello che una donna può vivere in quella prigione, nemmeno immaginare. In Italia – ha aggiunto la donna – sono stata aiutata da brave persone a superare, in qualche modo, quello che ho vissuto. Sono andata avanti con la speranza che un giorno potesse essere fatta giustizia. Sono venuta dalla Libia per sfuggire alla morte su un gommone appena galleggiante, il mio carnefice è tornato a casa su un aereo di Stato .Qualcuno mi spieghi davvero quello che è accaduto. Credevo di essere arrivata in un Paese giusto e libero, invece sono stata sacrificata di nuovo. Oggi, guardando indietro, dico che avrei preferito morire a Mitiga”.
L’avvocato Bitonti ha chiesto che “sia fatta giustizia su questa tristissima vicenda umana e su quello passate dall’inferno delle carceri libiche”
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2025 Riccardo Fucile
APERTO IL FASCICOLO PRESSO IL TRIBUNALE INTERNAZIONALE CONTRO MELONI, NORDIO E PIANTEDOSI
Nuova tegola per il governo Meloni in relazione al caso Almasri, dopo che l’informativa
resa ieri alle camere sembra aver riacceso la polemica (e i dubbi) invece di sedarla. Il procuratore presso la Corte penale internazionale dell’Aja ha ricevuto una nuova denuncia nei confronti del governo italiano per «ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma». A dare la notizia è stato Nello Scavo sulla versione online del quotidiano Avvenire. La denuncia è stata ricevuta dall’Ufficio del Procuratore, che l’ha trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale per l’apertura di un fascicolo ma al momento non ci sono indagati. Nell’atto sono indicati i nomi di Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, accusati di aver «abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali».
Cosa dice la denuncia
A presentare la denuncia un rifugiato sudanese che nel 2019 era stato ascoltato dagli investigatori internazionali come testimone delle torture che lui e la moglie avevano subito dal generale libico, quando entrambi erano stati imprigionati in Libia. E che ha scelto di fare un nuovo atto dopo la liberazione del generale libico accusato di essere un torturatore e un trafficante di migranti, avvenuta da parte dell’Italia lo scorso 21 gennaio. Nell’atto di 23 pagine ora protocollato dalla procura, visionato anche da Open, si legge che, secondo la denuncia presentata dagli avvocati francesi Omer Schaz e Juan Branco, «alte personalità del governo italiano ed europeo partecipano alla commissione di crimini contro l’umanità contro i migranti in Libia» e che nel consegnare Almasri alla Cpi l’Italia ha «agito attivamente» per impedire alla Corte di perseguire Almasri.
(da Open)
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Febbraio 6th, 2025 Riccardo Fucile
GLI ALLEATI, TAJANI IN TESTA, SONO PERPLESSI RIGUARDO ALLE MOSSE DELLA “DUCETTA” SUL CASO ALMASRI. ALLA FARNESINA E AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA SI CHIEDONO I MOTIVI PER CUI LA PREMIER, CHE IERI SI E’ TRINCERATA A PALAZZO CHIGI QUASI A VOLER PRENDERE FISICAMENTE LE DISTANZE DALLA VICENDA, HA DECISO DI ESPORRE IN QUESTO MODO IL GOVERNO
Una sedia vuota non consente molte divagazioni. Al mezzogiorno di fuoco del governo sul caso Almasri, Giorgia Meloni non c’era. O meglio, ha deciso di non esserci. Ufficialmente perché al lavoro su altri fronti, Olimpiadi e piano carceri. Ufficiosamente – come spiegano alcuni suoi colonnelli al termine degli interventi dell’opposizione a Montecitorio – perché «non ci facciamo condizionare» e «non gli diamo soddisfazione».
La premier prova a sostenere di non c’entrare nulla con la vicenda del carceriere libico. Anche di fronte alla notifica d’inchiesta inviata dalla procura di Roma cerca di avvalorare questa tesi, nonostante proprio in Aula sia il ministro della Giustizia a parlare di «altri organi di Stato» che hanno «concordato» l’azione dell’esecutivo, aggiungendo sibillino «vi lascio immaginare quali possano essere…»
Per Palazzo Chigi gli unici titolati a parlare sono quelli che si sono recati ieri mattina alla Camera e nel pomeriggio al Senato: i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. Una strategia concordata con l’avvocata dell’esecutivo Giulia Bongiorno, da sempre fautrice del basso profilo dei suoi assistiti.
Meloni resta allora trincerata a Palazzo Chigi mentre i suoi provano a spostare lo scontro verso la riforma della giustizia. Comunica con più solerzia del solito alcune riunioni come quella per «il potenziamento del sistema penitenziario, con l’obiettivo di realizzare 7.000 nuovi posti detentivi», ma rinvia una visita programmata alla mostra fotografica dell’Ansa. Scrive in diretta a Giovanni Donzelli al termine del suo intervento, ma dà mandato ai suoi di garantire che non ha assistito all’informativa e che recupererà tutto «leggendo i resoconti».
E forse non a caso più di un esponente al suo vertice, continua ad interrogarsi sui motivi per cui la premier ha deciso di esporre il governo a tutto ciò. Se lo chiedono al ministero della Giustizia e alla Farnesina – pare lo faccia anche Antonio Tajani, rimasto accuratamente lontano dalle Camere ieri – sostenendo che non ci si sarebbe trovati qui se solo lei avesse posto il segreto di Stato sin da subito o, al più tardi, quando gli avevano detto di farlo pochi giorni dopo l’esplosione del caso.
(da la Stampa)
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Febbraio 6th, 2025 Riccardo Fucile
LA NOTIZIA DIFFUSA DALL’ANSA CHE L’AVREBBE AVUTA DA FONTI INFORMATE
Sarebbe in buone condizioni di salute Alberto Trentini, il cooperante veneziano arrestato
in Venezuela oltre due mesi fa. Le prove, secondo quanto apprende Ansa da fonti informate, sarebbero giunte su un canale tenuto aperto dal nostro Paese con le autorità locali.
Trentini era arrivato in Venezuela il 17 ottobre scorso per una missione con le Ong Humanity e Inclusion. Il 15 novembre, mentre da Caracas si recava a Guasdalito, è stato fermato ad un posto di blocco e conseguentemente arrestato. I familiari del giovane si sono mobilitati appena appreso del fermo con appelli ed iniziative per chiedere il ritorno a casa di Alberto.
Due giorni fa, la famiglia di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto, hanno voluto lanciare un appello per il cooperante in arresto. “Chiediamo che il governo si dia una mossa perché è passato troppo tempo, non si sa dove sia. Vogliamo che questo giovane italiano torni a casa sano e salvo e che venga rispettato come portatore di pace”.
Attualmente il 45enne arrestato in Venezuela si troverebbe in un carcere di Caracas, probabilmente nella sede centrale dei servizi a Boleita. Le prigioni del Dgcim sono tristemente note perché oggetto di inchiesta delle Nazioni Unite per crimini contro l’umanità
La Farnesina sta cercando un’interlocuzione ma non è riuscita per ora a trovare un accordo con il governo Maduro. Dietro l’arresto vi sarebbe la volontà da parte del Venezuela di ottenere un riconoscimento.
La famiglia del cooperante italiano non avrebbe ancora ricevuto alcuna telefonata da parte dell’uomo nonostante le promesse delle autorità venezuelane in contatto con istituzioni diplomatiche italiane.
(da Fanpage)
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Febbraio 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DEL FATTO ELENCA LA GIRANDOLA DI TUTTE LE VERSIONI FORNITE DA MELONI E DAI SUOI MINISTRI DAL 21 GENNAIO AD OGGI SUL CASO ALMASRI
“Se non ci fosse di mezzo un torturatore, si dovrebbe parlare di una gag comica irresistibile ai livelli dei Blues Brothers. Mancano solo le cavallette e poi questi sono meglio di John Belushi“. È il lapidario commento pronunciato a Otto e mezzo (La7) dal direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, sull’informativa dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi sulla scarcerazione del generale libico Osama Almasri, prima alla Camera e poi al Senato.
Travaglio espone tutte le versioni contraddittorie rese da Giorgia Meloni e dai suoi ministri dal 21 gennaio a oggi: “Prima Nordio dice: ‘Ho ricevuto la richiesta di arresto della Corte penale internazionale e la sto valutando’. Ma perde due giorni e quindi nel frattempo Almasri viene rilasciato. Allora Tajani dice che sono stati errori dei giudici italiani. Fratelli d’Italia dice che il governo è estraneo al rilascio e che è colpa della Corte penale internazionale che avrebbe chiesto di arrestare Almasri solo quando era in Italia, anziché quando era in Germania. Poi Tajani cambia idea – continua il direttore del Fatto – e dice: ‘L’Aja non è la bocca della verità, abbiamo opinioni diverse, facciamo la nostra politica’. Quindi ha deciso il governo. Ma Piantedosi in Senato dice che. mentre Nordio leggeva le famose carte, lui aveva già capito tutto e aveva espulso Almasri perché aveva capito che era pericoloso. Però poi si è scordato di avvisare Fratelli d’Italia che ha continuato a dare la colpa ai giudici di Roma, i quali avrebbero dovuto tenere dovevano tenere dentro Almasri, e alla Corte dell’Aja, che avrebbe dovuto arrestarlo in Germania”.
E prosegue: “Poi Fratelli d’Italia incolpa la polizia giudiziaria che non ha avvisato Nordio. Successivamente la Meloni, quando riceve il famoso avviso dal procuratore Lo Voi, dice che ha deciso il governo per la sicurezza della nazione. Ma Donzelli dice di nuovo che non è stato il governo a decidere, bensì la Corte d’Appello e che Nordio non poteva fare altro perché la Corte non gli ha inviato le carte. Tuttavia, Piantedosi dice che le hanno mandate a lui perché aveva capito che Almasri era pericoloso”.
Travaglio conclude: “Alla fine Tajani dice che le carte le aveva avute pure Nordio, però erano 40 pagine ed erano pure in inglese. Stessa cosa che ha detto oggi il Guardiasigilli, aggiungendo che c’erano addirittura degli allegati in arabo. Però poi, tra l’inglese e l’arabo, lui era riuscito a capire che l’atto era pieno di errori, c’erano le date sbagliate, violava il diritto internazionale e l’atto di arresto era addirittura nullo. Il tutto su carte in arabo e in inglese che lui non riusciva a capire, mentre Piantedosi anche oggi lo ha smentito dicendo che lui invece, arabo o inglese, aveva capito subito che Almasri era pericoloso”.
(da il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL GOVERNO NEGA DI AVER FATTO SPIARE ALCUN GIORNALISTA O ATTIVISTA DI ONG, MA ALLORA PERCHE’ PARAGON HA STRACCIATO IL CONTRATTO CON L’ITALIA PER VIOLAZIONE DELLE NORME DI UTILIZZO SUBITO DOPO CHE E’ SCOPPIATO LO SCANDALO?
“A dicembre, WhatsApp ha interrotto le attività di una società di spyware che riteniamo
abbia attaccato il tuo dispositivo. Le nostre indagini, indicano che potresti aver ricevuto un file dannoso tramite Whatsapp e che lo spyware potrebbe aver comportato l’accesso ai tuoi dati, inclusi i messaggi salvati sul tuo dispositivo”.
Questo è il messaggio che ho ricevuto venerdì 31 gennaio, alle ore 14,38. A inviarmelo, una chat chiamata WhatsApp Support, con una spunta blu a fianco, che si presenta come l’account ufficiale di assistenza dell’applicazione di messaggistica di Meta.
La prima cosa che penso è che sia uno scherzo, o una truffa
Poi però leggo sui giornali esteri che è tutto vero: che c’è stato un attacco che ha infettato i telefoni di numerosi giornalisti e attivisti politici. E che dietro a tutto questo c’è il software spia di un’azienda nata in Israele, ora acquistata da un fondo con sede negli Stati Uniti d’America, che si chiama Paragon Solutions.
Così, come WhtasApp mi consiglia di fare, contatto Citizen Lab, centro di ricerca indipendente con sede a Toronto che ha scoperto questo attacco. E loro mi spiegano cos’è successo: Mi spiegano che sono stato inserito in un gruppo WhatsApp.
Che in quel gruppo è stato mandato un documento pdf. Che appena il mio telefono ha ricevuto quel pdf – doppia spunta grigia – il software spia è entrato nel mio telefono. E da lì può essere andato ovunque.
Ma chi ha ordinato questa attività di spionaggio? Questa è la domanda più importante.
Perché i programmi spia di Paragon Solutions costano decine di milioni di euro e gli acquirenti a cui possono essere venduti sono due: i governi e le agenzie di sicurezza. E Paragon ha sempre dichiarato di vendere la propria tecnologia esclusivamente ai governi di Paesi democratici, con obiettivi ben specifici, dal contrasto al terrorismo a gravi minacce alla sicurezza interna.
Ok, ma io non sono né un terrorista, né una grave minaccia per la sicurezza interna.
Sono un giornalista e dirigo un giornale, Fanpage, che ha condotto numerose inchieste come Lobby Nera, sui rapporti tra la destra di governo e quella estrema, o Gioventù Meloniana, sul neofascismo tra i giovani di Fratelli d’Italia, o più di recente La Cattiva Scuola, sulle truffe per diventare insegnanti in Italia.
Chi ha spiato nel mio telefono non l’ha fatto per sapere dove andavo in vacanza, e con chi. L’ha fatto perché cercava documenti, o indizi sulle nostre prossime attività d’inchiesta. Questo non si può fare, assolutamente: quando un governo compra Graphite di Paragon, deve dichiarare di rispettare le condizioni di utilizzo del software, che proibiscono esplicitamente di colpire giornalisti e altri membri della società civile.
Di fatto, oggi Paragon può vendere il suo software spia a soli trentasette governi al mondo. Come ha dichiarato il suo presidente esecutivo, l’americano John Fleming, “a un gruppo selezionato di democrazie globali, principalmente agli Stati Uniti e ai suoi alleati”.
Alt un attimo: tra questi alleati c’è anche l’Italia?
Non lo sappiamo con certezza. Ma lunedì 3 febbraio sul giornale israeliano YNet è uscito un articolo in cui si dice testuale che “in particolare, l’Italia è cliente di Paragon Solutions”.
Articolo mai smentito né dall’azienda né dal governo italiano. Né da fonti interne all’azienda cui abbiamo avuto accesso. Sappiamo anche che ci sono diversi italiani tra le persone spiate con il software di Paragon Solutions. E che tra loro ci sono anche attivisti e membri della società civile che hanno espresso posizioni fortemente critiche nei confronti delle politiche del governo.
Nella sera di mercoledì 5 febbraio, però, con una nota ufficiale, il governo italiano ha escluso che giornalisti e attivisti siano stati sottoposti a controllo da parte dell’intelligence, e quindi del Governo. Tutto a posto? No, perché la mattina seguente, Paragon Solutions ha annunciato di aver terminato il proprio accordo con il governo italiano per “violazione del quadro etico”.
Di fatto, Paragon dice due cose: che il governo italiano aveva in essere un contratto con Paragon mentre i telefoni di almeno sette tra giornalisti e attivisti italiani erano spiati. E che quel contratto è stato stracciato proprio perché qualcuno ha spiato quegli attivisti e quei giornalisti. Implicitamente, però, ne dice pure una terza. Che il governo italiano ha omesso di dire che era cliente di Paragon. E che ha mentito quando ha detto che sotto il cappello di quel contratto nessun giornalista o attivista era stato spiato.
Ed è per questo che rivolgiamo queste semplici cinque domande al governo italiano
Per fugare ogni dubbio:
In primo luogo, l’Italia era o no cliente dell’azienda Paragon Solutions?
Il governo può ufficialmente smentire di aver acquistato spyware o tecnologie informatiche da tale azienda?
Il governo può ufficialmente smentire di aver spiato il direttore di un giornale che ha fatto inchieste sui partiti di governo con un software che, in teoria, dovrebbe essere usato per catturare terroristi, mafiosi e trafficanti di droga?
Il governo può ufficialmente smentire di aver usato questa tipologia di attacchi informatici per spiare altri attivisti e membri della società civile?
Perché, se il governo non lo ha fatto, l’azienda Paragon dice di aver chiuso il contratto con l’Italia per le violazioni delle condizioni di utilizzo?
Anzi ce n’è pure una sesta: se davvero l’Italia non c’entra nulla, quali iniziative intende prendere il governo italiano per tutelare i propri concittadini da questo genere di azioni?
Sono domande semplicissime, ma non smetteremo di farle, fino a che non avremo delle risposte vere e puntuali.
Perché spiare i giornalisti e gli attivisti, questo sì, è un metodo da regime.
E noi vogliamo essere certi, perlomeno, di non vivere in un regime.
(da Fanpage)
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Febbraio 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL QUOTIDIANO INGLESE “GUARDIAN” E L’ISRAELIANO “HAARETZ” RIVELANO CHE GOVERNO, FORZE DELL’ORDINE E SERVIZI ITALIANI USAVANO LO SPYWARE… IERI LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO HA NEGATO DI AVERE MAI SPIATO GIORNALISTI E ATTIVISTI. E ALLORA CHI SPIAVA? PER CONTO DI CHI? – ESPLOSO IL CASO, LA SOCIETÀ “PARAGON SOLUTION” HA INTERROTTO I SUOI RAPPORTI CON L’ITALIA: HA RESCISSO IL CONTRATTO CON GLI ORGANI GOVERNATIVI
La società israeliana Paragon Solution, il cui software militare di hacking sarebbe stato utilizzato per spiare 90 giornalisti e attivisti in una ventina di Paesi, ha interrotto i suoi rapporti con l’Italia: lo scrive in Guardian in un articolo in esclusiva che cita una persona a conoscenza della questione.
La decisione di rescindere il contratto giunge meno di una settimana dopo che WhatsApp ha annunciato che lo spyware Paragon è stato utilizzato per prendere di mira anche persone in Italia. Tra queste, il direttore di Fanpage Francesco Cancellato e il fondatore della ong Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini.
Ieri Palazzo Chigi ha confermato che sette italiani sono stati vittime di un attacco hacker attraverso lo spyware Paragon. Sempre ieri, i democratici Federico Fornaro e Lia Quartapelle hanno depositato alla Camera un’interrogazione parlamentare alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, chiedendo tra l’altro se il governo italiano è cliente della Paragon Solution. Il governo, da parte sua, ha smentito un suo coinvolgimento ed ha escluso un coinvolgimento dell’intelligence.
La Paragon Solution vende il suo software a clienti governativi che dovrebbero usarlo per prevenire attività criminali, scrive il Guardian, aggiungendo che non è chiaro chi fossero i clienti governativi specifici dietro i presunti attacchi. La decisione di rescindere il contratto con l’Italia, prosegue il giornale, è avvenuta in seguito alla rivelazione secondo cui Cancellato, Casarini e un altro attivista erano tra le persone prese di mira dallo spyware.
La fonte del Guardian ha spiegato infatti che la Paragon aveva inizialmente sospeso il contratto con l’Italia “per estrema cautela” venerdì scorso, cioè quando è emersa la prima accusa di potenziale abuso dello spyware. La decisione di rescinderlo, ha aggiunto, è stata presa ieri, dopo che la società israeliana ha stabilito che l’Italia ha violato i termini di servizio e il quadro etico concordato nell’ambito del suo contratto.
La vicenda si infittisce con un nuovo elemento. Il quotidiano The Guardian rilancia infatti la notizia che il governo italiano ha smesso di usare Paragon. E anche l’israeliano Haaretz rilancia: «Forze di polizia e servizi italiani sono tra i clienti di Paragon». Ma la presidenza del consiglio, nella nota di ieri sera, in cui smentiva di aver mai spiato giornalisti e attivisti non ha rivelato di aver usato Paragon
E da Toronto, John Scott Railton, senior researcher di Citizen Lab che sta indagando sul caso afferma: «La notizia che è stata diffusa da The Guardian mette il governo italiano in una posizione scomoda visto che ha negato di essere a conoscenza di questa vicenda. È chiaro che gli italiani meritano un’indagine approfondita su quello che è accaduto. Noi ricercatori andiamo avanti nel nostro lavoro. Non è insolito che i governi inizino negando quando emergono scandali che riguardano lo spyware. Sono molto curioso di sapere quale sarà il loro prossimo passo».Secondo quello che riporta il Guardian, Paragon che vende i suoi servizi di spyware a clienti governativi per aiutarli a proteggere la sicurezza del Paese ha sospeso già venerdì scorso il contratto con l’Italia per una forma di «estrema cautela» quando sono iniziate a circolare le prime indiscrezioni sui potenziali abusi commessi.
La decisione di cessare definitivamente il contratto è stata presa mercoledì (ieri) dopo l’annuncio dell’intromissione negli apparecchi di Luca Casarini e Francesco Cancellato perchè – prosegue il Guardian – Paragon si è resa conto che l’Italia non ha rispettato le condizioni previste nel contratto stipulato.
(da agenzie)
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