Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
ORA SI SCOPRE NEL TESTO LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA: SE NON DOVESSERO ENTRARE I FONDI PREVISTI DI 1,5 MILIARDI DERIVANTI DA IVA E TRANSAZIONE SULLE SLOT, SALIREBBERO LE TASSE
Il governo si tutela: se non dovessero entrare i fondi pari a circa 1,5 mld previsti dall’Iva successiva ai pagamenti P.a. e dalla ‘transazione’ sulle slot machine è prevista una clausola di salvaguardia.
Salirebbero in questo caso gli acconti Ires, Irap e le accise.
Nel provvedimento firmato dal Capo dello Stato, già pubblicato in Gazzetta Ufficiale, saltano inoltre, all’ultimo minuto, il ripristino parziale della imponibilità ai fini Irpef dei redditi derivanti da seconde case sfitte e la deducibilità parziale della tassa per le imprese ai fini Ires e Irpef
Giorgio Napolitano ha firmato il decreto legge sull’Imu, sulla Cassa integrazione in deroga e sulle misure destinate agli esodati.
Nel testo siglato dal Capo dello Stato, già pubblicato in Gazzetta Ufficiale e composto da 16 articoli, due sorprese: non c’è la reintroduzione dell’Irpef sulle rendite catastali delle case sfitte, che aveva sollevato un’ondata di proteste per tutta la giornata di ieri e avrebbe colpito circa sei milioni di immobili.
Nel provvedimento non compare neanche, quale diretta conseguenza, la deduzione Imu dal reddito di impresa pagata sui capannoni industriali e gli immobili strettamente connessi all’attività delle imprese. Due misure che invece erano presenti agli articoli 5 e 6 delle bozze circolate prima del Consiglio dei ministri dello scorso 28 agosto.
Saltano così i due provvedimenti sui quali si era molto discusso e che risultano connessi: lo stop alla deducibilità per l’Imu sarebbe appunto legato all’eliminazione del prelievo Irpef sugli immobili sfitti.
Il conseguente gettito mancante avrebbe quindi costretto il governo a questa duplice modifica dell’ultimo minuto, eliminando la deducibilità dell’Imu per imprese e professionisti.
Nelle bozze in circolazione prima del Cdm era comunque contenuta nella misura del 50% e limitata ai soli fini dell’Ires e dell’Irpef, esclusa l’Irap.
A questo punto torna ad complicarsi, almeno in parte, il problema delle coperture finanziarie: ministero dell’Economia ed esecutivo dovranno ricominciare la caccia alle risorse per garantire l’abolizione della tassa sulla prima casa per l’anno in corso.
Soldi da trovare entro un mese per coprire la rata di dicembre: non è escluso che il nodo possa sciogliersi direttamente con la legge di stabilità .
Sempre sul tema coperture, il testo definitivo prevede che se l’extragettito Iva proveniente dai pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione (925 milioni) e dalla sanatoria del contenzioso sulle slot (600 milioni) non dovesse garantire il previsto surplus di 1,5 miliardi, scatterà entro novembre l’aumento degli acconti ai fini dell’Ires e dell’Irap e l’aumento delle accise.
La liquidità per la nuova tranche dei pagamenti della p.a. è legata all’emissione di titoli di Stato fino a 8 miliardi di euro per il 2013.
Capitolo esodati: per coprire i circa 600 milioni necessari a tutelare 6.500 persone vengono ridotte le detrazioni sui premi assicurativi previste dal Testo unico delle imposte sui redditi.
Il tetto scende a 630 euro per il periodo d’imposta in corso dal 31 dicembre 2014 e a 230 euro dal corso al 31 dicembre 2014.
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
CON LA NOMINA DEI NUOVI QUATTRO SENATORI A VITA, IL QUIRINALE HA SPOSTATO GLI EQUILIBRI DI PALAZZO MADAMA A FAVORE DI LETTA
Se si tiene presente il precedente lo schema è abbastanza chiaro: a fine 2011 Giorgio Napolitano nominò Mario Monti senatore a vita e diede il via alla stagione nella quale ancora viviamo, quella delle larghe intese per garantire ai nostri creditori europei che i loro soldi torneranno indietro.
Ora il capo dello Stato ha nominato quattro nuovi senatori a vita dando avvio ad una sorta di ritorno alla normalità attraverso la sterilizzazione del potere di ricatto di Silvio Berlusconi.
La manovra è così ben congegnata che ha provocato reazioni dure persino in chi di solito adotta un vocabolario meno aggressivo: “Napolitano da due anni gioca un ruolo politico, non è più il garante della Carta”, ha detto il comunista Paolo Ferrero.
Questi nuovi quattro voti anti-B. a palazzo Madama sono, infatti, tanto un segnale al ceto politico che un cambiamento fattuale nelle dinamiche parlamentari.
Ecco perchè.
I NUMERI
Il nuovo Senato disegnato dal Quirinale è un luogo in cui all’ex Cavaliere sarà assai più difficile minacciare le elezioni anticipate.
Sarà per questo che ieri Napolitano ha descritto così il suo stato d’animo: “Mi sento alleggerito, come sempre quando si compie un adempimento” .
Da oggi, immaginare un Letta bis senza Pdl, che magari si occupi di fare la finanziaria e la nuova legge elettorale per poi portare il Paese alle elezioni, è assai meno difficile. La situazione è questa: il nuovo plenum conta 321 senatori, dunque la maggioranza è a quota 161.
Raggiungerla senza Berlusconi, per un governo di scopo, non è così complicato.
I favorevoli: il Pd conta 108 voti; Scelta civica altri 20; il gruppo Misto (costituto da Sel e dagli esuli grillini) è costituito da 11 senatori di diritto più Carlo Azeglio Ciampi; il raggruppamento delle Autonomie (socialisti, sudtirolesi, valdostani e qualche eletto all’estero) ha dieci eletti; i nuovi senatori a vita sono quattro.
Già così siamo a 154 voti teorici, solo sette dal numero magico.
E qui la vicenda si fa più scivolosa, ma non meno ponderata dagli interessati.
LA SLAVINA
La decisione del capo dello Stato rassicura gli eventuali “responsabili” di Enrico Letta: l’obiettivo è a portata di mano.
Nel mirino, per esplicita o “ufficiosa” ammissione dei suoi membri, è il gruppo Grandi autonomie e Libertà (Gal): ha dieci senatori, tra cui Giulio Tremonti, e almeno una metà vengono considerati tra i possibili sostenitori di un Letta bis senza Silvio (servirebbero, però, un paio di sottosegretariati “di scopo”).
Paolo Naccarato, iscritto al gruppo Gal, “cossighiano” eletto in entrambi gli schieramenti nella Seconda Repubblica, lo ha già detto esplicitamente: “Se Berlusconi provocasse la crisi di governo, io penso che al Senato verrà fuori una maggioranza silenziosa. E che il Cavaliere, in questo caso, si troverebbe ad avere a che fare con molte sorprese e moltissime delusioni”.
Gianfranco Miccichè, che di Gal è il padrino politico, s’è subito preoccupato: “C’è in atto una compravendita”.
Anche il gruppo del Pdl, paradossalmente, è uno di quelli da cui potrebbe arrivare il soccorso rosso.
Renato Schifani ha già avvertito Berlusconi: “Non abbiamo un gruppo compatto come quello del 2006. Se andiamo alla rottura e non c’è la sicurezza delle elezioni, il gruppo chi lo tiene?”.
Tra gli indiziati, i nomi di un’altra stagione: gli ex Idv Domenico Scilipoti (“il dialogo è il sale della democrazia e la fedeltà è una cosa da cani”, ha detto di recente) e Antonio Razzi.
Ma non solo: pende verso il nipote di Gianni Letta anche una bella quota dei siciliani. “Almeno la metà dei senatori, soprattutto del Sud, sono contrari alla crisi”, ha scolpito Salvatore Torrisi prima di ribadire la sua fedeltà a Berlusconi.
Oltre al suo si fanno i nomi di Francesco Scoma (“un governo si farà lo stesso, anche senza il Pdl, e voglio vedere come se la caveranno i falchi”), peraltro indagato, dei tre Giuseppe — Castiglione , Pagano e Ruvolo – di Luigi Compagna e pure di Riccardo Villari, esule Pd.
PSICOSI GRILLINA
Anche nel Movimento 5 Stelle già hanno cominciato a litigare sull’eventuale Letta bis. Beppe Grillo ha già dato la linea: voto col Porcellum.
Il capo della comunicazione in Senato, Claudio Messora, l’ha ribadita con pubblica presa di posizione: “Nessuno giochi al piccolo onorevole. Niente accordi”. Tutto a posto? Mica tanto, visto che più di qualcuno non ha gradito.
Francesco Campanella, per dire: “Lo spirito rivoluzionario ha mille sfumature. Per esempio il responsabile comunicazione di un gruppo parlamentare che indica la linea ai parlamentari, per portarsi avanti col lavoro”.
Ieri la pasdaran Laura Bottici ha mandato via Facebook un “vaffan…” a chiunque osi aprire ad un Letta bis, segno che qualcuno ci sta pensando. Esiste pure un’apposita lista dei “tradendi”: oltre a Campanella, vi compaiono Lorenzo Battista, Alessandra Bencini, Elena Fattori, Francesco Molinari, Maria Mussini, Luis Orellana, Fabrizio Bocchino e altri. Bravo Enrico, bis.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
L’EURODEPUTATO CONFERMA: “UN NUMERO UTILE PER LA FIDUCIA C’E'”
Sarebbero 15 i senatori del M5S pronti ad appoggiare un governo con il Pd.
Lo ha dichiarato Sonia Alfano, eurodeputato e presidente della Commissione Antimafia al Parlamento Europeo, ospite dell’ultima puntata del programma televisivo “KlausCondicio”, condotto da Klaus Davi e in onda su You Tube.
“Tra i grillini il numero dei cosiddetti dissidenti sta crescendo. Oscilla in base agli umori della politica. Comunque possiamo già parlare di un numero ‘utile’.
Le posso assicurare che un numero utile per la fiducia c’è, c’era già prima.
Siamo a ben oltre 10, direi 15”, ha dichiarato durante l’intervista Alfano, europarlamentare eletta nelle liste dell’Idv e un tempo vicina a Beppe Grillo.
Quando le è stato chiesto se questi esponenti del M5S sarebbero pronti a votare per un Letta bis, ha risposto: “Più che per un governo Letta bis – ha risposto Alfano – parlerei di senatori disposti a discutere alcuni punti imprescindibili sulla base dei quali costruire una intesa col Pd”.
Sono più di dieci?
“Sì, decisamente di più. Le aggiungo che un gruppo autonomo al Senato potrebbe già contare su 20 componenti. Questi 20 da sempre si incontrano con componenti del Pd. Mi auguro che, però, questa scissione non avvenga. Sarebbe un vero peccato. I dissenzienti sono molti, ma sono in difficoltà perchè dal Pd non arrivano i segnali che si aspetterebbero. Non vedono la mano tesa verso obiettivi di condivisione. Ma, sia chiaro, non vorrebbero uscire. Si tratta di senatori e deputati anche spinti dalle pressioni della base grillina costituita anche da artigiani, imprenditori, gente comune che sta male e che non capisce il senso di questo fondamentalismo e ne chiede conto. Parliamo pur sempre di una base elettorale del 25% dei voti. Quindi non solo un voto di protesta. Le aggiungo che almeno il 20% di senatori e deputati non si ricandiderà più, visto il clima”.
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
LO STUDIO DEGLI ARTIGIANI DI MESTRE: AUMENTI FINO A 120 EURO… PER CONFESERCENTI LE FAMIGLIE TAGLIERANNO ANCORA SUL CIBO
Se l’Iva dovesse aumentare a farne le spese saranno soprattutto le famiglie con redditi bassi.
Un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, evidenzia i pericoli di un appesantimento dell’imposta al 22%.
Infatti l’eventuale aumento peserà maggiormente sulle retribuzioni più basse e meno su quelle più elevate.
A parità di reddito, inoltre, i nuclei famigliari più numerosi subiranno gli aggravi maggiori
Le simulazioni realizzate dagli artigiani di Mestre evidenziano tre tipologie famigliari: single, lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico, lavoratore dipendente con moglie e 2 figli a carico.
Per i single l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sullo stipendio netto annuo si farà sentire maggiormente per le fasce meno abbienti.
Sarà dello 0,29% su un reddito annuo di 15mila euro, scenderà allo 0,27% su una rendita annua di 55mila euro; la tassa cresce man mano che aumenta la retribuzione e l’aggravio oscilla tra i 37 e i 99 euro.
Nel caso di un lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico, l’incidenza dell’aumento è inversamente proporzionale al reddito: potrebbe toccare lo 0,33% una quota di 15mila euro annui o scendere allo 0,30% a 55mila.
L’Iva in più pagata in un anno, cresce con il reddito e sale da 51 a 113 euro.
Anche nel caso di un lavoratore dipendente con moglie e due figli a carico, l’aumento dell’Iva è inversamente proporzionale al livello degli introiti: si attesterà allo 0,34% su un reddito annuo di 15mila euro diminuendo fino a toccare lo 0,31% su un reddito di 55mila. Man mano che questo cresce, in valore assoluto la maggiore Iva annua passa da 61 a 120 euro
Ma anche dal fronte degli agricoltori della Cia parte un allarme sui consumi: «Gli italiani continuano a svuotare il carrello della spesa orientandosi sempre di più verso una tavola low-cost».
Un quadro che sconsiglia colpi di mano ulteriori sull’Iva.
Infine anche per Confesercenti occorre «sciogliere prima possibile il nodo dell’aumento dell’aliquota ».
Anche Federdistribuzione chiede di evitare gli effetti inflazionistici derivanti dall’aumento
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
LE TARIFFE NAZIONALI AUMENTATE DEL 3,5%
Le tariffe locali sono cresciute di più di quelle nazionali.
Precisamente del 4,9% tra maggio 2012 e maggio 2013, contro il 3,5% nello stesso periodo di quelle sotto controllo nazionale.
Lo afferma un’analisi sull’andamento tendenziale delle tariffe di Unioncamere, secondo la quale gli aumenti hanno inciso su imprese e famiglie.
«Per rilanciare i consumi e la ripresa dell’economia», ha affermato Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, «è indispensabile rallentare la corsa di tasse e tariffe, a cominciare da quelle locali. Serve più trasparenza della pubblica amministrazione per capire i meccanismi di formazione dei prezzi a livello locale. L’uso intelligente delle tariffe di certi servizi può rivelarsi una leva importante per uno sviluppo locale più equo e sostenibile. A condizione di far crescere le capacità di monitoraggio e di gestione da parte dei Comuni»
Gli incrementi delle tariffe locali tendono a concentrarsi sul settore dei trasporti: +5,3% tendenziale per il trasporto urbano, +9,3% per i collegamenti extra urbani, +5,2% i taxi, +3,8% i treni regionali.
Forti rialzi anche per acqua potabile (+6,7%) e rifiuti urbani (+4,7%).
Nelle tariffe nazionali, aumenti consistenti nei telefoni (+9,9%), pedaggi autostradali (+4,1%), tariffe postali (+10,1%), limitati nel canone Tv (+1,4%), mentre sono in calo i trasporti ferroviari (-1,3%).
Anche se sempre in salita, però le tariffe 2013 sono cresciute di meno rispetto all’anno scorso.
Infatti l’aumento medio dei prezzi amministrati (locali, centrali, energetici e non) nel 2012 era stato del 6,6%.
La «frenata» si è verificata in gran parte nelle tariffe energetiche, le quali in dodici mesi fino a maggio 2013 sono aumentate «solo» dello 0,3% per quanto riguarda l’energia elettrica e dell’1,6% per il gas di uso domestico.
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
PRIMA NEGA DI AVER MAI MINACCIATO DI FAR CADERE IL GOVERNO IN CASO CHE IL PD VOTI PER LA SUA DECADENZA, POCO DOPO RICONFERMA “IMPOSSIBILE COLLABORARE SE MI VOTANO CONTRO”
Nessun ultimatum al governo Letta. Anzi sì. Non sono passate nemmeno 24 ore da quando, in collegamento telefonico con il direttivo de ‘L’esercito di Silvio’ Berlusconi tuonava: “Sarebbe disdicevole se il governo cadesse, ma naturalmente non siamo disponibili a mandare avanti un governo se la sinistra dovesse intervenire su di me, sul leader del Pdl, impedendogli di fare politica”.
Ora, da largo di Torre Argentina a Roma, dopo aver firmato i sei referendum dei radicali sulla giustizia (ma anche gli altri sei “su cui non sono d’accordo, ma per affermare il diritto degli italiani” ad esprimersi con un voto, ha detto) il doppio dietrofront:
“I giornali hanno messo come mio ultimatum il fatto che cadrebbe il governo se fosse votata la mia decadenza. Non ho mai pronunciato questa frase: in un ragionamento con i nostri, ho ricordato che questo governo l’ho voluto io fortemente e sono convinto che all’Italia serva un governo che continui a governare”, ha detto il Cavaliere in un’improvvisata conferenza stampa. Anzi, “non sono d’accordo con certe critiche perchè questo governo sta anzi facendo cose egregie”.
Passano però pochi minuti e la minaccia emerge nuovamente: “Spero che il governo possa continuare”, ma “è una cosa che rientra addirittura nell’assurdità che una forza democratica come il Pd pretenda che un’altra forza alleata possa restare a collaborare al tavolo del governo se gli si sottrae il fondatore e il leader”.
Insomma, il governo deve andare avanti, ma in caso di sua estromissione dal Senato, è impossibile che questo accada e quindi il tavolo, “cose egregie” a parte, dovrà cadere.
Eppure poco prima Berlusconi aveva negato persino che, in caso di decadenza, lui volesse ritirare i ministri Pdl dal governo: “Sono loro che vogliono ritirarsi, chiedetelo a loro. Io mi auguro di no, perchè il Paese ha bisogno di un governo”.
Ma le voci di possibili dimissioni di massa in caso di decadenza da senatore di Berlusconi circolano già dal 2 agosto, giorno seguente la condanna a quattro anni per frode fiscale nell’ambito dell’inchiesta sui diritti Mediaset, quando i capigruppo di Camera e Senato Brunetta e Schifani avevano ipotizzato di salire al Quirinale a chiedere la grazia per il loro leader con in tasca la rinuncia alla carica di tutti i ministri Pdl.
La condanna continua quindi a bruciare.
E bruciano le recenti motivazioni depositate in Cassazione che definiscono il Cavaliere ”ideatore del sistema illecito” e “dominus indiscusso” di un meccanismo atto a “consentire la perdurante lievitazione dei costi di Mediaset a fini di evasione fiscale“.
”Le condanne sono soltanto politiche e sono tese a eliminarmi affinchè la sinistra possa prendere definitivamente il potere”, ha commentato l’ex presidente del Consiglio da largo di Torre Argentina, seduto accanto al leader radicale Marco Pannella.
E proprio rivolgendosi a Pannella, Berlusconi si è di nuovo paragonato ad Alcide De Gasperi: “Ti immagini cosa avrebbero fatto se i comunisti avessero sottratto De Gasperi alla Democrazia cristiana? Ti immagini cosa sarebbe successo al contrario se la Dc avesse sottratto loro Togliatti?”.
Tra l’altro, “nè Togliatti, nè De Gasperi erano fondatori del partito come lo sono io della nostra forza politica. Quindi — la conclusione — io auguro a questo governo di continuare a essere a palazzo Chigi e spero che il buon senso prevalga nella testa di chi, preso dalla voglia di eliminare l’avversario politico che per vent’anni si è messo sulla loro strada”, perchè “non possono lasciar prevalere questa tendenza anti democratica rispetto al bene e all’interesse del Paese”.
Dopo il consueto paragone con il leader democristiano, l’ex premier non si lascia sfuggire l’occasione per attaccare i “traditori”, “Fini, Casini e gli altri” che non gli hanno permesso di fare la riforma della giustizia nel 2001 e nel 2006.
“L’unica mia colpa nei confronti degli italiani è non avere raggiunto il 51 per cento dei consensi…”, ha ripetuto il Cavaliere di fronte a una folta delegazione radicale — Maurizio Turco, Maria Antonietta Farina Coscioni e Sergio D’Elia — ai due parlamentari azzurri Vincenzo Piso e Domenico Gramazio — oltre a un pattuglia di aderenti all’Esercito di Silvio.
Pannella lo interrompe più volte: “Dai la colpa agli altri di cose che non hai fatto tu, quando sbagli è sempre colpa degli altri, la tua colpa è che non ti sai difendere bene, l’azzecchi solo quando hai un obiettivo da attaccare”.
Per oggi forse ha finito, ma non è detto…
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
SCONTRO PER LA GESTIONE DEL PDL, ALFANO VORREBBE RIPRENDERE LA GESTIONE DEL PARTITO, MA E’ LOTTA SENZA ESCLUSIONE DI COLPI
E per fortuna che, fino a mezz’ora prima, tutte le «colombe» del suo partito si erano raccomandate con lui: «Per carità , non farti sfuggire nulla che possa apparire una provocazione, evita soprattutto di apparire come l’irresponsabile che vuol far cadere il governo».
Il Cavaliere aveva annuito con l’aria infastidita di chi non ha certo bisogno di farselo spiegare. Ma poi, non appena Alfano Brunetta Schifani Cicchitto Gasparri e la De Girolamo sono scomparsi dalla sua vista, Berlusconi ha afferrato il telefono, s’è messo in contatto con i suoi ultrà più scalmanati (l’Esercito di Silvio guidato da Simone Furlan) e ha dichiarato tutto quanto si era appena impegnato a non dire: cioè che il governo va a casa se il 9 settembre la Giunta del Senato si azzarderà a votare la sua decadenza.
Gianni Letta, disperatamente, ha cercato di spacciare al Colle e al Pd la tesi che, in fondo, Berlusconi non ha detto nulla di veramente nuovo, solo ovvietà …
Nessuno gli ha dato retta.
Cosicchè il Cavaliere si è preso un metaforico «vaffa» pure da chi, come Franceschini, stava esplorando con Quagliariello le possibili vie d’uscita.
A fronte degli ultimatum, non c’è più nulla da negoziare.
Ciò da un lato riduce a zero le speranze di evitare tra nove giorni uno scontro frontale e, dunque, dà ufficialmente il via alla ricerca di intese politiche meno larghe ma in grado di scongiurare nuove elezioni.
Dall’altro lato, l’incontinenza verbale di Berlusconi toglie credibilità a tutti gli altri discorsi che erano stati fatti intorno al desco di Palazzo Grazioli; perchè se l’umore del leader è così mutevole su scelte fondamentali, tipo precipitare o meno l’Italia nel caos, figurarsi quanto possono fidarsi Alfano e le altre «colombe» delle promesse berlusconiane.
A cominciare da quella che riguarda la gestione futura del Pdl, tema cruciale dal momento che il Fondatore dovrà trascorrere 9 mesi agli arresti domiciliari, salvo affidamento ai servizi sociali.
«Non puoi lasciare il partito a Verdini, e la macchina organizzativa nelle mani della Santanchè», è stato il coro, «specie in caso di crisi la gestione dovrà tornare nelle mani di Angelino».
Anche in questo caso, la comitiva di «colombe» ha lasciato Palazzo Grazioli nella convinzione di avere avuto partita vinta. «Non preoccupatevi», ha garantito il padrone di casa. Ma sarà vero? O si rivelerà il solito abbaglio?
Lo scopriremo lunedì, quando Silvio riceverà i «falchi» secondo la tecnica un tempo tipica della diplomazia britannica: incontri separati, in modo da fornire a ciascuno la versione più conveniente.
Se la «Pitonessa» verrà esautorata, allora davvero Alfano potrà dedicarsi al partito. Altrimenti perdurerà l’equivoco, ipotesi per la verità molto probabile in quanto su qualunque cosa è un tiro alla fune, perfino sull’Imu.
L’altro giorno Berlusconi s’era fatto convincere da Capezzone che certamente è stata una vittoria Pdl però non troppo smagliante perchè resta in agguato la «service tax».
Ieri Alfano e Brunetta hanno raddrizzato il giudizio del Capo, così l’Imu è diventato un trionfo politico senza «se» e senza «ma», qualcosa di miracoloso…
Chi ha preso parte alla riunione racconta un Cavaliere che non ha ben digerito le quattro nomine dei senatori a vita.
Non perchè sperasse di venire prescelto lui, ma in quanto quei voti potrebbero risultare determinanti per dar vita a una maggioranza senza Pdl.
Qualcuno dei presenti l’ha invitato a vedere il bicchiere mezzo pieno: se Napolitano esercita fino in fondo i suoi poteri presidenziali è buon segno, vuol dire che forse magari chissà potrebbe dargli la grazia.
Ma Berlusconi poco ci spera, e stamane ha sottoscrivendo a Roma i referendum sulla giustizia.
Ieri ha concordato la mossa con Pannella che, stando alla narrazione di Silvio, gli avrebbe dato il seguente consiglio: «Prima firma i referendum e poi scappa all’estero. Come fece Toni Negri».
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
OBIETTIVO RINVIARE LA SCELTA DELLA GIUNTA IN ATTESA DELLA CORTE D’APPELLO DI MILANO…COSI’ SARA’ IL TRIBUNALE A DECIDERE SULLA INTERDIZIONE E A TOGLIERE LE CASTAGNE DAL FUOCO AL PD E AL GOVERNO
«Care amiche, cari amici, care compagne, cari compagni. (…) Come a tutti noto, il 9 settembre la Giunta per le elezioni del Senato inizia a dibattere sulla questione della decadenza di Silvio Berlusconi. (…) Il Pd voterà la decadenza» ma – si legge qualche riga più tardi – «non si possono certo ignorare una serie di problematiche tecnico-giuridiche sulle quali è in corso un ampio dibattito che coinvolge autorevoli giuristi e costituzionalisti. Particolarmente rilevanti sono state le questioni sollevate da Luciano Violante in un’intervista al Corriere …»
In cima alla lettera c’è il logo del Senato.
E, come si capisce dall’incipit, i firmatari sono del Partito democratico.
Di più, sono tutti i senatori del Pd eletti in Piemonte con l’esclusione del renziano Stefano Lepri, che non l’ha condivisa.
C’è la firma di Stefano Esposito, che l’ha promossa. E, a seguire, quelle di Federico Fornaro, Vannino Chiti e dei loro colleghi Borioli, Ferrara, Fissore, Favero, Manassero, Zanoni, nonchè quella del socialista Enrico Buemi, che è anche membro della giunta che deciderà sulla decadenza del Cavaliere.
È una lettera in difesa di Violante, che è stato invitato per domani pomeriggio a discutere del suo «lodo», che riguardava il possibile rinvio del «caso Berlusconi» alla Consulta, in un incontro pubblico nella sede del Pd di Torino.
Ma è anche, implicitamente, «l’apertura» di un pezzo del Pd a un possibile allungamento dei tempi nella giunta.
Soprattutto se riguardano un tema, come quello del possibile esame alla Consulta del tema della decadenza, «peraltro condiviso – si legge nel testo – da giuristi non certo imputabili di berlusconismo».
Accelerare verso il voto su Berlusconi oppure no?
«Questo è un tema troppo serio per essere ignorato. E il Pd è una comunità che su queste cose ha il dovere di discutere», spiega Esposito.
Che aggiunge: «A me non frega nulla che Civati o altri attacchino Violante su Twitter. Visto che sulla vicenda di Berlusconi è in corso una contesa su cui il fior fiore dei costituzionalisti sta dibattendo, io con Violante mi voglio confrontare…»
Sembra un piccolo tassello di un ingranaggio più sofisticato.
E può anche essere il viatico per portare al vero obiettivo su cui una task force di «governisti» di Pdl e Pd sta lavorando da settimane.
L’obiettivo è lo stesso su cui anche i ministri berlusconiani si sono soffermati nei loro colloqui riservati.
E cioè evitare che la Giunta del Senato arrivi a votare la decadenza di Berlusconi prima dell’intervento della Corte d’appello di Milano, a cui la Cassazione ha rinviato la definizione della pena accessoria per il Cavaliere.
Lo schema è molto semplice.
Se i giudici di Milano definiscono l’interdizione dai pubblici uffici per l’ex premier prima che Palazzo Madama voti per la decadenza, a quel punto nessuno – nemmeno i falchi del Pdl – potrà minacciare rappresaglie sul Pd.
Perchè a decidere della perdita del titolo di senatore da parte del leader del centrodestra saranno stati i magistrati, non il Pd
Di modi per guadagnare tempo ce ne sono.
Alcuni, come il voto negativo rispetto alla relazione che il pidiellino Andrea Augello leggerà in Giunta il 9 settembre, sono addirittura automatici (anche perchè, in caso di voto contrario, la Giunta deve nominare un nuovo relatore scelto tra i membri che avranno votato contro).
Altri, come la «ricusazione» (virgolette d’obbligo) del presidente Dario Stefano, presuppongono lo scenario di una «guerra» a colpi di regolamento in cui il Pd non potrebbe far altro che affiancare Sel e Cinque Stelle.
Per questo è il dibattito sul «lodo Violante» la strada migliore per prendere tempo.
E Berlusconi deve essersene convinto se è vero, com’è vero, che dopo Ferragosto sembrava escludere la presentazione di memorie difensive che invece sono state annunciate
Perchè gliel’hanno detto o fatto capire in tanti, a Berlusconi. «Difenditi in Senato e non dal Senato».
Alcuni di loro, casualmente, ieri erano in Val d’Aosta, a Cogne, al Gran Paradiso Film Festival.
Come il ministro Gaetano Quagliariello, sicuro che i dubbi normativi sulla decadenza del Cavaliere «ci sono anche a sinistra».
E come Luciano Violante, che ha sottolineato di «non sentirsi sotto processo» per l’idea del coinvolgimento della Consulta su cui è d’accordo anche un ex presidente della Corte come Valerio Onida, anch’egli ieri atteso a Cogne.
I governisti trattengono il fiato ascoltando le ultime bordate del Cavaliere.
C’è una clessidra in movimento. Se supera il 15 ottobre, si chiuderà l’ultima finestra elettorale.
E se la Corte d’appello di Milano chiudesse la pratica della decadenza di Berlusconi prima che lo faccia il Senato, la maggioranza sarebbe ancora più al sicuro.
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera“)
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
MASSIMO FINI: “IL CONSENSO NON AUTORIZZA A COMMETTERE REATI, ALTRIMENTI BISOGNEREBBE STABILIRE UN TARIFFARIO”… “IN UNO STATO DI DIRITTO NON E’ NECESSARIO CHE LE SENTENZE SIANO RISPETTATE, E’ SOLO NECESSARIO CHE SIANO APPLICATE”
Ai berluscones non entra nella zucca che il consenso non autorizza a commettere reati. Altrimenti bisognerebbe stabilire un tariffario.
Con due milioni di voti si potrebbe fare un furto semplice, con dodici un omicidio, con venti una strage.
Già è grave che Pdl e Pd (sia pur questo sottobanco) trattino per trovare una via d’uscita al Cavaliere per permettergli di sfuggire a una condanna definitiva.
Perchè qui non c’è da dividersi in “falchi” e “colombe”, ma sono in gioco principi indisponibili, come l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, che non è nella potestà di nessuno violare.
In uno Stato di diritto non è necessario che le sentenze siano rispettate, è invece inderogabile che siano applicate.
Berlusconi quindi, visto che per motivi d’età non può essere messo al gabbio, deve andare ai servizi sociali o ai domiciliari.
Se sceglierà questa seconda soluzione non potrà ricevere visite, e nemmeno telefonate, se non dagli stretti familiari e potrà uscire, per qualche ora, solo se autorizzato dal Giudice di Sorveglianza.
E se cercherà di fare il furbo evadendo da una delle sue ville in orari non autorizzati, troverà due robusti carabinieri che lo acciufferanno per il collo e lo riporteranno a calci in culo a casa o direttamente al gabbio, perchè non ha rispettato i limiti imposti dal Giudice.
Così van le cose per tutti i cittadini che si trovano nella sua situazione.
Gravissimo sarebbe se Pdl, Pd, Capo dello Stato per non fargli scontare la pena alla reclusione trovassero qualche escamotage.
1) Grazia. Va chiarito che la richiesta di Grazia non implica un’ammissione di colpevolezza e che la Grazia può essere concessa motu proprio dal Capo dello Stato, senza richiesta.
La Grazia, in genere, viene concessa per considerazioni umanitarie. E in ogni caso non si vede per quale motivo dovrebbe essere data a un “delinquente naturale”, come lo ha definito il Tribunale di Milano , che ha già un’altra condanna sul gobbo, processi in corso, che non ha mai manifestato pentimenti per le sue malefatte ma, al contrario, continua ad accusare i suoi giudici di un reato gravissimo (aver distorto la legge a fini politici) senza peraltro degnarsi di fornire le prove denunciando i magistrati felloni alla prima procura competente.
2) Commutazione della pena. Vale il discorso fatto per la Grazia.
3) Amnistia. Sarebbe la prima volta al mondo che per salvare un delinquente se ne liberano altri 20 mila.
Amnistia e indulto non hanno mai risolto l’annoso problema del sovraffollamento delle carceri che, nel giro di due anni, è tornato al livello precedente.
Perchè invece di strologare sui Ponti di Messina, in tutti questi anni non si sono costruite carceri nuove e civili? Comunque in questo momento un provvedimento generale di clemenza assumerebbe, di fatto, il carattere grottesco e inaudito di una amnistia ad personam.
Sulla decadenza da senatore di Berlusconi mi pare invece che i suoi difensori abbiano qualche ragione.
La legge Severino non è incostituzionale, perchè vale per tutti, e non c’è bisogno di alcun ricorso alla Consulta.
Però in penale vale il principio della “irretroattività della legge, a meno che non sia più favorevole al reo”. Che non è il caso di Berlusconi.
Per lui dovrebbe valere il principio della irretroattività perchè la decadenza da senatore si configura come una pena accessoria.
Berlusconi, visto che non ha la dignità di dimettersi, può rimanere senatore.
Ma dal gabbio.
Massimo Fini
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