Agosto 28th, 2013 Riccardo Fucile
RICORDATE LA MULTA DA 92 MILIARDI AI CONCESSIONARI DI SLOT MACHINE? RIDOTTA A 2,6 MILIARDI, ORA IL GOVERNO SI ACCONTENTEREBBE DEL 25% DI 2,6 MILIARDI: MA SI’, FATEGLI PURE LO SCONTO, TANTO SOLO I COGLIONI PAGANO TASSE E MULTE
Settimane di discussioni, dibattiti, interviste, hanno prodotto – alla resa dei conti – due incontrovertibili verità .
Dal 2014 l’Imu sulla prima casa non esisterà più, sostituita da una nuova imposta, la Service Tax, battezzata Tares.
Quanto al 2013 il governo ha cancellato la prima rata della tassa, dovuta a giugno, impegnandosi ad abolire anche la seconda, rinviando la definizione delle coperture alla legge di stabilità .
‘incognita coperture.
“Una vittoria del governo e non del Pdl”, ha spiegato soddisfatto il premier Enrico Letta al termine della conferenza stampa, sottolineando che “il buon compromesso” raggiunto dovrebbe allungare la vita dell’esecutivo.
Toni trionfali per il vicepremier Alfano “‘Faccio fatica a nascondere la mia grande soddisfazione. I Tg e i giornali di domani porteranno nelle case degli italiani una bellissima notizia: gli italiani dovevano pagare una tassa e non la pagheranno”.
Ma l’entusiasmo del ministro dell’Interno va temperato dai fatti e da quello che per il momento è scritto nero su bianco.
Le coperture per l’abolizione della seconda rata non ci sono e quello che il ministro Saccomanni ha messo a disposizione oggi è quanto serve per consentire agli italiani di non pagare la prima rata dovuta a giugno.
Questo è un fatto, e un risultato acclarato che Pd e Pdl possono presentare con certezza davanti agli elettori. Tutto il resto, “accordo politico” a parte, nei fatti è rinviato a ottobre.
Arriva la Taser. Anche ammesso che ad ottobre si trovi la quadra economica, e politica, sui due miliardi necessari per non pagare anche la seconda rata, il tema si sposta a cosa accadrà dal 1 gennaio 2014.
Il nuovo nemico dei cittadini si chiamerà Taser, contrazione di Service Tax, e sarà formato da due componenti.
Una, denominiata Tari, spiega il governo, “sarà dovuta da chi occupa, a qualunque titolo, locali o aree suscettibili, di produrre rifiuti urbani. Le aliquote, commisurate alla superficie – prosegue la nota – saranno parametrate dal comune con ampia flessibilità ma comunque nel rispetto del principio comunitario ‘chi inquina paga’ e in misura tale da garantire la copertura integrale del servizio”.
Rischio ritorno dell’Imu.
Ma è la seconda componente che rischia di essere un veicolo per reinserire surrettiziamente l’Imu.
Spiega il governo: “La seconda componente (Tasi) sarà a carico di chi occupa fabbricati. Il comune potrà scegliere come base imponibile o la superficie o la rendita catastale. Sarà a carico sia del proprietario (in quanto i beni e i servizi pubblici locali concorrono a determinare il valore commerciale dell’immobile) che dell’occupante (in quanto fruisce dei beni e servizi locali).
La nuova tassa pagata da inquilini e proprietari. In questo caso le novità sono due, e importanti.
Da un lato perchè questa componente sarà di fatto una nuova tassa calcolata utilizzando la stessa base imponibile dell’Imu e dall’altra perchè a pagare saranno, in caso di abitazioni locate ad esempio, anche gli inquilini.
Il rischio, è che la nuova tassa, nel suo complesso, sommata anche la componente ex-Tares possa rimpiazzare quanto pagato oggi dagli italiani con l’Imu (e magari anche di più)
Le risorse reperite.
Ciò che raffredda gli entusiasmi manifestati in conferenza stampa al termine del Cdm è in realtà proprio il centro del dibattito degli ultimi giorni.
Dove trovare le risorse? Il ministro Saccomanni, tra i più prudenti di tutta la compagine governativa, ha rimandato dettagli precisi al testo definitivo del provvedimento.
Spiegando però che, a grandi linee, sono tre i bacini da cui il governo ha deciso di recuperare le risorse.
Due di queste tre sono di importo già noto.
La prima riguarda lo sblocco di altri dieci miliardi di euro per rimborsare i debiti Pa, che dovrebbero restituire un miliardo sotto forma di Iva.
Il secondo dovrebbe valere circa 650 milioni di euro, da portare a casa con la chiusura del contenzioso con i gestori di giochi.
C’è in ballo una multa da 2,6 miliardi, commutabile – in teoria e previa accordo – con una transazione del 25%.
Poi ci sono i tagli alla spesa pubblica.
Un punto, questo, su cui nessuno ha voluto sbilanciarsi.
Una bozza di testo circolata in tarda serata parla di tagli lineari del 10% a tutti i ministeri delle spese per i consumi intermedi.
Quanto vale quest’utlimo intervento non è chiaro. Saccomanni ha parlato di “3 miliardi di coperture”, ma è facile prevedere che – trionfalismi a parte – la partita del reperimento delle risorse sia ancora tutta da giocare.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2013 Riccardo Fucile
CINQUE MILIONI DI DISOCCUPATI, SCORAGGIATI E CASSA INTEGRATI, OLTRE QUATTRO MILIONI DI PRECARI E PART TIME INVOLONTARI… E IL GOVERNO PENSA A NON FAR PAGARE L’IMU AI RICCHI
Oltre cinque milioni di disoccupati, scoraggiati e cassa integrati, e oltre 4 milioni di precari e part time involontari.
E’ un esercito, fatto di oltre 9 milioni di italiani, quello che combatte contro le conseguenze della crisi.
Ed è un esercito le cui fila si ingrossano continuamente. Tanto che per la prima volta dall’inizio della crisi sono appunto oltre 9 milioni le persone che vivono nell’area della sofferenza e del disagio occupazionale.
Una fotografia del mercato del non-lavoro in Italia che emerge dal periodico rapporto di ricerca dell’associazione Bruno Trentin-Isf-Ires (Cgil)
“Gli effetti della crisi sul lavoro in Italia” (disponibile sul sito www.ires.it) che rielabora i dati relativi al primo trimestre dell’anno dai quali emerge che “l’area della sofferenza e quella del disagio occupazionale hanno complessivamente superato, per la prima volta dall’inizio della crisi, i 9 milioni di persone in età da lavoro, per la precisione 9 milioni e 117 mila”.
Nel rapporto redatto dall’associazione guidata da Fulvio Fammoni, di cui qui si fornisce una prima anticipazione, si rileva che “solo negli ultimi 12 mesi dell’anno si è registrato un incremento complessivo del 10,1% (equivalente a + 835.000 unità ), mentre rispetto al primo trimestre 2007 l’aumento è del 60,9% (+ 3 milioni e 450mila persone)”.
Dati che determinano come l’area della sofferenza, quel segmento costituito da disoccupati, scoraggiati e cassa integrati, “si attesti a 5 milioni e 4mila persone mentre quella del disagio, ovvero precari e part time involontari, a 4 milioni e 113mila unità ”.
Ma queste sono solo alcune anticipazioni del rapporto scaricabile sul sito dell’istituto di ricerche economiche e sociali della Cgil.
“Questi sono solo i dati principali di una ricerca che — si legge in una nota di Fammoni — evidenzia molti altri aspetti del progressivo deterioramento del mercato del lavoro italiano, fra cui il dramma della disoccupazione giovanile, l’emergenza Mezzogiorno, l’aumento della disoccupazione di lunga durata, il permanere di una alta quota di inattività , un part time involontario in costante crescita dal 2007, l’anomalia di una precarietà non solo subita ma che non porta più occupazione nonostante sia la forma di ingresso al lavoro nettamente prevalente”.
Dati che, conclude la nota dell’associazione Bruno Trentin-Isf-Ires, “sono molto gravi e confermano la drammaticità del problema occupazione e della conseguente urgenza di interventi concreti per lo sviluppo e per un lavoro stabile e di qualità ”.
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Agosto 28th, 2013 Riccardo Fucile
I GRILLINI PERDONO LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE: PIZZAROTTI AVEVA PROMESSO LA CHIUSURA DELL’IMPIANTO
A otto anni dalla prima delibera e a quattro dalla prima pietra, con 180 milioni di euro spesi tra valanghe di ricorsi con decine di giudici coinvolti, l’inceneritore di Parma si accende.
«Questione di ore», spiegavano ancora ieri sera i tecnici del gestore Iren.
Un impianto come altri 7 in Emilia e 50 in Italia, ma attorno al quale si è consumata una battaglia politica a giudiziaria senza pari.
Da un lato comitati locali e associazioni ambientaliste, la Procura che invano ne ha chiesto il sequestro per abuso edilizio e appalto irregolare, e soprattutto il Movimento 5 Stelle, che ne ha fatto il trampolino per il trionfo elettorale dello scorso anno con Federico Pizzarotti, primo e finora unico sindaco di un capoluogo.
Dall’altro Pd e Pdl, che attraverso le giunte locali di Liguria, Piemonte ed Emilia controllano Iren, il colosso quotato in Borsa che gestisce il ciclo dei rifiuti.
Oggi che il camino comincia a fumare, questi ultimi cantano vittoria. E i primi abbozzano.
Dopo anni di contese furibonde, a Parma si respira un’insolita aria minimalista. Cessati i proclami bellicosi, prevale il realismo.
Il fronte del no pare rassegnato. «Abbiamo perso una battaglia, non la guerra» sintetizza Aldo Carfagnini dell’associazione Gestione corretta rifiuti, serbatoio della giunta Pizzarotti.
Il sindaco e i Cinquestelle glissano ostentando un profilo istituzionale.
Niente manifestazioni, polemiche, iniziative plateali. Nessuna chiamata alle armi. Eppure la crociata, annunciata a pagina 9 del programma elettorale («Da sempre diciamo no all’inceneritore»), fu la carta vincente contro il Pd, sponsor dell’impianto, travolto in rimonta al ballottaggio.
Ribadita dopo la vittoria («La nostra volontà è chiuderlo») e declamata tra le «linee programmatiche» nella prima seduta di Consiglio comunale: «Stop alla costruzione dell’inceneritore e sua riconversione in un centro di riciclo e recupero. (…) Concorso d’idee per la riconversione industriale del cantiere dell’inceneritore».
Ma la frase a cui l’opposizione vuole impiccare il sindaco è questa: «L’inceneritore qui non lo faranno mai, e se lo faranno dovranno passare sul cadavere di Pizzarotti». A pronunciarla nientemeno che Beppe Grillo, sceso a Parma meno di un anno fa per arringare la piazza in un’adunata ambiziosamente ribattezzata «Dies Iren – La fine degli inceneritori» in nome della resistenza all’insano connubio partiti-finanza-servizi pubblici e adesso derubricata a «convegno di sensibilizzazione».
Non che Pizzarotti abbia cambiato idea sull’inceneritore.
Semplicemente non ce l’ha fatta, a chiuderlo, perchè non poteva farcela.
«Abbiamo mancato l’obiettivo ma ci abbiamo provato in tutti i modi e quindi non perdiamo noi, ma la città », sostiene l’assessore all’ambiente Gabriele Folli. «Oggettivamente, per noi è una sconfitta», ammette il capogruppo in Consiglio comunale Marco Bosi, «perchè è una delle tre questioni, con l’onestà e il debito comunale, su cui avevamo vinto le elezioni. Ma l’opinione pubblica ci riconosce di aver fatto il possibile».
In effetti Pizzarotti, insediatosi quando i lavori erano già al 70%, si è dapprima aggrappato all’inchiesta della Procura, confidando in un sequestro che però è stato respinto da gip, tribunale del Riesame e Cassazione.
Poi ha ingaggiato Paolo Rabitti, consulente della Procura di Napoli nelle più delicate indagini sull’emergenza rifiuti, con il compito di rovistare nelle carte a caccia di magagne.
Ma l’unico risultato è stato un contenzioso con gli altri Comuni.
Nulla di fatto anche con l’idea di riconversione «green» dell’inceneritore sulla base di un progetto olandese sbandierato in campagna elettorale e con quella di bandire una gara per un impianto alternativo senza combustione.
L’ultimo tentativo, il 3 luglio, è stato il diniego del certificato di agibilità dell’inceneritore, bloccando le prove per quasi due mesi. Ma Iren ancora una volta ha vinto davanti al Tar (e non è detto che non ne nasca un’altra causa per danni, stimati in 18 milioni).
In realtà , già dalla fine dell’anno scorso, sfumato il sequestro, Pizzarotti si era reso conto di avere armi per lo più spuntate.
E ha aperto una fase nuova, all’insegna della riduzione del danno.
Deludendo qualche pasdaran che invocava un blocco d’imperio del cantiere, ha ammorbidito i toni con Iren e aperto la via della collaborazione per spingere la raccolta differenziata (che ha superato il 50%) con il sistema porta a porta da estendere a tutta la città nei prossimi sei mesi.
Quanto all’inceneritore, il Comune s’impegnerà nei controlli ambientali, ma senza un fucile puntato.
«Il tempo sarà galantuomo, e non ce ne vorrà neanche tanto», dice l’assessore Folli. Altrimenti il mito della Stalingrado grillina potrebbe andare in fumo con i rifiuti nell’inceneritore.
Giuseppe Salvaggiulo
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Agosto 28th, 2013 Riccardo Fucile
QUANDO PER GRILLO IL PORCELLUM ERA “UNA LEGGE ELETTORALE INCOSTITUZIONALE”
Il Movimento Cinque Stelle annuncia una grande mobilitazione in difesa della Costituzione, perchè (cito testualmente) un “Parlamento illegittimo di nominati” non può modificare la Carta.
Per i grillini il Parlamento è illegittimo perchè eletto attraverso “una legge elettorale incostituzionale” (parola di Beppe Grillo, novembre 2011).
Da ciò si può trarre una prima conclusione: i cinque Stelle vogliono legittimamente conquistare la maggioranza in un Parlamento che però sarebbe ancora (lo dice il capo supremo) un Parlamento illegittimo.
La seconda conclusione — se la logica ha ancora un senso — è che per Grillo la costituzionalità o meno di una legge elettorale dipende da chi vince o perde le elezioni.
Un po’ come Rodotà , che quando si comportava bene era una straordinaria occasione per il Paese e al primo cenno di dissenso è diventato un vecchio bacucco e traditore della causa.
La replica grillina è già prestampata. “Noi abbiamo la nostra proposta ma non la fanno passare, quindi si voti col Porcellum”.
Eppure qualcuno prima o poi spiegherà che in politica non funziona come all’asilo, dove uno batte i piedi e frigna finchè gli altri non gli danno la bambolina.
In politica, quando non si ha la maggioranza assoluta, le proposte si confrontano con quelle degli altri e si cercano seriamente dei compromessi.
Altrimenti si fanno solo chiacchiere.
Ma si sa, l’orrore del compromesso è il mainstream per eccellenza dei Cinque Stelle. Il grande alibi che Grillo e compagni spacciano per strategia, mentre è solo un modo furbetto di lucrare un consenso assai utile alla propaganda e ininfluente per il Paese.
Marco Bracconi
(da “La Repubblica“)
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Agosto 28th, 2013 Riccardo Fucile
A PARTE UNA TASSA SUI GIOCHI E TAGLI IMPRECISATI ALLA SPESA, MANCANO DUE MILIARDI: DIRANNO DOVE INTENDONO PRENDERLI TRA UN PAIO DI MESI…CRITICHE DAI SINDACATI E DAGLI IMPRENDITORI
Un Consiglio dei ministri relativamente breve ha dato il via libera ai provvedimenti annunciati nel pomeriggio. “È un decreto in quattro punti – ha spiegato il presidente del Consiglio Enrico Letta – Cassa integrazione, Esodati, misure per la casa e gli affitti e Imu. Per gli ammortizzatori sociali arriveranno 500 milioni di euto, 700 milioni per gli esodati (una platea di circa 6-7 mila persone).
Per quanto riguarda l’Imu viene cancellata soltanto la prima casa e le coperture sono inserite per decreto.
Sulla seconda rata c’è un accordo ma non le coperture, che verranno specificate nella legge di stabilità di autunno che dovrebbe varare la nuova Service Tax.
La nuova imposta, interamente a gestione comunale, sostituirà di fatto l’Imu dal 2014. Avrà una doppia componente, una includerà la Tares e l’altra la componente dei servizi.
La base imponibile – ha precisato il ministro Saccomanni – sarà calcolata in base alla superficie o alla rendita catastale e graverà anche sugli inquilini nel caso delle abitazioni date in locazione.
La coperta è corta, le coperture di più: cortissime.
Per questo, alla fine, l’accordo che si profila sull’Imu è soltanto a metà .
Le risorse racimolate dal ministro Saccomanni per cancellare l’Imu potrebbero bastare, ora, a scongiurare il pagamento della prima rata rinviata a giugno.
Sulla seconda ci sarebbe solo un accordo politico, ma non la garanzie finanziarie per assicurare già da adesso l’abolizione sic et simpliciter dell’imposta sulla prima casa.
Quello che Alfano e Berlusconi dimenticano di dire (ovvero che al posto dell’Imu ci sarà una nuova tassa), lo spiega il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini: “Abbiamo superato l’Imu sulla prima casa con l’introduzione di una tassa finalmente davvero federale e affidata all’autonomia dei comuni”.
Concetto approfondito da Enrico Letta in conferenza stampa: “Dal 2014 l’Imu non ci sarà più. Dal primo gennaio 2014 nasce la Service tax, che al suo interno comprenderà la Tares.
Come verrà finanziata, quindi, la rata di dicembre?
“Nel decreto che accompagnerà la legge di stabilità , il 15 ottobre, saranno indicate le coperture della seconda rata dell’Imu perchè alcune coperture si svilupperanno nelle prossime settimane”, ha detto Letta, che ha ipotizzato un aumento delle tasse sui giochi per coprire il mancato gettito, da finanziare anche con tagli delle spese e iniezione di altri 10 mld di debiti della Pa.
Alla conferenza stampa ha preso parte anche Fabrizio Saccomanni, il cui ministero poche settimane fa aveva pubblicato un documento molto critico sulle conseguenze “inique” della cancellazione dell’Imu.
Un giornalista della stampa internazionale, in conferenza stampa, ha chiesto proprio a Saccomanni come si possano conciliare quelle posizioni con la scelta fatta. Saccomanni ha risposto così: “Quel documento non esprimeva la posizione del Tesoro, ma descriveva solo i possibili scenari”.
Il risultato dell’operazione Imu è tutto riassunto nella risposta che Enrico Letta ha dato a una domanda dei giornalisti: “Quanto durerà il governo?”. “Durata indeterminata“, ha ironizzato Letta senza esitare.
Nel coro di approvazione non entrano però alcune voci: quella della Cgil, che riconosce al Cdm “primi atti, sia pur utili e importanti, ma che lasciano irrisolti i temi della cassa integrazione e degli esodati. I fondi sono totalmente esigui, servono a coprire solo l’immediata emergenza”.
Non solo, il sindacato mette l’accento su altre priorità da affrontare: “Si ripropone il tema di una restituzione fiscale al mondo del lavoro e delle pensioni in modo forte. Per la Cgil a questo punto non ci potrà essere una legge di stabilità senza una risposta fiscale al lavoro e alle pensioni”.
Ma se viene sciolto il nodo Imu “solo per il 2013 perchè aumentare tasse che nessuno toglierà , come le accise o le tasse sulle seconda casa?”, chiede il leader della Uil Luigi Angeletti e avverte che, se sarà poi necessaria una “rimodulazione nel 2014 la copertura non può che essere una tantum. Io temo invece che si vadano ad aumentare accise che poi resteranno, e mi sembra la soluzione peggiore possibile”.
Di una decisione deludente parla il presidente di Rete Imprese Italia Ivan Malavasi: “Siamo delusi. Il governo non ha ritenuto di alleggerire l’Imu alle imprese.
I capannoni, i laboratori, i negozi, le botteghe per quest’anno rimangono equiparati alle abitazioni di lusso e continueranno a pagare fino all’ultimo euro”, afferma.
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Agosto 28th, 2013 Riccardo Fucile
“PROMESSO E REALIZZATO” SCRIVE BERLUSCONI, DIMENTICANDO DI STACCARE L’ASSEGNO DI 4 MILIARDI PER IL 2012… BASTA CAMBIARGLI IL NOME E LA TASSA NON C’E’ PIU (COME LE COPERTURE)
“Terminata la riunione del Consiglio dei Ministri. “Missione compiuta! Imu prima casa e agricoltura 2013 cancellata. Parola Imu scomparira’ dal vocabolario del futuro”. Esulta su su twitter il vicepremier Angelino Alfano.
“Promesso. Realizzato -scrive in una nota Berlusconi – sull’Imu sulla prima casa e sui terreni e fabbricati funzionali alle attività agricole abbiamo mantenuto gli impegni. E l’etica in politica è mantenere la parola data. In campagna elettorale – si legge nella nota – ci eravamo impegnati a eliminare l’Imu. Non era un impegno tra i tanti, ma un punto cardinale, pratico e simbolico, del programma con cui a febbraio abbiamo ottenuto molti milioni di voti e che per questo abbiamo voluto come scelta qualificante negli accordi che hanno portato alla formazione del governo di larghe intese”.
Ma arriva la risposta di Zoggia (Pd): “Berlusconi, Gasparri e compagnia sono senza vergogna. I provvedimenti di oggi sono stati varati dallo stesso governo che fino a poche ore fa il Pdl voleva far cadere per sottrarre Berlusconi alla condanna definitiva inflittagli dalla magistratura dopo 3 gradi di giudizio. Ricatti tentati ma respinti dal Pd. Senza dimenticare che le tante tasse che gli italiani hanno dovuto pagare sono state il risultato del disastro economico provocato dell’incompetenza del governo Berlusconi”
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Agosto 28th, 2013 Riccardo Fucile
ECCO COME BERLUSCONI RESTERA’ IN CIRCOLAZIONE PER ALMENO ALTRI DUE ANNI
“Chi è veramente esperto nell’arte della guerra sa vincere l’esercito nemico senza dare battaglia, prendere le sue città senza assediarle e rovesciarne lo Stato senza operazioni prolungate”.
Bisogna leggere la plurimillenaria opera del grande generale e filosofo cinese Sun Tzu, autore de L’Arte della Guerra, per avere la fotografia esatta della piega presa dal dibattito sulla decadenza da senatore del pregiudicato Silvio Berlusconi.
Senza aver sparato un solo colpo il Cavaliere è a un passo dalla vittoria.
Intimoriti dal volteggiare dei falchi, blanditi dal tubare delle colombe, ammaliati dal sibili ricattatorii della Pitonessa, i sempre più teorici avversari dell’ex premier paiono prepararsi alla ritirata.
L’annuncio è stato significativamente dato da due dei supposti dieci saggi di Giorgio Napolitano.
Secondo Valerio Onida (saggio in quota Sel) e Luciano Violante (saggio in quota Pd) la legge Severino sulla decadenza dei condannati va sottoposta all’esame della Corte Costituzionale.
Entrambi sono certi che la norma, approvata pochi mesi fa dal parlamento quasi al completo, sia perfettamente legittima.
Tutti e due spiegano che non è una legge penale e che quindi ha valore retroattivo.
Ma con salto carpiato aggiungono che sollevare un’eccezione davanti alla Consulta non sarebbe una “dilazione”, ma l’applicazione della Costituzione.
Anzi, spiega Violante, Berlusconi tanto che c’è potrebbe pure rivolgersi pure alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Lasciamo ad altri il dibattito sulla questione giuridica.
I pareri in proposito si sprecano e sono nel 99 per cento dei casi concordi nell’affermare che la giunta per le immunità del Senato non può sollevare la questione davanti alla Corte.
Anche perchè un parlamento che impugna una legge chiarissima appena fatta entrare in vigore è materia da esperti in malattie mentali, non da tecnici del diritto.
Più interessante è invece capire la strategia seguita dal Cavaliere frodatore del fisco per tentare di uscire dai guai.
Un piano che, se realizzato, potrebbe permettergli di restare a Palazzo Madama, non per mesi, ma per anni.
La manovra ideata prevede più tappe.
Il ricorso alla Consulta, che tanto piace agli uomini più vicini al Colle, se otterrà il via libera parlamentare partirà infatti solo a metà autunno.
Tenuto conto dei tempi della Corte difficilmente verrà esaminato prima della tarda primavera o dell’estate del 2014.
E anche se verrà respinto ci vorranno poi altri mesi per votare la decadenza.
Ipotizzare che il Cavaliere arrivi al 2015 ancora indossando il laticlavio non è insomma troppo sbagliato.
Contemporaneamente, come fatto balenare dallo stesso Berlusconi durante il vertice di Arcore di sabato 24 agosto, l’ex premier chiederà l’affidamento in prova ai servizi sociali. In questo modo la Corte di Appello di Milano e poi la Cassazione che dovranno stabilire la durata della sua interdizione dai pubblici uffici saranno costrette a venirgli incontro.
Visto il suo buon comportamento l’interdizione non sarà più di tre anni (il massimo consentito), ma molto inferiore. Forse un anno o un anno e mezzo.
Anche qui poi ci vorrà un voto dell’assemblea per arrivare alla decadenza.
Ma già in passato – è accaduto nel caso del forzista Gianstefano Frigerio condannato per corruzione, concussione, finanziamento illecito e ricettazione — i parlamentari hanno finito per ritenere estinta l’interdizione dai pubblici uffici dei propri colleghi pregiudicati “in conseguenza dell’esito positivo dell’affidamento in prova ai servizi sociali”.
Non c’è quindi ragione per ritenere che Berlusconi subisca un trattamento diverso da quello di Frigerio.
A quel punto si entra in nuovi affascinanti scenari: è divertente (o agghiacciante, a seconda dei punti di vista) immaginare cosa accadrà se il Senato dovesse calendarizzare il voto sul Berlusconi interdetto dai pubblici uffici prima di quello sul Berlusconi decaduto a causa della legge Severino.
Da una parte i colleghi gli diranno che può restare con loro perchè ormai riabilitato, dall’altra dovranno (o dovrebbero) espellerlo in virtù di norme ideate per tutelare la reputazione delle istituzioni infangate dalla presenza di condannati al loro interno.
Lo faranno con facilità ? Dubitare è lecito.
Più semplice è credere che assisteremo a nuove settimane di snervanti discussioni, magari in attesa della Corte europea dei diritti dell’Uomo, i cui tempi sono ancora più lunghi rispetto a quelli della Consulta.
Certo, Berlusconi ha anche altri processi in corso.
Nel 2014 si dovrebbe, per esempio, celebrare l’appello per il caso Ruby. Ma questo, per il momento, non è un problema. Anche in caso di conferma della condanna in secondo grado la Cassazione non si esprimerà prima del 2015 o forse anche più in là , visto che i reati contestati non si prescrivono.
Il tempo che voleva, insomma, l’ex premier sente di averlo ormai quasi in tasca.
Per questo adesso ha ordinato ai suoi di tacere.
Dal Colle il segnale che chiedeva, tramite Violante e Onida, è arrivato.
Ora spera in quello del Pd. Ma non ha fretta.
Bisogna lasciar lavorare la Giunta. I generali impazienti, insegna Sun Tzu, perdono le guerre. E lui almeno quelle politiche da vent’anni a questa parte è abituato a vincerle. Di solito per la momentanea assenza del nemico.
Peter Gomez
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Agosto 28th, 2013 Riccardo Fucile
MONTI APRE ALLA GRAZIA SMENTENDO LA LEGGE DEL SUO GOVERNO, VIOLANTE E FIORONI PERORANO IL RICORSO ALLA CONSULTA… IL 9 SETTEMBRE LA SEDUTA NON DECIDERA’ NULLA
“Sì alla grazia, se Berlusconi si ritira dalla vita politica”. Parola di Mario Monti, ora solo senatore, ma fino a ieri firmatario, da premier, della legge anticorruzione ‘colpevole’ di voler far decadere il Cavaliere.
Oggi, però, l’ex rettore della Bocconi spinge per la via d’uscita morbida dall’impasse, al pari di un altro ‘insospettabile’, quel Luciano Violante che, pur rispettando la linea del Pd, ha confermato che occorre “decidere dopo aver ascoltato le difese”.
La questione è sempre quella: il rinvio alla Consulta della legge Severino-Monti sul caso Berlusconi per farne slittare la decadenza.
E il diretto interessato? Non rimane a guardare: oltre a ‘silenziare’ i suoi per evitare altre polemiche e favorire il dialogo con i pontieri del Pd, deposita in Giunta una lettera in cui annuncia il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo contro l’applicazione della norma in questione.
“Guadagnare tempo”: la strategia del Pdl funziona
La strategia pidiellina del prender tempo per trovare una soluzione politica alla fine politica di Silvio Berlusconi, quindi, continua ad ottenere risultati.
Uno su tutti: la seduta della Giunta per le elezioni e le immunità , in programma il 9 settembre, con tutta probabilità non sarà quella decisiva per mettere la parola fine sulla decadenza da senatore del Cavaliere.
Un pronostico che fino a qualche giorno fa era difficile anche da immaginare.
Il motivo dell’inversione di rotta? Il grimaldello giuridico del Pdl (l’incostituzionalità della legge Severino) continua a trovare sponde, non solo negli ex alleati del Pd ma anche in parlamentari di altri schieramenti.
Un ponte, quello tra Pdl e avversari, rinvigorito dai pareri pro veritate dei giuristi di area Berlusconi.
Sei, al momento, le relazioni depositate alla presidenza della giunta per le elezioni del Senato: tra queste, anche quella a firma dei costituzionalisti Beniamino Caravita di Toritto, Giuseppe de Vergottini e Nicolò Zanon e un’altra vergata dal componente del Csm Giorgio Spangher.
Il contenuto è univoco: la legge Severino è una norma “intrinsecamente irragionevole” perchè mette in contrasto potere giudiziario e potere politico.
“O è incostituzionale la legge o è incostituzionale il decreto legislativo” hanno scritto i tre giuristi perchè — come ha fatto sapere il Pdl — “una legge ordinaria, come la ‘Severino-Monti’, non può violare il diritto all’elettorato passivo tutelato dalla Carta“.
Quello che è valso per oltre casi precedenti in cui nessuno ha sollevato ricorsi, ora non vale più per il Cavaliere.
Oltre ai sei pareri pro veritate, tra i documenti depositati in giunta anche una lettera scritta da Silvio Berlusconi, in cui il Cavaliere annuncia il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo contro l’applicazione della legge Monti-Severino.
Quella dei pareri pro veritate, del resto, è una carta che i berlusconiani caleranno sul tavolo nel momento opportuno per rinviare il parere della Giunta e prender tempo.
Il 9 settembre, raccontano da Palazzo Grazioli, il relatore Andrea Augello terrà il suo intervento. Se la sua proposta finale dovesse essere bocciata dalla maggioranza della Giunta a quel punto bisognerà nominare un nuovo relatore e si aprirà la procedura di contestazione.
Questo significa che bisognerà convocare una nuova udienza pubblica con annesso slittamento del voto.
E qui entrano in ballo le relazioni in questione.
Dopo l’intervento del relatore, infatti, qualche senatore azzurro potrebbe (condizionale d’obbligo) chiedere di adottare i pareri pro veritate di costituzionalisti e giuristi di fama.
Che vuol dire altre sedute, altro tempo utile a disposizione in attesa dell’uscita delle motivazioni della sentenza della Cassazione su Mediaset e qualche margine in più di trattativa.
Tra i democratici Fioroni appoggia lodo Violante
Sul piano giuridico, quindi, il Cavaliere ha ancora qualche freccia nella sua faretra.
Un dato di fatto che sta avendo anche ripercussioni politiche. Il muro erto dal Pd sulla questione decadenza, infatti, non è granitico come vogliono far sembrare da Largo del Nazareno.
Qui, infatti, tengono ancora banco i discorsi sul ‘lodo Violante’, con il fronte di coloro che vogliono cercare di salvare il governo a ogni costo che s’ingrandisce ogni giorno.
Violante, dal canto suo, a Repubblica Tv ha risposto alla netta chiusura di Epifani. “Rispetto la linea del partito, ma bisogna decidere dopo aver ascoltato le difese” ha detto il ‘saggio’ del Pd, la cui proposta — non è un mistero — è piaciuta non poco al Colle, sempre favorevole alla pacificazione ormai perduta nelle larghe intese.
“Se ci fossero i presupposti potrebbe essere legittimo il ricorso alla Corte Costituzionale o, per altre ragioni, alla Corte di giustizia del Lussemburgo. Se ci fossero i presupposti, ripeto” sottolinea Violante, spiegando che la “posizione del Pd” in merito al voto sulla decadenza è “quella del segretario Epifani”.
“La mia è un’opinione personale” precisa Violante.
Che poi aggiunge: “Epifani ha anche detto giustamente che Berlusconi ha il diritto di difendersi e se ha diritto di difendersi, gli altri hanno il dovere di ascoltare e decidere dopo aver ascoltato la difesa”. Quanto alle indiscrezioni su un possibile ‘interesse’ del Colle sulla sua posizione, Violante taglia corto: “Non ne so nulla”.
Al fianco del saggio del Pd, si schiera l’ex ministro Beppe Fioroni, che chiede al partito di non essere prevenuto nei confronti di Berlusconi.
“Se il Pdl dispone di elementi di chiarimento, seri e che non siano nè sotterfugi nè banali perdite di tempo, allora non cambierebbe molto decidere il 9 settembre o più in là ” dice a Formiche.net l’ex democristiano, che valute “le parole di Violante come un’opinione seria a sostegno dell’idea che si possano concedere approfondimenti a chi abbia dubbi, se i dubbi sono reali. D’altra parte questa è una posizione perfettamente compatibile con quella di chi ha, dalla propria parte, la certezza delle singole convinzioni”.
Fioroni, tuttavia, non vuol sentire parlare di salvataggio “perchè ci metterebbe su un binario fuorviante”, avverte.
A caldeggiare la via d’uscita o almeno il rinvio della fine del Cavaliere non c’è solo Violante, ma anche altri rappresentanti politici di ogni schieramento.
Detto di Pierferdinando Casini (che spinge per il rinvio del caso Berlusconi alla Corte costituzionale), spingono per la pacificazione con il Pdl anche Lamberto Dini e, come detto Mario Monti.
Il primo parla chiaro: “In questo momento la priorità è evitare la crisi di governo. Se questo è l’obiettivo, guadagnare tempo è essenziale” spiega l’ex direttore di Bankitalia, secondo cui “avere sei mesi-un anno di tempo in più è importantissimo per mettere l’Italia al riparo dalle speculazioni finanziarie”.
“Come principale forza di maggioranza — è il ragionamento di Dini — il Pd è pienamente coinvolto e allora potrebbe non ostacolare il ricorso alla Corte Costituzionale affinchè stabilisca, come ha suggerito anche Luciano Violante, la costituzionalità e l’applicabilità delle norme della legge Severino. Dopo di che — conclude l’ex premier — se le norme sono applicabili, a Berlusconi non resterà che prendere atto e ritirarsi in buon ordine, altrimenti il Cavaliere potrà restare in Parlamento“.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 28th, 2013 Riccardo Fucile
I RISULTATI DEL SONDAGGIO LA STAMPA-CEIS: “POCHI TIFANO PER L’ABOLIZIONE TOTALE, SOLO IL 12,8%”
Imu o non Imu, questo è il problema.
Nelle stanze della politica non si parla d’altro ma, almeno a giudicare dai risultati dell’indagine condotta da LaStampa.it, non è l’imposta sugli immobili a togliere il sonno agli italiani.
Toccherà al consiglio dei ministri di oggi decidere sul destino della tassa della discordia, introdotta dal governo Berlusconi nel marzo del 2011 – non doveva riguardare la prima casa e sarebbe entrata in vigore solo dal 2014 – poi anticipata dall’ex premier Mario Monti.
L’esenzione totale sulla prima casa costerebbe alle casse dello Stato quattro miliardi di euro, senza contare che per scongiurare l’aumento di un punto percentuale dell’Iva almeno fino alla fine dell’anno serve un altro miliardo.
La partita è delicata: per il centrodestra l’abolizione della tassa è la condizione fondamentale per la sopravvivenza dell’esecutivo guidato da Enrico Letta.
Ma che ne pensano gli italiani?
Secondo i dati elaborati dal Ceis di Tor Vergata, dei più di 1000 lettori che tra luglio e agosto hanno risposto al questionario della Stampa, il 60% ritiene necessario un intervento del governo, mentre il 40% preferirebbe pagare la tassa sulla prima casa e destinare ad altro il gettito Imu.
Tra chi chiede di ridurre l’imposta, appena il 12,8% sogna un’abolizione totale: un dato ancor più sorprendente se si considera che circa l’80% degli intervistati è proprietario di una o più case.
La stragrande maggioranza desidera una riduzione, ma limitata: potendo disporre dei quattro miliardi della manovra, il 90% preferirebbe destinare meno di due miliardi alla diminuzione del prelievo.
Tra questi il 23% vorrebbe abbassare l’imposta solo per chi ha una casa di scarso valore, considerando anche il numero degli abitanti, il 20% vorrebbe che gli sgravi si calcolassero sul reddito Irpef, il 17% in base all’Isee.
Se il 14% è favorevole a esentare dal pagamento solo chi è più in difficoltà , un altro 10% vorrebbe invece ridurre l’imposta dello stesso importo per tutti, senza tener conto di reddito e valore catastale.
Chi si dice favorevole a un intervento sull’Imu sono per lo più lavoratori dipendenti e pensionati, con un reddito familiare netto tra i 20mila e i 40mila euro l’anno, con un minore livello di istruzione e peggio informati sui reali importi della tassa.
Ma se per un giorno i lettori potessero vestire i panni del ministro del Tesoro, a che cosa destinerebbero i 2 miliardi di euro raccolti con l’Imu?
Come ormai da mesi ripetono senza sosta – e pare anche senza ottenere granchè – commercianti, artigiani, liberi professionisti e piccoli imprenditori, al primo posto, con oltre il 50% delle risposte, c’è la riduzione delle pressione fiscale sui redditi di famiglie e imprese.
Il 16,7% degli intervistati ha scelto di destinare il tesoretto immaginario all’istruzione, seguita da sanità (7%), riduzione del debito pubblico (9%), assistenza sociale (3,5%) e un programma di aiuti per le famiglie in affitto (2,3%).
Protagonista indiscussa della politica, l’Imu non sembra quindi una priorità .
«Un altro dato interessante riguarda l’informazione economica: oltre il 70% di chi ha optato per un intervento del governo, ha un’idea errata e sovrastimata dell’Imu media pagata dagli italiani, in particolare tra chi vorrebbe eliminarla del tutto – commenta Vincenzo Atella, direttore del Ceis di Tor Vergata -. Quella che il nostro laboratorio di lettori della Stampa ci sottopone è un’agenda economica molto diversa da quella della politica. La scelta di abolire l’Imu è sostenuta da una frazione molto piccola, le risorse si vorrebbero concentrare altrove. E se anche gli italiani nel complesso la pensassero così? Non sarebbe interessante saperlo?».
(da “La Stampa“)
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