Agosto 15th, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE AVREBBE VOLUTO CHE FOSSE NAPOLITANO A MUOVERE UN PASSO VERSO LA GRAZIA..LA DOMANDA SCATENEREBBE UNA QUERELLE E LA GARANZIA CHE VENGA ACCOLTA NON C’E’
Il giorno dopo Napolitano siamo al punto di prima. Purtroppo.
Regna la più totale incertezza nel quartier generale di Berlusconi.
Grazia, servizi sociali, arresti domiciliari, decadenza dal Senato? La risposta è sempre e comunque un bel “boh, vedremo, per ora lui non ha deciso niente”.
Possibile? Proprio così.
Chi gli sta strettamente accanto – sicuramente i suoi legali, a cominciare da Niccolò Ghedini, avvocato ma anche “amico” come lui stesso ama definirsi – non vuole parlare.
Berlusconi viene descritto come “incerto”, come uno che “non sa ancora cosa farà “, nè ha deciso quale sarà la strategia anti-processo e anti-condanna.
Siamo di nuovo nel limbo che ha preceduto l’udienza del 30 luglio in Cassazione, quando tutti – il suo partito, gli amici più o meno stretti, i suoi fan – sono rimasti appesi all’incertezza di una richiesta di rinvio dell’udienza, data prima per sicura, poi divenuta probabile, poi sfumata in ipotetica, alla fine rivelatasi non perseguibile il giorno prima dell’udienza medesima.
Effetto sorpresa oppure, “per la prima volta” nella vita del Cavaliere, la paura del futuro e soprattutto scelte obiettivamente complicate in uno scenario complessivamente stretto?
Qui sta il punto, “per la prima volta” il sentiero in cui si deve avventurare l’ex premier è assai pieno di trabocchetti.
In fondo ad esso c’è la prospettiva di un inevitabile abbandono del Parlamento visto che la legge Severino lo obbliga, per via della condanna a due anni, a stare lontano dalla vita parlamentare per ben sei anni.
Senza contare la mannaia dell’interdizione che costrinse perfino un duro come Previti alle odiate dimissioni.
Da Ferragosto in avanti si aprono due mesi in cui, nella vita di uno dei più ricchi e potenti tycoon d’Italia e del mondo, ogni mossa dovrebbe essere priva di errori.
A cominciare dalla decisione su come scontare la pena, solo un anno, visto che gli altri tre anni comminati per frode fiscale sono stati assorbiti dall’indulto del 2006.
AMMETTERE LA COLPEVOLEZZA
Sta qui il vero fastidio di Berlusconi. Potremmo anche chiamarlo la sua vera ragione di profonda collera. Da sempre, Silvio si considera e si proclama innocente.
È stato il leit motiv della sua vita politica e della sua propaganda.
Adesso invece, qualsiasi passo debba fare dopo la condanna, comporta una deroga e un’ammissione.
Per chiedere, in primo luogo, di essere affidato ai servizi sociali per scontare l’anno di pena, e successivamente ed eventualmente per sollecitare una grazia al presidente della Repubblica, Berlusconi dovrà implicitamente ammettere di aver commesso un reato.
“Questo non posso accettarlo, preferisco andare in galera” continua a dire.
Salvo poi ricredersi e ammettere che “la galera mi fa paura”.
Un continuo stop and go che sta mettendo in crisi pure i suoi avvocati, che sono costretti anche a fare i conti con le pressioni dei falchi e delle colombe, tipo Denis Verdini e Daniela Santanchè da un parte, Gianni Letta e Fedele Confalonieri dall’altra.
SCELTE INEVITABILI
In realtà , la strada per il Cavaliere è purtroppo inevitabilmente segnata. Soprattutto dopo il messaggio di Napolitano, non a caso molto puntuale nel delimitare il percorso sia della richiesta di affidamento ai servizi sociali con il paragone di quanto fece Forlani dopo la condanna Enimont, sia sulla grazia.
Se Berlusconi vuole continuare, “nei limiti del possibile” come chiosa il capo dello Stato, a fare politica, deve seguire un percorso obbligato.
Lui, in queste ore, ribadisce un solo concetto: “Deciderò all’ultimo momento”.
Farà così per la richiesta di affidamento ai servizi sociali, per la quale ha tempo fino al 15 ottobre.
Come gli spiegano i tecnici, tanto vale sfruttare fino all’ultimo giorno utile per guadagnare tempo. Più in là si presenta la richiesta e il progetto, più tardi verrà decisa dal giudice, più si guadagnano margini per la vita normale che Berlusconi adesso continua a fare, libero di muoversi come vuole. Dopo non sarà più così.
Certo, potrà vivere nel suo domicilio, ma per ogni attività dovrà rivolgersi al giudice di sorveglianza e chiedere un permesso.
LA SCOMMESSA DELLA GRAZIA
È il vero punto dolente. Chiedere la grazia significa al cento per cento ammettere la colpevolezza.
Non solo: significa scatenare una querelle politica che non finisce mai. E significa pure rischiare di vedersi sbattere la porta in faccia dal Quirinale.
Le diplomazie sono al lavoro. Berlusconi avrebbe voluto che fosse il presidente della Repubblica, per suo conto e quindi d’ufficio, a muovere un passo.
Per Silvio la grazia era e resta un atto dovuto, una concessione necessaria per la sua storia personale e perchè è un perseguitato dai giudici.
Del messaggio di Napolitano proprio questo, al Cavaliere, è andato di traverso.
Comunque i suoi avvocati sono pronti a muoversi, la richiesta di grazia è già scritta, a farla sarebbero loro, nè Berlusconi in persona, nè tantomeno i suoi figli.
Questo, dal suo punto di vinta, attenuerebbe l’ammissione di colpevolezza.
RINUNCIARE AL PARLAMENTO
Del pari, come per la grazia, Silvio ha congelato la decisione sulla decadenza che è strettamente legata alla sua futura candidabilità .
Al momento non c’è traccia della memoria difensiva per la giunta del Senato.
Anche se i legali dicono che “quella si prepara in un giorno”. Nè il Cavaliere ha deciso, se convocato dal presidente Stefà no, se si presenterà .
Qui la strategia, questa sì già decisa, è che la legge Severino non si può proprio applicare nè a Berlusconi, nè a chiunque si trovi nelle sue condizioni, con un reato commesso ben prima che il decreto venisse approvato, nè con la pena ridotta per via dell’indulto.
Ma in verità , la battaglia su questo fronte è volutamente tenuta sotto tono perchè Berlusconi sa bene che sulla sua testa incombe l’interdizione dai pubblici uffici.
Una minaccia ben peggiore della legge Severino, perchè se su questa si può pure discutere, sull’interdizione, istituto storico i cui confini sono disegnati da anni di giurisprudenza, non c’è niente da fare.
La certezza di Ghedini & Co. è che la corte di appello di Milano sarà rapidissima nel ricalcolare l’originaria interdizione fissata in 5 anni. Sarà ridotta a 3.
A quel punto i legali di Silvio ricorreranno in Cassazione, ma proprio per via della prescrizione che incombe, i tempi anche a piazza Cavour saranno rapidissimi.
Quindi, per la fine dell’anno, Berlusconi sarebbe comunque costretto ad affrontare il nuovo scoglio, giuridicamente ben più arduo della legge Severino.
Napolitano ha già anticipato che la grazia non estingue le pene accessorie.
A Berlusconi non resta, magari con un bel gesto, che lasciare il Parlamento.
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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Agosto 15th, 2013 Riccardo Fucile
PER IL DIRETTORE DE “IL FOGLIO” MARINA E’ ANCORA IN CAMPO, MA FUNZIONA SOLO SE SI VOTA A OTTOBRE
“Cosa farei io al suo posto a questo punto? Mi farei cacciare. Proclamerei la mia innocenza, la mia condizione di vittima della giustizia, ma non mi dimetterei certo da senatore. E credo che Berlusconi non si dimetterà , battendosi fino in fondo in giunta al Senato, ma non con spirito leguleio: deve affrontare a testa alta le conseguenze della sentenza e dimostrare l’anomalia di questa situazione tutta italiana. Esercitare la sua leadership fuori dal Parlamento, ecco, questo sì, è rivoluzionario, è berlusconiano”.
D’accordo, direttore Giuliano Ferrara, ma che ne sarà dell’agibilità politica di Berlusconi dopo la nota di Napolitano?
“Su questa vicenda ho una visione molto radicale. Agibilità è un termine equivoco che a me non è mai piaciuto. Il punto è semplice: una istituzione super partescome il presidente della Repubblica dovrebbe aprire una grande questione, riconoscendo 20 anni di conflitto politico e decidendodi delegittimare questa fictio iuri sbasata sull’idea che qui c’è stata una sentenza come un’altra, su un cittadino come unaltro, allora sì, potrebbe scattare la grazia o la commutazione della pena. Ma Napolitano per la sua storia non è questo tipo di presidente, non glielo si può chiedere. Non andrà mai così”.
E allora come andrà ?
“E allora le sentenze si possono criticare però poi si applicano. Berlusconi deve farsi alcuni mesi di domiciliari o servizi sociali o quel che sarà . L’agibilità consisterà nella possibilità di Berlusconi di offrire un’altra immagine di leadership: lui è prigioniero di una giustizia che è riuscito a incastrarlo? Bene, ne rigetta la sostanza criticando la sentenza, ma ovviamente la subisce e la applica. Dimostrando tutta l’anomalia di questa situazione alla quale è stato costretto e da lì continuare a parlare agli italiani di tasse, di crescita, di governo: esercitare la leadership insomma. Nei limiti di un’agibilità , diciamo così, minorata”.
Lei da giorni esalta sul Foglio l’epopea del Berlusconi “libero prigioniero”, ma gli avvocati lavorano alla grazia. Sarà l’epilogo della vicenda?
“Mi farebbe piacere per lui se arrivasse, perchè gli sono amico, lo riterrei un atto di giustizia, di riparazione, ma non è quella la strada. È un’altra, lo ripeto: quella dell’espiazione pur paradossale della pena continuando a far politica, a sostenere il governo”.
Però lei continua a scrivere anche della “vendetta di sangue” che passerebbe attraverso la candidatura di Marina. E continua a farlo anche se l’interessata smentisce. Ieri lei ha scritto sul Foglio: “We don’t take no for an answer”. Insomma, non si rassegna.
“Marina fa queste smentite ufficiali, formali, formalmente convincenti. Ma secondo me non è così. Altrimenti non capirei certe sue interviste, la sua partecipazione al dramma paterno. Tuttavia Marina funziona se si vota a ottobre, non dopo, non tra due anni. In politica conta l’effetto sorpresa. Come avvenne nel ’94”.
Ecco, appunto, che ne sarà del governo Letta?
“Letta si trova con uno dei suoi pilastri ai domiciliari da qui a breve. L’altro, il Pd, privo di un leader. È costretto ad andare avanti. Col sostegno e del Quirinale. E poi diciamoci la verità : a Berlusconi conviene che il governo Letta continui a vivere: è il fattore di legittimazione maggiore per lui, in questa fase. Non ha alcuna intenzione di rovesciare il tavolo”.
Letta costretto ad andare avanti ma a lei non la convince, lo ammetta.
“Ma no, Enrico Letta è bravino, un buon democristiano, parla bene il francese, va in Europa e si fa ascoltare, così perfettino. Certo, poi è un altro che non fa nulla di radicale, non ci aspetteremo mai alcunchè di rivoluzionario. Dobbiamo farcene una ragione”.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Agosto 15th, 2013 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE EMERITO DELLA CORTE COSTITUZIONALE INTERVIENE SULLA QUESTIONE DELLA GRAZIA AL CAVALIERE: “NON INCIDE SULLE PENE ACCESSORIE CHE RIMANGONO TALI”
“Un intervento di pacificazione politica potrebbe avere in ipotesi un senso solo se esso sancisse la chiusura definitiva con l’uscita del condannato dalla scena politica” anche il presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida interviene dalla pagine de il Sole 24 ore sulla questione della grazia a Silvio Berlusconi.
Dalle colonne del quotidiano della Confindustria il costituzionalista (che è anche uno dei 40 saggi nominati dal Presidente della Repubblica) individua una condizione non scritto per ottenere la clemenza: se il Cavaliere volesse essere graziato dovrebbe uscire dalla scena politica così da mettere fine – spiega il costiuzionalista – “alla fase di scontro intorno alla figura di Berlusconi, da troppo tempo aperto, e non solo certo per colpa dei suoi avversari”.
La grazia dunque – secondo Onida – sarebbe concedibile se si allineasse ai precedenti: “Provvedimenti di clemenza – spiega – che spesso fanno seguito a fasi di guerra civile, ma con la differenza che in questo caso i fatti da cui è derivata la condanna definitiva per frode fiscale non hanno nulla a che vedere con lo scontro politico del paese”.
Il costituzionalista esclude che la grazia possa incidere sugli effetti delle pene accessorie: “Riguarderebbe solo l’esecuzione della pena principale, non l’interdizione dei pubblici uffici e tanotmeno gli effetti ulteriori derivanti dalla legge sull’incandidabilità “.
( da “‘Huffington Post“)
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Agosto 15th, 2013 Riccardo Fucile
UN TESORETTO NEI PARADISI FISCALI, DALLA MANICA FINO ALLE BERMUDA, PROPRIO COME PAPA’…. CONFEZIONATO DALL’AVV. MILLS
Marina Berlusconi erediterà la guida di Forza Italia? Lei lo ha smentito.
Ma un articolo de “l’Espresso” nel numero in edicola da giovedì ricostruisce come la primogenita abbia già ereditato dal padre la passione per le società offshore.
Dalle carte del processo Mediaset salta fuori che a lei è stata intestata una parte di quel tesoro nascosto all’estero che è alla base della condanna definitiva per frode fiscale del miliardario di Arcore.
La traccia più vistosa porta a una villa da sogno alle Bermuda, frequentata più volte dall’ex premier e da sua figlia.
I documenti ora pubblici, confermati dalle ammissioni di due avvocati internazionali del gruppo Fininvest-Mediaset, descrivono quella residenza caraibica come un regalo «riservato» di papà Silvio alla sua primogenita, indicata come la vera proprietaria, dietro lo schermo di una delle tante offshore.
La storia comincia il 15 dicembre 1990, quando Silvio Berlusconi sposa l’attrice Veronica Lario.
Per Marina e Piersilvio Berlusconi, nati dal primo matrimonio, le seconde nozze del padre creano un problema: fino a quel giorno sapevano di dover dividere eventuali lasciti, dalle donazioni presenti all’eredità futura, con gli altri tre figli che Silvio aveva già avuto da Veronica, ma da quel 15 dicembre una fetta di torta spetta alla nuova moglie.
Dunque, come evitare malumori tra le due famiglie?
Secondo le carte del processo Mediaset, Silvio Berlusconi ha risolto tutto alla vigilia delle nozze, affidando il caso a un avvocato inglese, David Mills.
Proprio lui, il mago dell’evasione internazionale, che nel 2004 ha descritto l’incarico ottenuto dal Cavaliere: «Lo scopo era destinare una parte del patrimonio privato di Silvio Berlusconi ai figli del suo primo matrimonio: mi si chiedeva di costruire due veicoli societari per i diritti televisivi e destinare i profitti a Marina e Piersilvio. E si voleva che questa struttura rimanesse riservata».
L’ammissione di Mills è una conferma dell’accusa, perchè solo il vero padrone di un tesoro offshore può chiedere di intestarne una parte ai figli.
Fatto sta che l’avvocato crea davvero «due trust» (società fiduciarie, che servono appunto a nascondere i veri proprietari) nel paradiso fiscale di Guernsey: quello della primogenita si chiama “Muesta”.
Sull’atto costitutivo, stipulato a Londra nello studio Mills, c’è la firma di Marina Berlusconi, sopra una data che parla da sola: 14 dicembre 1990, vigilia del matrimonio tra Silvio e Veronica.
Quei due trust, che Mills aveva tenuto nascosti ai pm di Tangentopoli insieme ad altre offshore segretissime, sono stati scoperti solo con il nuovo processo Mediaset. Quando ha potuto analizzare i conti esteri, la stessa Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione di ogni accusa per Marina e Piersilvio Berlusconi: i due trust erano intestati a loro, ma come «meri prestanome», perchè in realtà è il padre che ha continuato a gestire tutti i soldi.
Non solo.
Marina Berlusconi ha almeno una offshore con un vero patrimonio estero.
Si chiama Bridgestone Properties Limited ed è una delle società costruite proprio da Mills, tra gli anni ’80 e ’90, per nascondere il nero creato dalla Fininvest.
Nel 2003 i magistrati scoprono che Mills, sette anni prima, aveva sottratto alle perquisizioni le carte delle offshore più segrete, tra cui la Bridgestone. Scoperto il depistaggio, i pm gli chiedono a chi appartiene.
A quel punto Mills ammette: «Bridgestone Limited è la società che aveva acquistato la villa di Silvio Berlusconi alle Bermuda e un’imbarcazione. So che la società apparteneva a Marina Berlusconi. E ne ho avuto conferma quando ho consegnato le carte di Bridgestone all’avvocato Maurizio Cohen di Montecarlo, che mi disse che le avrebbe consegnate a Marina Berlusconi».
La villa si chiama Blue Horizons: Marina ne figurava come semplice inquilina, stando alla versione scritta nei contratti esteri da lei firmati nel 2002 e 2003.
Nel 2004 però i pm interrogano anche il suo avvocato Maurizio Cohen, che conferma tutto: «Ricordo di aver ricevuto nel 1999 o 2000, mi sembra dall’avvocato Mills, il dossier concernente la proprietà Blue Horizons, che è una villa alle Bermuda».
E a chi appartiene quella villa? Cohen, in francese, risponde sicuro: «Marina Berlusconi ha il godimento esclusivo della proprietà e lei stessa mi ha indicato che è registrata come proprietaria nei registri fondiari delle Bermuda. Mi ha detto che ne è diventata proprietaria per donazione».
Paolo Biondani
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Agosto 15th, 2013 Riccardo Fucile
ALFANO A FAVIGNANA HA PASSATO LA SERATA A “EL PESCADOR”….LA SANTANCHE’ A FORTE DEI MARMI IN SPIAGGIA CON LA CARFAGNA… LUPI IN BARCA, BRUNETTA A RAVELLO, SCHIFANI ALLE EOLIE, BELLA SOLIDARIETA’…
Erano così travagliati dal senso dell’ingiustizia sofferta dal Condannato, e dunque dall’Italia tutta, che martedì, nel cruciale giorno del pronunciamento di Napolitano sulla grazia, se ne sono rimasti zitti e beatamente al mare.
Questa sì che è solidarietà .
Alfano, Santanchè, Verdini (dunque il segretario, o alcuni dei più vicini al Capo), e poi Brunetta, Lupi, Quagliariello…
Se si eccettua Cicchitto, lasciato di guardia, i personaggi poco poco rilevanti del partito si sono taciuti e in nulla hanno modificato le loro abitudini sotto ferragosto.
Se ne deduce che, valutata simbolicamente, la vera distinzione nella geografia del berlusconismo non è, al momento, tra falchi e colombe: è tra chi parla e chi sta zitto; chi sta di corvèe e chi al sole o a mangiar ricciole al ristorante.
Angelino Alfano, per esempio. Il vicepremier e il capo delle delegazione del Pdl al governo martedì sera è stato intercettato spensierato a Favignana, in mise berlusconiana da riposo (pantaloni azzurri larghi, camicia di lino blu fuori dai pantaloni, doppio bottone aperto, abbronzatura color mocassino).
Il luogo, la Trattoria El Pescador, fin dal nome induceva alle più liete amenità : non solo per il menù di pesce che vi si serve, ma anche per una certa disponibilità del ministro al rito della fotografia garrula.
I retroscena vi diranno che lui, capofila dei «governisti» del partito, tace per opportunità , o perchè non sa che dire, Berlusconi guarda a quelli come lui con qualche diffidenza.
Fatto sta che non è apparso, nel corso della cena, particolarmente cupo o scosso dalla questione dell’«agibilità politica».
Silente anche la più sveglia di tutti, Daniela Santanchè col cappello texano in Versilia, dove s’è accomodata sui lettini bianchi del Twiga del suo amico Briatore assieme a Mara Carfagna. Hanno parlato di tutto e si sono fatte fotografare domenica nel tardo pomeriggio, un Campari alla mano in spiaggia.
Di tutto, ovviamente, tranne che una parola pubblica martedì – che diamine – sulle angosce del Cavaliere (e del Paese intiero).
Ieri però l’eroina ha informato l’Italia che non è vero che Silvio è soddisfatto di Napolitano.
E una Santanchè in silenzio stampa è come una pitonessa senza spire; ma il Pdl sulla svaccanza ci ha costruito epopee, e è estate anche per loro, poverini, grazia o non grazia.
Per Lupi in barca e Quagliariello in Puglia, per Brunetta a Ravello (dove quest’anno, in piazza, si fa vedere poco) e Schifani alle Eolie… solo i peones s’affannano a dichiarare, falchi e colombe – una finta distinzione – possono dedicarsi alla passione di sempre, il dolce far niente.
Jacopo Iacoboni
(da “la Stampa”)
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Agosto 15th, 2013 Riccardo Fucile
SI PUNTA A FAR SLITTARE IL VOTO IN GIUNTA… “COME POSSO STARE CON CHI SPERA DI CACCIARMI DAL SENATO?”
L’unica certezza su Berlusconi è che cambia opinione (e strategia) numerose volte al giorno, spesso in ragione dei propri interlocutori.
Falchissimo con i falchi, realista con le colombe.
Per effetto di questi continui sbalzi di giudizio, i più accorti dei suoi hanno pensato bene di cucirsi la bocca, onde evitare di suscitarne le ire.
Alfano, per esempio, è l’unico esponente di primo piano la cui voce non si è ancora udita.
E la stessa Santanchè si è chiusa in un silenzio stampa da cui traspare, sebbene inespresso, un profondo disagio rispetto alla piega presa dagli eventi.
Nel mezzo di tanta incertezza si trovano gli avvocati del Cavaliere, i quali vorrebbero regolarsi sulle intenzioni del loro cliente: vorrà chiedere o no la grazia a Napolitano?
L’altra sera, non risultavano dubbi in proposito, tanto che Longo e lo stesso Coppi ne avevano fatto cenno in alcune pubbliche interviste.
Però poi, con il trascorrere delle ore, anche quello che sembrava un punto fermo, quasi una spada nella roccia, si è andato sfaldando: sì, forse, chissà , boh, vedremo… Le ultime da Arcore riferiscono che in questo momento Berlusconi sta meditando con grande interiore tormento se non gli convenga rinunciare all’atto di clemenza e chiedere direttamente l’affido ai servizi sociali; oppure, addirittura, non sia meglio lasciarsi chiudere per nove mesi agli arresti domiciliari, in modo da presentarsi quale vittima del sistema, una provocazione vivente, una sfida all’establishment…
«Sono scelte che spettano a lui, e a nessun altro», allargano le braccia nello staff legale berlusconiano, che resterà operativo perfino il giorno di Ferragosto (niente vacanze per Ghedini, rimasto a Padova).
A scatenare ubbie e ripensamenti è stata, secondo certe ricostruzioni, una lettura più attenta della nota quirinalizia, Berlusconi vi ha trovato molto meno di quanto Gianni Letta gli aveva fatto pregustare alla vigilia (lo stesso zio del premier pare ne sia contrito e deluso).
Chiedere la grazia comporterebbe un’ammissione di colpa e, soprattutto, l’impegno a tenere in piedi il governo: su questo Napolitano è stato chiarissimo.
Ma i vantaggi sul piano giudiziario, nonchè in termini di «agibilità politica», risultano a Silvio assai meno chiari, avvolti da una nube d’incertezza.
Dunque hanno facile gioco quanti, specie tra le «amazzoni», lo mettono in guardia rispetto alle «trappole quirinalizie»: «Attento, Silvio, che Napolitano vuole soltanto accompagnarti alla porta, altro che lanciarti un salvagente…» (invano qualcuno dalla memoria lunga gli ha ricordato che Scalfaro si comportò molto peggio con Craxi, il quale ebbe solo il tempo di prendere un aereo e darsela a gambe).
Oltre al sospetto sulle intenzioni del Colle, divora il Cavaliere l’ansia per quanto potrà accadere a settembre, quando verrà al pettine il nodo della sua decadenza da senatore. «Ma vi pare che noi possiamo restare al governo con chi voterà per cacciarmi dal Parlamento?», ha girato la domanda a tutti i fedelissimi, spesso con voce alterata. Questo sembra, al momento, lo scoglio politico più serio.
Di dare le dimissioni sua sponte, onde evitare una crisi, Berlusconi non ci pensa nemmeno.
Ancora si illude che per effetto di un braccio di ferro possa essere il Pd a cedere, rinunciando a cacciarlo.
Nelle ultime ore, con Roma soffocata dalla calura, si fa strada un’ipotesi che il ministro Quagliariello e il relatore nella Giunta delle elezioni, senatore Augello, stanno approfondendo: un rinvio di qualche settimana del voto sul Cavaliere, nella speranza che maturino fatti o circostanze capaci di scongiurare l’ineluttabile.
Ma che il Pd sia disponibile, è tutto da dimostrare.
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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Agosto 15th, 2013 Riccardo Fucile
ALDO BUSI: LETTERA AL COLLE
Se Napolitano concederà la grazia a Silvio Berlusconi, anche senza metterlo in grado di ricandidarsi, e io fossi in carcere, lo metterei a ferro e fuoco, inciterei alla rivolta collettiva, non avrei pace fino a che ogni prigione italiana non fosse in fiamme, e pazienza se bruciassi tra i primi; se Napolitano concedesse la grazia a Silvio Berlusconi, comincerei ad accettare serate in nero, visto che finora o sono state tutte puntualmente fatturate o non hanno avuto luogo — e quattro o cinquemila euro in nero, con l’ospitalità pagata, moltiplicati per almeno sei/sette serate all’anno cui rinuncio per la mia inflessibilità fiscale non sono pochi, e moltiplichiamoli pure per vent’anni per non dire trenta: una fortuna che giustificherebbe una residenza offshore come minimo a Montecarlo.
Del resto non capisco come io abbia voluto essere tanto codino e perbenino ed esemplare, ridicolo infine, nei confronti di uno Stato che ha fatto del ladrocinio la sua prima ragione di sopravvivenza, non pagando le aziende che gli hanno prestato servizio (o pagandole a spizzichi e bocconi allorchè erano già sull’orlo della bancarotta o già costrette a dichiararla ) e non firmando alcuna legge contro l’omofobia nè per i diritti civili di tutti i cittadini, ora più necessarie che mai alla luce, tenebrosissima, delle leggi di vera e propria persecuzione contro gli omosessuali emanate dal famelico fratricida Putin, disumanità contro la quale ancora non si è levata una voce di protesta in seno a questo Parlamento farlocco.
Se Napolitano concederà la grazia a Berlusconi, d’ora in poi farò anch’io carte false per non pagare le tasse per intero, anche se la vedo dura, non ho alcun business in ballo che mi dia questa possibilità , serate a parte, anche queste in grande decadenza data la crisi più culturale che economica, capaci ormai di chiedermi di portarmi lenzuola e saponetta.
Immagino che, se Napolitano concederà la grazia al metodico evasore e profittatore Silvio Berlusconi, milioni di italiani seguiranno il mio esempio, ovvero aumenteranno l’economia sommersa in cui, a differenza di me, già sguazzano allegramente e impunemente.
Non ha alcun senso fare tanti salamelecchi anticostituzionali e antiistituzionali a Silvio Berlusconi per mantenere a tutti i costi vivo questo governo: è obbrobriosamente masochistico e antipatriottico risparmiare qualche lacrima ora per parare l’inevitabile diluvio in agguato.
L’unico compito di questo Governo era, a parte votare leggine di improcrastinabile senso civico proprio all’Occidente più evoluto e progressista, cambiare la vigente legge elettorale.
Non varando nemmeno questa, l’esecutivo a forza di eseguire seguendo una carretta impantanata non ha fatto niente, quindi sempre meno farà e men che meno farà una legge elettorale all’insegna delle preferenze assolute, visto che loro deputati e senatori del momento sarebbero i primi a non essere eletti e a doversi inventare un lavoro, magari per soprammercato forzatamente onesto, che non tutti hanno.
Prima cade, meglio è.
Se non cade perchè è Silvio Berlusconi, a grazia concessa, a tenerlo in piedi, significa solo che è caduto, come dire, due volte, e stabilmente caduto e decaduto, e del suo strisciare farà ancor più la nostra sragione di delinquere per non essere dammeno votandoci così al suicidio programmatico di massa.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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