IL SENTIERO STRETTO DI BERLUSCONI: DECADENZA, INTERDIZIONE, GRAZIA
IL CAVALIERE AVREBBE VOLUTO CHE FOSSE NAPOLITANO A MUOVERE UN PASSO VERSO LA GRAZIA..LA DOMANDA SCATENEREBBE UNA QUERELLE E LA GARANZIA CHE VENGA ACCOLTA NON C’E’
Il giorno dopo Napolitano siamo al punto di prima. Purtroppo.
Regna la più totale incertezza nel quartier generale di Berlusconi.
Grazia, servizi sociali, arresti domiciliari, decadenza dal Senato? La risposta è sempre e comunque un bel “boh, vedremo, per ora lui non ha deciso niente”.
Possibile? Proprio così.
Chi gli sta strettamente accanto – sicuramente i suoi legali, a cominciare da Niccolò Ghedini, avvocato ma anche “amico” come lui stesso ama definirsi – non vuole parlare.
Berlusconi viene descritto come “incerto”, come uno che “non sa ancora cosa farà “, nè ha deciso quale sarà la strategia anti-processo e anti-condanna.
Siamo di nuovo nel limbo che ha preceduto l’udienza del 30 luglio in Cassazione, quando tutti – il suo partito, gli amici più o meno stretti, i suoi fan – sono rimasti appesi all’incertezza di una richiesta di rinvio dell’udienza, data prima per sicura, poi divenuta probabile, poi sfumata in ipotetica, alla fine rivelatasi non perseguibile il giorno prima dell’udienza medesima.
Effetto sorpresa oppure, “per la prima volta” nella vita del Cavaliere, la paura del futuro e soprattutto scelte obiettivamente complicate in uno scenario complessivamente stretto?
Qui sta il punto, “per la prima volta” il sentiero in cui si deve avventurare l’ex premier è assai pieno di trabocchetti.
In fondo ad esso c’è la prospettiva di un inevitabile abbandono del Parlamento visto che la legge Severino lo obbliga, per via della condanna a due anni, a stare lontano dalla vita parlamentare per ben sei anni.
Senza contare la mannaia dell’interdizione che costrinse perfino un duro come Previti alle odiate dimissioni.
Da Ferragosto in avanti si aprono due mesi in cui, nella vita di uno dei più ricchi e potenti tycoon d’Italia e del mondo, ogni mossa dovrebbe essere priva di errori.
A cominciare dalla decisione su come scontare la pena, solo un anno, visto che gli altri tre anni comminati per frode fiscale sono stati assorbiti dall’indulto del 2006.
AMMETTERE LA COLPEVOLEZZA
Sta qui il vero fastidio di Berlusconi. Potremmo anche chiamarlo la sua vera ragione di profonda collera. Da sempre, Silvio si considera e si proclama innocente.
È stato il leit motiv della sua vita politica e della sua propaganda.
Adesso invece, qualsiasi passo debba fare dopo la condanna, comporta una deroga e un’ammissione.
Per chiedere, in primo luogo, di essere affidato ai servizi sociali per scontare l’anno di pena, e successivamente ed eventualmente per sollecitare una grazia al presidente della Repubblica, Berlusconi dovrà implicitamente ammettere di aver commesso un reato.
“Questo non posso accettarlo, preferisco andare in galera” continua a dire.
Salvo poi ricredersi e ammettere che “la galera mi fa paura”.
Un continuo stop and go che sta mettendo in crisi pure i suoi avvocati, che sono costretti anche a fare i conti con le pressioni dei falchi e delle colombe, tipo Denis Verdini e Daniela Santanchè da un parte, Gianni Letta e Fedele Confalonieri dall’altra.
SCELTE INEVITABILI
In realtà , la strada per il Cavaliere è purtroppo inevitabilmente segnata. Soprattutto dopo il messaggio di Napolitano, non a caso molto puntuale nel delimitare il percorso sia della richiesta di affidamento ai servizi sociali con il paragone di quanto fece Forlani dopo la condanna Enimont, sia sulla grazia.
Se Berlusconi vuole continuare, “nei limiti del possibile” come chiosa il capo dello Stato, a fare politica, deve seguire un percorso obbligato.
Lui, in queste ore, ribadisce un solo concetto: “Deciderò all’ultimo momento”.
Farà così per la richiesta di affidamento ai servizi sociali, per la quale ha tempo fino al 15 ottobre.
Come gli spiegano i tecnici, tanto vale sfruttare fino all’ultimo giorno utile per guadagnare tempo. Più in là si presenta la richiesta e il progetto, più tardi verrà decisa dal giudice, più si guadagnano margini per la vita normale che Berlusconi adesso continua a fare, libero di muoversi come vuole. Dopo non sarà più così.
Certo, potrà vivere nel suo domicilio, ma per ogni attività dovrà rivolgersi al giudice di sorveglianza e chiedere un permesso.
LA SCOMMESSA DELLA GRAZIA
È il vero punto dolente. Chiedere la grazia significa al cento per cento ammettere la colpevolezza.
Non solo: significa scatenare una querelle politica che non finisce mai. E significa pure rischiare di vedersi sbattere la porta in faccia dal Quirinale.
Le diplomazie sono al lavoro. Berlusconi avrebbe voluto che fosse il presidente della Repubblica, per suo conto e quindi d’ufficio, a muovere un passo.
Per Silvio la grazia era e resta un atto dovuto, una concessione necessaria per la sua storia personale e perchè è un perseguitato dai giudici.
Del messaggio di Napolitano proprio questo, al Cavaliere, è andato di traverso.
Comunque i suoi avvocati sono pronti a muoversi, la richiesta di grazia è già scritta, a farla sarebbero loro, nè Berlusconi in persona, nè tantomeno i suoi figli.
Questo, dal suo punto di vinta, attenuerebbe l’ammissione di colpevolezza.
RINUNCIARE AL PARLAMENTO
Del pari, come per la grazia, Silvio ha congelato la decisione sulla decadenza che è strettamente legata alla sua futura candidabilità .
Al momento non c’è traccia della memoria difensiva per la giunta del Senato.
Anche se i legali dicono che “quella si prepara in un giorno”. Nè il Cavaliere ha deciso, se convocato dal presidente Stefà no, se si presenterà .
Qui la strategia, questa sì già decisa, è che la legge Severino non si può proprio applicare nè a Berlusconi, nè a chiunque si trovi nelle sue condizioni, con un reato commesso ben prima che il decreto venisse approvato, nè con la pena ridotta per via dell’indulto.
Ma in verità , la battaglia su questo fronte è volutamente tenuta sotto tono perchè Berlusconi sa bene che sulla sua testa incombe l’interdizione dai pubblici uffici.
Una minaccia ben peggiore della legge Severino, perchè se su questa si può pure discutere, sull’interdizione, istituto storico i cui confini sono disegnati da anni di giurisprudenza, non c’è niente da fare.
La certezza di Ghedini & Co. è che la corte di appello di Milano sarà rapidissima nel ricalcolare l’originaria interdizione fissata in 5 anni. Sarà ridotta a 3.
A quel punto i legali di Silvio ricorreranno in Cassazione, ma proprio per via della prescrizione che incombe, i tempi anche a piazza Cavour saranno rapidissimi.
Quindi, per la fine dell’anno, Berlusconi sarebbe comunque costretto ad affrontare il nuovo scoglio, giuridicamente ben più arduo della legge Severino.
Napolitano ha già anticipato che la grazia non estingue le pene accessorie.
A Berlusconi non resta, magari con un bel gesto, che lasciare il Parlamento.
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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