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DE LUCA RITORNA AD ATTACCARE LA MELONI: “SI E’ PRESENTATA COME LADY DI FERRO E ORA SI INVENTA VITTIMA DI SESSISMO? ALMENO UNA VOLTA AL MESE PRESENTATI DAVANTI AI GIORNALISTI, INVECE DI SCAPPARE”

Maggio 31st, 2024 Riccardo Fucile

“SI PERMISE DI INSULTARE 550 SINDACI QUANDO MANIFESTAMMO A ROMA PER SBOCCARE I FONDI DI COESIONE DICENDOCI “ANDATE A LAVORARE” E ORA FA LA VITTIMA?

“Dopo la figuraccia di Caivano è venuta fuori un’altra invenzione: per riparare il disastro: ha detto che ha subìto un attacco sessista. Ora la cosa diventa imbarazzante. Una donna dura che è vittima del sessismo?”. Lo ha detto Vincenzo De Luca nel corso del consueto appuntamento del venerdì. “Un governo serio avrebbe dovuto fare questo accordo subito, già a fine agosto scorso. Abbiamo perso un anno”, ha aggiunto tornando sulla vicenda della mancata sottoscrizione del patto per i fondi di coesione.
De Luca ha ricordato di aver incontrato ad agosto scorso la presidente Meloni all’aeroporto di Capodichino rappresentandole le esigenze della Campania e poi ha fatto un’analisi degli impegni di spesa e dei pagamenti di tutte le Regioni “ma loro per mesi hanno raccontato cifre false”. “Per mesi non si è mossa una foglia. A questo punto abbiamo deciso di fare una manifestazione a Roma e un ricorso al Tar che ha spiegato che un iter amministrativo non può durare all’infinito e poi il ministero della Coesione ha fatto un ricorso al Consiglio di Stato”, ha proseguito.
Poi ha ricostruito quanto avvenuto a febbraio nel corso della manifestazione di Roma quando “alcuni sindaci finora addirittura identificati; una manifestazione che venne intimidita”. Meloni, dalla Calabria “disse a 550 sindaci, amministratore e amministratrici in piazza di andare a lavorare. Un insulto vero che creò tensione” ma in quell’occasione non ci fu occasione di confrontarsi con il governo “uno scandalo vero, un segnale di una perdita di cultura democratica”.
“A Montecitorio dove vado per bere un bicchiere d’acqua – ha proseguito – alcuni giornalisti mi riferiscono di nuovo delle dichiarazioni della Meloni. E alcune persone hanno registrato un fuori onda. Una vera offesa”. Quando c’è stato un fuori onda che ha “riguardato la Meloni le ho espresso la solidarietà ma ci sono stati organi di informazione che anzichè parlare del blocco dei fondi di sviluppo e coesione hanno discusso di un insulto del tutto inesistente perchè in un Paese civile i fuori onda si mettono da parte”. “Ma dopo quattro mesi a Caivano la Meloni si presenta come una portatrice di una vendetta. Non ci sono parole ma il problema non è stato risolto”, ha aggiunto.
“Dice siamo che i primi in tutto, nella crescita, nel Pnrr ma non sappiamo quanti sono i cantieri aperti e non si capisce quanti sono i miliardi dati in prestito, da restituire”, ha proseguito. “Dovremmo sollecitare tutti gli esponenti che forniscono dati: dite da dove li prendete. Cosi’ i cittadini possono verificarlo”, ha aggiunto.
La Meloni, a giudizio di De Luca “non si confronta con nessuno. Almeno una volta al mese presentati davanti ai giornalisti in maniera pubblica, senza scappare”.
(da agenzie)

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FORZA ITALIA RESTA UNA “QUESTIONE DI FAMIGLIA”: NEI PRIMI 4 MESI DELL’ANNO GLI EREDI BERLUSCONI HANNO VERSATO NELLE CASSE DEL PARTITO 600 MILA EURO: 100 MILA A TESTA DAI CINQUE FIGLI DEL CAV E ALTRETTANTI DAL MARITO DI MARINA, MAURIZIO VANADIA

Maggio 31st, 2024 Riccardo Fucile

HA SGANCIATO 100 MILA EURO ANCHE PAOLO BERLUSCONI, MENTRE LA “VEDOVA INCONSOLABILE” MARTA FASCINA HA CONTRIBUITO CON 56 MILA EURO… E LETIZIA MORATTI, CHE SCALPITA PER SCALARE IL PARTITO, HA STACCATO UN ASSEGNO DI 20.000 EURO

La famiglia Berlusconi ha sostenuto con 600mila euro Forza Italia nei primi quattro mesi del 2024. Nell’ultimo aggiornamento dei contributi, prestazioni e altre forme di sostegno percepite dal partito, fra marzo e aprile sono arrivati cinque versamenti da 100mila euro ciascuno da parte dei cinque figli di Silvio Berlusconi: Barbara, Eleonora, Luigi, Pier Silvio e Marina, appena nominata Cavaliere del lavoro – come papà Silvio – dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Un contributo dello stesso valore nelle casse azzurre è arrivato anche dal marito di Marina Berlusconi, Maurizio Vanadia.
Altri 100mila euro in aprile li ha versati Paolo Berlusconi, fratello del fondatore di Forza Italia. E l’ultima compagna dell’ex premier, la deputata Marta Fascina, ha contribuito con 56mila euro, dopo gli oltre 40mila versati nei primi mesi dell’anno.
Nell’elenco ci sono anche 20mila euro da parte di Letizia Moratti, alla guida della consulta della segreteria nazionale del partito e candidata alle Europee.
(da agenzie)

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CHI DI FUOCO FERISCE, DI FUOCO PERISCE: LA VILLA DI PUTIN SUI MONTI MONTI ALTAI, IN MONGOLIA, È STATA DISTRUTTA DA UN INCENDIO

Maggio 31st, 2024 Riccardo Fucile

PIÙ VOLTE PUTIN VI AVEVA OSPITATO BERLUSCONI, LA DACIA ERA DOTATA ANCHE DI BUNKER NUCLEARE … DIETRO IL ROGO C’E’ LA MANO DI QUALCHE 007 ESTERO O DI NEMICI POLITICI INTERNI?

Diffuse le drammatiche immagini che mostrano una delle dacie (villa) di Vladimir Putin avvolta dalle fiamme.
La proprietà, conosciuta per essere una delle case per le vacanze del leader russo e contenente un bunker antinucleare, è stata quasi completamente distrutta da un incendio, secondo quanto riportato dal canale Telegram Siren.
In sostanza si tratta della sua casa d’inverno.
Siren ha analizzato le immagini diffuse online, confermandone l’autenticità. Il post sul canale spiega: «La foto mostra elementi identici nella decorazione esterna dell’edificio: il colore della facciata, gli spazi verdi situati accanto all’edificio e il tetto della casa».
Il filmato dell’edificio in fiamme è stato pubblicato dalla blogger Amyr Aitashev e dall’attivista Aruna Arna. Le cause dell’incendio restano ancora sconosciute.
Nel 2010 sono emersi dettagli curiosi sulla dacia, ufficialmente di proprietà del colosso del gas Gazprom. Il complesso non è accessibile al pubblico e nel 2011, i giornalisti di Novaya Gazeta furono respinti dalla sicurezza perché la struttura era destinata a momenti di svago di alti funzionari di Stato.
Gazprom ha dichiarato che il complesso è utilizzato per «incontri con partner commerciali, eventi aziendali e accoglienza di ospiti stranieri».
(da agenzie)

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UN ITALIANO SU QUATTRO AMMETTE DI COMPRARE PRODOTTI CONTRAFFATTI, UN MERCATO CHE VALE OLTRE 32 MILIARDI E SI MUOVE PREVALENTEMENTE ONLINE

Maggio 31st, 2024 Riccardo Fucile

IL GIRO D’AFFARI HA ENORMI CONSEGUENZE: GLI ESERCENTI, ALZANO I PREZZI E STANGANO I CONSUMATORI ONESTI

Una tassa occulta di quasi 40 miliardi di euro pesa sulle imprese del commercio e dei pubblici esercizi. Un conto salato da pagare e, a guardare le voci e i relativi importi presenti in questo speciale “scontrino”, emerge che le principali minacce per la redditività di negozi, bar e ristoranti sono rappresentate dall’abusivismo commerciale, dalla contraffazione e dal taccheggio, che da soli “scippano” ai fatturati, secondo un’indagine Confcommercio-Format Research, tra i 22 e i 23 miliardi.
Un consumatore su quattro, afferma la ricerca, ha acquistato un prodotto contraffatto o un servizio illegale nel 2023. E anche questo è un riflesso delle conseguenze che ha avuto l’impennata dell’inflazione dei due anni scorsi sulle possibilità economiche delle famiglie. Il consumatore illegale è un uomo, il più delle volte con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni, impiegato, operaio o studente, con in prevalenza un livello d’istruzione medio-superiore.
Nelle regioni del Centro il 24,3% dei consumatori del Centro ha acquistato prodotti o servizi illegali nel 2023, quindi più o meno in linea con la media nazionale.
Ma l’indagine, presentata in occasione della Giornata nazionale per la legalità ideata da Confcommercio, giunta all’undicesima edizione e intitolata “Legalità, ci piace!”, va più in profondità. C’è il nodo controlli da sciogliere, con l’obiettivo di aumentare le verifiche sia sul territorio che on line.
Nel 2023 l’illegalità è costata alle imprese del settore, per la precisione, 38,6 miliardi di euro, mettendo a repentaglio 268 mila posti di lavoro regolari. La ricerca Confcommercio-Format Research scatta una fotografia molto nitida della situazione. L’abusivismo commerciale costa 10,4 miliardi quello nella ristorazione pesa per 7,5 miliardi, la contraffazione per 4,8 miliardi, il taccheggio per 5,2 miliardi.
Poi c’è da tener conto degli altri costi della criminalità (ferimenti, assicurazioni, spese difensive) che ammontano a 6,9 miliardi di euro.
I costi legati alla cyber-criminalità, infine, ammontano a 3,8 miliardi di euro, sempre secondo le stime dell’Ufficio studi di Confcommercio.
L’usura, prosegue la ricerca, resta il fenomeno criminale percepito in maggior aumento dagli imprenditori del terziario di mercato (per il 24,4%), seguito da furti (23,5%), aggressioni e violenze (21,3%), atti di vandalismo (21,1%).
Più di un imprenditore su tre teme il rischio di essere esposto a fenomeni criminali e i furti sono il crimine che preoccupa maggiormente in termini di sicurezza personale, dei propri collaboratori e della propria impresa (per il 30,4%). La quota di imprenditori allarmata dal rischio di esposizione a usura e racket raggiunge invece il 22,2% a livello nazionale e tocca un picco del 25,6% al Sud (25,6%).
Più grave la situazione al Centro Italia, dove il 36,8% degli imprenditori del terziario teme di essere esposto a fenomeni criminali quali furti, rapine, atti vandalici e aggressioni, contro una media nazionale del 33,9%.
Sempre al Centro i furti sono il principale crimine che preoccupa gli imprenditori del comparto sul piano della sicurezza della propria impresa, della propria persona e dei collaboratori (35,9%). Anche in questo caso il dato è sensibilmente superiore al valore riscontrato su tutto il territorio nazionale che è pari al 30,4%.
Ma come si muovono i consumatori che acquistano prodotti “taroccati”? La maggior parte (il 70,6%) ha utilizzato il canale online e circa la metà (il 45,6%) ha effettuato acquisti esclusivamente online, indica la ricerca. Capi di abbigliamento (64,1%), pelletteria (32,4%) e calzature (31%) restano i prodotti contraffatti più acquistati. E ancora.
La maggior parte dell’intrattenimento (86,4% della musica, film, abbonamenti tv), dei prodotti di elettronica (65,9%), dei profumi e cosmetici (59,5%) e dei parafarmaci (58,6%) passa dal canale degli acquisti online.
Infine, il 66,4% dei consumatori ritiene che sui canali di vendita online sia più facile cadere nella trappola dell’acquisto inconsapevole di articoli contraffatti e al 21,5% degli intervistati è capitato di acquistare sul web prodotti contraffatti credendo che fossero originali.
(da il Messaggero)

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LA DIOCESI DI PADOVA NEI BOLLETTINI PARROCCHIALI INVITA A VOTARE I PARTITI FILO-UE ALLE PROSSIME ELEZIONI EUROPEE: “NON QUANTI NON CREDONO NELL’EUROPA E LA TOLLERANO SOLTANTO PER INTERESSI NAZIONALI”

Maggio 31st, 2024 Riccardo Fucile

E LA LEGA, GUIDATA DA UN SEGRETARIO CHE BACIA ROSARI AI COMIZI, STREPITA: “LA POLITICA NON SI FA NELLE CHIESE”

Polemiche in Veneto da parte della Lega nei confronti di un documento della Diocesi di Padova, che invita a votare alle prossime europee “partiti e persone che con chiarezza sostengono il progetto Europa, rispettoso dell’autonomia dei singoli Stati membri e insieme capace di scelte unitarie all’insegna dell’integrazione europea”, e non “quanti non credono nell’Europa e la tollerano soltanto per interessi nazionali”.
I quotidiani veneti riportano alcune affermazioni della consigliera regionale leghista Francesca Scatto, la quale si rammarica “che la Diocesi di Padova abbia diffuso una nota ufficiale, pubblicata nei bollettini parrocchiali, con delle indicazioni di voto per le prossime elezioni europee. Non è solo una questione di merito, ma di metodo.
§Penso – precisa – che questo tipo di intemerate facciano più male che bene alla Chiesa, che, come noto, ha altre finalità e altri scopi rispetto a quelle di una campagna elettorale. La politica si fa nelle sale consiliari, non certo nelle Chiese”.
Magari lo dica al suo segretario che agitava in aria rosari e crocifissi in modo blasfemo.
(da agenzie)

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COSE MAI VISTE, LA PAPESSA MELONI ORA “SCOMUNICA” PURE L’ARCIVESCONO

Maggio 31st, 2024 Riccardo Fucile

I NERVI SONO SALTATI, LA PAURA FA NOVANTA, LA DUCETTA ORBANIANA OGGI ATTACCA PM E VATICANO: “SANZIONI AI GIUDICI”

Giorgia Meloni mette alla sbarra i magistrati. Per dare forza alla riforma della giustizia, e difenderla dalle critiche dell’Anm, contesta alcune decisioni di giudici e pm, ne sollecita altre.
La premier utilizza la ribalta offerta da Dritto e rovescio, su Rete 4. L’arresto del governatore ligure Giovanni Toti? «Guarda caso avviene in campagna elettorale». Deciderà Toti se dimettersi, dice Meloni.
Ma dopo la riforma, garantisce, «le cose funzioneranno meglio». Invoca sanzioni certe per le toghe che cadono in errore, spiega che l’istituzione dell’Alta corte disciplinare serve anche a questo.
Addita «il pm che occultava le prove a favore dell’Eni e non è mai stato punito», con riferimento all’inchiesta bresciana che vede sotto processo i pubblici ministeri Sergio Spadaro e Fabio De PasqualeE la leader finisce per denunciare pure la mancanza d’iniziativa delle Procure. L’obiettivo della riforma, spiega, è quello di «liberare il Csm dalle correnti politicizzate».
È un fiume in piena, Meloni, in una reprimenda che non risparmia i vescovi. Le critiche del presidente della Cei Matteo Zuppi sul premierato? «Non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare». La presidente del Consiglio, senza freni, usa di nuovo l’arma del sarcasmo.
La giustizia è il tema più scottante. L’Anm, d’altronde, non vuole fare sconti. I dettagli della mobilitazione annunciata saranno definite nel comitato del 15 giugno. «La riforma è contraddittoria, ambigua, nasconde aspetti pericolosi. Le nostre critiche – dice la vicepresidente Alessandra Maddalena – rimangono fermissime e siamo preoccupati da cittadini, perché vediamo una magistratura più debole, intimorita, che opererà secondo criteri burocratici. La mobilitazione potrà avere qualsiasi forma. Anche di carattere culturale».
Ad animare la maggioranza, intanto, c’è un braccio di ferro silenzioso. Vede contrapposti Forza Italia, che non perde occasione per rivendicare la paternità delle norme, e Fratelli d’Italia. Una sfida che riguarda la gestione del ddl costituzionale in Parlamento. Il partito di Tajani chiede con insistenza che l’esame del provvedimento parta dalla Camera, e segnatamente dalla commissione Affari costituzionali guidata dall’azzurro Nazario Pagano. Un modo per dettare i tempi dell’iter, per orientarne il cammino. Per tenere il cappello sulla riforma.
Il partito di Giorgia Meloni è molto più prudente e vorrebbe dirottarla sul Senato, che già ha tenuto a battesimo il premierato. In ogni caso non ha intenzione di concedere favori agli alleati, a pochi giorni dalle Europee.
Anche perché, si fa notare negli ambienti dell’esecutivo, il calendario di Montecitorio rischia di intasarsi, visto che alla Camera dovrebbe arrivare presto lo stesso premierato e in autunno ci sarà il bilancio. «Il governo non ha preso ancora alcuna decisione», si sottolinea in serata. E chissà se la questione sarà risolta prima del voto.
(da agenzie)

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VANNACCI EVOCA LA X MAS PER RACCOGLIERE VOTI, E’ PROPRIO ALLA FRUTTA: “COSI’ TRAVOLGEREMO QUESTA EUROPA”

Maggio 31st, 2024 Riccardo Fucile

“FATE UNA DECIMA SUL MIO NOME”… UN SOGGETTO COME LUI NON E’ DEGNO DI CITARE UN CORPO MILITARE GLORIOSO CHE PRIMA DELL’8 SETTEMBRE ERA STATO UN CORPO D’ELITE DELLA MARINA

Roberto Vannacci ha seminato per mesi allusioni e strizzate d’occhio all’estrema destra per preparare il terreno alla sua candidatura alle prossime elezioni europee, poi concretizzatasi con la candidatura in quota Lega. Mai, però, si era spinto così in là come nel video spuntato da alcune chat riservate ai sostenitori più “incalliti”.
Nello spot elettorale, breve e cristallino, Vannacci invita a votare per lui «facendo la Decima». Lo dice incrociando le dita a forma di ‘X’. Un riferimento che pare inequivocabile alla Decima Mas, il corpo militare italiano noto per aver disobbedito alle indicazioni del nuovo governo Badoglio dopo l’armistizio del 1943 per unirsi invece alla Repubblica sociale italiana
«Sull’apposita scheda fate una “Decima” sul simbolo della Lega e scrivete Vannacci e li travolgeremo tutti con una valanga di voti. Per cambiare questa Europa che non ci piace», dice il Generale nello spot. Che non compare sui canali ufficiali della Lega, ma è stato intercettato da un giornalista del TgLa7 in chat dei fedelissimi. Ora la clip è destinata a diventare di dominio pubblico, e – facile prevedere – a scatenare un nuovo polverone su Vannacci e sulla Lega di Matteo Salvini che lo ha scelto come capolista in tutta Italia per le Europee dell’8 e 9 giugno.
Non è la prima volta che la Decima Mas entra nel dibattito pubblico. In occasione della parata delle Forze Armate del 2 giugno 2023 diversi utenti in rete segnalarono un presunto “saluto fascista” da parte di un corpo militare al grido «Decima». Nulla di più falso. Il saluto solitamente fatto da diverse unità delle Forze Armate in questo tipo di parate non è quello fascista.
Non esiste ad oggi l’unità militare X MAS e nello spezzone incriminato era inquadrata la Compagnia del Gruppo Operativo Incursori (GOI) del Raggruppamento Teseo Tesei (COMSUBIN). Erede della X Flottiglia MAS del Regno d’Italia (poi “Mariassalto”), non della X Flottiglia MAS della Repubblica Sociale Italiana (RSI)
Lo staff di Vannacci ha confermato dopo che il video è diventato di dominio pubblico che lo spot intendeva rendere omaggio alle «imprese eroiche» della Decima Mas, pur specificando che la clip «è stata realizzata da alcuni sostenitori», come a dire che non è da considerarsi materiale elettorale “ufficiale” del capolista della Lega. Per quanto riguarda il contenuto, lo staff di Vannacci riassume come segue l’oggetto dell’evocazione con la X: «La Decima MAS, come riportato da Treccani, è “il reparto dei mezzi d’assalto della Marina italiana che nel marzo del 1941 assunse la denominazione di X flottiglia MAS”. Nel libro “Il coraggio vince” il generale Vannacci ricorda come da ragazzo fu ispirato ad entrare nei corpi speciali dalle imprese compiute dalla X flottiglia Mas prima dell’armistizio. Il riferimento, come già scritto nel libro, è alle imprese di Malta e ad Alessandria In Egitto, prima dell’8 settembre».
(da Open)

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IL GOVERNATORE DI BANKITALIA, PANETTA: “IL DEBITO PUBBLICO E’ UNA ZAVORRA, DOBBIAMO LIBERARCENE PER TORNARE A CRESCERE”

Maggio 31st, 2024 Riccardo Fucile

“NON DOBBIAMO FARCI ILLUSIONI, LA NOSTRA ECONOMIA SOFFRE DI PROBLEMI GRAVI E RADICATI”

Fabio Panetta, il governatore della Banca d’Italia, ha tenuto per la prima volta nel suo mandato il tradizionale discorso sulle Considerazioni Finali, definendo un’agenda chiara che punta sul rilancio della crescita e la riduzione del debito, definito come una “zavorra” per il Paese. “Non siamo condannati alla stagnazione. La ripresa registrata dopo la crisi pandemica è stata superiore alle previsioni e a quella delle altre grandi economie dell’area”, ha sottolineato, ribadendo che “oggi un’inversione di tendenza è possibile”.
Nonostante questo, “non dobbiamo farci illusioni” ha detto il governatore di Bankitalia, perché “la nostra economia soffre ancora di problemi gravi, alcuni radicati e di difficile soluzione”. Tra questi ci sono in primis l’elevato debito pubblico e il ritardo economico del Mezzogiorno, “questioni ineludibili per la politica economica”. In particolare, il debito pubblico è “una tale zavorra che ci costringe ogni anno a impegnare considerevoli risorse pubbliche per pagare interessi, sottraendole all’innovazione e allo sviluppo”. Come fare, allora? “Potremo liberarci del fardello del debito soltanto coniugando prudenza fiscale e crescita”, dice Panetta.ù
Ora serve quindi “un piano credibile volto a stimolare la crescita e la produttività, e nel contempo realizzare un graduale e costante miglioramento dei conti pubblici”. In questo senso sarà importante usare al meglio i fondi del Pnrr e farlo in tempi contenuti: un compito “arduo”, ma che è “cruciale per risollevare la crescita potenziale dell’economia”. Panetta ha anche aggiunto: “La piena attuazione degli investimenti e delle riforme previste dal Pnrr, oltre a innalzare il prodotto di oltre di 2 punti percentuali nel breve termine, avrebbe effetti duraturi sulla crescita dovuti a incrementi di produttività stimabili tra 3 e 6 punti percentuali in un decennio”.
Un ruolo decisivo lo giocherà chiaramente “il capitale umano”. Il governatore di Bankitalia ha sottolineato: “Il ritardo rispetto a molti paesi avanzati nelle competenze lavorative di giovani e adulti si riflette in un’occupazione sbilanciata verso le professioni meno qualificate. Competenze e conoscenze, da nutrire e rivitalizzare lungo tutto l’arco della vita, sono il cardine non solo del progresso economico, ma anche e soprattutto di quello civile”. Non solo i giovani, anche i cittadini immigrati: un sostegno all’occupazione deriva infatti “da un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat”, che occorrerà “gestire insieme agli altri Paesi europei”, “rafforzando le misure di integrazione”.
Insomma “l’agenda è chiara e può essere realizzata”, ha proseguito Panetta, “per tornare a crescere e per contare in Europa, e con l’Europa contare nel mondo”. E ancora: “L’avanzamento dell’integrazione europea è la risposta ai mutati equilibri geopolitici e al rischio di irrilevanza cui i singoli Stati membri sarebbero altrimenti condannati dalla cruda aritmetica dei numeri”.
Panetta ha concluso parlando dell’inflazione e sottolineando che la diminuzione è finora in linea con le aspettative e che quindi “se i dati risulteranno coerenti con le attuali previsioni, e finora lo sono, si profila un allentamento delle condizioni monetarie” della Bce. In altre parole, i tassi di interesse potrebbero cominciare a scendere.
(da Fanpage)

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MELONI UNA DEL POPOLO? MA SE DA UNA VITA STA CON LE ELITE

Maggio 31st, 2024 Riccardo Fucile

E’ ORA DI SMONTARE LE BALLE SU CHI SAREBBE IL “POPOLO” CHE DICE DI RAPPRESENTARE: IN REALTA’ EVASORI, LOBBY E POTERI FORTI

Sul vanto di essere della parte del popolo contro i salotti radical chic Meloni ha impostato la campagna elettorale per essere eletta al Parlamento europeo dove non andrà: chiede agli elettori di scrivere “Giorgia” sulla scheda (come se il popolo non avesse cognome, come se i popolani non si firmassero anzi prima col cognome: “Meloni Giorgia”), si fa beffe di chi la accusa di aver occupato la Tv fingendo che l’egemonia dei suoi ministri-intellettuali (Sangiuliano, Lollobrigida, Pino Insegno) goda davvero di consenso popolare; poi, per stare vicina al popolo e non alle élite manettare, manda a prendere un ergastolano a Miami con un Falcon 2000 e lo riceve in aeroporto con tutti gli onori come un eroe, un patriota (ha solo ammazzato un cristiano: basterà per farlo almeno sottosegretario?). Forse spera che pochi si prendano la briga di elencare le sue contraddizioni.
Provvediamo. Bloccando il decreto sul Redditometro, ha detto che l’obiettivo del governo è “contrastare la grande evasione, non vessare le persone comuni”, come se le persone comuni non usassero beni e servizi destinati alla collettività e come se pagare le tasse volesse dire essere vessati. Del resto un anno fa definì le tasse “pizzo di Stato”: “L’evasione devi combatterla dove sta, big company, banche, non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato perché devi fare caccia al reddito”. Cioè, lo Stato perpetra il racket sui cittadini esattamente come i mafiosi sui commercianti.
Ma ammettiamo che Meloni voglia chiudere un occhio sui piccoli evasori perché intende colpire le banche, come si concilia tale proposito con la retromarcia del governo sulle tasse sugli extraprofitti delle banche, annunciata ad agosto come “misura di equità sociale” e serenamente rimangiata a settembre, con sollievo di Mediolanum della proletaria famiglia Berlusconi?
Puntare ai voti degli evasori (medici, tassisti, commercianti No Pos), che evadono un totale di 100 miliardi di euro, è pur sempre una strategia, ma sulle spalle del popolo che paga le tasse.
In merito al referendum sul premierato, Meloni ha detto che “sarà il popolo a parlare” (come no: dai carburatoristi della Magliana alle parrucchiere del Tufello, il popolo non chiede che di poter eleggere direttamente il premier, come hanno fatto in Israele prima di accorgersi che era una barzelletta) e che “il mondo della conservazione, i salotti radical chic, si muoverà contro” (Renzi li chiamava “professoroni”, “archeologi travestiti da costituzionalisti”, etc.). Ma non si era autonominata, Meloni, leader dei conservatori? Nel 2021, quando voleva eleggere Berlusconi presidente della Repubblica, lanciò il Manifesto dei conservatori ad Atreju (festa patriottica basata su un romanzo fantasy tedesco, vabbè), a “difesa dei valori fondamentali per la società, come la famiglia” (e chi meglio di Berlusconi a difesa della famiglia tradizionale) e per “difendere le nostre nazioni dai tentativi di privarle dei loro poteri”.
Missione fallita: il ministro dell’Economia Giorgetti ha firmato a dicembre il Patto di Stabilità (deciso in un vertice privato tra Germania e Francia) che rischia di spingerci alla recessione incaprettandoci con tagli per 12,5 milioni l’anno fino al 2031, soldi che non verranno sottratti agli armamenti (ci siamo impegnati con la Nato per l’aumento al 2% del Pil per le armi, 13 miliardi l’anno), ma alla Sanità pubblica e al welfare. Meloni voleva scardinare le élite, scavare come la talpa di Marx sotto l’orto dei padroni del neoliberismo, e poi, diventata capa del governo, ha fatto tutto quello che volevano le élite europee, dal firmare diligentemente gli invii di armi all’Ucraina al prendere il tè con la Von der Leyen al dolce suono dei missili Samp-T.
Infine, l’aporia fondamentale: come può una del popolo affamare i poveri, togliendogli il Reddito di cittadinanza, come volevano Renzi e Confindustria? Parliamo di un milione di famiglie (Istat) che hanno visto annullarsi o ridursi il sussidio (i poveri, 5,6 milioni di persone, non votano e comunque sono meno degli evasori).
Con quale popolo parla Giorgia? Farebbe bene a tornare nei mercati rionali, invece di vantarsi nelle sue scenette comiche di aver tenuto a bada i mercati finanziari con lo spread, il feticcio delle élite contro cui diceva di battersi.
(da Il Fatto Quotidiano)

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