Maggio 11th, 2024 Riccardo Fucile
LA SEGRETARIA FA VISITA A QUATTRO FAMIGLIE E ATTACCA IL GOVERNO: “DEVE VEDERE LA SOFFERENZA DELLA GENTE”
«La Meloni ha detto: “C’è lavoro”, non so dove l’ha visto. Forse a casa sua, ma non qui in Sicilia», è il racconto di Rosalia, una donna che vive da 40 anni nel quartiere Zen 2 di Palermo. Qui, la segretaria del Pd Elly Schlein, ha incontrato quattro famiglie dell’estrema periferia del capoluogo siciliano.
Senza stipendio e sussidio
La segretaria dem ha raggiunto l’abitazione della signora, portandole in regalo un vassoio di dolci, come si fa in Sicilia quando si va in casa d’altri. Rosalia La Vardera ha 59 anni e non saprebbe come vivere perché non ha né lavoro né sussidio. Non può chiedere nemmeno l’assegno d’inclusione, perché ha solo la quinta elementare. «Sono abbandonata a me stessa, tante persone nel quartiere sono nella mia stessa condizione», racconta.
Vive al primo piano di una palazzina gialla, nel cuore dello Zen 2 dove tutte le abitazioni sono uguali e basta fare un giro per vederne il degrado.
La segretaria del Pd l’ha ascoltata per quasi un’ora, insieme alle altre tre famiglie: «Solo una persona non ammiro, la Meloni. Quello che passiamo noi lo dovrebbe passare lei – confessa Rosalia – Mi dispiace. Ho fatto la richiesta del sussidio, ma senza risultato perché avendo la quinta elementare non mi fanno lavorare. Devo aspettare di compiere 60 anni per avere il minimo: 350 euro».
A casa di Rosalia vivono i suoi tre figli e due nipotini. «È giusto che i ragazzi debbano andare a lavorare ma noi? Noi a 50 anni che dobbiamo fare? Quando c’era il reddito di cittadinanza almeno si stava un po’ meglio».
L’appello delle famiglie dello Zen 2
Nel breve video diffuso sui social, la signora Rosalia fa il conto delle spese mensili: «Uno deve pagare la luce, deve pagare pure l’affitto e l’acqua, la bombola del gas e deve anche mangiare con 350€».
«In queste condizioni è impossibile non solo pensare a un futuro ma anche garantirsi un presente dignitoso –ha scritto poi Schlein, che attacca l’esecutivo –. Questo Governo è ormai chiuso nel palazzo da più di un anno e mezzo, Giorgia Meloni ha perso il contatto con la realtà».
La segretaria si è così fatta portavoce dell’appello delle famiglie: «Il governo deve vedere questa sofferenza, devono vedere cosa vuol dire non sapere cosa portare da mangiare».
“Folle cancellare il reddito di cittadindanza”
«È stata una scelta folle – aggiunge la segretaria dem – quella di cancellare il reddito di cittadinanza, doveva proseguire, potevano miglioralo. Invece lo hanno smantellato, riducendo le risorse e introducendo dei requisiti che sono discriminatori, ci sono persone che non ci rientrano. I ragazzi qui che tipo di futuro possono avere con salari bassi, contratti precari, non si trova lavoro. Dobbiamo fare politiche attive del lavoro? Si’ ma nel frattempo non si può far mancare il supporto necessario contro la povertà».«Noi continuiamo ad ascoltare ogni giorno le persone per costruire un’alternativa – scrive la segretaria- E continuiamo anche a batterci per il salario minimo attraverso la raccolta firme che abbiamo avviato e su cui tutti i livelli del partito sono mobilitati».
(da la Stampa)
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Maggio 11th, 2024 Riccardo Fucile
IL RIMPASTO RICHIEDE IL VOTO DI FIDUCIA DEL PARLAMENTO (MATTARELLA NON TRANSIGE)… PREMIERATO: ALTI RISCHI PER LA LEADERSCHIP DI MELONI CON UN REFERENDUM “SOLA CONTRO TUTTI” (FU LA FINE DI MATTEONZO RENZI….)
Dieci giugno: se Palazzo Chigi volesse riequilibrare i rapporti di forza nel governo in base al voto, dovrebbe attenersi a un vademecum.
È una sorta di «istruzioni per l’uso» predisposto dal Quirinale, che da tempo ha avvertito la presidente del Consiglio sulle modalità di gestione per eventuali cambi di ministri. Un conto sarebbe la sostituzione di un rappresentante dell’esecutivo. E allora si procederebbe senza intaccare la continuità del gabinetto. Se però questa scelta producesse un effetto domino nella squadra, anche solo per lo spostamento da un dicastero all’altro di alcuni suoi componenti, allora la premier dovrebbe passare dalle Camere per chiedere una nuova fiducia.
Meloni ha tutto chiaro. Il punto è che lei non intende fare il bis. Nella sua testa c’è l’ambizione di «realizzare un record», che non è riuscito nemmeno a Berlusconi. È vero che il Cavaliere durò un’intera legislatura dal 2001 al 2006, ma allora gli alleati gli imposero un rimpasto che interruppe il Berlusconi II e portò al Berlusconi III. Ma sarebbe un errore immaginare che l’intento della premier sia legato al primato di durata.
L’obiettivo che si cela dietro questo tentativo è politico e va oltre il tema (scontato) della stabilità.
Se il risultato delle Europee dovesse confermare i dati dei sondaggi, «Giorgia» vedrebbe rafforzata la sua leadership nel Paese e nel centrodestra in un quadro nazionale sempre più bipolarizzato. Resistere alla tentazione di aumentare la rappresentanza di FdI nel governo le garantirebbe un forte dividendo al cospetto degli alleati. Bloccherebbe per esempio le richieste di riequilibrio di Forza Italia, nel caso in cui riuscisse a sorpassare la Lega. E blindando Matteo Salvini nel suo ruolo di vicepremier, lo farebbe di fatto «prigioniero», tenendo contemporaneamente l’esecutivo al riparo dagli scossoni interni nel Carroccio.
Perciò a Meloni non conviene aprire il vaso di Pandora del rimpasto. Si ficcherebbe in un ginepraio e dovrebbe distogliere la sua attenzione dalla vera insidia che le si parerà davanti. Dal dieci giugno partirà infatti nel Palazzo la «stagione della caccia», e lei sarà la volpe che i leader delle opposizioni — chiamati a organizzarsi — vorranno portare in pellicceria. Non avere problemi nella coalizione, le consentirebbe quindi di gestire il timing fino alle Politiche.
Ecco il vero crocevia su cui dovrà prendere una decisione: il «record» a cui ambisce è traguardato alla fine naturale della legislatura o all’eventuale referendum sulla riforma costituzionale? Finora il progetto del «premierato» è parso più una mossa elettorale.
Servirà del tempo per capire se davvero Meloni vorrà andare fino in fondo, se il testo presentato in Parlamento sarà poi sostituito da un «foglio bianco» su cui scrivere l’intesa con una parte dell’opposizione. Altrimenti il referendum si trasformerebbe in una sfida da «una contro tutti».
Cioè in un azzardo.
La presa sulla pubblica opinione che non ha subìto logoramento, nonostante fosse fisiologico dopo due anni di governo? Così si capisce cosa c’è dietro l’idea di non toccare nulla. «Se potesse, non farebbe il bis. Poi bisognerà vedere la dura realtà delle cose», dice un’autorevole personalità di FdI. Che non smette di fare scongiuri.
(da Corriere della Sera)
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Maggio 11th, 2024 Riccardo Fucile
L’IMPRENDITORE, ACCUSATO DI CORRUZIONE, È PRESIDENTE (ORA SOSPESO) DELLA SOCIETÀ REGIONALE “LIGURIA INTERNATIONAL” E CONSIGLIERE DELL’AEROPORTO DI GENOVA – PITTO AVREBBE AGGIUSTATO CON IL CAPO DI GABINETTO DI TOTI, MATTEO COZZANI, LA PRATICA PER OTTENERE UN PANNELLO PUBBLICITARIO
Anche se la Lega ostenta seraficità, nelle carte dell’inchiesta che sta sconvolgendo la scena politica in Liguria compare anche il nome di un professionista, molto low profile, che il Carroccio però da tempo ha posizionato in ruoli chiave in Liguria.
Gode della fiducia del viceministro per le Infrastrutture Edoardo Rixi, che in Liguria è anche coordinatore regionale del partito di Salvini: si tratta di Ivan Pitto, imprenditore del settore pubblicitario, raggiunto dalla misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare professioni, imprese o uffici direttivi. Nei confronti di Pitto, la gip Paola Faggioni ha disposto anche il sequestro di ottomila euro.
Classe 1974, è accusato di corruzione insieme al suo socio Giovanni Olcese, all’ex sindaco di Portovenere e capo di gabinetto di Toti Matteo Cozzani, e al fratello di quest’ultimo Filippo.
Nelle ultime ore Pitto è stato sospeso dal suo incarico di presidente di Liguria International, partecipata della Regione che si occupa di promozione delle aziende liguri in Italia e all’estero, al cui vertice era stato indicato dalla giunta Toti proprio su richiesta di Rixi. Il Cda di Liguria International è stato convocato in fretta e furia non appena è stata pubblicata la nota della Procura della Spezia, con il nome di Pitto tra quelli raggiunti da misure cautelari.
Il consiglio, nel quale tra l’altro siede la nuora di Paolo Berlusconi, l’imprenditrice Matilde Bruzzone, ha preso atto dell’immediata sospensione dell’incarico del presidente, ma non ha indicato un presidente pro tempore.
L’incarico di Ivan Pitto al vertice della società Liguria International risale al 2016, pochi mesi dopo l’insediamento della prima giunta di Giovanni Toti, in cui era assessore allo Sviluppo economico proprio l’attuale viceministro Rixi: «Abbiamo affidato la presidenza a un giovane imprenditore, dinamico e preparato, il nostro augurio di buon lavoro a Pitto», dicevano in un comunicato Toti e Rixi.
Per la Procura, però, il “giovane dinamico” in uno degli episodi contestati avrebbe aggiustato con Cozzani la pratica per installare un ledwall, un pannello pubblicitario elettronico, a Portovenere: «Qua è tutto mio, non c’ho problemi, capito?», diceva Cozzani, intercettato, a Pitto. Che in cambio, sempre per l’accusa, insieme a Olcese avrebbe affidato lavori di carpenteria a Filippo Cozzani, oltre ad offrire «un mese di pubblicità gratis (giugno ‘22) all’acqua in brick della loro ditta OF s.r.l. su ledwall installato a Rapallo».
Liguria International era finita nella polemica politica qualche tempo fa, quando la Regione aveva organizzato, tramite la società, una missione all’Expo di Dubai per promuovere le imprese liguri. Il consigliere regionale Ferruccio Sansa aveva sollevato il caso, stigmatizzandone i costi: «Per un viaggio di tre giorni, la delegazione ligure ha speso 140.370 euro». E poi, aveva evidenziato la presenza anche di Matteo Cozzani: «Che diavolo ci sarà andato a fare a Dubai il capo di gabinetto e sindaco di Portovenere?».
Oltre a guidare Liguria International, Ivan Pitto siede tuttora nel Cda dell’Aeroporto di Genova. Anzi, a ulteriore dimostrazione di quanta fiducia goda nelle schiere della Lega, il partito lo aveva indicato inizialmente come candidato presidente della società che gestisce lo scalo.
(da La Repubblica)
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Maggio 11th, 2024 Riccardo Fucile
LA PREMIER HA TROPPI CASINI A CUI PENSARE. QUELLA OPERATIVA, PER CERTE BEGHE È ORMAI LA SORELLA DI DUE ANNI PIÙ GRANDE, PIÙ ALTA DI 7 CENTIMETRI, PERÒ IDENTICA NEI MODI E NELLA VOCE
Alcune persone custodiscono una forza prodigiosa che gli congela il sentimento della vergogna. Leggete qui: l’altra sera finisco a una cena romana, una di quelle dove ogni tanto devi andare perché è lì che incontri le persone giuste e ascolti chiacchiere, pettegolezzi politici, annusi retroscena e capisci chi sale e chi scende, nei palazzi del potere.
Siamo al dolce e quello seduto accanto a me, un manager importante, a capo di un’azienda partecipata, di colpo cambia discorso e mi fa, con l’aria complice: «Scusa, è da prima che volevo chiedertelo: ma tu ce l’hai il cell di Arianna Meloni?» (Pim! Mi si accende la lampadina). Sì – rispondo – certo.
Tu no? «Guarda: io ho quello di Giorgia, ci conosciamo da anni. Ma ha troppi casini a cui pensare. Il mestiere della premier è impegnativo. Quella operativa, per certe beghe, è ormai la sorella. Quindi se tu fossi così gentile da…».
Il giorno dopo m’informo meglio e ricevo conferme precise: sì, da alcuni mesi, il numero di cellulare più importante d’Italia non è quello della presidente del Consiglio, ma di sua sorella Arianna, di due anni più grande, più alta di 7 centimetri, però identica nei modi, nella voce e, soprattutto, nel modo di pensare e vedere la politica, e la vita.
Arianna segue la clamorosa carriera della sorella sempre da vicino, ma nell’ombra. Finché Giorgia, entrata a Palazzo Chigi, non s’accorge che il suo establishment destrorso – una folla di deputati, sottosegretari e ministri, dirigenti pubblici e aspiranti boiardi di Stato, tutti travolti dal miracoloso successo di Fratelli d’Italia – è modesto, pasticcione, inadeguato, inaffidabile. Il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari – fedele, ruvido e pragmatico – da solo non basta. Arianna. Serve lei. Così, prima le affida la guida del partito. Poi lascia che sia lei a rispondere al cellulare. Sembra di sentirli: «Mia cara Arianna, disturbo?».
(da il Corriere della Sera)
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Maggio 11th, 2024 Riccardo Fucile
TAJANI SULLE BARRICATE: “SUL TESTO VOGLIO VEDERCI PIU’ CHIARO” (E ANNUNCIA MODIFICHE IN PARLAMENTO) – IL MINISTRO LEGHISTA, CON LA CASSA VUOTA E UN DEBITO MOSTRUOSO, TAGLIA CORTO: “SE NE FARA’ UNA RAGIONE”
L’emendamento della discordia viene depositato al Senato quando mancano pochi minuti a mezzanotte. Ma sono minuti “preziosi” per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti perché con la proposta di modifica al decreto Superbonus mette nero su bianco lo “Spalma crediti” in dieci anni per le spese sostenute nel 2024.
Quello che aveva annunciato mercoledì ai senatori della commissione Finanze che stanno esaminando il provvedimento. E che però, nel frattempo, è stato bocciato da Forza Italia, oltre che dalle imprese, contrari a diluire i rimborsi in un arco temporale più lungo rispetto a quello attuale.
Lo “Spalma crediti” in 10 anni
Dopo una giornata di botta e risposta a distanza con il leader di FI Antonio Tajani, che aveva lamentato di non essere stato consultato da Giorgetti, il titolare del Tesoro presenta la “carta” che obbliga a ripartire le detrazioni fiscali relative ai lavori edilizi “in dieci quote annuali di pari importo”, come si legge nel testo dell’emendamento del governo.
Il leader di Fi: “Voglio vederci chiaro”
Un testo sul quale però il leader di Forza Italia non molla la presa. “Voglio vederci chiaro” dice Tajani sottolineando che l’emendamento “è stato presentato stanotte”. E poi assicura che “bisogna veramente prestare molta, molta, molta attenzione. Lunedì mattina, come partito, ascolterò tutti i rappresentanti delle varie categorie per capire cosa c’è da aggiustare in Parlamento rispetto a questa proposta che mi ha dato il ministero”. Il botta e risposta non si ferma qui e al ministro leghista tocca la contro-replica: “Se ne farà una ragione”, dice Giorgetti da un appuntamento elettorale a Modena, “quando leggerà l’emendamento e capirà il buon senso che l’ha ispirato”.
(da La Repubblica)
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Maggio 11th, 2024 Riccardo Fucile
ORA IN BALLO C’È UN ALTRO FORMAT STORICO E ACCHIAPPA-AUDIENCE DELLA RAI COME “AFFARI TUOI”: ROSSI VUOLE L’EX BALLERINO DI BELEN, CARO ALLE PUPILLE DI ARIANNA MELONI, STEFANO DE MARTINO
Benvenuti alla Rai mal-destra! Superata nel 2023 da Mediaset nella fascia delle 24 ore, per viale Mazzini in modalità TeleMeloni (tendenza Arianna) si prevedono tempi ancor più bui. Si è lasciata sfuggire, per caso o per caos, Amadeus, il Pippobaudo degli anni Duemila, che, con il trasloco sul Nove di Discovery, si è portato via anche “I soliti ignoti”, uno dei pochi format che hanno permesso al tele-baraccone di Stato di svettare negli ascolti della fascia dei preserali, nevralgica perché la più ricca di spot.
Per portarsi via “I soliti ignoti”, il duplex di Discovery, Araimo e Carafoli, non ha avuto alcun bisogno di duellare con il filosofo dei Gabbiani di Colle Oppio prestato alla tivù, il direttore generale Giampaolo Rossi, né con l’Ad pro-tempore, il democristianone tendenza Pierfurby, il casiniano Roberto Sergio, in quanto i vispi capoccioni di viale Mazzini lo scorso anno si sono dimenticati(?) di rinnovare i diritti di prelazione del format con Paolo Bassetti, amministratore di Banijay Italia, ramo del più grande gruppo produttore di contenuti per piattaforme televisive al mondo (“Affari tuoi”, “L’eredità”, “L’isola dei famosi”, “Conto alla rovescia”, “Pechino Express”, tra quelle più note sui nostri schermi).
Nei giorni scorsi c’è stato un incontro burrascoso a viale Mazzini tra Paolo Bassetti e lo staff di Giampaolo Rossi capitanato da Alberto Longatti, direttore delle risorse televisive artistiche, che ha proposto un insostenibile contratto-quadro per i vari format di Banijay della durata di quattro anni, ricevendo un “no” rimbombante come una porta sbattuta.
Perso “I soliti ignoti”, ora in ballo c’è soprattutto un altro format acchiappa-audience come “Affari Tuoi”, che dovrà andare in onda a settembre. Come è successo per “L’Eredità” che la Melona di Palazzo Chigi aveva dato ordine che fosse condotto dall’aedo di Tolkien, il doppiatore Pino Insegno, e davanti al secco rifiuto di Banijay e con il serio rischio che finisse a un’altra emittente, Rossi e Sergio sono stati costretti a cassare il comico meloncino per ripiegare sul collaudato Marco Liorni; bene, anche per il nome del successore del transfuga Amadeus alla conduzione di “Affari tuoi”, è in corso una aspra disputa.
Il nome, sul quale fortissimamente scommette il prossimo A.d. Rossi, è l’ex ballerino di Belen, caro alle pupille di Arianna Meloni, il baldo Stefano De Martino: in Rai sono sicuri che oscurerà Amadeus in una settimana: vuoi mettere quel nasone col volto spettinato con lo scamiciato bonazzo napoletano?
Inoltre, il ballerino inventato da Maria De Filippi ha al suo fianco il numero uno degli agenti, Beppe Caschetto che, una volta che viene a conoscenza dei dubbi (eufemismo) di Bassetti su De Martino, uno che non si è mai cimentato finora con una game-show come “Affari tuoi”, si scapicolla al settimo piano di viale Mazzini, preoccupatissimo: dovete chiudere con Stefano!
Come per “L’Eredità”, per contratto la Rai deve proporre un conduttore accettato da Banijay Italia, società che non ha mai nascosto, fin dall’era di Salini, la sua irritazione (eufemismo) verso le scelte e le decisioni dei vertici Rai a favore di altri produttori di contenuti, dalla Stand by me di Simona Ercolani alla Arcobaleno Tre della famiglia Presta, fino a un altro leader mondiale nell’ideazione di format, il britannico Fremantle (da “X Factor” a “Belve”).
Va anche sottolineato che la Rai con i suoi 12 mila dipendenti, ma anche Mediaset che ne ha quasi 4 mila, sono ormai fuori mercato con i loro studi di registrazione che devono marciare a tempio pieno ogni giorno dell’anno e quelle redazioni di programmi inzeppati di amici sfaccendati degli amici politici: nel mondo televisivo di oggi si parte prima dalle fondamenta (format) per finire col tetto (conduttore), dopodiché i grandi produttori, da Banijay a Fremantle, vendono chiavi in mano il pacchetto format+conduttore alle emittenti.
In casa nostra avviene il contrario e i ricavi dei grandi produttori si assottigliano: ecco perché la discesa in campo italico di Discovery Warner Bros, che ha una struttura agile e snella di appena 256 dipendenti (dati Inps) ha fatto felici Banijay e Fremantle portando pesanti e spiacevoli ripercussioni sul pachidcerma che ha preso il posto del cavallo di viale Mazzini.
Tornando a bomba. Come finirà il braccio di ferro su “Affari tuoi”? Bassetti alla fine accetterà la conduzione di De Martino, essendo già alla guida su Rai2 di un format Banijay, il comedy show “Stasera tutto è possibile”, condizionandola però a un periodo di prova: cara Rai, vediamo se il ballerino di Belen funziona come Amadeu
(da Dagoreport)
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Maggio 11th, 2024 Riccardo Fucile
SPINELLI AL TELEFONO SI VANTAVA DEL VALORE DELLA SUA SOCIETA’… “UMA MERDATA DA MANETTE”
Un altro fascicolo per abuso d’ufficio e traffico di influenze. Mentre il governatore Giovanni Toti decide di non rispondere al Gip nell’interrogatorio di garanzia per l’inchiesta sulla corruzione in Liguria si prefigura un nuovo filone. In cui si illustrano reati tecnicamente configurabili in pressioni di dirigenti pubblici nei confronti di funzionari per ottenere delibere e permessi. Toti, riferisce il suo avvocato, sta pensando alle dimissioni. Intanto emergono dettagli sulla proroga trentennale del Terminal Rinfuse. E sull’accusa ad Aldo Spinelli di averla comprata con le mazzette. Mentre in un’intercettazione l’imprenditore si vantava dell’aumento del valore della sua srl. Quando a settembre Hapag-Lloyd acquisisce il 49% della società Spinelli dice al telefono: «Ci han dato una barcata di soldi che tu non hai idea, una cosa incredibile».
L’inchiesta
A parlare dell’intercettazione di Spinelli è oggi il Corriere della Sera. Quando era al telefono con Toti, il governatore gli chiedeva finanziamenti in occasione di atti. Il Gip Paola Faggioni riporta il testo dell’intercettazione di Spinelli: «Quasi trecento milioni! A noi c’hanno dato una castagna secca. 73 milioni! Come potevamo dire di no? Ma poi cash, eh?». Mentre sulle Rinfuse emerge che l’iter ha visto l’opposizione di tre componenti del comitato dell’Autorità Portuale. Tra loro il rappresentante di Genova Giorgio Carozzi. Che in una telefonata con un amico che risponde da un cellulare intestato alla presidenza del Consiglio dei Ministri lo esorta a non votare a favore. Perché «non è per niente a norma di legge». Anzi, di più: è «una merdata da manette». Spinelli oggi si presenterà davanti al giudice per l’interrogatorio di garanzia. Sempre oggi partiranno cortei per chiedere le dimissioni di Toti. Tra i presenti ci sarà anche il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte.
Il nuovo filone
Repubblica parla del nuovo filone su abuso d’ufficio e traffico di influenze illecite. Al centro lo spostamento dei Depositi Chimici dal quartiere Multedo al porto. Sempre per agevolare Spinelli. In un’intercettazione Toti il 22 dicembre 2021 dice al sindaco Bucci: «… Vuole che gli tombiamo quel cazzo di Concenter… fanno tutti l’assalto alla diligenza… Aponte si prende il suo, quell’altro si prende il suo, Spinelli si prende il suo… cioè a noi? Non ci danno un cazzo?». E il sindaco: «Lo tombiamo appena… appena ci risolvono il problema dei depositi … tombiamo… glielo dico chiaro e tondo io… hai capito?». Bucci, con Ponte Somalia, avrebbe accontentato Spinelli.
(da Open)
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Maggio 11th, 2024 Riccardo Fucile
COSTRETTE AD ASCOLTARE IL BATTITO DEL FETO, INSULTATE E OFFESE DAL PERSONALE MEDICO: LE STORIE DI OTTO DONNE LA CUI INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA E’ STATA RESA UN INCUBO
Le storie che leggerete sono state raccolte da Non Una di Meno Rimini, che ringraziamo.
“Ho abortito il 23 dicembre. Quando siamo scese un’infermiera disse ‘tra due giorni nasce il Bambino Gesù e qui i bambini li uccidiamo’. Alcune di noi piansero”. Queste sono le storie di otto donne che hanno abortito in Italia, più precisamente nella regione dell’Emilia Romagna, negli ultimi tre anni.
Un percorso che, nonostante siano passati 46 anni dall’approvazione della legge 194, è fatto di difficoltà, insulti, umiliazioni. Donne che hanno dovuto percorrere 75 chilometri per trovare un ospedale disposto a praticare l’Ivg, che sono state offese e chiamate assassine, e che ancora oggi ricordano con rabbia quei momenti.
I loro racconti sono stati affidati a Non Una di Meno Rimini. I nomi che useremo sono ovviamente di fantasia per tutelare la loro privacy.
“L’ingresso degli anti-abortisti nei consultori non solo mina la rappresentazione che queste strutture dovrebbero avere per legge, ma ci rimanda anche a una indiretta e mascherata delegittimazione dellə operatorə – dichiara Non Una di Meno Rimini in una nota – Per quale motivo, bisognerebbe favorire l’ingresso di altre figure per svolgere compiti che già competono a operatorə? Siamo stanchə di questa strategia di governo volta a svuotare il diritto di aborto. Difenderemo i nostri consultori e il nostro diritto alla salute, sempre”.
Carla
C’è Carla che è andata al consultorio, indecisa se abortire o meno, e ha trovato operatori sanitari che l’hanno accolta e le hanno spiegato come funzionava la procedura. Le cose sono cambiate quando si è sentita male ed è finita al pronto soccorso. “Ho trovato una ginecologa che al mio ‘forse voglio interrompere la gravidanza‘, ha iniziato a dirmi di non farlo perché me ne sarei pentita, avrei fatto la fine delle sue pazienti che dopo vent’anni ancora piangono per aver abortito… così, per mezz’ora! Sono andata a casa distrutta. Poi ho deciso comunque di abortire e l’ho fatto a Cesena, credo sia l’unico ospedale che accoglie questo genere di operazioni”.
Giulia
“Non ostruzionismo per accesso all’Ivg, ma al consultorio di Rimini mi sono trovata davanti una ginecologa che durante una visita ha più volte fatto commenti e domande invasive del mio privato – racconta Giulia -. Soprattutto mi ha detto, parlando del fatto che volessi togliere la spirale senza rimetterla, ma non fossi ancora certa di cercare o meno un figlio, testuali parole: ‘basta che se poi rimani incinta lo tieni, perché nessuno ti fa l’interruzione perché non sei stata attenta’. Obiezione preventiva, aggressiva e informazioni totalmente sbagliate sull’accesso all’Ivg. E meno male che questa cosa l’ha detta a me, che so benissimo che non è così e come stanno realmente le cose. Ma se dice cose del genere a ragazze adolescenti nello Spazio Giovani? Se lo dice a donne migranti che non conoscono bene la legge italiana? L’ho trovato davvero vomitevole, ho fatto una segnalazione, ma non c’è stata alcuna conseguenza”.
Lorenza
Quando sul test di gravidanza compare la seconda linea rossa, Lorenza prenota immediatamente un appuntamento al consultorio per avere il certificato dell’Ivg. Doveva essere protetta, prendeva la pillola, ma la contraccezione non ha funzionato. “Ci va bene, hanno posto dopo tre giorni. Prima di andare a fare l’ecografia siamo obbligati ad andare dall’ assistente sociale che ci chiede il motivo di tale decisione. Se ti dicessi che ho paura, ti andrebbe bene come risposta? Passerei il tuo esame? E invece se ti dicessi che voglio godermi la mia vita per come è adesso? Andrebbe comunque bene? Tutte queste motivazioni erano vere, ma abbiamo alzato l’asticella, giusto per essere sicuri di passare l’ esame. Diciamo di avere già un altro figlio e che nessuno dei due ha un lavoro stabile”.
A quel punto inizia la trafila con i numeri da chiamare, rigorosamente cercati su Google perché nessuno, quando si tratta di aborto, ti indirizza in modo professionale presso una struttura. “Finalmente ce la fai. A 75 km, ma nell’ospedale più vicino sono tutti obiettori e non le fanno le IVG. Chiami per prenotare e, invece di fornire nome e prestazione richiesta seguita da giorno e ora dell’ appuntamento l’ostetrica si sente di metterci del suo. Dice che ci devo pensare bene. Che, proprio perché ho già un figlio, conosco la gioia che si prova e non capisce come potrei volermene privare. Cerca di giocare la carta empatia, lo sa che ho paura, che proprio per questo non devo prendere la decisione da sola ma parlarne con il mio compagno, con le amiche. Magari anche con lei, se voglio. Non capisco se sia un’ ostetrica o una psicologa o cosa. Io intanto non riesco a fare altro che piangere, e piangendo dico che voglio l’appuntamento. 21 giugno alle 11, non lo scorderò mai. Mi dice che mi lei prende l’appuntamento, ma che tanto se lo sente che io non andrò, perché mi sente che sto soffrendo, che in realtà questo figlio lo voglio. Avevo solo la nausea e tanta, tanta rabbia. Ma non sono riuscita a dire nulla. Va bene, ci vediamo il 21. Lei dice ‘spero di non vederti’. Io sono solo colma di rabbia e purtroppo non riesco a risponderle nulla. Vorrei spaccare tutto. La cazzo di pillola che non ha funzionato. La mia fottuta sfiga. Me stessa. La violenza inaudita di questa persona nei confronti di una sconosciuta, nascondendosi dietro ad un telefono per giunta. Vorrei spaccare tutto. Non dimenticherò mai quella rabbia, quella violenza subita”. Lorenza, alla fine, non ha abortito. Ma non perdona quello che le è accaduto. “L’aborto deve essere garantito sempre, sicuro ma anche dignitoso. Non dimentichiamolo. Spero che mia figlia, e nessuna persona con l’ utero, debba mai vivere quella violenza che hanno fatto a me”.
Teresa
“Ho abortito a febbraio 2021 a Rimini, alla 7a settimana di gravidanza – la storia di Teresa – Scoprirmi incinta è stato per me un vero e proprio shock, vivevo un periodo parecchio difficile e psicologicamente mi sentivo molto fragile. Non ci volle molto a maturare la scelta di voler interrompere la gravidanza, nonostante dentro di me in alcuni momenti della vita fossi riuscita a immaginarmi madre. Quando capitò, però, la situazione era totalmente diversa da come avrei desiderato potesse succedere. Sapevo che non avrei voluto un figlio in quel modo, né in quel momento di vita, ma vissi comunque il percorso con grande agitazione e difficoltà. Al consultorio delle Celle feci la prima visita con un’ostetrica molto brava, ci arrivai molto turbata ma lei subito mi fece sentire a mio agio.
Ricordo mi spiegò con delicatezza e precisione tutte le opzioni e mi aiutò a scegliere il percorso da intraprendere, le sue domande non mi sembrarono mai invadenti o inquisitorie, anzi, il colloquio mi rese più tranquilla. Successivamente dovetti fare la visita con la ginecologa. Nell’ambulatorio lei non mi degnò di uno sguardo né ricambiò il mio saluto, prese solo in mano la cartella con i documenti medici e quelli compilati dall’ostetrica e mi indicò la poltrona dove mi avrebbe fatto la visita. In pochi secondi, senza parlare, lei aveva spalmato il gel sulla mia pancia e preso l’ecografo, poi senza avvisare aveva passato la sonda sul ventre facendomi sentire il battito cardiaco del feto. Non saprei dire con esattezza quanto è durato, ma a me è sembrato un momento lunghissimo. Ricordo di non aver avuto la forza di dire niente, non me l’aspettavo e fu un colpo che mi lasciò quasi senza fiato. Finita la visita me ne andai con gli occhi pieni di lacrime. Ci misi giorni a riprendermi psicologicamente e ancora oggi lo ricordo come la cosa più traumatica e spiacevole dell’intera esperienza. Quel gesto fu di una violenza indescrivibile”.
Ilaria
“A vent’anni sono rimasta incinta e la paura mi ha spinta dritta in ospedale, alla ricerca di risposte. Il medico che mi ha ricevuto era scortese, e bastò spiegare i motivi della mia visita per sentirmi subito giudicata. Durante l’ecografia, ero così sconvolta che i ricordi sono un po’ confusi. Ricordo solo il gel freddo sulla pancia e il muro davanti a me. Ero paralizzata dalla paura, incapace di muovermi. Ho cercato di mantenere la calma per rispondere alle allusioni del medico, ma le lacrime continuavano a scendere. Il dottore ha cominciato a chiedermi di guardare il monitor dell’ecografo. La mia risposta, tra le lacrime, fu: ‘No, grazie’. Ma lui non ha accettato il mio rifiuto, si è imposto nel mio campo visivo e ha cominciato a urlare, accusandoci tutte di divertirci ma di non avere il coraggio di guardare”.
Cecilia
“Avevo 23 anni appena compiuti e stavo con un ragazzo da quando ne avevo 18. Sono rimasta incinta e avrei voluto tenerlo ma lui non lo voleva, i miei genitori non erano d’accordo che io crescessi un figlio da sola,. Senza il loro aiuto e senza l’aiuto di quello che era il mio compagno non avrei potuto crescerlo perché non ero ancora indipendente. Vivevo con la mia famiglia e studiavo per diventare insegnante, cosa che desideravo tantissimo. Quindi ho deciso di abortire con tanta sofferenza. È stata una decisione difficilissima e mi aspettavo aiuto e comprensione. Poi in consultorio a Riccione mi hanno preso appuntamento per parlare della mia decisione… Io che ero arrivata fin lì con tantissima fatica, tantissimi pianti e tantissima sofferenza, avrei dovuto parlare della mia decisione?
Per di più avevo fatto negli ultimi tre mesi un ciclo di antibiotici molto pesanti per un batterio che avevo scoperto con un tampone vaginale, e i ginecologi mi avevano detto che portare avanti una gravidanza non sarebbe stato sicuro per il feto. Questa è stata un’altra delle cose che mi ha fatto desistere. Ma loro hanno voluto fare quella ‘chiacchierata’ con me, che dopo tanti anni ho letteralmente rimosso per fortuna. È stato tutto faticosissimo. Mi ha provocato delle ferite assurde, e a distanza di tempo mi rendo conto che queste ferite sono state provocate da tutto ciò che c’è intorno all’aborto. Dal fatto che la nostra società cristiana lo considera un omicidio. Ed è così che io mi sono sentita per tanti anni. Mi sono sentita di aver ucciso mio figlio. Perché loro e la società in cui viviamo mi hanno fatto sentire così. Ma diversamente come avrei potuto fare? Ovviamente è una domanda retorica, perché io ora so, dopo tanta psicoterapia fatta per questo e altri motivi, che ho fatto la cosa giusta”.
Sara
“Mi sono sentita molto a disagio, colpevole e fuori posto. Dopo avere più o meno capito quello che mi stava succedendo, dopo la fase di shock paralizzante, la prima cosa che ho pensato di fare è stata quella di rivolgermi al medico di base per chiedere informazioni o un qualsiasi tipo di indirizzamento sul cosa fare. Prima di riuscire a parlare direttamente con il medico ho dovuto dire alla centralinista il motivo della telefonata (il disagio), dopo di che esposto al medico di base il mio problema, lei mi rispose non rispondendomi, dicendomi che non si faceva cosi, che c’erano altri modi, dovevo fare visite, analisi, rispettare delle procedure e poi non si sa cosa, perché non mi è mai stato chiarito.
Capito l’ostacolo, decido di andare tramite privati, faccio la prima visita ginecologica che conferma la gravidanza e il medico senza chiedermi nulla mi fa sentire il battito del feto, non so neanche come descrivere la sensazione che provo tuttora a ripensarci. Mi dissero di andare in ospedale e così feci, anche se tra le visite e i tempi di attesa i giorni passavano e l’ansia aumentava. Ogni visita fatta in ospedale ero messa di fianco a una donna incinta, non c’era un posto per me, non c’era un posto per noi. Tanto che più di una volta mi sono trovata a vagare non sapendo se fossi nel posto giusto.
Le domande di protocollo (forse) dei medici mi spiazzarono, non so quante volte mi sia stato chiesto ‘quali erano i motivi dell’interruzione’, ‘se fossi informata delle conseguenze’, ‘perché scegliere il raschiamento e non i farmaci’, ‘se ne fossi convinta’, addirittura che ‘tipo di rapporti avevo’. Il problema è che no, purtroppo non si è informati, non sai a chi rivolgerti, cosa fare, come farlo, se non per passa parola. Non trovi supporto ma tanti ostacoli. Si viene informate quando ormai è già troppo tardi, quando la tua privacy, i tuoi diritti e le tue emozioni sono già state violate”.
Elisa
“Ho abortito il 23 dicembre di un po’ di anni fa. Sono arrivata oltre il limite a causa di questioni personali alle quali si sono aggiunti i cinque giorni di riflessione obbligatoria. Perché ti devono dire loro quando pensare e quanto, mica ci hai già pensato due mesi. Eravamo una decina, ci portarono nel seminterrato senza alcuna spiegazione e ci inserirono un ovulo. A ogni richiesta di spiegazione rispondevano tutte acidamente che avevamo saputo arrivare fin lì, come potevamo non sapere cosa fosse quel medicinale?
Il mio embrione era grosso, quindi fui lasciata per tutto il tempo necessario allo svolgimento delle precedenti pratiche su di una barella fredda, senza coperte e senza spiegazioni. Finalmente arrivò dopo più di un’ora un’infermiera compassionevole a portarmi una coperta e a spiegarmi che le contrazioni erano necessarie per il mio bene, essendo l’embrione grande in questo modo ci si assicurava la pulizia totale. Il resto dei sanitari alle mie richieste di aiuto mi rispondeva che avrei dovuto pensarci prima.
Quando siamo scese un’infermiera disse: ‘tra due giorni nasce il bambino Gesù e qui i bambini li uccidiamo’. Alcune di noi piansero. Mi svegliai col pannolone e nella totale solitudine, mi alzai, vomitai. Arrivò l’infermiera e mi rimproverò di non essere arrivata al cesso per vomitare. Arrivò mia sorella e chiedemmo se sarei potuta uscire. Mi dissero ‘hai fatto quello che dovevi fare, sei libera’. Quasi mai mi hanno dato del lei. Non mi hanno mai spiegato se avessi dovuto fare una visita successiva, l’ho richiesta io per scrupolo”.
(da Fanpage)
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Maggio 11th, 2024 Riccardo Fucile
DUE BIMBI SONO STATI PORTATI AL PRONTO SOCCORSO E DIMESSI DOPO POCHE ORE
Sono 132 i bambini e sette gli insegnanti che hanno accusato lievi sintomi gastrointestinali dopo aver mangiato i pomodorini in quattro scuole di Modena e provincia coinvolti nel progetto ‘Frutta e verdura a scuola’ promosso dal Ministero dell’Agricoltura. Lo fa sapere l’Azienda Usl di Modena.
Due sono stati portati al pronto soccorso e dimessi dopo poche ore. Alle scuole coinvolte nel progetto sono state consegnate vaschette da mezzo chilo di pomodorini freschi da distribuire ai bambini per merenda.
Il consumo del prodotto è stata sospesa in attesa degli accertamenti analitici sui campioni dei pomodorini che sono in corso.
(da agenzie)
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