Maggio 9th, 2024 Riccardo Fucile
“DA ANNI IL MANTENIMENTO DEL POTERE AVVIENE ATTRAVERSO LA DISTRIBUZIONE DI FAVORI E FONDI PUBBLICI A PRIVATI CHE POI FINANZIANO LE CAMPAGNE ELETTORALI”… “DA ASSESSORE RICEVETTI DELLE PRESSIONI E TOTI MI SCRISSE: ‘PER FARE IL BENE BISOGNA COLTIVARE IL MALE’”
E pensare che Elisa Serafini, assessora alla Cultura al comune di Genova per un anno con il centrodestra (giugno 2017- luglio 2018), dopo essersi improvvisamente dimessa aveva vuotato il sacco: con un esposto del 2019 prima e con un libro uscito nel 2020 (Fuori dal Comune: Dietro le quinte della politica locale per capire il Paese e costruire il futuro), aveva raccontato i metodi di governo della destra ligure, a livello regionale e comunale. A rileggere quelle pagine, c’era già scritto tutto. Oggi vive e lavora come giornalista a Bangkok e ha creato una start up, “politically”, per raccogliere fondi in politica trasparenti.
Qual era il modello di amministrazione che lei vide da dentro?
«C’erano e ci sono delle dinamiche molto note agli addetti ai lavori fatte di corruzione e conflitti di interessi, tra politica, regolamentatori pubblici e in parte i media locali, che da anni danneggiano la democrazia a Genova e in Liguria. Ciò che leggo nelle carte delle inchieste è esattamente ciò che ho visto coi miei occhi, denunciato e scritto pubblicamente in prima persona.
Vedo che si parla di fatti del 2020, ma le stesse cose si sono verificate nel 2018, sono comportamenti reiterati che hanno lo scopo del mantenimento del potere attraverso la distribuzione di favori e fondi pubblici e vantaggi per dei privati che poi sono i finanziatori di campagne elettorali. Questo fa da barriera anche agli investitori internazionali, perché è palese che a Genova bisogna sottostare a una logica corruttiva».
Lei ricevette questo messaggio da Toti: “Per fare il bene bisogna coltivare il male, altrimenti la politica è solo testimonianza”, le scrisse il presidente di Regione oggi ai domiciliari. Perché?
«Gli avevo spiegato che mi avevano fatto delle pressioni su alcuni provvedimenti, cose incompatibili con la mia coscienza e con la legge e lui mi aveva risposto in quel modo. Si parlava della richiesta di erogazione di finanziamenti ad alcuni soggetti.
Scrissi su Fuori dal Comune che nel 2018 la giunta comunale fu obbligata a votare una delibera di giunta di modifica di una destinazione d’uso di un’area portuale, un provvedimento fuori sacco, arrivato all’ultimo secondo, che nessuno aveva letto, e che aveva l’unico scopo di accontentare Aldo Spinelli, già finanziatore delle campagne elettorali locali, che aveva interesse in quell’area».
Ma il suo esposto come andò?
«Lo presentai a Milano perché temevo inquinamenti e poi sparì per mesi. Sollecitai coinvolgendo un avvocato penalista. Allora un pm fece partire l’indagine, ma nel frattempo decadde l’abuso di ufficio come reato».
E quando pubblicò il suo libro che reazioni ci furono?
«Nessuno mi ha mai querelato, il libro è sempre lì, ma ho avuto ritorsioni: avevo quote di start up che non hanno più lavorato a Genova, poi da giornalista ho percepito che quel territorio non era più accogliente per me. Dopodiché il fatto che Spinelli donasse alla fondazione Change era noto, che Primocanale prendesse centinaia di migliaia di euro l’anno dalla Regione anche».
Che sensazioni ha provato quando sono uscite le ultime notizie?
«Di restituzione di dignità e di verità. In uno stato di diritto è giusto fare degli esposti e difendersi»
(da agenzie)
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Maggio 9th, 2024 Riccardo Fucile
TRA IL 2016 E IL 2020 I COMITATI ELETTORALI DI GIOVANNI TOTI AVREBBERO INCASSATO 195MILA EURO DA SOCIETÀ CHE TRATTANO RIFIUTI, LEGATE ALL’IMPRENDITORE CAMPANO PIETRO COLUCCI. FINANZIAMENTI CHE NON SAREBBERO STATI MAI DICHIARATI
Una nuova accusa di corruzione emerge a carico di Giovanni Toti: 195 mila euro versati tra il 2016 e il 2020 ai suoi Comitati elettorali da società che trattano rifiuti, legate all’imprenditore Pietro Colucci. Da questo fascicolo sono partite le intercettazioni che hanno portato martedì ai domiciliari il governatore e a provvedimenti restrittivi per altre 9 persone. Oltre ai 25 nomi già fatti c’è un’altra decina di indagati tra cui, per abuso d’ufficio, Paolo Piacenza, commissario straordinario dell’Autorità Portuale i cui uffici sono stati perquisiti dalla Finanza.
Nell’estate del 2021, quando l’inchiesta era nelle fasi iniziali, c’erano elementi di contatto con un altro fascicolo […] in cui Colucci era iscritto per violazione della legge sul finanziamento dei partiti e dal quale, si legge negli atti, spuntavano a suo carico e del governatore «indizi» di corruzione.
In un’intercettazione, Matteo Cozzani (capo di gabinetto di Toti, ai domiciliari) parla con il presidente della «roba della discarica di Colucci», imprenditore che gestisce questa attività in provincia di Savona tramite le società Green up ed Ecosavona.
Da una segnalazione di operazioni sospette della Banca d’Italia risultava che tra il 2016 e il 2020 le società di Colucci, nonostante fossero in gravi difficoltà economiche, avevano versato ai Comitati Change e Giovanni Toti 195 mila euro senza dichiararli, contrariamente a quanto previsto dalla legge sul finanziamento dei partiti.
Lo stesso Colucci aveva versato personalmente 9 mila euro. Secondo il gip Faggioni, in questa vicenda Toti ha avuto un «ruolo attivo e concreto» a favore di Colucci che è costato a entrambi l’iscrizione per l’ipotesi di corruzione, anche se poi non sono emersi ulteriori riscontri.
Un filone dell’ indagine in corso a La Spezia su un giro di corruzione connesso a quello del capoluogo riguarda Saverio Cecchi, presidente del Salone nautico di Genova, interdetto dal gip dall’incarico. Al centro c’è una generosa legge regionale che aumenta i finanziamenti al Salone da 350mila a 780mila euro, mentre lo stesso Salone affida al fratello del capo di gabinetto di Toti una fornitura di confezioni di acqua in tetrapack da 10 mila euro.
(da Il Corriere della Sera)
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Maggio 9th, 2024 Riccardo Fucile
L’ANAC L’HA MESSA GIÀ NEL MIRINO, E NELLE INTERCETTAZIONI DI ALDO SPINELLI E PAOLO SIGNORINI SE NE PARLA INDIRETTAMENTE… L’OBIETTIVO DI SPINELLI È VENDERE LE QUOTE DELLA SOCIETÀ DEL TERMINAL RINFUSE, CHE GRAZIE AL PROGETTO VEDRÀ MOLTIPLICATO IL SUO VALORE… I GUAI PER IL GOVERNO E SOPRATTUTO PER SALVINI: VOLEVA APPLICARE IL “MODELLO GENOVA” ANCHE AL PONTE SULLO STRETTO
Il progetto per la più importante opera italiana del Pnrr, la nuova e colossale diga del porto di Genova dal costo di un miliardo e 300 milioni compie il suo primo anno di cantieri e sembra spaventare le forze governative e quelle imprenditoriali assai più della retata che a Genova ha portato in carcere l’ex presidente del porto Paolo Emilio Signorini […] e ai domiciliari il presidente della Regione Giovanni Toti e l’imprenditore portuale Aldo Spinelli.
Intanto, per dare un’idea dell’importanza della nuova diga (l’infrastruttura servirà per poter accogliere le mega navi che in questo momento sono soprattutto quelle di Msc), ecco l’intercettazione dell’ottobre 2022 in cui Spinelli invita Signorini all’ennesima gita a Montecarlo al volante della sua nuova Audi e gli prospetta un futuro roseo: «… belin hai fatto la diga puoi fare quello che vuoi… Paolo… perché qui… questi tre anni li devi usare bene… poi te l’ho detto, tu…noi ti facciamo un contratto con un ufficio a Roma di 300 mila euro all’anno».
L’idea di Spinelli è quella di vendere quote del 55% della società (il 45% è di Gianluigi Aponte patron di Msc) che ha la concessione del Terminal rinfuse — ottenuta con la corruzione secondo la procura — e che grazie alla diga vedrà moltiplicato il suo valore.
Spinelli è ipereccitato nonostante le sue 84 primavere: «…te lo faccio (il contratto, ndr ) con chi subentrerà insieme a noi perché noi manteniamo sempre la regia e la maggioranza qualsiasi dei tre compri… ammettiamo che ci facciano una proposta oggi siamo già sopra ai 500… Roberto dice vendiamo a 600- 700 (si parla di migliaia di container , ndr )… io ci ho detto guarda io non vendo, io vendo dopo che abbiamo la diga foranea perché dopo che abbiamo la diga foranea e il progetto da un milione e quattrocento mila contenitori, che io te lo faccio vedere che lo andiamo a presentare a febbraio… ma quello lì è un terminal che non ce n’è… Faccio novanta milioni di utili…».
E Signorini consapevolmente: «…quando io faccio l’avvio lavori della diga… da quel momento a avanti puoi vendere…». Quella disinibita disponibilità dell’ex vertice dell’Autorità portuale — anche il suo successore Paolo Piacenza è indagato anche se per il solo abuso d’ufficio — che sembra emergere con prepotenza dalle carte dell’inchiesta, sta generando forti tensioni a Roma.
Per due motivi. Il primo è legato al cantiere per la diga: 6 chilometri e 290 metri di lunghezza con profondità di 50 metri mai raggiunta prima al mondo. L’Anac, l’Autorità Anticorruzione, a marzo, ha concluso i suoi accertamenti durati due anni con una delibera di 50 pagine in cui contesta ad Autorità portuale e Commissario per la diga — entrambi i ruoli furono ricoperti da Signorini prima del suo passaggio in Iren — le procedure seguite, o meglio non seguite, per l’assegnazione dell’appalto.
«Anomalie e distorsione della concorrenza», scrive Anac, sui lavori affidati senza gara al consorzio Breakwater guidato da Webuild, nonché la possibilità per Webuild stessa di ottenere automaticamente delle varianti
L’Autorità anti corruzione ritiene talmente viziato da irregolarità e illeciti il caso diga da aver trasmesso l’incartamento alla procura di Genova e a quella europea dell’Eppo (European public prosecutor’s office) che ha come compito quello di vigilare sul corretto utilizzo dei fondi Pnrr.
E poi c’è il secondo capitolo delle preoccupazioni romane. Il “modello diga” di Genova, in particolare l’affidamento diretto e in deroga a tutta una serie di norme e regolamenti, potrebbe essere replicato anche nell’appalto per il ponte sullo stretto di Messina.
Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini pensa di affidarlo con una procedura in deroga al consorzio Eurolilnk, con capogruppo di nuovo Webuild. Comunque, di diga di Genova e ponte sullo stretto di Messina se ne saprà di più il 14 maggio, quando il presidente di Anac Giuseppe Busia sarà alla Camera dei Deputati per l’annuale relazione sull’attività del 2023 del suo ufficio.
(da Repubblica)
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Maggio 9th, 2024 Riccardo Fucile
ORA, QUEL CANTIERE È STATO SEQUESTRATO… LO SCANDALO DEL RED CARPET, LA GUERRA AGLI AMBIENTALISTI E I SELFIE GASTRONOMICI DEL GOVERNATORE
La Liguria, secondo Giovanni Toti, doveva diventare «una nuova Florida» e la piccola, petrosa, isola Palmaria, patrimonio Unesco dell’Umanità, «come Capri». La voglia di grandeur del presidente della Regione si manifestò subito, fresco di primo mandato in Liguria, nel 2016, partendo dove tutto, alla fine, si è incagliato: a Portovenere, nello Spezzino, proprio su quell’isoletta di capre e gabbiani, inaugurando il quasi decennio di annunci e photo opportunity per operazioni edilizie, imprenditoriali o di manovra politica a tema ambientale che suscitarono, fin dall’inizio, la riscossa di associazioni e comitati a difesa del territorio.
E non stupisce che le prime reazioni all’arresto del presidente Toti siano arrivate da Legambiente, visti i tanti fronti aperti. Dal Parco nazionale di Portofino, che rischia di essere il più piccolo d’Italia a forza di ridurre i confini, all’autorizzazione a poter edificare negli alvei dei rivi, alla volontà di installare la nave rigassificatrice Golar Tundra nel pieno della riserva marina, a Bergeggi.
Pochi mesi dopo la sua prima elezione, a marzo 2016, Toti festeggiò il trasferimento dell’isola Palmaria dal Demanio al Comune di Portovenere, dove era sindaco Matteo Cozzani, cui Toti consegna le chiavi dell’operazione. «Un paradiso che creerà moltissimi posti di lavoro», ripete Toti, e stanzia un milione di euro (per metà fondi europei) e organizza una cabina di regia sui lavori. Sarà «un’isola resort», assicura, con stabilimento balneare e piscine. Cozzani, poi diventato capo di Gabinetto di Toti, anche lui arrestato il 7 marzo anche per corruzione e turbativa d’asta, si vantava di interessi degli Emirati Arabi sull’operazione Palmaria.
La Regione varò un masterplan, partirono i cantieri con la regia del Comune di Cozzani e l’isoletta si è trasformata nel terreno di scontro con gli ambientalisti: con esposti alla Procura della Spezia, nel 2018, “per violazione delle norme ambientali”, azioni dell’autorità giudiziaria che arrivò a sequestrare il cantiere, fino a un anno fa quando, in 300 hanno manifestato sull’isola, davanti agli scavi, non in regola con le autorizzazioni.
Il Comune continuava a seguire l’andamento dei lavori, forse un po’ troppo, è la tesi degli inquirenti, visto che si parla di «attività amministrativa ad hoc», con delibere per rendere più flessibile il Piano urbanistico comunale, mentre il Parco, il cui ente gestore è lo stesso Comune, rinuncia alla prelazione proprio sull’area della Palmaria, aprendo la strada all’attività di due imprenditori milanesi, Raffaele e Mirko Paletti, già proprietari del Grand Hotel a Portovenere. E le indagini parlano di «abuso d’ufficio e falso».
Il primo effetto delle inchieste che hanno portato all’ondata di arresti in Regione, martedì, è stato proprio il sequestro preventivo da parte dei carabinieri forestali del cantiere sulla Palmaria. E Portovenere è balzata sulle cronache, e sul tavolo del ministero della Cultura, anche nell’estate del 2017: protagonisti sono ancora il presidente Toti e il sindaco Cozzani. Inaugurano il Red carpet, idea di marketing di Toti per lanciare il turismo in Liguria.
Ventisette tappeti rossi, cinquanta chilometri di passerelle di plastica pelosa stesi in 32 Comuni delle Riviere. L’obiettivo è fare sentire vip tutti i turisti. A Portovenere, il tappeto viene fissato con borchie al selciato antico che porta alla chiesa medievale, documentato da selfie spavaldi di Toti e Cozzani. L’imbarazzo è enorme, il ministero attraverso la Soprintendenza della Liguria, è costretto a intervenire imponendo a Toti di rimuovere il Red carpet da tutti i monumenti e così il presidente è costretto a riarrotolare il tappeto, rimuovendolo dalla chiesa di Portovenere, dalla chiesa di Cervo e dal castello di Dolceacqua.
(da La Repubblica)
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Maggio 9th, 2024 Riccardo Fucile
È LUI CHE PASSA SPINELLI AL GOVERNATORE, IL 17 SETTEMBRE 2021. E IL PRESIDENTE TRANQUILLIZZA L’IMPRENDITORE: “IL 29 VA LA TUA ROBA. RICORDATI CHE IO STO ASPETTANDO ANCHE UNA MANO EH?” … LE LAMENTELE SU UN ARTICOLO DEL “FATTO” CHE “ROMPE I COGLIONI” E LE MANOVRE PER LA VENDITA DEL QUOTIDIANO GENOVESE: L’ACQUISIZIONE DA PARTE DI APONTE È A UN PASSO (CON LA REGIA DI TOTI…)
C’è un momento in cui l’accordo che la Procura di Genova ritiene “corruttivo” tra Giovanni Toti e l’imprenditore Aldo Spinelli, potrebbe essersi sostanziato sul telefono di un giornalista del Secolo XIX. Proprio nei giorni i cui i protagonisti di questa vicenda si lamentavano degli articoli del Fatto Quotidiano.
È il 17 settembre 2021 e Spinelli sta aspettando una notizia fondamentale da Giovanni Toti: il rinnovo della concessione delle aree ex Enel e la trasformazione della spiaggia di Punta dell’olmo.
Quel giorno l’imprenditore chiama un cronista del Secolo XIX, Simone Gallotti (estraneo all’indagine), esperto di cose portuali. I due discutono di un’intervista a Spinelli che, a detta dell’imprenditore, avrebbe irritato il manager dell’autorità Portuale, Paolo Emilio Signorini e vorrebbe una precisazione. “Ma Signorini è incazzato, dice che me la son presa con lui!”, dice Spinelli, a cui replica Gallotti: “Ma no (…) ma l’hai spronato bene”.
A un certo punto si affaccia Giovanni Toti. È un’occasione pubblica: “Ho Aldo al telefono, vuoi parlargli?”. Il cellulare passa in mano al governatore: “Il 29 va la tua roba… – dice Toti a Spinelli – ricordati che io sto aspettando anche una mano eh?”. E Spinelli: “Si va bene, ma digli che metta anche l’enel, digli che metta l’enel, che è tutto a posto pure lì”.
E Toti: “Sì, ma ci dobbiam vedere dai…”. Secondo i pm “da tale conversazione si comprende chiaramente che Spinelli e Toti allargano esplicitamente l’accordo corruttivo già stipulato il 1.9.21”. “Ero a moderare un evento di Gedi. Mi ha chiamato Spinelli, per tagliare la telefonata gli ho passato Toti e sono andato a fumare una sigaretta”, ha chiarito Gallotti al Fatto.
Nel pomeriggio del 8 marzo 2022, notano gli inquirenti negli atti dell’indagine “sul sito internet del Fatto Quotidiano veniva pubblicato (…) un articolo nel quale si riportava che, a soli cinque giorni dall’ottenimento del rinnovo della concessione demaniale del Terminal Rinfuse, erano state disposte erogazioni liberali a favore del “Comitato Giovanni Toti-liguria” da parte di quattro imprese riconducibili ad Aldo Spinelli, per un totale di 40.000 euro”.
Quello stesso giorno, intercettati, Spinelli dice a Toti: “C’è La Verità che rompe i coglioni”. “No… no, ma è Il Fatto”, lo corregge Toti. E Spinelli: “perché abbiamo fatto 40.000 euro di finanziamento. Gli ho detto: ‘Ma cosa cazzo volete? Come vivono i partiti? Gli ho detto: ‘ringraziamo Dio, ringraziamo Dio che abbiamo un trio a Genova, che per 30 anni hanno dormito, abbiamo Toti Signorini e Bucci che finalmente Genova diventerà la capitale europea, non dell’italia, con tutti gli investimenti che (…)”. “Anzi (…) A proposito di finanziamenti, mo ti devo venire a trovare”, dice, beffardamente Toti.
Genova, i suoi poteri forti e la stampa, dunque. Non è un caso se in questi mesi Il Secolo XIX sia nelle mire dei grandi imprenditori che hanno interessi nel porto. Come Gianluigi Aponte, patròn di Msc, che in questa partita è rivale di Spinelli ma che non ha minori interessi nel porto
Aponte è a un passo dall’acquisizione dello storico quotidiano genovese dal gruppo Gedi. Anche qui, l’armatore si è dovuto scontrare con la concorrenza di Spinelli, che tra febbraio e marzo si è incontrato con l’ad di Gedi, Maurizio Scanavino […]. “Mi è bastato fare il presidente del Genoa, al massimo mi interessa l’aeroporto”, replicò lui, provando a smentire.
Fatto sta che l’operazione di vendita del Secolo vedrebbe proprio la regia di Giovanni Toti, cui non piace la linea della direttrice Stefania Aloia.
(da agenzie)
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Maggio 9th, 2024 Riccardo Fucile
E LA CASA EDITRICE FELTRINELLI AFFERMA CHE SERGIO DICE IL FALSO SULLA NATURA PROMOZIONALE DELL’INTERVENTO DELLO SCRITTORE
Davanti alla commissione di Vigilanza Rai l’ad Roberto Sergio ha ricostruito il caso Scurati, portando la versione dell’azienda e annunciando il procedimento disciplinare aperto nei confronti della conduttrice di CheSarà Serena Bortone.
Sergio ha assicurato che né i vertici né il governo hanno vietato la partecipazione dello scrittore o la lettura del suo monologo. Il problema sarebbe stato di natura economica e non editoriale: «Non è stato annullato il contratto. Si era d’accordo con il valore economico, ma quando si è scoperto che si trattava di una promozione è stato invitato a titolo gratuito».
Promozione che avrebbe riguardato la graphic novel La seconda mezzanotte, che era prenotabile dal 19 aprile, e una fiction tratta dalla sua opera.
Ma è Feltrinelli a smentire questa ricostruzione, negando che ci sia stato alcun accordo di promozione nel programma di Bortone. E sulla vicenda è poi intervenuta anche la presidente Rai Marinella Soldi, secondo cui la versione di Sergio in Commissione non fa «giustizia alla vicenda né tantomeno alla Rai».
La presidente Rai prende le distanze
Secondo Soldi, l’intervento dell’ad «racconta in modo parziale» quanto accaduto, e sarebbero rimasti fuori «aspetti di rilievo».
Invita quindi ad aspettare il risultato delle verifiche interne: «Ferme restando le policy aziendali, il cosiddetto caso Scurati è ancora oggetto di verifiche da parte della direzione Internal Audit aziendale, per la quale la Presidente ha le deleghe. Le risultanze in bozza di tale audit sono state visionate sia da me sia dall’ad ed evidenziano una situazione molto più complessa di quella descritta dall’ad, che richiede un approccio più completo».
Proprio perché la questione non è esaurita, le opposizioni hanno chiesto che la Commissione convochi un nuova audizione nella quale possano essere sentiti la giornalista Bortone e il direttore dell’approfondimento Paolo Corsini, al fine di «fare chiarezza sul caso». Secondo i capigruppo di Pd, M5s, Iv, Azione e Avs, «è emersa una ricostruzione dei fatti molto distante da quella nota senza che i vertici Rai fornissero la documentazione necessaria che dimostrasse la veridicità di quanto da loro sostenuto», esprimendo la propria preoccupazione «riguardo alla possibilità che l’amministratore delegato e il direttore generale Rai abbiano fornito informazioni non veritiere alla commissione di vigilanza». In merito a questa richiesta, ha risposto la presidente della commissione Vigilanza Barbara Floridia: «Ho convocato per il prossimo mercoledì 15 maggio l’ufficio di presidenza della commissione. In quell’occasione si prenderà una decisione sulla calendarizzazione delle audizioni di Serena Bortone, come richiesto dai gruppi di opposizione, e dei rappresentanti dei sindacati dei giornalisti Rai».
(da agenzie)
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Maggio 9th, 2024 Riccardo Fucile
SPINELLI RACCONTA L’INCONTRO CON GIORGETTI, ALL’EPOCA MINISTRO DELLO SVILUPPO, SUL PROGETTO PER RIPARTIRSI LE AREE DEL TERMINAL RINFUSE DEL PORTO… “GLI ABBIAMO FATTO UN BONIFICO ANCHE A LORO, POI GLIENE FACCIAMO UN ALTRO, TRANQUILLO” …L’INCHIESTA DEMOLISCE IL DISEGNO DI SALVINI CHE VOLEVA IL FEDELISSIMO RIXI AL POSTO DI TOTI
I finanziamenti a Giovanni Toti non sono gli unici ad apparire nei documenti della Procura di Genova. Dalle intercettazioni emergono pure due erogazioni da 15 mila euro l’una che Spinelli Srl effettuò il 25 maggio e il 31 agosto 2022 alla Lega Liguria per Salvini Premier. È lo stesso Spinelli a spiegarne a Paolo Signorini, allora presidente dell’Autorità portuale, la ragione in una conversazione del 27 maggio.
L’oggetto è il progetto che Spinelli ha elaborato con la Msc di Gianluigi Aponte (non indagato) per ripartirsi le aree del Terminal Rinfuse (di Spinelli al 55%, di Aponte al 45%) per le quali i due hanno da pochi mesi ottenuto la proroga trentennale della concessione. La “divisione del pane e dei pesci” (copyright Spinelli), a conferma delle ipotesi degli inquirenti sulla vera finalità della proroga del Rinfuse, è smantellare questo terminal accorpandone il lato ovest alle aree già di Spinelli e l’est a quelle già in mano a Msc, per raddoppiare i rispettivi spazi dedicati ai container.
IL PROGETTO, è però costoso (190 milioni di euro) perché richiede il riempimento delle calate portuali Concenter, Giaccone e Inglese (gli spazi che oggi separano le banchine in concessione a Spinelli, Terminal Rinfuse e Msc). Spinelli auspica con Signorini l’intervento pubblico (“l’importante è che vada nel Pnrr”) e gli riferisce dell’incontro del giorno prima con Giancarlo Giorgetti (estraneo alle indagini, ndr), allora ministro dello Sviluppo economico, dicendosi sicuro, riportail Gip, “che il ministro Giorgetti avrebbe finanziato il progetto in questione (‘lui è pronto a farcelo da solo ha detto’”). Allo scetticismo di Signorini, Spinelli replica: “Gli abbiam già fatto un bonifico anche a loro, poi gliene facciamo un altro, stai tranquillo”.
Cosa che, come rilevato dall’ordinanza, avviene. E nelle settimane successive, Spinelli centra il primo obiettivo. Ad annunciarglielo il 20 luglio è Signorini: “Quella lì l’abbiamo risolta, eh? Andiamo in Comitato il 29”. Il riferimento è al riempimento di Concenter, che viene decretato dall’Autorità portuale il 29 luglio, come aggiornamento del piano straordinario delle opere che l’ente, previa approvazione del commissario per la ricostruzione del Morandi (e sindaco) Marco Bucci (non indagato, ndr), può attuare con le deroghe previste per quest ’ultimo.
Per l’altro pezzo del puzzle, Spinelli dovrà attendere l’inizio del 2024. Come svelato dalFatto, il riempimento delle altre calate è previsto da Bucci nel masterplan Genova 2030 presentato a inizio marzo. Piacenza, a cui compete formalizzare la cosa, non s’è opposto ed è difficile lo faccia: per il riempimento, Bucci userà le terre di smarino del tunnel subportuale, megaopera che Bucci e Toti (con avallo del governo Draghi e oggi del Mit di Matteo Salvini e dal vice, il genovese Edoardo Rixi) accettarono da Autostrade per l’Italia (barattandola con lo sconto sui pedaggi) quale risarcimento alla città per il Morandi.
Se Aspi non potrà smaltire le terre riempiendo le calate di Spinelli e Aponte, avrà diritto a ribaltare in tariffa circa 600 milioni di euro, prospettiva spaventosa per Salvini&Rixi, che non hanno risposto alla richiesta del Fatto di fornire la loro versione sui versamenti di Spinelli alla Lega. La stessa che il campione del modello Genova Bucci – ha rivelato– sosterrà alle Europee: “Voterò per chi ci aiuta a Roma a seguire i nostri obiettivi”. Per chi voteranno Spinelli e Aponte, che avranno il terminal pagato col risarcimento del Morandi?
(da Il Fatto Quotidiano)
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Maggio 9th, 2024 Riccardo Fucile
VUOLE CHE LA LIGURIA PASSI SOTTO IL CONTROLLO DI FRATELLI D’ITALIA (CIRCOLA ANCHE IL NOME DEL CANDIDATO: L’ATTUALE ASSESSORA ALLE PARI OPPORTUNITÀ E ALLO SPORT SIMONA FERRO)… LA DUCETTA S’E’ INCAZZATA PER LA DIFESA DEL GOVERNATORE FATTA DA SALVINI: A DESTRA CRESCE IL TIMORE CHE L’INCHIESTA SI ALLARGHI
Se Matteo Salvini difende al massimo delle sue possibilità Giovanni Toti, è altrettanto vero che pubblicamente Giorgia Meloni non ha chiesto le dimissioni del governatore agli arresti domiciliari. Fratelli d’Italia si mostra freddo, ma ancora non reclama apertamente la testa del Presidente di Regione. Eppure, lo strappo politico c’è, si va allargando.
Perché la premier preferirebbe un passo indietro di Toti, in nome dell’interesse superiore dei liguri, e dunque non ha apprezzato la difesa così appassionata del leghista. Vorrebbe chiudere al più presto questa storia, per evitare danni elettorali al centrodestra. Ed è per questo che i vertici di Fratelli d’Italia hanno tracciato una linea rossa, nelle ultime ore.
In caso di conferma della misura cautelare dopo l’interrogatorio di garanzia, i meloniani sono disposti ad attendere le eventuali decisioni del riesame.
E questo, va sottolineato, sempre che il presidente della Liguria faccia appello (non è scontato, perché un diniego avrebbe un costo politico enorme). In ogni caso, l’intero iter può durare al massimo 25 giorni. Si arriverebbe ai primi di giugno, a meno di una settimana dalle elezioni: impossibile decidere, a quel punto. E dunque, ecco il termine che si è dato Palazzo Chigi per gestire politicamente questa partita: il giorno dopo le Europee.
Sempre che, ovvio, non arrivino prima altre notizie dell’inchiesta tali da rendere la situazione insostenibile. Il timore, che rimbalza da Genova a Roma, è infatti quello che prima o poi l’inchiesta in qualche modo si allarghi e che i dossier sotto la lente dell’attività degli inquirenti svelino altri coinvolgimenti politici.
Nel frattempo batte pubblicamente un colpo Salvini. Le sue parole hanno colpito la presidente del Consiglio per la loro nettezza. «Dal mio punto di vista, dimettersi sarebbe una resa […] Perché domani qualunque inchiesta, avviso di garanzia o rinvio a giudizio porterebbe alle dimissioni di un sindaco. Non sono nelle condizioni di suggerire niente a Giovanni, che ritengo un ottimo amministratore. In Italia e in tutti i Paesi civili qualcuno è colpevole se condannato in tre gradi di giudizio. Non basta una inchiesta».
Né si espone contro Toti il leader di Forza Italia, Antonio Tajani: «È una vicenda giudiziaria che risale a circostanze di parecchi anni fa. Forse si poteva intervenire due mesi fa, il giorno dopo le elezioni… Però questo non ci turba, non ci preoccupa».
Chi invece si mostra assai più cauto è il partito di Meloni. Parla Giovanni Donzelli, il più alto in grado a via della Scrofa. «Credo che prima di parlare di elezioni ci debbano essere i tempi necessari. Toti dice che non ha nessun coinvolgimento, diamogli il tempo di dimostrarlo. Noi chiediamo massima chiarezza, la stessa reclamata in Puglia e Piemonte. C’è attenzione, perché quando si parla della gestione della cosa pubblica deve esserci totale trasparenza».
A dimostrare che la situazione è in bilico è anche la riunione d’emergenza convocata ieri dai coordinatori regionali del centrodestra. Si ragiona di tutti gli scenari, compreso il dopo Toti. Al termine, viene diffuso un comunicato in cui non si cita mai il governatore e si ribadisce la continuità della Regione e la fiducia nell’attuale vicepresidente, Alessandro Piana. In realtà, i meloniani nutrono dubbi sull’opzione che possa davvero essere lui a gestire i prossimi dodici mesi. E d’altra parte, Meloni è pronta a reclamare la guida della Liguria proprio per FdI: in ascesa, nelle ultime ore, sarebbe l’opzione di schierare in caso di elezioni anticipate l’attuale assessora alle Pari Opportunità e allo Sport Simona Ferro.
(da La Repubblica)
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Maggio 9th, 2024 Riccardo Fucile
NEL 2022, DALL’OPPOSIZIONE GIORGIA MELONI TUONAVA: ‘IL SUPERBONUS È UNO STRUMENTO MOLTO UTILE’. ALLA FINE DRAGHI CEDETTE E IL 110% FU RIFINANZIATO SENZA CAMBIAMENTI. UNA VOLTA A PALAZZO CHIGI, HA CAMBIATO IDEA
Il Superbonus è diventato il peggiore incubo del governo Meloni: «Un mostro che ha distrutto le condizioni della finanza pubblica», «la più grande patrimoniale al contrario mai fatta».
L’osservatorio britannico Oxford Economics l’ha definito «la peggiore misura di politica fiscale attuata in Italia negli ultimi dieci anni». E allora vediamola tutta la storia e i conti del Superbonus, introdotto con il «decreto Rilancio» dal governo Conte II a maggio 2020, in pieno lockdown.
Il provvedimento
Ideato per contrastare gli effetti della pandemia sulla chiusura di quasi tutte le attività, il Superbonus prevede una detrazione del 110% in 5 anni per interventi di efficientamento energetico e modifiche antisismiche sugli edifici. Significa che se spendi 100 puoi scalare dalle imposte dovute 110.
Ma se i soldi ti servono subito puoi vendere il credito con uno sconto a una banca (cessione del credito) o a chi te lo compra, ad esempio alla ditta che porta a termine la ristrutturazione (sconto in fattura). Il credito si può girare illimitatamente a più soggetti che a loro volta possono detrarlo dalle tasse o rivenderlo. La misura è temporanea, scade a dicembre 2021 e la previsione di spesa è di 33,6 miliardi
Esplosione dei prezzi, agevolazioni e frodi
Le richieste di agevolazioni partono lentamente e nel primo anno non superano i 6 miliardi di euro. Ma già a dicembre 2021 schizzano a 16,2 miliardi di euro. Cosa è successo? Siccome paga tutto lo Stato, salta lo stimolo a negoziare sul prezzo, i costi esplodono e il meccanismo si estende a tutta la filiera dei fornitori.
Al governo c’è Mario Draghi che impone la modifica della norma sulle verifiche (Decreto antifrode) e con la legge di bilancio 2022 propone di rivedere il provvedimento: il Superbonus ha un costo troppo alto, favorisce i ricchi e ha un effetto distorsivo, a cominciare da un forte aumento dei prezzi dei componenti legati alle ristrutturazioni.
Draghi propone per le case unifamiliari di limitare il bonus ai proprietari con un Isee sotto i 25 mila euro. I Cinque Stelle, ideatori della misura e principale forza politica a sostegno del governo, fanno muro e minacciano la crisi di governo. La Lega di Salvini si batte perché non sia imposto «nessun tetto Isee per il Superbonus»; Forza Italia rilancia e chiede che «sia esteso tal quale fino a tutto il 2023».
Il Pd è favorevole all’incentivo e tenta una mediazione tra premier e Cinque Stelle. Giorgia Meloni tuona dall’opposizione: «Il Superbonus è uno strumento molto utile per rilanciare l’economia e sostenere un settore in difficoltà, fatto in gran parte da piccole e medie imprese». Alla fine Draghi cede e il 110% è rifinanziato senza cambiamenti.
Cambia il governo e si va in deroga
A fine 2022 le richieste salgono di altri 46,3 miliardi. Nel frattempo si insedia il governo Meloni, e la premier ha cambiato idea sul Superbonus: lo considera un fallimento ed è «pronta ad archiviare la logica dei bonus».
A novembre riduce la soglia al 90% per il 2023 (art.9 decreto aiuti quater) e annuncia il blocco della cessione del credito a partire da febbraio 2023 (decreto 11/2023). Ma concede deroghe e proroghe: continuano a godere del 110% per tutto il 2023 i condomini che hanno già iniziato le ristrutturazioni o che hanno presentato il documento di inizio lavori (CILA) entro fine 2022.
Stessa sorte per le villette adibite ad abitazione principale, a condizione che il proprietario abbia un Isee sotto i 15 mila euro e che entro il 30 settembre del 2022 abbia portato a termine il 30% dei lavori.
La cessione del credito resta tal quale per le spese effettuate nel 2023 dai condomini che hanno avviato le ristrutturazioni o che hanno approvato la delibera assembleare di inizio lavori e presentato la CILA prima del 17 febbraio 2023. Risultato: a marzo 2024 il conto sale di altri 54,7 miliardi.
Dai 33 miliardi iniziali si passa a 160
Tirando le somme l’Agenzia delle entrate stima che ad aprile i crediti fiscali legati al Superbonus abbiano raggiunto 160,5 miliardi, di cui 7 miliardi sono da annullare perché legati a frodi, errori e duplicazioni.
Il ministro dell’Economia Giorgetti, alla presentazione del Def dichiara che il Superbonus avrà un «effetto devastante» sul deficit dei prossimi anni (nel 2024 stimato al 4,3% del Pil) e contribuirà «pesantemente» all’aumento del debito pubblico (137,8% rispetto al Pil). Tradotto vuol dire che non ci saranno soldi per fare altri investimenti.
Dal 2024 i rimborsi del Superbonus sono ridotti al 70% e poi al 65% dal 2025, detraibili dalle tasse in 4 anni. Però il ministro Giorgetti, per dare ossigeno ai conti pubblici, ha recentemente proposto di spalmarli su dieci anni per decreto. E su questo tutti i partiti sono d’accordo.
Quanto è ritornato nelle casse pubbliche?
Un effetto del Superbonus sull’economia è stato quantificato. L’istituto per la ricerca economica Prometeia ha stimato una crescita del Pil annuale dello 0,8% all’anno, ovvero 86 miliardi in più di Pil cumulato in tre anni, e 100 miliardi di maggiori investimenti.
Dal 2020 al 2023, conferma l’Istat, il settore delle costruzioni ha registrato un +35%, e nel biennio 2021-22 ha beneficiato di 16,5 miliardi di investimenti residenziali in aggiunta a quelli che sarebbero stati comunque effettuati (qui pag. 38): è il comparto che ha maggiormente trainato la crescita, superando ampiamente i ritmi degli altri Paesi europei.
Il Superbonus ha inciso sull’occupazione. Secondo lo Svimez tra il 2021 e il 2024 ha dato lavoro a 429 mila unità: 322 mila al Centro-Nord, 107 mila nel Mezzogiorno. L’Osservatorio sui Conti pubblici stima che con il Superbonus «per ogni 100 euro di spesa ne rientrano circa 20 sotto forma di maggiori imposte e contributi sociali»: su 160 miliardi, il rientro sarebbe di circa 32 miliardi. Infine nelle casse delle Stato sono tornati 13,95 miliardi con il Pnrr.
A vantaggio delle famiglie più agiate
In quattro anni, fra abitazioni singole e condomini, gli edifici che hanno usufruito del Superbonus sono 493.398, più 8 castelli. L’investimento medio per i condomini è stato di 593 mila euro, per le ville 117 mila, per i castelli 242 mila. Sono stati efficientati il 4,1% di tutte le abitazioni italiane.
Gli investimenti sono andati soprattutto alle famiglie più agiate visto che il 50% degli interventi ha riguardato villette contro il 26,8% di condomini. Lo conferma anche la Corte dei conti (qui pag.29) sottolineando come la misura abbia favorito «i proprietari più dotati di risorse finanziarie».
Boomerang per i conti pubblici
Nonostante il contributo alla ripresa economica, la differenza tra costi e benefici resta notevole: «Nato come una misura emergenziale condivisibile sia per la finalità sia per l’impatto diretto sulla domanda interna e il basso contenuto di importazioni, il Superbonus è diventato un boomerang per i conti pubblici in seguito alle numerose deroghe sulla scadenza e i potenziali beneficiari – spiega a Dataroom una nota di Prometeia -.
Gli indubbi benefici in termini di crescita del Pil vanno commisurati non solo al costo per le finanze pubbliche, ma anche al contro-shock inevitabile nei prossimi anni e alle politiche fiscali restrittive necessarie per compensare quell’eccesso di spesa».
A far esplodere i costi, nell’ultimo anno, sono stati i ripetuti annunci di norme volte a contenere il bonus che hanno spinto sempre più proprietari ad accelerare i lavori, e poi le eccezioni imposte dalla maggioranza ai decreti che avrebbero dovuto limitare le agevolazioni.
(da Il Corriere della Sera)
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