Maggio 27th, 2024 Riccardo Fucile
AMA COSI’ TANTO IL POPOLO CHE HA TOLTO A MILIONI DI POVERI IL REDDITO DI SOPRAVVIVENZA, HA FATTO 20 CONDONI AGLI EVASORI, PROTEGGE LE LOBBY DEI PARASSITI E STA DISTRUGGENDO LA SANITA’ PUBBLICA… MA PER QUANTO TEMPO ANCORA VI FARETE PRENDERE PER IL CULO DALLA “DESTRA ASOCIALE” ?
Il cameriere, lo studente, la pensionata al mercato, l’agricoltore, il medico, la donna diversamente abile, l’operaio, la mamma lavoratrice… Nello spot ufficiale di Fratelli d’Italia sorridono tutti.
E tutti votano «Giorgia». Perché «è una del popolo». Perché «non si arrende mai». Perché «si è fatta strada partendo dal basso». Perché «è una di noi e non si è montata la testa». E via così, in un crescendo di slogan esilaranti con cui la leader di Fratelli d’Italia chiede il voto agli italiani, mettendo in musica e in immagini la retorica dell’underdog ed elencando una serie di balle che sostiene di aver fatto per i cittadini nei primi venti mesi di governo.
Le parole chiave del bombardamento pubblicitario con cui Meloni spera di confermare il consenso del 25 settembre 2022 sono due soltanto: «Scrivi Giorgia».
Nell’Italia immaginaria della premier, che corre per un seggio in Europa anche se mai lascerà Palazzo Chigi per occuparlo, splende forte il sole, le corsie degli ospedali sono tirate a lucido, aumentano i fondi per la sanità, le mamme riescono a «conciliare famiglia e lavoro», lo Stato è «amico dei professionisti e degli imprenditori».
E la presidente del Consiglio si fa carico in prima persona pure della libertà delle donne. Le pensioni salgono e il governo difende i posti di lavoro e l’agricoltura da quella Europa che, con la sinistra, vuole «imporre regole assurde».
Il messaggio che i comunicatori di FdI stanno lanciando su tutti i social e anche sui telefoni di tanti italiani tiene insieme famiglia, lavoro, portafoglio. E lascia fuori elezione diretta del premier, autonomia differenziata e separazione delle carriere dei giudici da quelle dei pm: nemmeno un cenno alla «madre di tutte le riforme» e ai provvedimenti bandiera di Lega e FI.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2024 Riccardo Fucile
MAGISTRATI INSODDISFATTI: “INTERROGATORIO DI NESSUN INTERESSE INVESTIGATIVO”… SIGNORINI HA CONTRADDETTO SPINELLI SUI SOLDI CHE GLI AVREBBE PRESTATO PER IL MATRIMONIO DELLA FIGLIA
È durato circa tre ore l’interrogatorio di Paolo Emilio Signorini, arrestato e in carcere nell’ambito della maxi inchiesta sulla corruzione in Liguria, davanti ai pm. Per lui una decina di domande da parte dei pm Federico Manotti, Luca Monteverde e Ranieri Mniati e poi circa un’ora di dichiarazioni spontanee prima di essere nuovamente trasferito in carcere.
“Non era previsto che fosse un interrogatorio molto lungo – ha detto all’uscita dal tribunale l’avvocato Enrico Scopesi, riferendosi ai rapporti con Aldo Spinelli – Ha chiarito la frequentazione con quello che ha sempre ritenuto e ritiene un amico. Riconosce tanto più evidentemente oggi, con il senno di poi, che fossero comportamenti non così appropriati, detto questo ha ribadito che tutto l’operato è nell’interesse del porto e degli operatori, è stato molto fermo”
Gli avvocati Enrico e Mario Scopesi si dicono “moderatamente soddisfatti” e dicono che nei prossimi giorni presenteranno istanza di revoca o attenuazione della misura. Ricordiamo che Signorini è l’unico tra gli arrestati del 7 maggio ad essere detenuto in carcere.
I legali sanno però che l’interrogatorio non ha soddisfattto i pm. “Ha respinto tutti gli addebiti” dicono in Procura e il fatto che l’interrogatorio non sia stato secretato è anch’esso indicativo del fatto che al nono piano di Palazzo di giustizia non è risultato di alcun interesse investigativo.
La conseguenza quasi certa è che, senza ammissioni i pm daranno parere negativo a un’eventuale richiesta di revoca della misura. Alla domanda di un cronista su quando Signorini potrà lasciare il carcere, il legale ha risposto un laconico “prima o poi uscirà”.
Signorini ha fra l’altro anche negato che sia stato Aldo Spinelli a prestargli i 15mila euro per il catering del matrimonio della figlia affinché li potesse restituire all’amica che per prima glieli aveva dati ma che li rivoleva indietro: “Me li ha prestati un’amica e poi glieli ho restituiti quando ho vinto 40mila euro al Casinò” ha detto ai pm, smentendo le stesse dichiarazioni di Aldo Spinelli che ha confermato nell’interrogatorio di aver dato i soldi a Signorini per la figlia ma ha detto che “erano un prestito, doveva ridarmeli quest’anno con il bonus dello stipendio”.
(da Genova24)
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Maggio 27th, 2024 Riccardo Fucile
IL CONSIGLIO DI STATO A LASCIATO IL GOVETNO SENZA ALIBI, LE PROROGHE SONO ILLEGITTIME… ANZICHE’ INDIRE IMMEDIATAMENTE LE GARE, I SOVRANISTI PENSANO AGLI INDENNIZZI AI CONCESSIONARI USCENTI
La storia delle concessioni balneari, e della loro mancata messa a gara, necessita che saltuariamente si faccia il punto della situazione. Specie perché da ultimo sono accaduti alcuni fatti che vanno messi in relazione fra di loro, riannodandone i fili.
Le norme che dispongono proroghe delle concessioni balneari sono illegittime e, pertanto, vanno disapplicate. Il Consiglio di Stato (CdS) ha ribadito con tre recenti pronunce quanto già affermato in sentenze precedenti. Ma stavolta ha lasciato il governo privo di alibi normativi.
È inutile – affermano i giudici – continuare a invocare la «questione della scarsità delle risorse», presupposto per l’applicazione della direttiva Bolkestein. Scarsità che il governo di Giorgia Meloni tenta di comprovare mediante la mappatura di un Tavolo tecnico. Innanzitutto, anche qualora si dimostrasse che «in alcuni casi specifici non c’è scarsità» – dice il CdS – le norme che attualmente dispongono le proroghe vanno disapplicate perché riguardano tutti i casi, quindi precludono in assoluto le gare, vanificando la direttiva.
Inoltre, anche ove si ritenesse che le spiagge non siano una risorsa generalmente scarsa, le procedure selettive sarebbero comunque imposte dal Trattato sul funzionamento dell’Ue (art. 49 Tfue) in presenza di un interesse transfrontaliero certo per le relative concessioni. Interesse rilevato già nel 2021dall’Adunanza plenaria del CdS, che aveva sottolineato la «eccezionale capacità attrattiva» verso le imprese di altri Stati membri che «da sempre esercita il patrimonio costiero nazionale per conformazione, ubicazione geografica, condizioni climatiche e vocazione turistica».
E se non ci fosse né scarsità della risorsa né interesse transfrontaliero, è lo stesso diritto nazionale a prescrivere in ogni caso una procedura selettiva. Le concessioni – precisano i giudici – sono «provvedimenti per loro natura limitati nel tempo, soggetti a scadenza, e comunque non automaticamente rinnovabili in favore al concessionario uscente», ma da assegnarsi con una «procedura comparativa ispirata ai fondamentali principî di imparzialità, trasparenza e concorrenza».
GLI INDENNIZZI AI CONCESSIONARI USCENTI
Dunque, ben tre normative – direttiva Bolkestein, art. 49 Tfue e diritto nazionale – impongono le gare, e il governo deve prenderne atto.
Invece, cosa fa la maggioranza? Anziché indirle immediatamente, anche per bloccare la procedura di infrazione già avviata in sede Ue, inizia dalla fine, cioè dagli indennizzi ai concessionari uscenti, per offrire loro un salvagente, forse per la consapevolezza che dalle gare ormai non si sfugge. Un disegno di legge di Fratelli d’Italia prevede l’abrogazione dell’articolo 49 del codice della navigazione, secondo cui, al cessare della concessione, le opere non amovibili degli stabilimenti vengono acquisite dallo Stato senza indennizzo ai concessionari uscenti.
Gli indennizzi erano stati già previsti, nell’agosto 2022, dalla legge sulla concorrenza varata dal governo di Mario Draghi (n. 118), che individuava alcuni criteri per la messa a gara delle concessioni balneari e delegava il governo a definirli in appositi decreti. L’esecutivo di Giorgia Meloni, però, aveva lasciato scadere i termini della delega. Ora il disegno di legge recupera e valorizza il principio dell’indennizzo, ma non i criteri per le gare. A ciò supplisce il CdS che, nelle ultime sentenze, ribadendo la necessità di bandire subito procedure competitive, afferma che comunque si potranno utilizzare «i principi della legge 118/2022 ancorché non santificati in decreti attuativi».
Ancora un elemento. La norma sui mancati indennizzi che si vuole abrogare è ora al vaglio della Corte di Giustizia dell’Ue, che si pronuncerà a breve sulla sua compatibilità con il diritto europeo (artt. 49 e 56 Tfue). Prima di modificarla, forse sarebbe meglio attendere la pronuncia.
LA STAGIONE BALNEARE 2024
Secondo le citate sentenze del CdS, per la stagione balneare 2024 è ammissibile «la sola proroga “tecnica”», prevista dalla legge sulla concorrenza del 2022, «per il tempo strettamente necessario» a concludere le gare. Per fruire di tale proroga – dicono i giudici – le autorità amministrative «devono avere già indetto la procedura selettiva o comunque avere deliberato di indirla in tempi brevissimi». In tutti gli altri casi, la maggior parte, le concessioni sono illegittime. Per ribadire questo punto, gli attivisti di Mare libero stanno occupando in modo pacifico – con asciugamani e ombrelloni – varie spiagge, Papeete e Twiga tra le altre.
Chissà se queste iniziative riusciranno a sensibilizzare sul tema gli altri bagnanti, e i cittadini in generale, in modo più efficace delle sentenze.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2024 Riccardo Fucile
LA DONNA, AVVOCATO CHE DA 28 ANNI VIVE IN EMILIA-ROMAGNA, È STATA BERSAGLIATA DA FRASI DEL TIPO “UN AIUTO CONCRETO ALLA SOSTITUZIONE ETNICA”; “FUORI DALL’ITALIA…”
Si candida alle elezioni amministrative di Maranello, in provincia di Modena, e viene bersagliata sui social da offese razziste ed anche sessiste. È la vicenda che si è trovata ad affrontare Khaoula Kanjaoui, avvocato 30enne, originaria del Marocco e da 28 anni nel Modenese. L’ondata di odio social (“Un aiuto concreto alla sostituzione etnica”, “Fuori dall’Italia”, il tenore dei ‘commenti’) è stata ripresa dalla stampa locale, attraverso la quale Kanjaoui spiega come abbia vissuto l’accaduto: “Mi ha fatto male”.
A finire nel mirino degli haters sono stati i profili della lista che vede la 30enne candidata per un posto in consiglio comunale, ‘Italia del Futuro’. “Situazione spiacevole ed inaspettata – aggiunge l’avvocato -. Un odio non legato a un episodio o ad una divergenza di vedute politiche rispetto alla mia lista, ma contro la mia persona”. Un episodio che, in ogni caso, non frena la sua volontà di entrare per la prima volta in politica: “Questa vicenda mi ha spinto a reagire subito e a lottare ancora di più”.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2024 Riccardo Fucile
SINDACI (ANCHE QUELLI DI DESTRA) SONO SULLE BARRICATE PER IL DECRETO A FIRMA DEL MINISTRO DELL’ECONOMIA CHE IMPONE IL TAGLIO DEI FONDI AI COMUNI CHE HANNO RICEVUTO PIÙ SOLDI DAL RECOVERY – FITTO ANNUNCIA UN TAVOLO CON GLI ENTI LOCALI PER PLACARE LA RIVOLTA MA IL LEGHISTA TIENE IL PUNTO: “I CONTI SONO PEGGIORATI, NON RINUNCIAMO ALLA SPENDING REVIEW”
Assediato dagli amministratori locali e alle prese con la rivolta dei sindaci di centrodestra, il governo vorrebbe tenere una linea soft sui tagli a Comuni e Province. Il ministro Raffaele Fitto, fedelissimo della premier Giorgia Meloni, annuncia un tavolo di confronto per evitare un nuovo boomerang in piena campagna elettorale per le europee, dopo l’autogoal del redditometro.
Ma il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha firmato la bozza di decreto che ripartisce i tagli agli enti locali, tiene il punto. La linea di Giorgetti è chiara: la spending review è stata votata con la legge di bilancio dello scorso anno e non penalizza nessuno, si sta chiedendo un sacrificio a chi ha ricevuto di più con il Pnrr.
Fitto, che spinge per un approccio più dialogante, comunque ricorda ai sindaci che il contributo richiesto «esclude» le spese per le politiche sociali e gli asili nido. In effetti, questo impegno è scritto nella legge di bilancio approvata sei mesi fa, ma quel che lamentano gli enti locali è che il taglio della spesa corrente si riflette inevitabilmente anche sui soldi che servono per mandare avanti proprio gli asili realizzati con i fondi del Pnrr.
La manovra del 2023 aveva stabilito un taglio agli enti locali di 250 milioni di euro l’anno dal 2024 al 2028, pari a 1,25 miliardi complessivi. Il risparmio è calcolato per il 50% sulla spesa corrente e per il restante 50% «in proporzione ai contributi assegnati a ciascun ente a valere sulle risorse del Pnrr». Dei 6 miliardi che si sono aggiudicati i sindaci, oltre 3 miliardi di euro riguardano gli asili nido, 2 miliardi le periferie e 900 milioni i piani urbani integrati.
Fitto assicura che si aprirà un confronto perché «la situazione non è uguale per tutti i Comuni, se ce ne sono alcuni che hanno avuto un maggior beneficio, ce ne sono altri che di benefici ne hanno avuti meno. Il nostro compito sarà far quadrare i conti». Tuttavia, se sarà possibile almeno limare il decreto come lascia intendere Fitto, dipenderà da Giorgetti, che però sembra non voler far sconti sulla sostenibilità dei conti e la spending review.
I sindaci di centrodestra interpellati da La Stampa sono già sulle barricate. Mario Conte, primo cittadino leghista di Treviso, va all’attacco: «Così com’è stato impostato, il decreto non può in alcun modo andare avanti. Da Roma hanno fatto pressing sui Comuni, chiedendoci di essere pronti e veloci nella presentazione dei progetti legati al Pnrr, qui in Veneto abbiamo risposto con un lavoro incredibile e il premio è il taglio della spesa corrente. Questo non è accettabile. È il contrario della meritocrazia».
Secondo Conte, «quanto abbiamo preso dai fondi del Pnrr non deve avere niente a che fare con i tagli eventuali delle spese. Devono essere altri i parametri di riferimento. Questa proposta è insostenibile».
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2024 Riccardo Fucile
COMINCEREBBE LA GUERRA CIVILE NEL MOVIMENTO: CONTE HA CONTRO LA NOMENKLATURA CHE È STATA TAGLIATA FUORI DALLA NORMA DEL DOPPIO MANDATO: FICO, FRACCARO, BONAFEDE, BUFFAGNI, TAVERNA, RAGGI… NA C’E’ ANCHE LA FRONDA DEI PENTASTELLATI CHE NON HANNO DIGERITO L’AUTORITARISMO DI CONTE QUANDO HA SCELTO I SUOI FEDELISSIMI DA PIAZZARE IN LISTA PER LE EUROPEE
Cosa potrebbe succedere al leader del Movimento pentastellato se il voto europeo anziché consegnargli il 15% stimato dai sondaggi dovesse limitarsi a uno striminzito 11-12%?
Certo, nessuno grillino si sognerà di mettere in discussione la leadership di Giuseppe Conte, che ha già preparato, in caso di tracollo, il discorsetto secondo cui alle Europee, storicamente, il Movimento è sempre andato male, comunque peggio rispetto alle Politiche.
Ma se il 10 giugno, aperte le urne, contati i voti, il divario tra M5S e Pd risultasse molto forte, o addirittura Elly Schlein riuscisse a doppiare la percentuale dei 5Stelle, a quel punto, i sogni di gloria di Giuseppe Conte come “punto di riferimento fortissimo della sinistra” finirebbero definitivamente nel cestino delle ambizioni sbagliate e scoppierebbe la guerra civile nel Movimento.
Oltre al fatto che in Europa i grillini in modalità Conte non sono apparentati con nessun euro-gruppo, quindi politicamente non conteranno un cazzo (all’epoca di Di Maio, Ursula von der Leyen divenne presidente della Commissione grazie all’apporto dei 15 voti del Movimento), oggi Peppiniello Appulo si ritrova contro la vecchia nomenklatura pentastellata destabilizzata, fino alle depressione più cupa, dalla norma sul doppio mandato: i vari Fico, Fraccaro, Bonafede, Buffagni, Taverna, Crimi, Raggi, Di Battista, eccetera, tutti miracolati che si erano abituati alla cuccagna parlamentare dei 15 mila euro al mese, sono incazzati come bisce.
Secondo punto: sono tanti i pentastellati che non hanno per nulla digerito l’autoritarismo di Conte che ha scelto tra i suoi fedelissimi i “magnifici sette” da piazzare direttamente in lista per le Europee, senza passare dalle selezioni online e facendoli votare dagli attivisti in un elenco bloccato.
Benvenuti al Conte Social Club a 5 stelle: si parte dall’ex presidente dell’Inps e suo consigliere economico, Pasquale Tridico (colui che ha inventato il Reddito di Cittadinanza e in duplex con il leghista Durigon il famigerato Superbonus), Conte ha messo in lista l’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, il fondatore di Banca Etica, Ugo Biggeri, e l’ex pallonara Carolina Morace. Poi la giurista animalista, Martina Pluda, il professore di pedagogia all’Università di Salerno, Maurizio Sibilio, la manager Cinzia Pilo per finire con l’ex direttore de “La Notizia”, Gaetano Pedullà.
Comunque, se nella scelta delle strategie politiche Conte ha fallito dando ragione al saggio Lucio Seneca (“Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”), nella gestione del Movimento ha dimostrato di essere un tipino che sa navigare. Vi ricordate il violentissimo post di Grillo in risposta alla bozza di statuto del Movimento con le condizioni di Conte per guidare il M5S: ‘’Io non posso essere un leader dimezzato, porrò delle condizioni imprescindibili’’.
A Beppemao partì l’embolo: ma come osa porre un aut aut al Garante del Movimento questo azzimato avvocato che Di Maio ha preso chissà da dove e, grazie all’ottimo rapporto di Giggino con il segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, è diventato presidente del Consiglio, quasi a sua insaputa?
Conte non è un leader: se è stato due volte premier deve ringraziare i voti dei 5Stelle (e i due anni di Covid mediaticamente gestito, duole dirlo, alla grande da Rocco Casalino).
Tanta incazzatura, si rovesciò come lava nel suo blog del 20 giugno 2021: “Non possiamo lasciare che un movimento nato per diffondere la democrazia diretta e partecipata si trasformi in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco. Vanno affrontate le cause per risolvere l’effetto ossia i problemi politici (idee, progetti, visione) e i problemi organizzativi (merito, competenza, valori e rimanere movimento decentralizzato, ma efficiente). E Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione”.
E mica è finita: “Mi sento così: come se fossi circondato da tossicodipendenti che mi chiedono di poter avere la pasticca che farà credere a tutti che i problemi sono spariti e che dia l’illusione (almeno per qualche mese, forse non di più) che si è più potenti di quello che in realtà si è davvero, pensando che Conte sia la persona giusta per questo”.
Poi sappiamo come è finito il mega Vaffa all’ex socio dello studio Alpa: a Grillo, già impelagato con il processo del figlio, è bastato incassare un dovizioso contratto da 300mila euro per non specificati “progetti comunicativi” per spegnere i bollenti spiriti, e Conte si è preso il bastone del comando.
Ma fino all’ultimo, rancoroso com’è fino alla cattiveria, l’ex Avvocato del Popolo non ci pensava proprio di rimpinguare le casse vuote del rapace comico genovese. Per ammorbidirlo c’è voluta la realpolitik di Casalino: Giuseppe, firma il contratto! O rischi che ogni giorno Grillo ti infilzerà, come un San Sebastiano, di invettive al cetriolo… Comunque, Conte paga ma non perdona: da quel momento in poi, ha regolato i conti con gli amici e i protegé di Grillo.
Andrebbe giustamente sottolineato all’Elevato genovese che senza l’apparizione di Conte, il suo Movimento si sarebbe estinto come una meteora: una volta a Palazzo Chigi, la Pochette con le unghie si è costruito una solida base di sostegno. E di alternative alla sua leadership, per ora, non si vede traccia. L’unico che ha la personalità e il carisma si chiama Marco Travaglio, ma il direttore del “Fatto Quotidiano” non lo farà mai.
(da Dagoreport)
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Maggio 27th, 2024 Riccardo Fucile
SI FA STRADA UN ACCORDO PER CHIUDERE LA VICENDA
Sarebbe in corso una trattativa tra le parti con l’obiettivo di ritirare la denuncia contro il parlamentare Pd, accusato di aver rubato una boccetta di profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino
Dalla parte dell’indagato c’è la tenuità del fatto: il furto di una boccetta di Chanel, dal valore di 130 euro, non incide sulle casse della società che gestisce il duty free di Fiumicino. È altrettanto vero, però, che a Piero Fassino potrebbe essere mossa l’aggravante della reiterazione, visti gli altri due precedenti denunciati dal negozio. Mentre la procura di Civitavecchia prosegue il lavoro sul fascicolo del deputato Pd, i suoi avvocati starebbero lavorando parallelamente a una trattativa tra le parti per chiudere la faccenda senza andare a giudizio: un risarcimento del danno in cambio del ritiro della querela.
La notizia del possibile accordo, riportata dal Corriere, non è stata smentita da Francesca Tolentino, rappresentante legale dell’impresa che gestisce il punto vendita nell’aeroporto di Fiumicino. «La società ha scelto fin dall’inizio di tutelare la riservatezza dei protagonisti della storia» è la risposta data al giornale di via Solferino che, dunque, non riporta la cifra del risarcimento verso cui si sta indirizzando la trattativa.
Il deputato, dopo essere stato scoperto, voleva dimostrare la sua buona fede pagando il doppio del costo del profumo alla società. Tuttavia, scrive la giornalista Ilaria Sacchettoni, «difficilmente, ora che il caso è esploso in tutta la sua gravità, ci si potrà accordare su una cifra tanto simbolica quanto 260 euro».
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2024 Riccardo Fucile
TRA GLI OSPITI ALLA PARATA CI SARA’ ANCHE IL SINDACO GUALTIERI E ANNALISA (MADRINA DELL’EVENTO). ALLA “PRIDE CROISETTE” PATTY PRAVO, ELLY SCHLEIN, CORRADO AUGIAS, BIGMAMA
Trent’anni di lotte e di orgoglio: per la propria identità sessuale.
La grande parata del Roma Pride, il prossimo 15 giugno, per questa edizione così importante vede come madrina la cantante Annalisa, vicina a una comunità come quella Lgbt+ che oggi più che mai sente di dover «resistere a questo governo che da subito ha preso di mira noi, le famiglie arcobaleno, la comunità trans, i nostri centri antidiscriminazione. Il Pride è diventato la vera opposizione e la vera resistenza a questo governo Meloni e alle sue politiche di destra» , ha detto Mario Colamarino, portavoce del Roma Pride e presidente del circolo Mario Mieli, presentando le tante iniziative di questa edizione.
La parata quest’anno si svilupperà su un nuovo percorso: da piazza della Repubblica arriverà a via delle Terme di Caracalla ( dove dal primo giugno si svolge la Pride Croisette), passando per viale Luigi Einaudi, piazza dei Cinquecento, via Cavour, piazza dell’Esquilino, via Liberiana, piazza Santa Maria Maggiore, via Merulana, via Labicana, piazza del Colosseo, per poi attraversare il Rione Celio.
Anche questa volta non ci sarà il patrocinio della Regione Lazio: «Dopo l’esperienza dell’anno scorso con il governatore Francesco Rocca che voleva scegliere cosa dovevamo inserire e cosa no nel nostro manifesto politico, quest’anno abbiamo risolto — racconta Colamarino — non glielo abbiamo proprio chiesto».
Sono nove le rivendicazioni che la comunità ha messo nero su bianco: il pieno riconoscimento del matrimonio egualitario per tutte le coppie e dei figli di quelle omogenitoriali, così come l’accesso alla procreazione assistita e alla gestazione per altri etica e solidale. Il pieno rispetto del diritto all’autodeterminazione delle persone trans binarie e non-binarie, senza interferenze esterne o giudizi discriminatori. Nel manifesto si condanna anche la pratica dannosa delle “ terapie riparative” o “tentativi di conversione”, si chiedono spazi sicuri nelle scuole, nelle università, sui luoghi di lavoro, nelle istituzioni e nei luoghi dello sport, ma anche una formazione adeguata del personale sanitario.
Ad essere vicino al Roma Pride invece è il Campidoglio: anche quest’anno alla parata ci sarà il sindaco Roberto Gualtieri che insieme alla coordinatrice dell’ufficio Diritti Lgbt+ Marilena Grassadonia è stato pubblicamente ringraziato per l’impegno concreto: dagli sportelli di ascolto aperti che sono 11 nei 15 municipi, alla registrazione dei figli delle famiglie arcobaleno.
(da La Repubblica)
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Maggio 27th, 2024 Riccardo Fucile
LA COALIZIONE “ITALIANA” DI CENTRODESTRA (PPE+ECR+IDENTITÀ E DEMOCRAZIA), SECONDO I SONDAGGI, POTREBBE CONTARE SU 353 SEGGI: TROPPO POCHI PER FAR NASCERE UNA MAGGIORANZA
Il centrodestra maggioranza nel Parlamento europeo è semplicemente una “fake news”. Giorgia Meloni si lamenta spesso e ingiustificatamente di presunte notizie non vere che la riguardano. la sua campagna elettorale con il sogno di una alleanza che faccia a meno della sinistra può essere coltivato solo nella propaganda che precede l’apertura delle urne. Ma la sua ultima mossa può avere un solo effetto: lasciare l’Italia fuori dal gruppo di comando dell’Ue.
Una coalizione di centrodestra in grado di eleggere il presidente della Commissione europea, infatti, è sia politicamente sia numericamente impossibile. Basta leggere i numeri attuali dell’Eurocamera e quelli dei sondaggi più accreditati.
Vediamo i seggi. Secondo le ultime stime, il Ppe (i Popolari di cui fa parte anche Forza Italia) ne dovrebbero conquistare circa 183. Ecr (i Conservatori con Fratelli d’Italia) 86, Identità& Democrazia (la destra ancora più estrema con la Lega e la francese Le Pen) 84. In totale 353.
Il Parlamento europeo sarà formato da 720 deputati, quindi la maggioranza è fissata a 361. Ne mancano otto. In teoria. Perchè il Ppe ha già dichiarato, attraverso il suo presidente, Manfred Weber, e la sua “spitzenkandidat” Ursula von der Leyen, che non ci potrà essere alcuna intesa con l’estrema destra. Sicuramente non con quella di Salvini e del transalpino Rassemblement National.
Quindi bisogna eliminare almeno gli 84 eletti di ID. Nelle elucubrazioni oniriche di molti europarlamentari della destra italiana si suggerisce di sostituirli con i rappresentanti di Renew, gruppo liberale idealmente guidato da Emmanuel Macron. Che dovrebbe, però, eleggere a sua volta 86 membri. Quindi la coalizione arriverebbe a 355. Ancora non basterebbe dal punto di visto aritmetico.
Ma se si offre uno sguardo alla compatibilità politica, i liberali sono assolutamente contrari a qualsiasi tipo di collaborazione con Ecr. È stato esplicito a questo riguardo giovedì scorso lo “spitzenkandidat” di Renew, l’italiano Sandro Gozi. Senza contare, poi, che una parte consistente del Ppe, i partiti del nord Europa e quello polacco, si innervosiscono soltanto all’idea di allearsi con la destra conservatrice. Il primo ministro popolare di Varsavia, Donald Tusk, considera ad esempio il suo primo nemico il Pis, il partito del suo predecessore Morawiecki, che è proprio iscritto all’Ecr.
Il Pse, ossia i socialisti, dovrebbero confermarsi il secondo gruppo in Parlamento con 140 seggi. In questo quadro, dunque, non esiste alcuna alleanza maggioritaria davvero praticabile senza il Ppe e/o senza il Pse. Non a caso la cosiddetta “maggioranza Ursula” […] si basa su popolari, socialisti e liberali (i quali in questo quadro si confermerebbero il terzo partito con Ecr) che insieme anche a giugno dovrebbero raggiungere quota 409. Oltre la soglia minima di 361. E comunque, in realtà, non rassicurante perché nell’aula di Strasburgo va considerata una forte dispersione di voti.
Quindi chiunque aspiri a farsi eleggere alla presidenza della Commissione dovrà passare da questa coalizione: Ppe, Pse, Renew. Con qualche aggiunta. Una parte dei popolari e l’attuale presidente della Commissione vorrebbero arruolare solo i parlamentari meloniani di Fratelli d’Italia, non tutto l’Ecr. Altri, come i socialisti, pensano ad allargare i confini della coalizione ai Verdi che potrebbero eleggere 48 parlamentari.
L’obiettivo dichiarato da Meloni ieri è quindi irraggiungibile a meno di rovesci elettorali al momento imprevedibili. Si tratta dunque di una mossa dialettica ingannevole perché dal 10 giugno in poi la premier italiana dovrà semmai decidere di consegnare i suoi parlamentari “gratuitamente” per l’elezione del nuovo/a presidente della Commissione. Non entrare ufficialmente nell’alleanza ma non essere esclusa da essa.
La linea «mai con la sinistra» rischia di condurla direttamente in un “cul de sac” che isola il Paese. Con un paradosso cui il governo italiano ci ha già abituati, ad esempio in occasione dell’approvazione del nuovo patto di Stabilità. Meloni ha dato il via libera in Consiglio e Fratelli d’Italia lo ha negato in Parlamento. Sul vertice della Commissione potrebbe replicarsi l’incoerenza: Palazzo Chigi concorda un candidato in Consiglio, Fdi rinuncia ad associarsi in aula alla sinistra.
(da agenzie)
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