Giugno 15th, 2025 Riccardo Fucile
A LOS ANGELES NUOVI SCONTRI: LA FOLLA HA LANCIATO SASSI, MATTONI E BOTTIGLIE CONTRO LA POLIZIA, CHE HA REAGITO CON PROIETTILI DI GOMMA E LACRIMOGENI
Milioni di manifestanti in tutti gli Stati Uniti sono scesi in strada per manifestare contro
l’amministrazione Trump sabato, in netta controtendenza rispetto alla parata militare del presidente a Washington, la sera stessa
Perché è importante: Gli organizzatori della protesta “No Kings” hanno dichiarato che il movimento diffuso ha segnato la più grande protesta di un singolo giorno contro il presidente Trump durante la sua seconda amministrazione.
Il quadro generale: Mentre la maggior parte dei raduni si è svolta pacificamente, sono stati segnalati scontri tra polizia e manifestanti durante la manifestazione “No Kings” di Los Angeles, dove da giorni si svolgono manifestazioni infuocate contro le incursioni dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE).
In altri incidenti avvenuti durante le proteste dei “No Kings”, le autorità hanno dichiarato che una persona è rimasta gravemente ferita a Salt Lake City in seguito a colpi d’arma da fuoco e un uomo è stato arrestato per aver presumibilmente guidato intenzionalmente un SUV attraverso la folla a Culpeper, in Virginia.
Più di 5 milioni di persone hanno partecipato alle manifestazioni “No Kings” in oltre 2.100 città e paesi in tutto il Paese, mentre si sono tenute altre 300 manifestazioni “Kick Out the Clowns”
A Filadelfia si sono registrate più di 100.000 presenze e a Chicago 75.000, mentre in città più piccole come Pentland, nel Michigan, si sono registrate 400 presenze in una città di 800 abitanti, secondo gli organizzatori.
Il Dipartimento di Polizia di Los Angles ha emesso un ordine di dispersione durante una protesta “No Kings” a Los Angeles e ha affermato che la folla “lanciava sassi, mattoni, bottiglie” e che gli agenti sono stati colpiti da “fuochi d’artificio di tipo commerciale” e altri oggetti sabato pomeriggio ora locale
Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Texas ha arrestato una persona in relazione alle minacce rivolte ai legislatori statali che, secondo i funzionari, sabato avrebbero partecipato alla protesta “No Kings” di Austin. Le minacce hanno provocato una breve evacuazione della capitale del Texas.
Da notare: Trump ha minacciato “forza molto grande” contro i manifestanti durante la parata militare.
L’amministrazione ha schierato membri della Guardia Nazionale e i Marines americani a Los Angeles in risposta alle proteste contro i raid sull’immigrazione, e sabato in città si sono svolte massicce proteste “No Kings”
L’intrigo: Gli organizzatori di “No Kings” hanno intenzionalmente evitato di organizzare eventi a Washington, dove Trump ha programmato una parata militare in occasione del 250° anniversario dell’esercito americano e del suo 79° compleanno.
“Invece di permettere a questa parata di compleanno di essere il centro di gravità, faremo in modo che l’azione in ogni altro luogo sia la storia dell’America di quel giorno: la gente che si riunisce nelle comunità di tutto il Paese per respingere la politica degli uomini forti e la corruzione”, hanno scritto gli organizzatori.
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2025 Riccardo Fucile
ANCORA IN CORSO LE RICERCHE DEL CRIMINALE: SCOMMETTIAMO CHE LO TROVERANNO MORTO, COSI’ CON PARLERA’ PIU?
Negli Stati Uniti continua la caccia all’uomo che, travestito da poliziotto, ha sparato e ucciso la deputata Melissa Hortman e il marito e ferito il senatore John Hoffman e la moglie
L’assassino in fuga, secondo le informazioni fornite dalla polizia di Minneapolis, si chiamerebbe Vance Luther Boelter. Trovato nella sua auto – un SUV in tutto simile a quello della polizia – un manifesto in cui i due membri del Congresso sono identificati come bersagli designati
“Ho fatto delle scelte di cui non sapete nulla, ma sarò via per un po’. Potrei morire a breve”, l’ultimo messaggio del killer agli amici. L’Fbi ha messo una taglia da 50 mila dollari a chiunque fornirà informazioni che risulteranno decisive per catturare l’uomo, 57 anni.
Le forze dell’ordine considerano Boelter armato e pericoloso e dovrebbe trovarsi ancora nell’area di Minneapolis-St. Paul. Sotto inchiesta i suoi legami con la chiesa evangelica e affermava di essere un esperto di sicurezza con esperienza nella Striscia di Gaza e in Africa. David Carlson, 59 anni, ha dichiarato all’agenzia Reuters di condividere una casa a Minneapolis con Boelter da poco più di un anno e di averlo visto l’ultima volta venerdì sera. Poi, verso le 6 del mattino di sabato, ha ricevuto un messaggio da Boelter. “Ha detto che potrebbe morire presto”, ha detto Carlson, che ha chiamato la polizia.
Nella lista trovata nel veicolo abbandonato dal sospettato circa 70 nomi, tra cui operatori sanitari specializzati in aborti e legislatori del Minnesota e di altri stati. Gli Hortman e le altre vittime, il senatore statale John Hoffman e sua moglie, erano sulla lista con decine di democratici del Minnesota, tra cui Walz (candidato insieme a Kamala Harris alla vicepresidenza democratica alle elezioni dello scorso anno), la deputata statunitense Ilhan Omar, la senatrice Tina Smith e il procuratore generale del Minnesota Keith Ellison.
L’incidente segue l’accesa udienza al Congresso di giovedì scorso in cui Walz e altri due governatori democratici hanno difeso le politiche dei loro stati per garantire asilo agli immigrati clandestini, scatenando attacchi da parte dei repubblicani che sostengono l’aggressiva repressione dell’immigrazione da parte di Trump.
Il capo della Polizia Stradale del Minnesota, il colonnello Christina Bogojevic, ha dichiarato che la polizia ha trovato volantini nel veicolo del sospettato con la scritta “No Kings”, ma che l’uomo non aveva alcun collegamento diretto con le proteste “No Kings” contro le politiche del presidente Donald Trump. Le proteste sono state programmate per contrastare la parata militare a lungo desiderata da Trump
.Nell’auto di Vance Luther Boelter è stato trovato un manifesto in cui prometteva di voler “purificare l’America” e parlava di “corruzione dei democratici”.
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2025 Riccardo Fucile
HANNO UNA CAPACITA’ DI TIRO DI 1.200 KM E SONO DOTATI DI TESTATE MANOVRABILI
Un’ondata di attacchi missilistici dall’Iran ha colpito nella notte tra sabato e domenica
diverse città di Israele. Il bilancio provvisorio è di 10 morti, compreso un bambino, e di circa 200 feriti. Milioni di persone in tutto il Paese sono state costrette nella notte a cercare riparo nei rifugi o nelle aree comuni degli edifici. Quattro persone tra cui un bambino di 10 anni sono state uccise in un attacco su Tamra, nei pressi di Haifa, in cui sono rimaste ferite altre 100 persone.
Un altro pesante attacco ha colpito pesantemente un quartiere di Bat Yam, cittadina sul litorale a sud di Tel Aviv. I video che arrivano dalla zona mostrano l’intervento dei soccorritori tra le
macerie di palazzi sventrati. Le vittime accertate sono al momento 6, ma il bilancio potrebbe crescere: si stimano almeno una ventina di dispersi. Un’altra donna israeliana è rimasta uccisa da un missile israeliano su Haifa. Le forze israeliane hanno condotto a loro volta nuovi attacchi contro l’Iran nella notte, prendendo di mira in particolare basi di lancio di missili balistici e altre infrastrutture militari, fa sapere l’Idf.
Haj Qassem: i nuovi missili dell’Iran «a prova di difese»
Il presidente di Israele Isaac Herzog parla al risveglio di «una mattina molto triste e difficile. L’Iran dal canto suo rivendica invece le azioni della notte lasciando filtrare di aver colpito lo Stato ebraico usando un nuovo tipo di missile balistico: si tratta del sistema teleguidato Haj Qassem, in grado – ha detto il ministro della Difesa Aziz Nasirzadeh alla tv – di bucare sistemi di difesa aerea come quello THAAD di fabbricazione Usa, i Patriot e altri sistemi utilizzati da Israele. I missili di questo tipo, «presentati» appena un mese e mezzo fa, hanno una capacità di tiro da 1.200 chilometri e sono dotati di testate manovrabili in grado di bucare le difese missilistiche nemiche, riporta fiera l’agenzia di Stato iraniana Tasnim. Una sfida nuova per Israele che ha vissuto la notte più difficile cruenta dagli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023.
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2025 Riccardo Fucile
LE POLITICHE POLIZIESCHE SOVRANISTE NON SONO UNA RISPOSTA ALLA DOMANDA DI UNA VITA PIU’ SICURA
Si fa spesso notare che il bisogno di sicurezza non è abbastanza valutato a sinistra, e che averne smarrito l’importanza, specie tra i ceti meno difesi, è una grave inadempienza politica dei progressisti, che l’hanno pagata con milioni di voti in meno.
La critica è legittima. Ma andrebbe sempre affiancata da una osservazione ugualmente importante: le politiche securitarie e poliziesche della destra non sono una risposta alla domanda di una vita più sicura e più pacifica. E anzi.
Chiunque abbia parenti o amici in America ne registra lo stato d’ansia crescente, il sentimento di insicurezza, la preoccupazione per il futuro. La tensione politica alle stelle, la Guardia Nazionale mobilitata a sproposito, la xenofobia rivendicata come metodo di igiene sociale, le esibizioni di brutalità ai danni dei non tutelati, l’ostracismo agli studenti stranieri, sono un problema anche per i tutelati. Un potere che minaccia e discrimina non garantisce nessuno e mette in allarm
anche molti di coloro che, fino a un attimo fa, non lo erano.
Non è solo il migrante non in regola, a sentirsi sotto tiro. Ci sono scienziati e professionisti in partenza per gli Stati Uniti che si passano l’un l’altro la raccomandazione di non portare con sé computer, tablet o qualunque apparecchio con dati sensibili: è la tipica preoccupazione di chi arriva in uno Stato di polizia.
E quando la mia amica A., da una vita per turismo o per lavoro a New York un paio di volte all’anno, mi dice “quest’anno preferisco non andarci, era casa mia, ora non mi sento più sicura come prima”, trovo conferma: sentirsi meno liberi vuol dire sentirsi meno sicuri.
(da repubblica.it)
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Giugno 15th, 2025 Riccardo Fucile
“TEL AVIV NON SI CONTROLLARE DALL’AIEA, MA USA L’AGENZIA PER GIUSITIFICARE IL SUO ATTACCO”
“Il vero obiettivo di questi attacchi è la sopravvivenza politica di Netanyahu”. Riccardo
Pennisi è analista di geopolitica per l’Aspen Institute: “Il primo ministro apre un nuovo fronte ogni
volta che è all’angolo, come adesso, sia internamente, con una maggioranza risicatissima, con la popolazione che vorrebbe processarlo per corruzione, sia a livello internazionale, sempre più contestato per la strage ingiustificata a Gaza”.
Israele giustifica l’attacco con il rischio che Teheran sviluppi armi nucleari. Mentre Tel Aviv ha un arsenale: quante testate nucleari possiede?
Ci sono varie stime, che vanno dalle 90 alle 200. I centri di ricerca indipendenti degli Usa dicono anche che Israele ha abbastanza plutonio da poterne sviluppare altre 200. Poi serve un arsenale per usarle. Israele ha sottomarini nucleari comprati dalla Germania; aerei che possono portare armi nucleari, arrivati dagli Stati Uniti, e missili terra-terra di fabbricazione israeliana.
Ci affidiamo a centri di ricerca indipendenti perché sul nucleare israeliano c’è un totale tabù a partire dagli Usa, un impegno che vincola i funzionari pubblici statunitensi a non farvi riferimento.
È un impegno preso dai presidenti americani che continuano a fare finta di niente, paradossale anche perché ora a parlarne sono gli stessi politici israeliani. In passato pensavano che mantenere il segreto sarebbe stato meglio, ora valutano più utile che si sappia che Israele ha un arsenale nucleare e deve essere l’unico ad averlo.
E cosa ne sappiamo?
Molto poco, perché Israele non ha mai firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, insieme a India, Pakistan e Sud Sudan. E quindi ha potuto sempre sottrarsi alle ispezioni a cui deve sottostare ogni altro paese firmatario o ratificatario delle
convenzioni internazionali.
Ma se l’Iran non lo fa questa è una delle giustificazioni per attaccarlo.
Esatto, tanto più che lo stesso Iran in passato, quando è stato accusato di non avere rispettato questi obblighi, ha detto: “Israele non li ha mai rispettati”. Una asimmetria mai sollevata seriamente dalla politica e dalla stampa occidentale.
Israele sviluppa tecnologia nucleare dagli anni 50, con l’appoggio occidentale.
Fino al 1969 gli unici paesi autorizzati erano i cinque del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: Francia, Cina, Regno Unito, Urss e Usa. Ma la priorità era staccare Israele dall’orbita sovietica, quindi negli anni 50 e 60 Francia e Usa cominciano a fornire competenze tecniche, materiali, plutonio, aerei.
Perché le potenze occidentali ribadiscono il diritto di Israele a difendersi? L’Iran non ha ancora la bomba…
Ci sono due visioni del Medio Oriente. Una che include l’Iran al tavolo di chi decide, insieme ad Israele, Arabia Saudita, ai grandi Stati. E c’è una visione che esclude: in questo momento coincide sia negli Usa sia in Israele l’idea che l’Iran debba essere escluso perché troppo vicino a Russia e Cina, non certo per ragioni legate al fondamentalismo oppure alla democrazia, perché nemmeno l’Arabia Saudita, il Qatar o l’Egitto sarebbero da includere su quei parametri. Ma oggi imporre all’Iran di accettare che Israele sia l’unico paese con le armi nucleari della regione è insostenibile. Bisognerebbe o garantire all’Iran che Israele non li attaccherà mai, e che quindi entri nelle famose
istituzioni internazionali di controllo, oppure anche l’Iran deve avere la libertà, sotto controllo internazionale, di sviluppare il suo arsenale nucleare.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Giugno 15th, 2025 Riccardo Fucile
IL GIOVANE MAROCCHINO SI ERA TUFFATO AL LIDO DEGLI ESTENSI PER SALVARE UNA COPPIA DI ITALIANI IN DIFFICOLTA’: LA GENEROSITA’ NON HA COLORE DELLA PELLE
E’ morto da eroe, a soli 16 anni, nel tentativo di salvare altre due persone dalle correnti del Lido degli Estensi. Il giro con gli amici in pedalò di Aymane Ed Dafali, che da Castelnovo Bariano si era spostato con gli amici in provincia di Ferrara, al mare, è finito in una enorme tragedia. Aymane era originario di Jbiel, in Marocco e in Italia da soli tre anni, ne avrebbe
compiuti 17 il 16 ottobre. La tragedia si è consumata intorno alle 18 di ieri, quando si trovava al Lido Estensi, nel canale Logonovo, area interdetta alla balneazione e sprovvista di servizio di salvataggio.
Il ragazzo era con tre amici e si è istintivamente gettato in acqua osservando un ragazzo e una ragazza che spinti dalla corrente, molto forte in quel tratto di mare, chiedevano aiuto. Quell’area della spiaggia è libera e si trova tra il bagno Vascello e il canale Longovo, appunto.
Lui e i due amici si sono tuffati senza pensarci, per andare in soccorso della coppia e subito li ha raggiunti anche il bagnino che controllava quel tratto di mare.
Insieme sono riusciti a portare a riva le due persone in difficoltà ma purtroppo il 16enne era rimasto indietro.
Il coraggioso 16enne, probabilmente inesperto nel nuoto, è immediatamente finito sott’acqua, senza più riemergere. Nel frattempo, richiamato dalle grida di aiuto, è intervenuto, con il moscone, il bagnino in servizio nel bagno più vicino, il Vascello Beach e, in suo supporto sono intervenuti altri colleghi. Gli amici e il bagnino sono dunque tornati in acqua nel disperato tentativo di salvargli la vita portandolo a riva.
Una volta scattate le ricerche il 16enne è riemerso e recuperato, ormai esanime, dopo circa venti minuti, sulla sponda del Logonovo, lato Lido Estensi. La macchina dei soccorsi era già stata mobilitata e sul posto sono intervenute automedica ed ambulanza dell’ospedale del Delta ferrarese, nonché l’eliambulanza dell’ospedale Santa Maria delle Croci di
Ravenna, atterrata in un’area verde di viale dei Tigli. Una volta sulla battigia hanno tentato di rianimarlo. Dopo poco sono arrivati i soccorsi intervenuti con ambulanza e automedica ma, purtroppo, non c’è stato nulla da fare. Da Ravenna si è alzato anche l’elisoccorso che ha raggiunto lido degli Estensi ma è dovuto tornare alla base vuoto.
Alle 19.10, infatti, purtroppo, dopo prolungati tentativi di ripristinare il battito cardiaco al giovanissimo eroe, è stato dichiarato il decesso. Sulla causa della morte pare non vi siano dubbi che si sia trattato di una sindrome da sommersione
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2025 Riccardo Fucile
QUINDICI PIANI DI INVESTIMENTO DELLE SOCIETÀ CHE GESTISCONO I CASELLI SONO STATI BLOCCATI AL MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE. I CONCESSIONARI CHIEDONO 27 MILIARDI IN PIÙ RISPETTO AI VECCHI PIANI, CIRCA 6,4 MILIONI A CHILOMETRO : CHE FARÀ SALVINI, GIÀ MINISTRO DELL’INTERNO NEL PRIMO GOVERNO CONTE, CHE DOPO IL CROLLO DEL PONTE MORANDI MINACCIÒ DI REVOCARE LA CONCESSIONE AI BENETTON SALVO POI NEGOZIARE CON I MAGLIARI E “REGALARGLI” 5 MILIARDI DI PLUSVALENZA DALLA VENDITA DI ASPI?
Ecco finalmente lo Stato italiano che diventa «forte con i forti» anziché «con i deboli». Il
proclama compare su Facebook, la firma è del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Corre l’anno 2020, siamo in pieno luglio sotto la canicola.
Nel secondo governo grillino che Giuseppe Conte sta guidando, essendo passato dalla maggioranza con la Lega a quella con il Partito Democratico, c’è ancora chi reputa possibile la punizione promessa e ipotizzata.
Ovvero la revoca della concessione di Autostrade per l’Italia alla famiglia Benetton come sanzione estrema per il crollo del viadotto Morandi a Genova. Che proprio in quei giorni, ricostruito il ponte a tempo di record, sta per essere inaugurato.
La storia andrà diversamente. Perché lo Stato, che sotto sotto sta invece negoziando con i Benetton, dopo il sussulto che ha indotto il Parlamento a dare finalmente poteri sulle concessioni autostradali in essere all’Autorità dei Trasporti, che all’atto della sua costituzione ne era stata scandalosamente privata, ha deciso di non affondare il colpo da alcuni ventilato.
E la cosa si capisce all’epoca da un dettaglio. Il ministero delle Infrastrutture ha appena bollinato senza fare una piega i piani finanziari delle autostrade Asti-Cuneo e Torino-Milano, entrambe gestite dal gruppo Gavio. E lo ha fatto riconoscendo al concessionario un valore di subentro, cioè la somma che l’eventuale nuovo concessionario vincitore di una futura gara dovrebbe pagare al predecessore, a dir poco stupefacente. Un miliardo e 232 milioni.
Uno sproposito stigmatizzato dalla Corte dei Conti nonché definito dall’Autorità dei Trasporti alla stregua di «una barriera all’ingresso di nuovi operatori». E ora, a distanza di cinque anni, clamorosamente bocciato anche dalla direzione generale del ministero delle Infrastrutture; lo stesso ministero, ministro diverso, che nel 2020 aveva piantato quel mostruoso paletto in favore del gruppo Gavio.
Lo dice chiaramente la relazione della commissione ministeriale per la valutazione dei piani d’investimento dei concessionari, 15 dei quali sono tuttora bloccati. C’è scritto che la direzione generale di Porta Pia, con note emanate fra il 19 e il 24 febbraio 2025 ha rispedito al mittente «le proposte di aggiornamento del piano economico finanziario» di tutte le concessioni del gruppo Gavio.
Senza pietà. Per Asti-Cuneo e Torino-Milano «l’irricevibilità è dettata dall’asserita inadeguatezza del valore di subentro». Mentre per le altre cinque concessioni autostradali targate Gavio (Sav, Parma-La Spezia, Torino-Savona, Autovia Padana e Sitaf) «gli incrementi tariffari annui contemplati dalle proposte di aggiornamento presentate risultano oggettivamente non sostenibili dall’utenza».
Una discreta rogna per l’ingegner Sergio Moschetti, il nuovo direttore generale del ministero dei Trasporti per le autostrade e la vigilanza sui contratti di concessione arrivato all’inizio del 2025 dall’Inps, dov’era dirigente di seconda fascia, e che ha
firmato quelle bocciature senza appello.
Rogna è proprio il termine esatto, anche perché la concessione della Torino-Milano scadrà giusto fra qualche mese, nel 2026. Ed è ancora tutto fermo. Mentre non si placa la guerra scatenata dai concessionari che rivendicano l’approvazione dei loro nuovi piani, con sforamenti monstre dei costi che dovrebbero essere ovviamente scaricati sull’utenza, o parzialmente compensati da generosi allungamenti delle concessioni, come ha per esempio chiesto Autostrade per l’Italia.
Nel mirino dei gestori adesso riecco l’Autorità dei Trasporti, accusata di aver congegnato un regolamento che comprometterebbe i loro rendimenti incidendo sulle cosiddette «poste figurative». Di che cosa si tratta è presto detto. Sono i soldi che i concessionari ritengono di dover recuperare a causa dei ritardi nel via libera ai piani finanziari.
È una somma enorme, vicina ai 4 miliardi di euro, considerando che a fine 2023 superava già 3,5 miliardi, tutti ascrivibili ad Autostrade per l’Italia (2,7 miliardi) e Gavio (quasi un miliardo). Denari che dovrebbero essere, ovviamente, recuperati sulle tariffe. E per quanto la cifra sia rilevante e tenda a ingigantirsi con i piani economici finanziari (Pef) dei concessionari che restano bloccati, è niente in confronto alle richieste contenute nei medesimi piani.
Le 15 tratte autostradali per le quali i Pef non sono ancora stati accolti (quattro di Aspi e sette di Gavio più Brescia-Padova, Milano Serravalle, Alto Adriatico della Regione Friuli-Venezia Giulia e Cav-Concessioni Autostradali Venete) han
presentato proposte che eccedono di 27,8 miliardi i piani finanziari attuali. La richiesta è stratosferica. Mediamente 6,4 milioni in più a chilometro della rete già esistente […]. Numeri che dicono ancora oggi quanto sia attuale il vecchio interrogativo. Lo Stato, e per Stato in questo caso si intende il ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini che è il concedente della rete autostradale, continuerà ancora a essere debole con i forti?
(da Milano Finanza)
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Giugno 15th, 2025 Riccardo Fucile
“PRATICO LA COSPIRAZIONE DEL BENE, LA LORO NON E’ UNA DEMOCRAZIA”
Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans, interviene nuovamente sulla sorveglianza cui è stato sottoposto negli ultimi anni attraverso uno spyware dell’azienda israeliana Paragon. In un lungo post pubblicato sui suoi canali social, definisce la sua condizione come quella di un «rinnegato» agli occhi del potere, ma al contempo rivendica con forza il proprio impegno per la solidarietà e la difesa dei diritti umani. «Mi vergogno quasi a scrivere ancora su questa storia», esordisce Casarini, «perché tutto ciò è solo un granello di sabbia rispetto alla montagna di sofferenze che affrontano migliaia di persone
nei lager libici, sotto bombe o inseguite dai cani da guardia dell’Ice a Los Angeles. Io e noi siamo privilegiati e non bisogna dimenticarlo». Casarini dichiara che si assume pienamente la responsabilità delle sue parole e afferma: «Non sono una vittima. Cospiro con gioia contro un potere senz’anima, che ha fatto della violenza e della violazione dei diritti umani il suo tratto distintivo. Non sono innocente».
«Fanno bene a spiarmi»
Il riferimento è a al sistema politico che, secondo Casarini, tende ad «assolutizzarsi» e a reprimere ogni forma di dissenso. «”No Kings”, gridano i manifestanti americani nelle strade, mentre affrontano Marines e Guardia Nazionale», sottolinea. E proprio per questo, aggiunge, «fanno bene a spiarmi e a considerarmi una minaccia per i loro sporchi traffici con i peggiori criminali del Mediterraneo». Casarini ribadisce il suo impegno: «Ho scelto di vivere così, insieme ai miei fratelli e sorelle di Mediterranea, questo tempo che ancora mi rimane: cospiro per far fallire i loro piani di omissione di soccorso, lavoro incessantemente per sabotare attraverso pratiche di fraternità umana, di solidarietà con gli ultimi, l’odioso dispiegamento dell’individualismo proprietario che si è preso il mondo».
«Pratico la cospirazione del bene»
Casarini denuncia poi il ruolo dei governi nel «finanziare lager in Libia, in Italia e in Albania», dove vengono rinchiuse persone innocenti considerate «umanità in eccesso». «Sono un rinnegato per loro», scrive senza timori, «ma ogni vita salvata in mare
vale cento volte tutti i guai che mi arrivano addosso: spionaggi, processi, diffamazioni, minacce. Un tempo coltivavo “l’odio mosso dall’amore”, adesso è l’amore a guidarmi». Casarini ribadisce ancora una volte che l’uso dei servizi segreti per sorvegliare oppositori politici, è una pratica «più vicina a un regime che a una democrazia». E conclude: «Fanno bene a spiarmi, a considerarmi una minaccia tutti, destra e sinistra. Nella loro “guerra da corsa”, io sono un pirata. Io credo e pratico “la cospirazione del bene”. L’ho fatto, lo faccio e lo farò finché mi saranno concesse forza e spirito. Nel mondo ma non del mondo».
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2025 Riccardo Fucile
ALTRO CHE “TOGHE ROSSE”, ANCHE I MAGISTRATI MODERATI DENUNCIANO LE BALLE DEL GOVERNO
Ora che il decreto Sicurezza è legge, il governo può tornare sul dossier riforme, o meglio
sulle due superstiti, premierato e giustizia, dopo la stangata della Consulta sull’Autonomia differenziata. Il disegno di legge sulla separazione delle carriere dovrebbe arrivare in Aula la prossima settimana, come deciso dalla maggioranza che ha tutta l’impressione di voler procedere spedita. L’iter infatti, trattandosi di una riforma costituzionale, sarà piuttosto lungo: è previsto un duplice passaggio in entrambe le camere e un referendum laddove (come è probabile che accada) il testo non incontri nell’ultima deliberazione l’ok di due terzi dei componenti di ciascun ramo del Parlamento. In vista dei prossimi appuntamenti elettorali – le Regionali in
autunno e poi le politiche – il governo punta a portare a casa almeno uno dei tre progetti cardine del suo programma elettorale.
Con la giudice Rossella Marro, presidente di Unicost (correnti di centro della magistratura), abbiamo parlato delle criticità del dl Sicurezza, che la giudice non esclude possa finire davanti alla Corte costituzionale, e dei rischi legati alla previsione di due percorsi separati per pubblici ministeri e giudici.
Partiamo dal decreto Sicurezza. Oltre duecento giuristi ne hanno rilevato i profili di incostituzionalità, sia per il metodo (la decretazione d’urgenza) che per i contenuti, definendolo l’espressione di una preoccupante “deriva autoritaria”. Lei è d’accordo? Il dl rischia di finire davanti alla Consulta?
Il dl sicurezza presenta numerosi aspetti critici, sotto il profilo tecnico giuridico, che sono stati evidenziati dallo stesso csm nel parere. Tra tutti, la sproporzione di alcune sanzioni penali previste. È vero che le scelte di politica criminale spettano al legislatore ma non sono esenti da limiti, che sono propriamente quelli costituzionali e in particolare i principi di eguaglianza za e proporzionalità che rendono effettiva la funzione rieducatrice della pena. Una sanzione sproporzionata è avvertita come ingiusta e non può dispiegare la tipica funzione di rieducazione assegnata dall’art. 27 della Costituzione. Assolutamente nuova, poi, la previsione di una risposta penale per la mera resistenza passiva in contesti certamente “complessi” ma in forte frizione con il principio di materialità e offensività che governano il sistema penale costituzionale. In definitiva, non possono escludersi rimessioni alla corte costituzionale.
Il decreto introduce nuovi reati e aggravanti, cioè più pene e più carcere, infrangendo le promesse di una depenalizzazione massiccia. Qual è il suo giudizio?
Il mio giudizio è che la sanzione penale non è la panacea di tutti i mali e che la politica continua ad addossare sulla magistratura le inefficienze del sistema di prevenzione dei reati, sul quale invece andrebbe investito di più. Una seria operazione di depenalizzazione di ipotesi che possono essere contrastate in via amministrativa o comunque non penale si impone, essendo indispensabile liberare risorse umane e materiali per una più efficace e tempestiva risposta di giustizia per fatti più allarmanti che purtroppo continuiamo a veder accadere. Se pensiamo che l’unico importante intervento di depenalizzazione ha riguardato l’eliminazione dell’abuso di ufficio che sanziona il “sopruso” del pubblico amministratore, il sistema risulta ancor più incoerente.
Il ministro Piantedosi sostiene che non ci saranno delle ricadute sul sistema penitenziario, (già al collasso). È così?
No, non è così. L’aumento del numero dei reati e l’aumento delle pene per i reati preesistenti sono circostanze destinate necessariamente ad aggravare ulteriormente la già critica situazione carceraria. Peraltro, proprio il dl sicurezza limita in diversi casi l’accesso alle misure alternative alla detenzione. Così si allontana sempre di più la piena attuazione del principio costituzionale della finalità rieducativa della pena e di conseguenza il contenimento del rischio di recidiva nel reato.
Veniamo alla riforma della giustizia, che dovrebbe arrivare a breve in Aula. Il governo accelera su un provvedimento molto criticato, soprattutto per quel che riguarda una delle sue modifiche più consistenti, la separazione delle carriere tra pm e giudici. La critica principale è quella di voler asservire i pm, che fanno le indagini, al potere esecutivo. Lei cosa ne pensa?
Ritengo che separare il pm dal giudice con la creazione di un csm per i soli pm (oggi nell’unico csm esistente la componente dei pm e’ presente in proporzione nettamente inferiore a quella dei giudici) renderà i pm molto più forti dei giudici, in contrasto
con i proclami della riforma. Un Pm così forte non potrebbe trovare giustificazione e sarebbe naturale il passaggio alla sottoposizione dello stesso al potere esecutivo. Le esperienze dei paesi stranieri ci insegnano questo.
Chi la difende però, sostiene che in questo modo, senza “salti” tra una carriera e l’altra, si assicurerà maggiore professionalità, nonché imparzialità di chi giudica.
Sotto questo profilo la riforma è inutile perché con le attuali previsioni normative la percentuale dei cambi funzione è ridotta all’osso. Peraltro, le statistiche delle assoluzioni evidenziano l’assoluta autonomia di giudizio e professionalità dei giudici.
Un’altra modifica importante riguarda i due Csm separati e formati a sorteggio. Per la maggioranza si tratta di una soluzione alle nomine ripartite in base alle correnti che attraversano la magistratura. Lei è presidente di una di queste, quindi le chiedo: è d’accordo? È una modifica utile o no?
Il sorteggio puro dei componenti togati (a differenza dei laici per i quali il sorteggio è temperato) rappresenta una mortificazione delle diverse sensibilità culturali presenti in magistratura e che dovrebbero trovare albergo nell’organo di governo autonomo: neanche l’amministratore di condomino viene designato per sorteggio, figuriamoci i membri di un organo di rilevanza costituzionale. Il csm non si occupa solo di nomine ma di tante altre cose, come ad esempio pareri sulle leggi, circolari sul funzionamento degli uffici, rispetto alle quali il diverso sentire che si compone proprio in seno al plenum ha un valore insopprimibile.
(da Fanpage)
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