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INUTILE FRIGNARE PER IL CALO DEMOGRAFICO: PER SPINGERE GLI ITALIANI A FARE FIGLI, È NECESSARIO ALZARE GLI STIPENDI E OFFRIRE CONTRATTI STABILI, ALTRO CHE “BONUS NASCITA

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

IL SEGRETARIO GENERALE DELLA UIL, PIERPAOLO BOMBARDIERI: “CI SONO MILIONI DI RAGAZZI DISOCCUPATI, CHE HANNO UN CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO O SONO COSTRETTI A PART TIME INVOLONTARI CHE IMPEDISCONO DI PROGRAMMARE LA PROPRIA VITA. OGGI QUESTE PERSONE SONO FANTASMI. SE NON HANNO UNA BUSTA PAGA A TEMPO INDETERMINATO NON POSSONO COSTRUIRSI UN FUTURO”

«L’occupazione cresce ma il tema è la qualità del lavoro. Lo stesso Istat dice che ci sono milioni di ragazzi disoccupati, che hanno un contratto a tempo determinato o sono costretti a part time involontari che impediscono di programmare la propria vita. Oggi queste persone sono fantasmi. Se non hanno una
busta paga a tempo indeterminato non possono costruirsi un futuro».
Il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ieri era a Torino per la campagna “No ai lavoratori fantasma”, in una regione dove «un piemontese su quattro ha un contratto di lavoro atipico e otto nuove assunzioni su dieci sono precarie».
Cosa vi aspettate da questo appuntamento?
«Continuità rispetto alle richieste che noi abbiamo fatto e rispetto alle affermazioni di Orsini. Abbiamo apprezzato il fatto che Orsini abbia citato la necessità di combattere i contratti in dumping, i contratti pirata e che si sia deciso finalmente ad affrontare il tema della rappresentanza. […]».
Intanto la trattativa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici è in stallo. Come si riprende la contrattazione?
«C’è la necessità che Federmeccanica accetti di aprire il tavolo di confronto. Le categorie lo hanno chiesto in più occasioni, più volte. È l’unica risposta che si può dare ai lavoratori».
Come procedono i rapporti con il governo?
«Parto dall’ultimo incontro sulla sicurezza che è stato positivo: il governo ha risposto alle nostre richieste. Per noi è stato un incontro importante, bisogna svilupparlo sui vari punti su cui ha dato disponibilità, dalla prevenzione, al reato di omicidio sul lavoro, ai soldi da destinare alle famiglie di chi ha subito una tragedia.
Per il resto, ci aspettiamo un maggior coinvolgimento sui grandi temi a partire dai dazi e dai temi dell’energia. I dazi non sono solo un problema delle aziende, sono anche un problema dei lavoratori e su questo abbiamo delle idee, a cominciare dal rinnovo dei contratti per poter aumentare i consumi. Siamo
fiduciosi per il futuro, speriamo che il governo non ci deluda».
Il nucleare di ultima generazione può essere una soluzione per ridurre i costi?
«Non abbiamo pregiudizi, siamo pronti a discuterne. Ma vorremmo ampliare la discussione, perché ci sembra che il tentativo di collegare tutto al nucleare non affronti l’emergenza che stiamo vivendo. Inoltre ci sono alcuni principi che vorremmo chiarire. È sicuro? Dove stocchiamo le scorie? Chi investe i soldi? Quando sarà pronto? Discutiamone, nel frattempo si può fare una cosa più semplice.
L’invecchiamento progressivo della popolazione, il crescente squilibrio tra i gruppi di età a sfavore dei più giovani e le conseguenze che ciò ha sul piano della sostenibilità sociale e finanziaria, non è questione che si può affrontare con qualchhe lamento sull’egoismo di chi non è disposto ad avere più figli e con qualche intervento spot. Averla ignorata troppo a lungo la ha resa sempre più difficile da affrontare, perché se ne sono cumulati gli effetti, innanzitutto sul piano numerico.
Anche in condizioni più favorevoli di quelle esistenti oggi per i giovani uomini e donne, e in particolare per queste ultime, la loro scarsità numerica rende impossibile puntare prioritariamente, se non esclusivamente, sulla loro disponibilità ad avere più figli per contrastare gli effetti dell’invecchiamento demografico sul mercato del lavoro, sulla sostenibilità del debito pubblico, sulla disponibilità di servizi necessari.
Certo vi è un ampio margine di miglioramento delle condizioni in cui oggi si affronta la scelta se avere un figlio, o uno in più: salari più decenti, contratti e condizioni di lavoro più soddisfacenti, un accesso ad un’abitazione adeguata a prezzi contenuti, servizi per l’infanzia di qualità e universalmente accessibili, una più equilibrata divisione delle responsabilità genitoriali tra madri e padri.
Le carenze di personale nel mercato del lavoro possono essere parzialmente tamponate, più che con l’aumento dell’età pensionistica (siamo ormai il paese con l’età pensionistica legale più alta), valorizzando meglio i giovani preparati invece di costringerli a cercare altrove. Sostenendo in ogni modo l’occupazione femminile e contrastando con politiche educative adeguate il fenomeno degli abbandoni scolastici e dello scoraggiamento vissuto da ancora troppo ampie fasce degli adolescenti e giovani più poveri e marginalizzati. […]
Ma anche facendo tutto il necessario per sostenere chi desidera avere figli, e se ciò avesse successo in termini di aumento del
tasso di fecondità, l’esiguità numerica di chi oggi è in età feconda, insieme al tempo necessari perché chi nasce oggi diventi adulto, non consente di riequilibrare in tempi medio-brevi il rapporto tra le fasce di età della popolazione e la riduzione complessiva della popolazione stessa.
Occorre anche una politica migratoria realistica e guidata, che, al netto del dovere di accoglienza verso i richiedenti asilo, favorisca ingressi molto più consistenti degli attuali, offrendo condizioni di inserimento e prospettive di medio-lungo periodo decenti.
Un recente studio di Giampaolo Galli, Nicolò Geraci e Francesco Scinetti, pubblicato sul sito dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, stima che, tenendo conto delle tendenze demografiche e anche dei flussi in uscita, per mantenere costante l’ampiezza della popolazione le entrate di stranieri dovrebbero essere di 430 mila l’anno fino al 2035 e 484 mila fino al 2050. Se poi si volesse mantenere il, già precario, rapporto tra residenti che lavorano e residenti che non lavorano, il numero annuale di ingressi necessario sarebbe ancora più alto. Se il ministro Giorgetti vuole dare seguito alla sua riflessione critica sulla politica e i politici che faticano a considerare la questione demografica, nei suoi molteplici aspetti, una priorità, può iniziare a operare perché il governo di cui fa parte e il suo stesso partito la affrontino non solo o principalmente dalla coda – le scelte di fecondità – ma dalle condizioni numeriche e materiali in cui queste scelte sono fatte. La desertificazione dei servizi e dei trasporti nelle aree interne e in molte zone del Mezzogiorno dovrebbe diventare una priorità, invece del ponte sullo Stretto e della rincorsa all’autonomia differenziata.
Invece di contrastare l’immigrazione con ogni mezzo e trattare i migranti come intrusi anche quando vivono qui regolarmente e da anni, bisognerebbe andare a cercarli nei loro Paesi, aiutarli a formarsi per poter lavorare e vivere in Italia. E non costringerli al

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PARAGON, “GIORNALISTI SORVEGLIATI? CHIEDERE AL GOVERNO ITALIANO”

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

DURO COMUNICATO DELL’AZIENDA: “ABBIAMO INTERROTTO I RAPPORTI CON IL GOVERNO ITALIANO A CAUSA DEL SOSPETTO DI USO IMPROPRIO DEL NOSTRO SPYWARE”

“Paragon ha interrotto i suoi rapporti commerciali con l’Italia a seguito di sospetti di un uso improprio che eccedeva le condizioni d’uso definite nel contratto con la società.
L’azienda raccomanda di rivolgere qualsiasi domanda in merito alla presunta sorveglianza di giornalisti italiani al governo italiano, in quanto è l’autorità sovrana del Paese e responsabile
di garantire il rispetto della legge”. Così Paragon solutions in una nota riportata dal reporter del quotidiano israeliano Haaretz, Omer Benjakob.
Paragon, spiega l’azienda, “collabora con regimi democratici che, secondo ricerche approfondite, dispongono di un quadro giuridico regolamentato per l’uso dello spyware, di procedure di controllo sulle modalità del suo impiego e di meccanismi di indagine retroattiva. La rigorosa politica di selezione dei clienti dell’azienda non esonera i clienti dalla piena responsabilità di utilizzare la tecnologia in modo appropriato, in conformità con le leggi locali e le condizioni d’uso definite sia dall’azienda che dal Ministero della Difesa israeliano”.
“Se vi è il sospetto – prosegue – che un cliente abbia superato i limiti consentiti dalla legge e dall’accordo con la società e non si assuma la responsabilità e non ponga rimedio al danno, la società cessa tutti i rapporti commerciali con tale cliente.” Paragon conferma infine di aver informato il governo ed il Copasir “che sarebbe stata lieta di fornire assistenza nelle indagini sulla sorveglianza dei giornalisti, secondo necessità e secondo la volontà delle autorità italiane”. Ma l’offerta è stata rifiutata.

(da agenzie)

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CRONACHE DALL’ITALIA ALL’OLIO DI RICINO: DAGOSPIA FINISCE SPIATA: LO SCANDALO DELLE INTERCETTAZIONI ILLEGITTIME SI ALLARGA, NEL DISINTERESSE COLLETTIVO

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

IL CASO PARAGON SI ALLARGA: TRA GLI SPIATI ANCHE IL FONDATORE DI DAGOSPIA, ROBERTO D’AGOSTINO

Lo scandalo Paragon si allarga. E la Procura di Roma ha disposto accertamenti tecnici irripetibili sui dispositivi telefonici in uso a sette persone, parti lese nell’indagine: il fondatore di Dagospia Roberto D’Agostino e i giornalisti Eva Vlaardingerbroek, Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino. L’accertamento riguarda anche i dispositivi degli attivisti di Mediterranea Saving humans Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferraris.
I magistrati vogliono verificare se nei cellulari c’è traccia del software Graphite prodotto dalla società di Tel Aviv Paragon Solutions o se invece ci sono altri tipi di spyware. L’attività tecnica, in base a quanto si apprende, è svolta in coordinamento con i pm della procura di Napoli che sulla vicenda hanno avviato un fascicolo.
Il conferimento dell’incarico verrà affidato lunedì. Nell’indagine si procede, al momento contro ignoti, per accesso abusivo a sistema informatico e quanto previsto all’articolo 617 del codice penale su reati informatici, cognizione, interruzione o impedimento illecito di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche e installazioni abusiva di apparecchiature atte ad intercettare.
L’ordine dei giornalisti e la Federazione Nazionale Stampa Italiana, costituitisi nel procedimento, potranno nominare loro
consulenti per questi accertamenti.
«Cronache dall’Italia all’olio di ricino: Dagospia finisce spiata! – si legge sul sito di Dagospia – Lo scandalo delle intercettazioni illegittime si allarga, nel disinteresse collettivo: dopo Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, spiato per più di cinque mesi con il software Graphite, anche Roberto D’Agostino e Dagospia sono finiti nell’inchiesta delle procure di Roma e Napoli sul caso di spionaggio».
E se dagli accertamenti del Copasir, il comitato parlamentare che monitora l’operato degli 007 italiani, è emerso che le intercettazioni agli attivisti dell’ong dei servizi segreti esterni sono state preventive e autorizzate, resta l’interrogativo su chi ha spiato i giornalisti.
Ed è polemica politica. Matteo Renzi, leader di Italia viva, attacca: «Lo scandalo intercettazioni illegittime esplode ogni giorno di più. Se davvero anche Dagospia è stata messa sotto controllo, come sembra, siamo davanti a una svolta clamorosa». Sui social scrive: «Io non sono un fan di Roberto D’Agostino e con lui ho avuto scontri molto duri, in tutte le sedi. Ma se anche Dagospia è stata spiata e il governo italiano continua a far finta di nulla, siamo in presenza di un fatto gravissimo – spiega sui social – Nelle democrazie non si spiano i giornalisti. Se si spiano i direttori delle testate giornalistiche non è più democrazia. Tutti zitti anche stavolta? #ItalianWatergate».
L’europarlamentare Sandro Ruotolo, responsabile informazione nella segreteria Pd, Debora Serracchiani, capogruppo Dem della commissione giustizia alla Camera e Stefano Graziano, capogruppo Pd della commissione Difesa alla Camera, aggiungono: «La presidente Meloni e il sottosegretario
Mantovano non possono più tacere. Se i servizi segreti italiani continuano a sostenere la loro estraneità nell’intercettare i giornalisti, il governo deve dirci chi è stato. Chi ha avuto accesso ai loro telefoni? Chi ha installato lo spyware? E con quali finalità? Il caso non è chiuso, si sta allargando».
(da La Stampa)

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INCHIESTA CORRUZIONE GENOVA: GAMBINO (FDI) E LA CENA AD ALTA QUOTA OFFERTA “IN CAMBIO DI FAVORI”

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

GAMBINO AVEVA AUTORIZZATO L’AVVIO DELL’ATTIVITA’ NONOSTANTE MANCASSE LA LICENZA IN CAMBIO DI UNA CENA PER LUI E LA MOGLIE DA 220 EURO A COPERTO

Tra gli episodi più emblematici dell’inchiesta che ha coinvolto l’ex assessore alla polizia municipale del Comune di Genova Sergio Gambino, oggi consigliere comunale, spicca quello legato allo spettacolo itinerante “Dinner in the Sky”, un evento che si è tenuto a Genova lo scorso anno secondo un format che prevede la somministrazione di pasti sospesi a 50 metri d’altezza.
Secondo gli inquirenti, il 21 giugno 2024 Gambino avrebbe autorizzato l’avvio dell’attività, nonostante mancasse la necessaria licenza preventiva relativa ai requisiti di sicurezza. In qualità di assessore competente, avrebbe inoltre garantito che, in occasione dell’inaugurazione, non venissero eseguiti controlli amministrativi sull’uso della gru impiegata per sollevare la piattaforma.
In cambio, secondo l’accusa, l’imprenditore Francesco Fracchiolla – tra gli organizzatori dell’evento – avrebbe offerto all’assessore e a sua moglie una cena gratuita dal valore di 220 euro a persona. Un trattamento di favore che, per la procura, rientra in un presunto sistema di scambi illeciti tra Gambino e imprenditori attivi nel capoluogo ligure.
(da agenzie)

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INCHIESTA CORRUZIONE E GESTIONE DEI MIGRANTI, FARO DEI PM ANCHE SULL’ASSESSORATO ALLE POLITICHE SOCIALI

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

UN IMPRENDITORE TRATTAVA DIRETTAMENTE CON GLI UFFICI COMUNALI SENZA AVERNE TITOLO

L’inchiesta per corruzione che ha coinvolto l’ex assessore comunale Sergio Gambino e alcuni imprenditori mirerà ad accertare anche eventuali corresponsabilità in capo sull’assessorato alle Politiche sociali.
E’ quanto emerge dalle carte dell’inchiesta della squadra mobile, coordinata dall’aggiunto Federico Manotti e dalla pm Arianna Ciavattini.
Al centro dell’inchiesta, infatti, ci sono gli appalti peer la gestione dei minori stranieri non accompagnati a Genova nel centro di via Rolla a Cornigliano. Appalti che, secondo l’accusa, l’imprenditore Luciano Alessi (difeso dall’avvocato Paolo Costa) avrebbe ricevuto per affidamento diretto in svariate tranches per un valore di un milione e 600 mila euro. In cambio, sostengono gli investigatori, avrebbe versato alla Dentaland, società intestata alla moglie di Gambino, circa 100 mila euro.
“L’attività d’indagine svolta ha consentito di mettere a fuoco l’attività di Gambino – si legge nel decreto di perquisizione – che ha utilizzato il suo ruolo pubblico, talvolta nell’esercizio
poteri suoi propri o appartenenti alla sua sfera di competenza, altre volte facendo pressione su colleghi compiacenti, per recare utilità indebite a imprenditori in diverse ipotesi ricevendo quale corrispettivo utilità o promesse di utilità“.
Faro dei pm su possibili corresponsabilità dell’assessorato competente in tema di migranti
Inoltre, “dall’esame degli atti amministrativi rilevanti per l’indagine ed in particolare delle procedure, anche d’urgenza, sono emersi significativi profili di violazione di legge, che per necessità implicano la sussistenza di responsabilità concorrenti con quella del pubblico ufficiale indagato e che ricadono su agenti pubblici che avessero la gestione diretta dei procedimenti amministrativi, con l’adozione dei pertinenti atti”. Procedimenti “riconducibili come capofila all’assessorato alle Politiche sociali. E ciò a motivo del fatto che se non è in dubbio l’attivazione concludente a fronte di remunerazione di Gambino nell’interesse dei privati corruttori, è altrettanto certo che la redazione materiale degli atti amministrativi e dei contratti oggetto dell’indagine è avvenuta da parte di agenti pubblici appartenenti alla sfera di competenza funzionale del plesso amministrativo deputato ex lege a condurre le istruttorie procedimentali, correi o compiacenti nei confronti dell’assessore indagato”.
Rispetto a Gambino e ai rapporti con gli indagati la pm Ciavattini scrive che le intercettazioni“danno contezza intanto di un rapporto continuativo, all’interno del quale si collocano plurimi interessamenti e attivazioni da parte del pubblico ufficiale indagato nell’interesse dei privati, anche facendo pressioni sulla polizia locale, da lui funzionalmente dipendente,
in relazione a controlli, rilascio di permessi o autorizzazioni, ed anche con riferimento all’attività di polizia giudiziaria, ed emergono anche pressioni finalizzate ad ottenere risultati o informazioni di interesse e spesso oggetto di esplicita richiesta da parte dei privati indagati”.
Marashi trattava direttamente con il Comune senza averne titolo
Dalle carte dell’inchiesta emerge che uno degli imprenditori indagati Artur Marashi (difeso dall’avvocato Mauro Casu) avrebbe anche regalato a Sergio Gambino due biglietti in tribuna vip, la skybox, per la partita Genoa-Inter del 17 agosto 2024, ma anche due biglietti per la tribuna normale e la cena sul ristorante sospeso a 50 metri di altezza. Non solo. L’imprenditore albanese si sarebbe speso per aiutare la società della moglie di Gambino in difficoltà. In cambio Marashi avrebbe ottenuto permessi, senza averne requisiti, la rimozione di transenne davanti al ristorante, e avrebbe richiesto, più di una volta a Gambino, l’intervento della polizia locale davanti alla discoteca per la quale faceva servizi di security per allontanare venditori ambulanti.
Dalle indagini è emerso anche che Marashi ha gestito anche il servizio di security del Luna Park invernale a ponte Parodi, “servizio di vigilanza dato in affidamento diretto dal Comune di Genova alla Every Service srl (intestata a un’altra persona, ndr) ma che anche in questo caso dalle attività d’intercettazione telefonica è risultato essere svolto dallo stesso Marashi – si legge nelle carte – in persona e da persone a lui direttamente riferibili e che l’indagato definisce i suoi ‘cani’, nel contesto di una brutta lite tra i suoi uomini e i giostrai”.
Gli investigatori hanno captato anche una intercettazione tra
l’imprenditore e un dirigente comunale che tratta direttamente con lo stesso i termini economici finanziari del servizio affidato dall’ente pubblico: “Dalle attività d’ intercettazione emergono significativi elementi indiziari del fatto che Marashi interloquisca senza alcuna qualità giuridico-formale che a tanto lo abiliti, quale operatore economico-imprenditoriale, peraltro in plurimi settori, appunto, anche nei confronti della pubblica amministrazione, il che rende il ricorso all’ attività di perquisizione uno strumento del tutto necessario al fine di sopperire a tale acclarata circostanza di fatto, univocamente emersa dalle indagini”. Il sistema delle intestazioni societarie fittizie era stato anche al centro del coinvolgimento della maxi inchiesta sugli ultrà rossoblu per la quale Marashi è stato assolto in primo grado (così come tutti gli altri imputati).
Secondo l’accusa anche la società di Luciano Alessi che ha ricevuto dal Comune di Genova quasi un milione e seicentomila euro per la gestione dei minori stranieri non accompagnati ha effettuato bonifici, “in pagamento di asserite prestazioni fomite all’impresa sociale stessa ed ipoteticamente finalizzate ali’ esecuzione del servizio di rilevante interesse sociale affidatole dal Comune di Genova, alle società Every Service srl e Welcome service srl, di fatto riconducibili a Marashi senza alcun tipo di rendicontazione ed adeguata giustificazione fornita all’ente pubblico”.
Un rapporto del tutto analogo di intestazione fittizia della rappresentanza legale della società è emerso anche con riferimento alla società Polinform srl, che si occupava della security della discoteca Kaoba, anche questa intestata a una terza persona ma secondo l’accusa “che in realtà, da plurime
risultanze dell’attività d’intercettazione, è stato accertato essere svolto personalmente da Marashi e da persone a lui riferibili”.
Sul punto tramite l’avvocato Nicola Scodnik la la Polinform Srl “si dichiara estranea ai fatti oggetto dell’inchiesta” e precisa “di essere una società attiva dal 1975 saldamente rappresentata ed amministrata in via esclusiva dalla famiglia Sarobba da ben due generazioni, senza la partecipazioni di soci esterni”.
Oltre ad Alessi e Marashi gli altri imprenditori indagati per la presunta corruzione di Gambino sono Enrico Malagamba (difeso dall’avvocata Sabrina Franzone), Artan Taipi (avvocato Paolo Costa) e Francesco Fracchiolla (avvocato Andrea Ciurlo).

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GENOVA, INCHIESTA SULLA POLIZIA LOCALE, SILVIA SALIS HA TRASFERITO I 15 VIGILI INDAGATI A MANSIONI “NON OPERATIVE”

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

UNO DEGLI INDAGATI E GLI SCHIAFFI DURANTE UN CONTROLLO: “SEI UNO SCARTO DELLA SOCIETA’”… I SELFIE CON LA “SCIARPA DEI VERBALI”

La sindaca di Genova Silvia Salis, già 48 ore fa, non appena è deflagrata la doppia inchiesta che ha coinvolto da un lato l’ex assessore Sergio Gambino per corruzione, dall’altro 15 agenti
del Reparto sicurezza urbana della locale (11 uomini e 4 donne) per presunte violenze e altri abusi su persone fermate e perquisite, ha sottolineato come “oggi non sono in discussione i nuclei o i numeri ma il clima, la questione non è agire sulla struttura ma sul messaggio e sull’atteggiamento da tenere, deve essere chiaro che determinate cose non si devono fare”.
E il primo messaggio è arrivato nel tardo pomeriggio di mercoledì 18 giugno.
Oltre alla scelta di opportunità di collocare “in ferie” il comandante della polizia locale Gianluca Giurato, indagato per rivelazione di segreti d’ufficio, la sindaca Salis e il vicesindaco Alessandro Terrile hanno ottenuto dalla direzione competente il trasferimento con effetto immediato i 15 agenti di polizia locale indagati per lesioni, peculato e falso ideologico a mansioni non operative. Il provvedimento è operativo da questa mattina, giovedì 19 giugno.
Solo più avanti, nel caso fossero sottoposti a misura cautelare o ne venisse chiesto il rinvio a giudizio, l’amministrazione comunale avrebbe gli strumenti per chiederne una sospensione o peggio. Ma intanto la scelta cautelativa è stata quella, immediata, di toglierli dalla strada.
Per la pm Sabrina Monteverde i 15 indagati facevano un “uso spregiudicato della violenza, anche con lo sfollagente e ponevano in essere condotte minacciose e gravemente offensive di persone che vivono ai margini della società”.
Dalle 31 pagine di documento emergono sei episodi contestati, a vario titolo, ai 15 (difesi tra gli altri dagli avvocati Andrea e Maurizio Tonnarelli, Igor Dante, Federico Fontana) ma anche uno spaccato di violenza verbale riversata nella chat “Quei bravi
ragazzi” e di pratiche come quella del “sussurro nell’orecchio“, di insulti per provocare la persona fermata e per poterlo poi arrestare per resistenza a pubblico ufficiale.
A raccontare tutto ai poliziotti della squadra mobile erano state due vigilesse. Le due agenti in un caso avevano descritto i pestaggi avvenuti prima dentro una macchina di servizio e poi anche nei bagni degli uffici, ma anche i furti di soldi e piccole quantità di droga fatti durante le perquisizioni per poterli usare poi durante altri fermi. Le due agenti si erano rivolte in primis allo stesso ex assessore Gambino per denunciare il comportamento dei colleghi: ne era nata un’inchiesta interna, condotta dal comandante Gianluca Giurato e dal capo della sezione investigativa dei vigili Emiliano Anania terminata, a quanto si apprende, senza alcun provvedimento, ma con un’informativa in Procura, che ha voluto vederci chiaro e ha delegato la squadra mobile a svolgere gli approfondimenti sfociati nelle perquisizioni di martedì.
In un caso, dopo aver sottratto 1200 euro nel corso di uno sgombero, una delle agenti indagate di vantava di aver accesso la bodycam “solo dopo” i fatti rassicurando i colleghi in caso di denuncia. Ma uno di loro a un certo punto in chat si preoccupa: “Il problema è che con questo giochino ne abbiamo commessi di reati“.
Uno degli indagati a un fermato: “Se eri nella mia macchina ti avrei ammazzato di botte”
Sempre nelle chat acquisite sono stati trovati i riscontri con diversi episodi di pestaggi e i poliziotti della squadra mobile hanno trovato ulteriori conferme sentendo le persone offese e alcuni testimoni. Tra questi, secondo quanto ricostruito, una
delle due vigilesse che hanno denunciato i fatti era presente la sera del 5 ottobre del 2024 quando in via Mura degli Zingari era stata controllata un’auto senza assicurazione nella quale stava dormendo una coppia di italiani.
L’uomo, stando al racconto della testimone, sarebbe stato subito afferrato da uno degli indagati, che lo ha schiaffeggiato: “Sei uno scarto della società, non servi a un c… Ti va bene che non eri nella mia macchina perché ti avrei ammazzato di botte”.
A quel punto lo stesso agente gli avrebbe infilato in tasca 0,26 grammi di hashish. E una volta contestato il ritrovamento della dose, l’uomo si era messo a urlare, dicendo che quella roba non era sua, consumava solo crack: “Menomale che voi siete la polizia“. La vigilessa ha spiegato alla pm che “in quell’occasione mi sono vergognata della mia appartenenza al corpo della polizia locale”.
Anche questo episodio, viene ampiamente commentato nella chat ‘Quei bravi ragazzi’: uno degli indagati posta la foto dell’auto controllata aggiungendo “Pulizia in via Mura degli Zingari”, poi si fa un selfie con una “sciarpa di verbali“, vantandosi nel numero di sanzioni irrogate, un altro commenta con “Sussurri” facendo riferimento secondo l’accusa alla prassi delle minacce sussurrate e poi “Il ragazzo aveva finito i flare (falso bersaglio” impiegato come contromisura dai velivoli in procinto di essere colpiti da missili a ricerca di calore., ndr) per cui è stato preso in pieno“.
Intanto una decina dei quindici agenti indagati ha fatto ricorso al Riesame per chiedere il dissequestro dei telefoni.
(da Genova24)

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IL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA GALVAGNO (FDI) INDAGATO PER CORRUZIONE

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

AVANTI UN ALTRO MELONIANO: “PILOTO’ FONDI SU DUE IMPRENDITORI”

Gaetano Galvagno, presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, è indagato dalla Procura di Palermo. L’indagine, affidata ai pm Andrea Fusco e Felice De Benedettis, riguarda due finanziamenti pubblici erogati nel 2023 per un totale di 300 mila euro.
L’inchiesta ipotizza l’ottenimento di incarichi professionali per due suoi collaboratori in cambio dell’assegnazione dei fondi. I finanziamenti sarebbero stati destinati a eventi natalizi
organizzati dalla Fondazione Tommaso Dragotto e dalla società “Punto e a Capo” Nuccio La Ferlita. In particolare, 100 mila euro sarebbero stati impiegati per i concerti “Un magico Natale” a Palermo e Catania, mentre altri 200 mila euro sarebbero stati destinati al finanziamento di altri eventi per le festività di Capodanno nel Catanese.
Gli inquirenti stanno esaminando anche la posizione della portavoce di Galvagno, Sabrina De Capitani e dell’addetto stampa Salvatore Pintaudi.
Il presidente dell’Ars sarebbe stato a conoscenza dell’indagine da inizio anno ed è già stato ascoltato nei giorni scorsi dai magistrati. Durante l’interrogatorio ha respinto ogni accusa, sostenendo di non essere al corrente degli incarichi esterni dei suoi collaboratori.
(da agenzie)

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GENNARINO TORNA: DOPO IL CASO BOCCIA, LE DIMISSIONI DA MINISTRO E LA NOMINA DI CORRISPONDENTE DA PARIGI PER IL TG1, GENNARO SANGIULIANO POTREBBE TORNARE IN ITALIA FRATELLI D’ITALIA VORREBBE CANDIDARLO COME CAPOLISTA ALLE PROSSIME REGIONALI NELLA SUA CAMPANIA

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

“GENNY DELON” CI PENSA: “LA VITA MI HA ABITUATO A NON ESCLUDERE CATEGORICAMENTE NULLA. STO BENISSIMO A PARIGI, CON IL FRANCESE ME LA CAVO E LO STO PERFEZIONANDO CON LEZIONI CONTINUE. E AMO MOLTISSIMO IL MIO LAVORO”

Un volo da Parigi a Napoli, per riportare «in patria» Gennaro Sangiuliano. L’ex ministro della Cultura, dopo l’estate, potrebbe infatti atterrare all’ombra del Vesuvio, dove Fratelli d’Italia ha in mente di candidarlo come capolista alle prossime elezioni regionali nella sua Campania, dove si voterà tra fine settembre e l’inizio di ottobre.
È questo il piano per la riabilitazione politica di «Gennarino», così lo chiamano affettuosamente i suoi amici (politici e non), che lo scorso primo aprile era stato nominato corrispondente da Parigi per il Tg1.
L’obiettivo del partito di Giorgia Meloni, prima che scoppiasse lo scandalo Boccia che lo costrinse a rassegnare le dimissioni, sarebbe stato in verità quello di candidare Sangiuliano a governatore anti sinistra, anche sfruttando la notorietà grazie al ruolo di ministro. Ma le cose, come è noto, sono andate in maniera ben diversa.
«Sto benissimo a Parigi, con il francese me la cavo e lo sto
perfezionando con lezioni continue. E amo moltissimo il mio lavoro», racconta agli amici. Hic manebimus optime , insomma. Ma in realtà, consultando fonti qualificate della destra meloniana, la locuzione latina più adatta a Sangiuliano sembra essere Estote parati.
Che qualcosa di concreto fosse nell’aria lo si era capito già l’altro giorno a Milano, dove Ignazio La Russa, assieme alla fedelissima ministra Daniela Santanchè, presentando la biografia di Trump scritta proprio dall’ex ministro, non aveva usato giri di parole: «Spero che Gennaro Sangiuliano torni in politica al più presto».
Il riferimento, amaro, va allo scandalo Boccia, che, mentre in Procura l’inchiesta va avanti, continua a fornire particolari non proprio esaltanti.
Nel frattempo, Sangiuliano sta lavorando «con impegno da Parigi e viene giornalisticamente apprezzato», raccontano fonti Rai. Mentre il 16 ottobre è in uscita Il Sultano (Mondadori), altra biografia vergata dall’ex ministro su un grande leader straniero: stavolta toccherà a Erdogan
Contattato dal Corriere riguardo la possibilità di tornare «in patria», Sangiuliano usa cautela: «La vita mi ha abituato a non escludere categoricamente nulla. Però ho ritrovato con passione il mio lavoro di giornalista in un contesto molto interessante — racconta —. Lo faccio con assoluta imparzialità secondo i canoni del servizio pubblico per il quale mi onoro di lavorare»
Né conferma, né smentita, quindi. Il vero sogno sarebbe stato quello di provare a conquistare il timone della sua Campania, ma la candidatura da governatore è diventata una strada troppo stretta, anche per i difficili rapporti interni al centrodestra.
(da Corriere della Sera)

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”ISRAELE ALLARGA IL SUO SITO NUCLEARE COL PLUTONIO NEL DESERTO”

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

HA 5 SOTTOMARINI ARMABILI CON 20 MISSILI PIU’ 125 CON POTENZIALE NUCLEARE, MA NESSUNO SI INDIGNA CHE SIANO IN MANO A UN CRIMINALE

Benjamin Netanyahu ha giustificato la guerra scatenata contro l’Iran assicurando che gli ayatollah erano a un passo dal completare la costruzione dell’ordigno nucleare: nove bombe atomiche in sei mesi, ha precisato il suo ministro della Difesa, che avrebbero dato ai loro alleati proxy.
Ma il governo israeliano non ha fornito le prove delle sue affermazioni, e l’intelligence degli Stati Uniti ha già segnalato di non condividerle, restando convinta, come l’Aiea, che la Repubblica islamica era lontana mesi, forse anni, dal raggiungere anche solo il primo step di arricchimento necessario a costruire poi un ordigno.
All’opposto, Israele nell’ultimo anno ha potenziato il suo reattore per la produzione di plutonio nel sito nucleare di Dimona. Lo ha documentato, sulla base dell’analisi di foto satellitari e degli elementi raccolti dal Bollettino degli scienziati atomici, il centro di ricerca sulla pace di Stoccolma, Sipri, nel suo annuario 2025 sulle armi nucleari nel mondo.
Com’è noto, Israele si è dotato segretamente della bomba atomica a partire dagli anni 50. Il suo approccio all’atomica è
stato battezzato dai politologi come “dottrina dell’ambiguità nucleare”: non conferma ufficialmente di avere testate nucleari, non aderisce al Trattato di non proliferazione nucleare dell’Onu. A differenza dell’Iran (pur con le violazioni contestate), e come Pakistan, India, Corea del nord e Sud Sudan. In base al trattato, che riconosce solo cinque Paesi come Stati nucleari ufficiali perché hanno fatto esplodere ordigni prima del 1967 (sono Gran Bretagna, Cina, Francia, Russia e Stati Uniti, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu), se anche volesse entrare nella legalità internazionale sul nucleare, dovrebbe prima rinunciare alle armi nucleari che ha sviluppato. Ma anche in questa “ambiguità”, negli anni analisti e intelligence hanno prodotto alcuni dati certi sulla capacità nucleare israeliana.
Secondo le stime, a gennaio 2025, l’arsenale israeliano conta almeno 90 atomiche (ma c’è chi dice 200), rispetto alle 5400 di Russia e Usa e alle 600 della Cina e alle 180 di India e Pakistan. Ma Israele, scrive il Sipri, “sta modernizzando il suo arsenale nucleare”. Nel 2024 ha effettuato un test per un nuovo sistema di propulsione missilistica. Le immagini satellitari mostrano che dal 2021 sono in corso grandi attività di espansione del sito del reattore di Dimona, nel deserto del Negev, dove è unanimemente riconosciuto (Gerusalemme nega) che siano immagazzinate le atomiche israeliane. A Dimona c’è un reattore nucleare costruito negli anni 60, che certamente ha bisogno di riparazioni e ammodernamento, ma i ricercatori del Sipri ritengono che lo scopo ultimo delle attività sia costruire un nuovo reattore per la produzione di plutonio. Può essere utilizzato sia per scopi pacifici, in particolare per le missioni nello spazio, ma anche per produrre potenti armi nucleari.
A differenza delle cinque potenze che compongono il Consiglio di sicurezza Onu, Israele non ha dispiegato nessuna delle sue testate su vettori che possono essere lanciati, ma le tiene tutte immagazzinate nei suoi depositi. Potrebbero essere armati dai missili balistici Jericho III, evoluzione degli storici missili creati dalla Dassault per lo Stato ebraico, anche se dal 2019 Israele sta testando una nuova versione. Lo Stato ebraico possiede almeno cinque sottomarini Dolphin che possono essere armati con capacità nucleare, che secondo il Sipri potrebbero trasportare fino a 20 missili. Più un sesto sottomarino, l’Ins Drakon, dotato di un sistema lanciarazzi verticale.
A questo va aggiunto che, sempre secondo le stime del Sipri, lo Stato ebraico ha almeno 125 caccia che hanno un potenziale nucleare. Sono F-16 e F-15, anche gli Stati Uniti hanno modificato questi ultimi caccia con l’aggiunta di testate atomiche. Gli analisti militari ritengono che una cinquantina di questi velivoli siano stati preparati per ospitare testate nucleari. Nessuno può garantire che lo Stato ebraico non sia già andato oltre, ma negli ultimi anni non ci sono stati segnali in questo senso. Nell’amministrazione Usa, del resto, c’è già chi ha fatto riferimento a questi aerei come lo “squadrone nucleare” di Gerusalemme. Che ora è a disposizione di Netanyahu.
(da ilfattoquotidiano.it)

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