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RENZI INVITA ALLA CALMA: “NON SIAMO INCENDIARI”, MA CRESCE IL MALUMORE NEL PARTITO

Agosto 2nd, 2013 Riccardo Fucile

PER MOLTI E’ IMPOSSIBILE “ANDARE IN GIRO ALLE FESTE DEL PD A DIFENDERE L’INDIFENDIBILE”

È una scena surreale: deputati lettiani della prima e seconda ora, come Mosca, Vaccaro e Ginefra, e parlamentari a bassa (o alta) intensità  bersaniana, come Nico Stumpo ed Enza Bruno Bossio, che pendono dalle labbra del collega Umberto Del Basso de Caro, ex socialista e, soprattutto, ex difensore di Craxi nella Giunta per le autorizzazioni a procedere.
Tutti lì a sperare che la condanna non sia troppo definitiva, che lasci qualche spiraglio aperto… Le spiegazioni dell’ex Psi ora deputato del Pd sono farina del suo sacco di avvocato, illustrate in punta di diritto.
Perciò non tutti capiscono e in molti tirano un sospiro di sollievo.
Solo i lettiani di rito ortodosso Mosca e Vaccaro afferrano al volo la situazione e dicono: «È una condanna, e anche pesante».
Già , talmente pesante che i senatori del Partito democratico, nonostante l’interdizione sia in forse, potrebbero essere chiamati ugualmente a votare per la decadenza dallo scranno di Palazzo Madama di Silvio Berlusconi. Insieme ai grillini e a Sel. Ragion per cui Gennaro Migliore, da sempre fautore di un’intesa tra Vendola e il Pd, ora dice: «Il governo è già  finito, anche se c’è chi non se n’è accorto».
Dunque, ormai non è più questione di renziani e non renziani.
Il malessere è di tutto il partito.
Il sindaco di Firenze invita i suoi alla calma: non prestiamo il fianco alle provocazioni. Tradotto: non facciamo noi la parte degli incendiari, quando è tutto il Pd che rischia di andare a fuoco per il contraccolpo rispetto a questa sentenza.
Ai fedelissimi il sindaco di Firenze ripete il suo mantra: «Abbiamo sempre detto che il Cavaliere si sconfigge con la politica e non attraverso i giudici. E non abbiamo motivo per cambiare idea adesso. Ora tocca al governo dimostrare di essere capace di andare avanti lo stesso, ma non tanto per vivacchiare: perchè ha delle cose da fare, se ci riesce. Non ci sono più alibi, o, meglio, noi non faremo più da alibi alle manchevolezze altrui. Certo, sarà  difficile andare avanti in Parlamento, dal momento che non abbiamo più nè il nostro maggiore alleato, cioè Berlusconi, nè una maggioranza in grado di approvare provvedimenti».
Parla così Matteo Renzi, ma a largo del Nazareno i toni non sono più teneri. Anzi.
Guglielmo Epifani è in stato d’allarme, come rivelano le parole che affida ai collaboratori: «Che cosa facciamo ora? Certo non possiamo andare in giro per le tante feste democratiche previste in tutta Italia questo agosto a difendere l’indifendibile».
E ancora, sempre il segretario, che a questo punto non sembra escludere più nessuna deriva: «Non stiamo a cincischiare: Berlusconi è stato condannato e noi dobbiamo essere pronti a tutto»
Una frase, questa, che lascia aperta ogni prospettiva. Persino quella di accettare la fine di questo governo presieduto da un autorevole esponente del Partito democratico e insediato da Giorgio Napolitano.
Già , come reagisce il premier e come risponde il suo braccio destro, Dario Franceschini, di fronte all’accavallarsi tumultuoso degli eventi?
Non è più possibile fare finta di niente e dire, come diceva ieri il super lettiano Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio: «Non succede nulla».
Ma l’accelerazione impressa dai maggiorenti del Pd non trova d’accordo i big governativi. Epifani, che in queste ore scambia sms anche con Renzi, per monitorare la situazione e tentare di tenere tutto sotto controllo, spiega sia a Letta che a Franceschini che il Pd non è in grado di «fare di tutto per tenere questo governo in piedi, perchè se il Pdl esagera è difficile reggere a quell’ondata d’urto».
Dello stesso avviso Gentiloni: «In un altro Paese sarebbe stata premura del diretto interessato quella di fare un passo indietro. Berlusconi potrebbe essere affidato ai servizi sociali, ma se si defila dalla politica si può andare avanti. La verità  è che a questo punto dipende tutto da quelli del Pdl se loro iniziano a fare i numeri, a occupare le stazioni, come vanno dicendo in giro, a fare di Berlusconi un martire, allora sarà  difficile reggere…».
E per una volta tanto un renziano e un bersaniano pensano allo stesso modo.
Dice infatti Alfredo D’Attorre: «Se da parte del Pdl prevale la linea della rottura non possiamo reggere e lo stesso Letta ne è ben conscio».

Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera“)

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RIVOLTA DELLA BASE PD: “STOP AL GOVERNO CON UN PREGIUDICATO”

Agosto 2nd, 2013 Riccardo Fucile

I MIITANTI: “TORNIAMO A VOTARE E CHIUDIAMO LA SECONDA REPUBBLICA”

Che effetto fa stare al governo con un pregiudicato?
Dopo la sbornia politica per la condanna definitiva di Silvio Berlusconi, il risveglio del popolo della sinistra è carico di interrogativi: perchè restare alleati con il Cavaliere? Perchè mantenere in vita questo governo?
Nella base del Pd tira aria di rottura. Vent’anni di guerra non si dimenticano e in rete rimbalza la rabbia per le mai digerite larghe intese.
«Chiudiamo questa folle alleanza», scrive Riccardo sulla pagina Facebook di Epifani. «Attenzione, da ieri sera siamo complici di un evasore fiscale».
Qualcuno si sofferma sul video-intervento di Berlusconi: «Sono parole inaccettabili, chiediamo subito le sue dimissioni», «non possiamo restare alleati di un personaggio simile».
Ami si sfoga sulla pagina ufficiale del Pd: «Ma non vi rendete conto che la base (quella che vi porta i voti alle elezioni) questa alleanza non la vuole? Possibile che il nostro impegno nei circoli locali non conti un cavolo?».
Interviene Marianna: «Non possiamo massacrare i pensionati e governare con uno che ha evaso centinaia di milioni di euro».
Tra i militanti c’è voglia di assestare il colpo del ko politico all’arcinemico.
«Basta, torniamo a votare e chiudiamo la Seconda repubblica». «Subito il congresso, poi le urne».
Scrive Paola Pessina: «Per noi non c’è problema a continuare nell’esperienza del governo Letta. A patto che il Pdl chieda a B. di dimettersi subito. Noi l’abbiamo fatto con la povera Iosefa (Idem, ndr.), per molto meno».
Tommaso si lamenta del silenzio di Renzi e lo invita a prendere in mano la situazione.
Su Twitter c’è chi invoca un «sussulto di dignità », chi uno «scatto d’orgoglio».
«Molliamo Berlusconi al suo destino, le urne lo puniranno e senza di lui il Pdl è morto».
Ma Mario Adinolfi frena gli entusiasmi: «Berlusconi non è finito manco per niente, è finito il Pd se ci governa insieme e non si affida a Renzi».
Tra i big del partito l’unico a sbilanciarsi finora è stato Pippo Civati: «Quest’alleanza è ormai insostenibile, il Pd prepari una exit strategy. Facciamo la legge elettorale, poi si torni subito al voto».
Dall’altra parte c’è un Pdl sotto choc, con i falchi che alzano il tiro.
La “pitonessa” Daniela Santanchè si presenta in tv e provoca: «Ora la sinistra abbia le palle di far cadere questo governo, se ritengono che con Berlusconi non si possa stare. Non tocca certo al Pdl decidere se Letta può andare avanti o meno».
Già , non tocca certo al Pdl.
Ma intanto anche tra i fedelissimi del Cavaliere c’è chi gli chiede di mandare a casa il governo. Sulla pagina Facebook di Berlusconi 12 mila persone hanno commentato in poche ore la sentenza della Cassazione.
Anche forzasilvio.it e il forum del pdl “Spazio azzurro” sono stati presi d’assalto.
Tanti messaggi solidarietà , inviti a «non mollare» e qualche sfottò.
Nessuno però che spenda parole di sostegno al governo. Tullio piuttosto chiede al Cavaliere un passo indietro, ma nel segno della continuità : «Ora tocca a Marina, solo con lei possiamo vincere».

Gabriele Martini
(da “La Stampa“)

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RUTELLI, LETTA, BERLUSCONI: LA COCCA CHE DECIDEVA I VERTICI DEL MONTE DEI PASCHI

Agosto 2nd, 2013 Riccardo Fucile

MANCINI AI MAGISTRATI: “PER LA MIA NOMINA VIA LIBERA DA RUTELLI, DA LETTA E BERLUSCONI I NOMI PER IL CDA”

Tutti sapevano, o almeno tutti ne parlavano, ma ora le dinamiche politiche che influenzavano Banca Mps sono scritte nero su bianco nei faldoni dell’inchiesta senese sull’acquisizione di Antonveneta.
A raccontarle sono stati i vertici dell’istituto.
C’è l’influenza del Pd, un tempo Ds – leggerla non ha sorpreso nessuno – e ci sono i rapporti con il Pdl, non sconosciuti ma che in pochi avrebbero potuto descrivere nei dettagli.
Il racconto fatto ai magistrati dal presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini, è partito da un dato che, in fondo, tutti conoscevano: “La mia nomina, come quella dell’avvocato Mussari alla guida della banca, fu decisa dai maggiorenti della politica locale e regionale e condivisa dai vertici della politica nazionale”.
Il resto qualche sorpresa l’ha riservata.
Nel centrosinistra “il riferimento politico di Mussari era Ceccuzzi”, ha detto Mancini citando l’ex sindaco Pd della città , che “a sua volta, può essere inquadrato nell’area dalemiana dei Ds.
Posso dire altresì che Mussari aveva un rapporto cordiale anche con Veltroni, quando questi divenne segretario del Pd”.
Tra l’altro Mussari e Ceccuzzi sono anche indagati insieme in un’inchiesta della procura di Salerno sul fallimento dell’ex pastificio Amato.
Per il centrodestra, Mancini ha spiegato che “il punto di rifermento di Mussari nel Pdl era l’onorevole Verdini”.
Il presidente di Banca Mps, però, aveva “dei rapporti” anche con Gianni Letta. “Ricordo – ha continuato Mancini – che Letta affermava che Mussari era il suo riferimento in banca, mentre il sottoscritto era il suo riferimento in fondazione”.
Questi i riferimenti. Le dinamiche ne erano una conseguenza.
A proposito della sua nomina alla presidenza dell’Ente, nel maggio 2006, Mancini ha spiegato ai magistrati che il suo sponsor principale, l’attuale presidente del Consiglio regionale della Toscana Alberto Monaci (all’epoca Margherita ora Pd), gli riferì “che era stato trovato un accordo con i Ds”.
Dopo aver trovato un’intesa a livello locale, a Roma vi fu una riunione della Margherita “con l’onorevole Francesco Rutelli, – ha proseguito Mancini – alla quale partecipai io e alla quale erano presenti l’onorevole Alberto Monaci, l’onorevole Antonello Giacomelli e Battisti”.
Il via libera arrivò da Rutelli: gli “venne prospettato l’accordo raggiunto e lui diede il suo assenso”.
Lo stesso Mussari, ha continuato Mancini, “mi confermò di avere il sostegno del partito” dei Ds “a livello nazionale”.
Nel 2009 la banca rinnovò il cda.
Fra i nomi da confermare c’era quello di Andrea Pisaneschi, “persona vicina all’onorevole Gianni Letta”.
Così, Mancini telefonò all’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio e gli chiese un appuntamento a Palazzo Chigi”.
In quell’incontro, “chiesi indicazioni all’onorevole Letta circa la nomina del componente del Cda in quota Pdl – ha ricordato Mancini – ed egli mi disse che andava certamente bene la conferma di Andrea Pisaneschi, ma che avrebbe dovuto parlarne con il presidente Berlusconi per la definitiva conferma”.
Stessa cosa per Carlo Querci, “espressione dei soci privati”.
Dopo alcuni giorni Letta telefonò a Mancini dicendogli che aveva parlato con Berlusconi e che “il presidente aveva dato il suo assenso alle due nomine”.
Per Querci Mancini parlò anche con Francesco Gaetano Caltagirone, “che raccoglieva il consenso dei privati”, al quale disse “che la proposta proveniva dall’onorevole Letta anche con il consenso del presidente Berlusconi. Dopo alcuni giorni – ha raccontato Mancini – Caltagirone mi confermò l’indicazione di Querci come componente dei privati nel cda della banca”.

(da “Huffington Post“)

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NEL PDL FINGONO DI DIMETTERSI, POI PROVANO IL RICATTO: “GRAZIA A BERLUSCONI O CADE IL GOVERNO”

Agosto 2nd, 2013 Riccardo Fucile

MA NAPOLITANO LI GELA: “E’ LA LEGGE A STABILIRE I SOGGETTI TITOLATI”…ALFANO: “PER DIFENDERCI SIAMO PRONTI A DIMETTERCI”: ALFANO FORSE HA COMMESSO QUALCHE REATO? DA MINISTRO DELLA GIUSTIZIA A DIFENSORE DI UN PREGIUDICATO

La lunga giornata che segue quella della sentenza sul caso Mediaset ha il suo fulcro nell’assemblea dei gruppi Pdl a Palazzo Grazioli: «Sentenza basata sul nulla per eliminarmi» rilancia Berlusconi.
La parola d’ordine è riforma della Giustizia, in che senso si può immaginare.
Per la prima volta nella storia europea, un partito (sedicente) di centrodestra non si schiera per la legalità  e le istituzioni, ma in difesa di un condannato per frode fiscale..
L’ex premier spiega che farlo è «un dovere» a cui non ci si può sottrarre e per questo «siamo pronti a nuove elezioni».
Un messaggio ribadito poco dopo da Alfano: «Per difenderci siamo pronti a presentare le dimissioni dal governo».
Come se lui fosse un imputato o fosse stato condannato per qualche reato: difendersi da chi? Dalla giustizia?
Ma non era lui il ministro della Giustizia?
Ora ritorna avvocato per difendere un pregiudicato?

Poco dopo i parlamentari del Pdl vanno oltre consegnando le dimissioni nelle mani dei capigruppo Brunetta e Schifani.
Dimissioni farsa che non valgono una mazza, se fossero state serie le avrebbero dovute consegnare ai presidenti di Camera e Senato.
Avvicinato da un giornalista che gli chiedeva delle dimissioni, il povero Schifani si affrettava   a precisare: “ma no, abbiamo solo dato la nostra disponibilità  a dimetterci a Berlusconi”.
Insomma una patacca.
E proprio il capogruppo al Senato spiega che una delegazione del Pdl chiederà  un intervento al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinchè sia «restituita la libertà » a Silvio Berlusconi dopo la condanna della Cassazione, affinchè sia «ripristinata la democrazia».
Strano concetto di democrazia per una destra europea: una sentenza di terzo grado è un attentato alla democrazia.
Brunetta   precisa: Napolitano deve concedere la grazia a Berlusconi, altrimenti salta il banco.
E perchè non a Totò Riina, altrimenti la mafia potrebbe fare attentati?

A stretto giro arriva la risposta dal Colle: ambienti del Quirinale ricordano che è la legge a stabilire quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda di grazia e cioè Berlusconi o i suoi avvocati. Nessun altro.
Il Pd resta alla finestra. E mentre Letta si affretta a sottolineare che «lo stop al governo sarebbe un delitto» Epifani si appella al parlamento affinchè voti «in conformità  con la sentenza della corte di Cassazione». Le sentenze – ha continuato – «si rispettano e si applicano».
Accuse definite «inaccettabili» anche dall’Anm che chiede di respingere «con fermezza gli insulti e gli attacchi verbali rivolti ai magistrati, fino alla Corte di Cassazione, insulti e attacchi che si risolvono in un’aggressione nei riguardi dell’intera magistratura».
Sono passati i tempi dei galantuomini della destra italiana che servivano lo Stato “con onore e senso del dovere”.
Se sfiorati da un’ombra si sarebbero dimessi il giorno dopo, questi si fanno pure le leggi per pararsi il culo e non hanno neanche la dignità  di affrontare la galera.
Forse un giorno gli italiani capiranno che un’altra destra è possibile.

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REVOCATO IL PASSAPORTO A BERLUSCONI: I CARABINIERI A PALAZZO GRAZIOLI

Agosto 2nd, 2013 Riccardo Fucile

NOTIFICATA LA CONDANNA, IL VERDETTO ARRIVA ANCHE IN GIUNTA DEL SENATO

La Corte di Cassazione ha notificato via fax alla Procura di Milano il dispositivo della sentenza con cui Silvio Berlusconi vede confermata definitivamente la sua condanna a quattro anni di reclusione per frode fiscale.
Questa mattina perciò l’ufficio esecuzione della Procura milanese, coordinato dal procuratore aggiunto Ferdinando Pomarici, preso atto del verdetto, ha fatto notificare a Palazzo Grazioli dai carabinieri all’imputato Berlusconi l’ordine di esecuzione di carcerazione accompagnato da una contestuale sospensione del provvedimento.
La stessa notifica è stata comunicata quasi contemporaneamente anche alla Giunta delle autorizzazioni a procedere del Senato in base alla legge 2012 Severino-Monti per avviare le procedure di decadenza dal seggio senatoriale, che verranno discusse già  la prossima settimana.
Lo stesso provvedimento verrà  notificato invece ai legali del Cavaliere più avanti attraverso gli ufficiali giudiziari.
La Questura di Milano, come è previsto dopo l’emissione del decreto di esecuzione della pena nei confronti di Silvio Berlusconi per il caso Mediaset, ha disposto la revoca del passaporto per l’ex premier.
Ora, per effetto della sessione feriale del Tribunale, per quanto riguarda le procedure giudiziarie, tutto rimarrà  congelato fino al 16 settembre.
Da quella data Silvio Berlusconi avrà  trenta giorni di tempo per decidere se presentare domanda di affido ai servizi sociali oppure chiedere gli arresti domiciliari.
Se non dovesse optare per alcuna di queste due alternative, comunque la Procura ha già  fatto sapere che all’inevitabile ordine di carcerazione che verrà  emesso allo scadere del termine dei trenta giorni dal tribunale di sorveglianza, farà  seguire un secondo ordine di sospensione dell’esecuzione, che porterà  perciò Berlusconi a trascorrere l’anno di detenzione agli arresti domiciliari.

(da “La Stampa“)

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ASSALTATA LA QUESTURA DI PISA: TERRORISTI? NO TAV? ESERCITO DI SILVIO? NO, ACARI

Agosto 2nd, 2013 Riccardo Fucile

IL “PACCO SICUREZZA”: AGENTI CON LE PIAGHE SULLA PELLE… DENUNCIATA LA SITUAZIONE DA TRE ANNI, NON E’ STATO FATTO NULLA E ORA LA SITUAZIONE E’ INSOSTENIBILE

L’assalto alla questura c’è stato, invisibile e maligno.
Con tanto di «feriti», un paio per ora, costretti a ricorrere alle cure del medico per gli attacchi ricevuti.
Protagonisti non sono gruppi eversivi o reggimenti dell’esercito di Silvio che protestno per la condanna in cassazionee, bensì invisibili animaletti, gli acari, che avrebbero infestato i faldoni conservati negli archivi della questura di Pisa, a due passi dal centro e non lontani da Piazza dei Miracoli e dalla Torre Pendente.
Lo ha denunciato il sindacato Silp che ha parlato di situazione insostenibile.
Non solo perchè, a parere del sindacato, la sicurezza dell’archivio sarebbe da tempo inesistente ma perchè adesso i documenti sono stati invasi dai fastidiosi insetti.
INVASIONE
Secondo il segretario provinciale, Claudio Meoli due dipendenti civili hanno accusato disturbi sempre più fastidiosi sino ad avere piaghe sulla pelle che li hanno costretti ad andare dal medico. Meoli ha rivelato che il problema era già  stato sollevato tre anni fa ma che poco o nulla è stato fatto. Anzi, la situazione sarebbe notevolmente peggiorata anche perchè i faldoni si sono moltiplicati.
«Sono ammassati anche sul pavimento — ha spiegato il sindacalista — restringendo gli spazi di lavoro e persino le vie di fuga. Abbiamo anche segnalato la riduzione delle ore destinate alla pulizia degli uffici (l’impresa delle pulizia avrebbe solo mezz’ora di tempo al giorno per pulire tutti i tre piani della questura per complessivi venti uffici, due bagni, corridoi e scale) e il conseguente peggioramento della qualità  degli ambienti di lavoro».
Sempre secondo il sindacato poco sarebbe cambiato, nonostante le proteste, e un intervento di «semplice disinfestazione» non avrebbe rimosso la causa dell’invasione degli acari.

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SANTANCHE’: “ABBIATE IL CORAGGIO DI SBATTERLO IN GALERA” ( E SILVIO TOCCA FERRO)

Agosto 2nd, 2013 Riccardo Fucile

OGGI ALLE 18 IL VERTICE CON I PARLAMENTARI DEL PARTITO… IL PDL FA QUADRATO, I GIUDICI NEL MIRINO: “RIFORMA TOTALE, BISOGNA FARE IN FRETTA”

La parola d’ordine, in attesa del vertice fissato per le 18, è riforma della giustizia.
Il Pdl, il giorno dopo la sentenza, schiera i falchi e accelera: bisogna cambiare l’ordinamento.
«Negli anni passati la Dc, il Psi e i tre partiti laici e leader politici come Craxi, Forlani, Goria e Andreotti, oggi Berlusconi e con lui il Pdl: i leadership e le principali forze politiche moderate, riformiste, liberali dagli anni Novanta ad oggi sono sottoposti ad un sistematico attacco giudiziario e quindi mediatico e politico per colpirli ed eliminarli dalla scena politica. L’uso politico della giustizia è la principale delle anomalie che purtroppo distingue l’Italia dal resto del mondo occidentale» dice Cicchitto, presidente della commissione Esteri ala Camera.
«Paghiamo questa anomalia su ogni terreno».
Brunetta è sulla stessa lunghezza d’onda: «In questo passaggio di Berlusconi per cambiare l’Italia, soprattutto per quanto riguarda il tema della giustizia, c’è una totale sintonia con quanto detto dal presidente Napolitano», ragiona.
«Il presidente Napolitano – sottolinea l’ex ministro – nella prima parte del suo comunicato parlava di rispetto della magistratura, delle sentenze, eccetera. Nella seconda parte, poteva anche non dirlo, invocava la riforma della giustizia – le condizioni ci sarebbero, a sua opinione, in Parlamento, per fare la riforma della giustizia – evidenziando un problema della giustizia in Italia. Ecco, sintonia da questo punto di vista».
Il capogruppo del Pdl alla Camera racconta che, della giornata di ieri, conserva «due immagini: le parole, la compostezza, la responsabilità , l’amore di Berlusconi nel suo videomessaggio; e l’immagine di Epifani in piedi, livido, violento, feroce, senza umanità  e senza intelligenza politica».
La Santanchè è furibonda: «Oggi per me non e’ una giornata normale e in Parlamento non ci vado: ci vuole anche rispetto per la nostra storia e ci vuole anche un momento di riflessione, non mi sento di andare in Parlamento a votare» dice in tv.
«Credo che Berlusconi debba presentarsi davanti al carcere, basta con questa ipocrisia, io non voglio stare nell’ipocrisia, non è vero che gli ultra settantenni non vanno in galera, oggi ce ne sono alcune centinaia in Italia in questo momento» prosegue a Omnibus, su La7.
«Mi auguro, in questa vergogna di essere italiana, che – aggiunge – Berlusconi non risolva anche questa ipocrisia. Quali servizi sociali, quali arresti domiciliari… Auspico che il presidente Berlusconi ancora una volta non sia lui a risolvere i problemi della `ingiustizia’ e di chi sta più in alto di lui: l’avete condannato? Pensate che la sentenza sia giusta e non politica? Abbiate le palle di mettere Berlusconi in galera».
Chissà  come sarà  stato contento il Cavaliere di queste affermazioni…

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COPPI & GHEDINI: CHE FINE HA FATTO L’ASSO NELLA MANICA?

Agosto 2nd, 2013 Riccardo Fucile

LA RIVINCITA DI GHEDINI, FEDELE E STORICO DIFENSORE DEL CAVALIERE: “IO APPLICO IL MASSIMO DELLA TARIFFA PROFESSIONALE”

Viene consegnato all’archivio, insieme alla sentenza passata in giudicato, anche il volto di Niccolò Ghedini, presidio permanente della difesa berlusconiana, incrocio spettacolare di un conflitto d’interessi limpido e oramai ventennale.
Avvocato sì, ma deputato. Avvocato e poi oggi anche senatore.
Dunque applicatore delle regole della difesa e insieme legislatore, ideatore delle tecniche della difesa e — per derivazione — dell’ostruzione, del rallentamento forzato delle udienze, delle eccezioni, dei mancamenti, e naturalmente dei legittimi impedimenti.
Se l’epopea giudiziaria è parsa interminabile lo si deve anche a questo padovano liberale, proprietario terriero, teorico “dell’in-giusto processo”, dell’accanimento giudiziario, della persecuzione sistematica da parte della procura di Milano contro la figura, la storia e la politica di Berlusconi, oggi persino ex Cavaliere.
Ghedini avrebbe perso anche in caso di vittoria, di ribaltamento della sentenza.
Perchè all’ultimo miglio avanti a sè si è presentato un super principe del foro, Franco Coppi.
È stato convocato a palazzo Grazioli come quegli allenatori chiamati a scongiurare la retrocessione della squadra di calcio.
All’ultimo minuto utile, nell’istante vitale della battaglia finale, quando la Cassazione doveva infine pronunciarsi e risolvere il “pregiudizio” in un giudizio inappellabile, è comparsa la toga di Coppi, sono entrati in scena i corni portafortuna di Coppi, la tecnica performativa di Coppi, la conoscenza del codice di Coppi e soprattutto la sua propagandata prudenza, l’uso ponderato delle parole, la morigerazione e il tratto professorale così augusto e distaccato.
Ben servito anche a lui. Nell’ora della sconfitta sono accomunati da uno stringato comunicato di resistenza: “Siamo sgomenti, ricorreremo alla Corte europea”.
Ma si può gioire di questo?
Ghedini non lo farebbe mai. Ha il suo stile che lo separa dalla truppa berlusconiana, un aplomb che lo distingue dalla caciara della base, un rigore che lo sistema fuori dall’alveo militare, quel circolo di attendenti che quotidianamente provvede alla trasmissione degli ordini.
A chinare il capo, generalmente. Ghedini no. È il fulcro insostituibile intorno a cui ruota la giornata di Silvio.
E infatti ci sarà  una ragione se solo lui e Mariarosaria Rossi, più comunemente conosciuta come badante (attendente agli affari privati, alla logistica delicata, al tè delle cinque), sono stati fatti transitare dalla Camera al Senato per seguire il Dominus nella nuova ala del Parlamento. Nessun altro.
La fidanzata Francesca Pascale non ha l’età . Dudù, il suo amatissimo cane, non è purtroppo eleggibile.
Ghedini è uno che impartisce disposizioni, consiglia, corregge , elabora le strategie di attacco e di difesa. E per la verità  è anche uno che incassa per il tempo che scorre, le conversazioni che tiene.
“Io applico il massimo della tariffa professionale”, ha detto. E avrebbe anche pensieri distinti, e significative prese di posizione che ora, in concomitanza con la sentenza di condanna per frode fiscale, suonano a metà  tra il paradosso e la provocazione: “Io sono per la diminuzione delle tasse. Ma se evadi, nessuna pietà : carcere”.
In qualche modo i giudici hanno acconsentito.
Nessun dubbio che il suo portafogli sia lievitato considerevolmente, che la sua carriera abbia progredito con un passo senza pari, stracciando negli anni la concorrenza prima di Pecorella e poi di Longo, il titolare del suo studio e affidatario della difesa penale del leader.
Bisogna aggiungere che è ricco di famiglia: ha proprietà  terriere in Toscana, produce un Brunello di Montalcino e poi mais.
In garage, e senza l’aiuto di Berlusconi, ammira le sue auto d’epoca: la Packard convertibile è la preferita. In uno schieramento più vasto compaiono anche una Triumph Tr3 e una Aston Martin.
Il lavoro, che è tanto e lo tiene lontano dalla passione, gli impone un ricorso sistemico alla fantasia, un ritrovo infantile del sorriso. Quand’è a casa, per non perdere tempo, sale in auto e marcia con la mente, a motore spento. Vrooom, vrooom. Gli bastano due, tre minuti ed è soddisfatto. Coitus interruptus in ragione degli assilli di questo cattivo tempo, degli impegni istituzionali che incombono: cioè la difesa del Capo.
Il Parlamento è quindi una semplice piazzola di sosta e smistamento di bagagli, codici, leggine, norme, commi da infilare (spesso a nome altrui) nel processo costituente della produzione legislativa.
E se per il professor Coppi ieri è stata probabilmente l’ultima volta ad affrontare l’uscio di casa Berlusconi (ci penseranno le rispettive segreterie a sistemare la parcella, magari alleggerita in ragione dell’esito infausto), per lui, il nostro simpatico Nosferatu, no. Ghedini, malgrado tutto, rimane con i codici aperti.
“Mica i processi finiscono qui?”, ha ieri precisato. È vero, ha ragione. Attendono altri faldoni, altre arringhe, altri trasmissioni di atti.
Ma è già  nuvola in cielo, materia destinata alle retrovie, tema per specialisti . Tutto quello che è dovuto accadere è accaduto. Condanna in via definitiva. L’irreparabile è divenuto certo. Oggi non resta che piangere.

Antonello Caporale

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LA PENA PER SILVIO SCATTERA’ A META’ OTTOBRE, IL RICALCOLO DELL’INTERDIZIONE A DICEMBRE

Agosto 2nd, 2013 Riccardo Fucile

LE PROSSIME TAPPE DELL’APPLICAZIONE DELLA SENTENZA… L’AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI CONSENTIREBBE MAGGIORE AGIBILITA’ ANCHE POLITICA

E ora? Quali saranno gli effetti pratici sullo status di pregiudicato di Silvio Berlusconi?
Il proseguo dell’affaire Mediaset si gioca sul diritto e con un iter dai tempi mediamente lunghi – non prima di un paio di mesi gli effetti pratici –, ma questa volta certi e definitivi.
Perchè la sentenza emessa ieri sera dalla sezione feriale della Corte di Cassazione, muoverà  i primi passi già  da questa mattina, con il probabile invio del dispositivo al Tribunale di Milano attraverso posta ordinaria o fax.
Due pagine, quelle lette dal presidente Antonio Esposito, nulla di più.
Questo impone la prassi, quando non si è davanti a un condannato a pene superiori ai cinque anni, e quindi non viene considerato socialmente «pericoloso».
A OTTOBRE LA DECISIONE SULLA DETENZION
La «pratica» Berlusconi, quindi, sarà  di competenza del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati.
A lui – come già  successo sulla sentenza definitiva al direttore de il Giornale,Alessandro Sallusti –, spetterà  scegliere i tempi per notificare al domicilio del condannato la sentenza.
Che sia già  la prossima settimana, o a settembre, poco importa per accelerare la pratica. I termini «feriali» sono congelati fino a lunedì 16 settembre.
Quindi da quel giorno, il Cavaliere condannato, avrà  un mese di tempo per fare conoscere i «termini» attraverso i quali vorrà  scontare quell’anno di carcere che ancora gli resta nella sentenza indultata.
Il codice gli consente questa scelta: arresti domiciliari nella principesca tenuta di Arcore con un ampio margine di movimento?
O l’altrettanto umiliante «affidamento in prova ai servizi sociali» presso un ente benefico?
Alla vigilia del verdetto, nelle dichiarazioni ufficiali, la seconda opzione veniva esclusa categoricamente dall’interessato. «Non mi farò mai affidare a nessuno», aveva tuonato Berlusconi.
Ora, al pool dei suoi legali, il compito di convincerlo a recedere da questo convincimento drastico.
L’affidamento, a differenza degli arresti domiciliari, consente a un condannato di avere una vita nettamente più normale.
I colloqui non dovrebbero essere autorizzati dal giudice di sorveglianza, come le eventuali dichiarazioni pubbliche o le interviste.
Se dovesse persistere sulle sue posizioni intransigenti, trascorsi i trenta giorni dalla notifica senza fornire indicazioni, i magistrati potrebbero solo teoricamente optare di propria iniziativa per la detenzione in carcere.
Ma questa ipotesi, ad oggi, appare da escludere.
Bruti, davanti a una posizione molto simile del direttore Sallusti — condannato senza sospensione per diffamazione -, di sua iniziativa aveva interpretato il decreto svuotacarceri e aveva dispostoi domiciliari.
L’INTERDIZIONE
Più lunghi, invece, i tempi per calcolare l’interdizione. Prima che il caso venga ridiscusso dalla Corte d’appello di Milano – dove l’ha inviato ieri la Cassazione – , si dovranno aspettare le motivazioni della sentenza.
Non prima, ipoteticamente, di fine settembre.
Da allora si potrà  fissare un’udienza pubblica in cui le parti – accusa, attraverso il sostituto procuratore generale, e le difese Berlusconi –, si affronteranno per stabilire l’esatta entità  dell’interdizione.
Da un minimo di uno, a un massimo di tre.
Questo il calcolo invocato dalla stessa accusa in Cassazione, e riconosciuto ieri in sentenza.
Sempre a livello ipotetico, senza intoppi, potrebbe bastare un’udienza in autunno perchè la Corte stabilisca l’esatto quantum.
Di certo, vista la condanna penale, ci sarà  anche l’interdizione.
Da questo non si scappa. Ma perchè diventi definitiva, in questo caso, dovrà  passare nuovamente l’ultimo vaglio della Cassazione.
Pratica più snella rispetto a un processo tout court, ma comunque è ipotizzabile che il pronunciamento definitivo non arrivi prima di dicembre.
A questo punto, l’ultimo capitolo della vicenda, passerà  nelle mani della Giunta per le elezioni del Senato.

Emilio Randacio

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