RUTELLI, LETTA, BERLUSCONI: LA COCCA CHE DECIDEVA I VERTICI DEL MONTE DEI PASCHI
MANCINI AI MAGISTRATI: “PER LA MIA NOMINA VIA LIBERA DA RUTELLI, DA LETTA E BERLUSCONI I NOMI PER IL CDA”
Tutti sapevano, o almeno tutti ne parlavano, ma ora le dinamiche politiche che influenzavano Banca Mps sono scritte nero su bianco nei faldoni dell’inchiesta senese sull’acquisizione di Antonveneta.
A raccontarle sono stati i vertici dell’istituto.
C’è l’influenza del Pd, un tempo Ds – leggerla non ha sorpreso nessuno – e ci sono i rapporti con il Pdl, non sconosciuti ma che in pochi avrebbero potuto descrivere nei dettagli.
Il racconto fatto ai magistrati dal presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini, è partito da un dato che, in fondo, tutti conoscevano: “La mia nomina, come quella dell’avvocato Mussari alla guida della banca, fu decisa dai maggiorenti della politica locale e regionale e condivisa dai vertici della politica nazionale”.
Il resto qualche sorpresa l’ha riservata.
Nel centrosinistra “il riferimento politico di Mussari era Ceccuzzi”, ha detto Mancini citando l’ex sindaco Pd della città , che “a sua volta, può essere inquadrato nell’area dalemiana dei Ds.
Posso dire altresì che Mussari aveva un rapporto cordiale anche con Veltroni, quando questi divenne segretario del Pd”.
Tra l’altro Mussari e Ceccuzzi sono anche indagati insieme in un’inchiesta della procura di Salerno sul fallimento dell’ex pastificio Amato.
Per il centrodestra, Mancini ha spiegato che “il punto di rifermento di Mussari nel Pdl era l’onorevole Verdini”.
Il presidente di Banca Mps, però, aveva “dei rapporti” anche con Gianni Letta. “Ricordo – ha continuato Mancini – che Letta affermava che Mussari era il suo riferimento in banca, mentre il sottoscritto era il suo riferimento in fondazione”.
Questi i riferimenti. Le dinamiche ne erano una conseguenza.
A proposito della sua nomina alla presidenza dell’Ente, nel maggio 2006, Mancini ha spiegato ai magistrati che il suo sponsor principale, l’attuale presidente del Consiglio regionale della Toscana Alberto Monaci (all’epoca Margherita ora Pd), gli riferì “che era stato trovato un accordo con i Ds”.
Dopo aver trovato un’intesa a livello locale, a Roma vi fu una riunione della Margherita “con l’onorevole Francesco Rutelli, – ha proseguito Mancini – alla quale partecipai io e alla quale erano presenti l’onorevole Alberto Monaci, l’onorevole Antonello Giacomelli e Battisti”.
Il via libera arrivò da Rutelli: gli “venne prospettato l’accordo raggiunto e lui diede il suo assenso”.
Lo stesso Mussari, ha continuato Mancini, “mi confermò di avere il sostegno del partito” dei Ds “a livello nazionale”.
Nel 2009 la banca rinnovò il cda.
Fra i nomi da confermare c’era quello di Andrea Pisaneschi, “persona vicina all’onorevole Gianni Letta”.
Così, Mancini telefonò all’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio e gli chiese un appuntamento a Palazzo Chigi”.
In quell’incontro, “chiesi indicazioni all’onorevole Letta circa la nomina del componente del Cda in quota Pdl – ha ricordato Mancini – ed egli mi disse che andava certamente bene la conferma di Andrea Pisaneschi, ma che avrebbe dovuto parlarne con il presidente Berlusconi per la definitiva conferma”.
Stessa cosa per Carlo Querci, “espressione dei soci privati”.
Dopo alcuni giorni Letta telefonò a Mancini dicendogli che aveva parlato con Berlusconi e che “il presidente aveva dato il suo assenso alle due nomine”.
Per Querci Mancini parlò anche con Francesco Gaetano Caltagirone, “che raccoglieva il consenso dei privati”, al quale disse “che la proposta proveniva dall’onorevole Letta anche con il consenso del presidente Berlusconi. Dopo alcuni giorni – ha raccontato Mancini – Caltagirone mi confermò l’indicazione di Querci come componente dei privati nel cda della banca”.
(da “Huffington Post“)
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