Agosto 10th, 2013 Riccardo Fucile
ORA ANCHE LA MARCHI RICORRE ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO CONTRO ESPOSITO PER “ANTICIPAZIONE DI GIUDIZIO”… SULLA BASE OVVIAMENTE DI QUANTO SCRITTO DA UN GIORNALISTA DE “IL GIORNALE” (E NEGATO DAL GIUDICE) , FONTE NOTORIAMENTE AL DI SOPRA DELLE PARTI
Dopo le dichiarazioni del giudice Antonio Esposito, finito al centro delle polemiche per l’intervista al Mattino dopo la sentenza di condanna in Cassazione nei confronti di Silvio Berlusconi, Wanna Marchi e Stefania Nobile, hanno deciso di ricorrere presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Le due donne, imputate e condannate, vorrebbero dunque impugnare la sentenza di condanna che la Cassazione pronunciò nei loro confronti per associazione a delinquere e truffe.
“Dai due articoli pubblicati su Il Giornale a firma Stefano Lorenzetto nei giorni scorsi -spiega l’avvocato Liborio Cataliotti- è emerso infatti che, pochi giorni prima di tale verdetto e dunque della discussione del processo davanti alla Corte di Cassazione, l’esito sarebbe stato anticipato dal presidente della Sezione di Cassazione Giudicante. Il giornalista ha anche precisato che il giudice avrebbe fatto affermazioni relative all’imputata Wanna Marchi che, stando alle parole del giornalista, gli sarebbe stata ‘antipatica’ per usare un eufemismo”, circostanza che è stata peraltro smentita dallo stesso Esposito.
Il ricorso, ha chiarito il legale, «deve essere presentato entro sei mesi dalla sentenza definitiva. Nel nostro caso – ha precisato – sono passati più di tre anni, ma l’anticipazione di giudizio di Esposito è emersa solo in questi giorni dagli articoli de “Il Giornale” e, dunque, noi siamo convinti che si possa chiedere la rimessione in termini e che il ricorso possa essere dichiarato prima ammissibile e poi discusso nel merito».
Chissà come mai gli altri presunti testimoni presenti alla cena in cui Esposito avrebbe fatto certe affermazioni non le abbiano sentite e il giudice abbia negato di averle mai pronunciate…
E lo stesso giornalista se ne sia ricordato solo tre anni dopo.
Ma di fronte alla grancassa mediatica dei teleimbonitori questi sono in fondo piccoli dettagli.
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Agosto 10th, 2013 Riccardo Fucile
ALIQUOTE E TARES DECISE DAI COMUNI: COME PDL E PD LO METTERANNO IN QUEL POSTO AGLI ITALIANI… ALLA FINE PAGHERA’ ANCHE CHI NON HA CASA ED E’ IN AFFITTO E COLPIRA’ I REDDITI BASSI
Piace ai sindaci. Non dispiace ai partiti.
La Service tax, l’ipotesi numero otto del dossier Saccomanni, potrebbe essere la soluzione del rebus Imu.
Anche perchè è l’unica a godere del rating di “alta efficienza”, il bollino affibbiato dal ministero dell’Economia alle nove alternative per ridisegnare l’imposta sulla casa.
Di contro, graverebbe anche su chi proprietario non è.
Sarebbe proporzionale alla numerosità delle famiglie.
E regressiva, picchiando duro sui redditi bassi.
In sintesi, consentirebbe di dire al Pdl: abbiamo abolito l’Imu sulla prima casa.
Al Pd: l’abbiamo restituita ai Comuni.
Con il rischio per tutti che diventi molto più cara del vecchio balzello
La proposta di intervento è chiara.
Lo Stato mette due miliardi (la metà di quanto costerebbe cancellare del tutto l’Imu prima casa) a disposizione dei municipi, allentandone il patto di stabilità .
E “derubrica” l’Imu a “problema di finanza locale”.
In pratica, la affida completamente nelle mani degli ottomila sindaci italiani, consentendo loro di portare anche a zero l’aliquota. Operazione che ora non possono fare: quella base sulle prime case è del 4 per mille, può scendere o salire di due scalini (di solito lievita), mai diventare zero.
Di fatto i sindaci, con le regoli attuali, possono esentare o scontare i proprietari solo giocando con le detrazioni.
Nel momento in cui l’Imposta municipale sugli immobili diventasse effettivamente ciò per cui è stata concepita, ovvero un’imposta federalista, i Comuni conquisterebbero più ampi margini di manovra.
Ma non finisce qui.
Se si vuole cancellare l’Imu sulle prime abitazioni, sembra dire il dossier Saccomanni (online sul sito del ministero), mancano ancora due miliardi.
Come trovarli?
Utilizzando con sapienza la Service tax, in pratica la Tares, la nuova tassa sui rifiuti e i servizi che entrerà comunque in funzione a fine anno.
Questa tassa non copre solo i noti balzelli sulla spazzatura, ma anche tutti i “servizi indivisibili” da pagare al Comune: illuminazione, marciapiedi, pulizia, sicurezza, manutenzione e così via.
Con possibilità per i Comuni di applicare pesanti aumenti.
Altrove in Europa si fa già . Si paga in base ai metri quadri della casa in cui si abita. Dunque non solo i proprietari, ma anche chi è in affitto.
E poi: più conviventi, più tassa.
Un problema per le famiglie numerose. Ma anche per gli inquilini.
E per il mercato immobiliare, vendite e affitti, già in pesante crisi da anni.
Un’altra strada, da combinare eventualmente con la Service tax — suggerisce sempre il dossier — è agire sulle abitazioni sfitte che oggi pagano l’Imu ma non l’Irpef.
Mentre quelle locate versano sia l’una che l’altra (cedolare secca o scaglioni). Ricondurre le case sfitte all’Irpef produrrebbe gettito per consentire alle imprese e ai lavoratori autonomi di dedurre (almeno in parte) l’Imu pagata sugli immobili strumentali dal reddito d’impresa.
Valentina Conte
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Agosto 10th, 2013 Riccardo Fucile
DALLA A ALLA Z, IN CHE MODO EDITORIALI E DICHIARAZIONI PARLANO D’ALTRO PER ESORCIZZARE LA REALTà€: QUELLA CONDANNA COMPORTA L’ADDIO AL SENATO
Prima di passare alla lettura è utile tenere a mente alcuni dati di fatto.
Un signore è stato condannato per frode fiscale a quattro anni. Questo signore è un leader politico ed è un senatore.
Una legge, votata anche dal partito dell’interessato, prevede la decadenza dalla carica per chiunque sia condannato a più di due anni.
Il signore, in ogni caso, sarà condannato a breve anche all’interdizione dai pubblici uffici.
Su questa realtà tutto sommato scontata, sui giornali le meglio intelligenze del Paese si sprecano per dire, o lasciare intendere, che sarebbe meglio non applicare la legge per salvare il governo, il Paese, i destini dell’Occidente.
Va bene la realpolitik, ma qui si esagera.
Ecco un breve regesto in ordine alfabetico
Anatema.
“Nessuna fortuna seguirà mai la viltà di un controllo di legalità artefatto, alle spalle e contro la volontà popolare” (Giuliano Ferrara). “Le tinte aggressivamente antiberlusconiane che stanno dando vigore alla polemica renziana contro l’immobilismo delle ‘larghe intese’ rischiano di dilapidare il suo capitale di potenziale consenso” (Pierluigi Battista)
Berlusconi.
“Si comporta da statista, da uomo che conosce i suoi interessi. Lo vogliono utilizzare per divellere il governo, ma lui è un uomo logico e non cade nella trappola” (Andrea Augello)
Cassandra.
“Epifani ha una sua dignitosa evanescenza. La politica, penserà , tocca ai magistrati, a noi segretari tocca il ruolo di cancelleria. Lo chiameranno Cassandra per le sciagure che annuncia nel nome della Cassazione” (Marcello Veneziani)
Dittature.
“Il capo incontrastato di uno dei due principali schieramenti viene spedito in galera. Per cercare dei precedenti bisogna andare a frugare tra i regimi autoritari: la Spagna franchista, il Portogallo di Salazar, la Grecia dei Colonnelli, i Paesi dell’Est comunista” (Piero Sansonetti)
Estetica.
“Quando frequentai il Parquet di Parigi, ovvero la procura francese a un passo dalla Sainte Chapelle, mi resi conto della differenza abissale, qualitativa, culturale e persino estetica del personale che vedevo servire la giustizia d’Oltralpe” (Paolo Guzzanti
Fretta.
“La decadenza da parlamentare del Cavaliere è diventata tema di primissimo piano, con un’irragionevole corsa contro il tempo” (Franco Bechis)
Garantisti.
“Manifesteremo assoluto garantismo rispetto ai procedimenti e alle regole. Pur non volendo manifestare una posizione di salvacondotto per Berlusconi, sarà assicurato da parte nostra il diritto di garantirgli un percorso sereno e oggettivo” (Riccardo Nencini e Enrico Buemi, socialisti, Pd)
Hello guys.
“Se fossi stato al suo posto, di fronte ad una sentenza così sconcertante, sarei già andato ad Antigua” (Giancarlo Galan)
Incivili.
“Essendo figli di un dio minore non godiamo del bene cui i popoli civili hanno diritto: la certezza per ciascuno di poter essere giudicato da un giudice equanime e non prevenuto” (Paolo Guzzanti)
Leadership.
“Come potrebbe oggi Epifani chiedere a Berlusconi di fare questo ignobile passo di danza che è il ‘passo indietro’, se non dopo aver spogliato un leader di una qualità , la leadership, che è al riparo di sentenze giudiziarie, opinioni avverse e odio diffuso e ben alimentato?” (Paolo Guzzanti)
Mancanze.
“Quel che forse manca nelle dichiarazioni del segretario Epifani, quel che rende parziale la sua affermazione sul principio di legalità da rispettare, è l’assenza di qualunque minimo riconoscimento di ciò che il centrodestra sostiene da tempo riguardo alla magistratura” (Giovanni Belardelli)
Nettezza.
“A tutti è chiaro che il caso non è giuridico, ma squisitamente politico” (Franco Bechis)
Poesia.
“L’Italia è un grande Paese intellettualmente integro, che non si lascia convincere da Esposito e dai suoi corifei e si interroga sulle cose vere, sulla Repubblica e il suo destino, sui diritti civili del popolo elettore, sulla magnifica storia di dolore, di avventura, di durezza e insidie che pone il berlusconismo reale di tanto al di sopra del suo doppio ideologico” (Giuliano Ferrara)
Quirinale.
“Non si può caricare solo sul Quirinale il peso di questa vicenda. Il Capo dello Stato saprà cosa fare. La sua intelligenza e la sua generosità andrebbero però aiutate da tutti, cercando compromessi possibili ed evitando di mettergli continui paletti” (Gaetano Quagliariello)
Rivoluzionario.
“Per rendere impossibile il cammino del governo Renzi non perde occasione di denunciare il patto tra Pd e Pdl che è alla base di questo governo, anche a costo di sfoderare un linguaggio (‘le sentenze vanno rispettate’) che assomiglia molto a quella parte della sinistra contro cui ha combattuto e che ha sempre auspicato la soluzione per via giudiziaria del problema berlusconiano” (Pierluigi Battista)
Sdoppiamento.
Dario Stefano al Corriere della Sera: “Non faremo gli ultrà ”. Dario Stefano a Repubblica: “Nessun rinvio per favorire il Cavaliere”
Timore.
“Rischiamo di non uscire mai dai vent’anni di inutile scontro politico se il centrosinistra e il centrodestra non si convinceranno ciascuno della parte di ragione, per quanto magari piccola, contenuta nelle posizioni degli avversari” (Giovanni Belardelli)
Umiliazione.
“Alla Cassazione non è sfuggito il fatto che la condanna di Berlusconi rappresentava anche sul piano simbolico la sconfitta e l’umiliazione della politica” (Piero Sansonetti)
Vittimismo.
“Attenzione a non rompere quella delicata linea di demarcazione che solo cento giorni fa si è creata fra chi, pur di salvare il Paese, è stato disposto ad andare oltre alle ragioni di parte e chi punta allo sfascio” (Gaetano Quagliariello)
Zen.
“È un gioco zen: se Berlusconi perde il seggio parlamentare resta in balìa del primo pm che passa e lo mette in prigione. Ma se si va alla conta in Aula sulla sua decadenza dal seggio, i nemici del governo, a sinistra, avranno agio di far cadere Enrico Letta. Se il governo cade una parte del Pd e Grillo sta già discutendo di come distruggere lui, i suoi eredi e le sue aziende” (Andrea Augello).
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 10th, 2013 Riccardo Fucile
IL NUOVO RESPONSABILE GIUSTIZIA DEL PD: IDEE POCHE MA CONFUSE
Per diventare responsabile giustizia del Pd, i requisiti sono essenzialmente due: 1) non sapere nulla di giustizia; 2) esordire sul Foglio di Ferrara&B. per rassicurare il padrone d’Italia.
Una specie di prova d’amore.
Nel 2010 Andrea Orlando, appena nominato responsabile giustizia da Veltroni in virtù del diploma di maturità scientifica che ne faceva un giureconsulto di chiara fama, debuttò con un paginone sul Foglio dal memorabile titolo: “Caro Cav, il Pd ti offre giustizia”.
Le proposte, anzi supposte, erano copiate pari pari dal programma Pdl: “Ridefinire l’obbligatorietà dell’azione penale… individuando le priorità ” dei reati da perseguire o ignorare; “riforma del sistema elettorale del Csm che diluisca il peso delle correnti”, accompagnata da “una sezione disciplinare distinta” per fa giudicare i magistrati da un plotone d’esecuzione a maggioranza politica; “rafforzare la distinzione dei ruoli tra magistrati dell’accusa e giudici”; “limitare l’elettorato passivo dei magistrati, in particolare quelli che hanno svolto attività requirenti” (cioè: rendere ineleggibili non i delinquenti, ma i pm).
Per fortuna le suddette boiate restarono nella testolina di Orlando, ora promosso ministro dell’Ambiente (sempre per via della maturità scientifica).
Al suo posto è arrivato dal Molise l’avvocato e neodeputato Danilo Leva, di cui ieri abbiamo narrato le gesta di dalemiano ma anche bersaniano ma anche franceschiniano, nonchè di perditore di tutte le elezioni a cui abbia partecipato nella sua breve vita.
Uno dice: almeno è avvocato, qualcosa di giustizia capirà . È lecito dubitarne, a leggere la sua intervista d’esordio, ovviamente al Foglio.
L’attacco è incoraggiante: “Non ci faremo dettare l’agenda da qualcun altro”. Peccato che l’“agenda delle priorità ” sia un fritto misto riscaldato di supposte altrui. Nella migliore tradizione.
“Abolire l’ergastolo” è un’idea di Totò Riina, lanciata nel papello del ’92, quasi tutto realizzato da destra e sinistra, a parte appunto ergastolo e dissociazione dei boss. “Responsabilità civile dei magistrati”, “rimodulare l’obbligatorietà dell’azione penale individuando priorità ” e “riformare la custodia cautelare” invece sono tre cavalli di battaglia di B.
Bel modo per non farsi dettare l’agenda.
Ma le idee, oltrechè copiate, sono anche confuse. La responsabilità civile delle toghe esiste già per legge, con l’ovvio limite — previsto in tutte le democrazie — che gli errori giudiziari li risarcisce lo Stato e può rivalersi sul magistrato solo in caso di dolo o colpa grave.
L’azione penale obbligatoria è prevista dalla Costituzione ed esclude che qualcuno possa indicare quali reati perseguire e quali no.
Quanto alla custodia cautelare, “limitarne l’utilizzo improprio in assenza di sentenze passata in giudicato” è una corbelleria bella e buona: la custodia cautelare riguarda appunto il periodo precedente le condanne definitive, altrimenti è espiazione della pena.
Ma, incassato il viatico del Foglio, Leva rincara la dose sull’Unità con altre perle di rara saggezza.
Vuole “eliminare la custodia cautelare obbligatoria per titolo di reato, eccetto ovviamente i reati più gravi, ad esempio mafia, terrorismo, violenza sessuale, stalking”: forse non sa che le manette preventive, dal ’95, non sono più obbligatorie nemmeno per mafia, e quando il Parlamento provò a reintrodurle per la mafia e lo stupro (ma non per l’omicidio!), fu sconfessato dalla Consulta.
Quindi ciò che Leva vuole levare è già stato levato, e pure ciò che vuole lasciare. Siccome poi insiste sull’ergastolo, dovrebbe sapere che di fatto non esiste più, se non per i boss irriducibili (ergastolo “ostativo” ai benefici penitenziari: permessi, semilibertà , lavoro esterno): gli altri ergastolani escono dopo 25-30 anni.
Abolire l’ergastolo avrebbe dunque un solo effetto: l’uscita di centinaia di boss, compresi quelli delle stragi del 1992-’93, detenuti da quasi vent’anni.
Bel programma di giustizia progressista, non c’è che dire.
Senza contare il rischio che Riina reclami i diritti d’autore.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 10th, 2013 Riccardo Fucile
MACCHINA DEL FANGO E IL PROCEDIMENTO DEL CSM USATO PER FAR SLITTARE I TEMPI
Una manovra a tenaglia — ogni giorno “macchina del fango” dal Giornale e Csm in azione contro il presidente del processo Mediaset Antonio Esposito — nel disperato tentativo di far saltare la sentenza e soprattutto di allontanare il più possibile nel tempo, o addirittura bloccare, la stesura delle sue motivazioni.
Con la segreta speranza di ottenere nel frattempo, se non l’agognato salvacondotto, quanto meno il congelamento del voto del Senato sulla decadenza del Cavaliere e la possibilità di portarlo come candidato alle prossime elezioni da tenere ovviamente in autunno.
Un’operazione che potrebbe passare anche per un accordo sulla legge elettorale, che peraltro il Quirinale sollecita.
L’estremo tentativo in atto non tiene conto di molte, se non addirittura troppe variabili destinate a far saltare il progetto del Pdl.
Una su tutte: comunque il Cavaliere, ormai nella sua posizione di condannato in via definitiva a una pena superiore a quattro anni, non potrà più essere candidabile.
Anche se si dovesse votare a ottobre, ci potrà pur essere il nome di Berlusconi sul simbolo e sulla scheda, ma lui, fisicamente, non potrà correre nè per la Camera, nè per il Senato.
Tuttavia il Pdl sta provando con ogni mezzo a dimostrare che la sentenza della Cassazione è inficiata da un presidente che è entrato in camera di consiglio avendo già deciso di condannare Berlusconi a prescindere dalle “carte” e da un collegio in cui, come dice il super falco Daniela Santanchè, c’erano “due funzionari che appartengono a Md, un partito ostile a Berlusconi”
L’obiettivo prioritario, da giorni, è distruggere quella sentenza del primo agosto. Essa è ormai definitiva e immodificabile sul piano giuridico, la condanna a 4 anni per frode fiscale e il rinvio alla corte di appello di Milano per rimodulare l’interdizione dai pubblici uffici, sono scritti in un dispositivo che nulla potrà cambiare o distruggere o cancellare.
Ma la decisione può essere “macchiata” sul piano mediatico e soprattutto politico, con l’obiettivo di dimostrare che Berlusconi è stato vittima di un “pacco” preconfezionato, di un processo ingiusto scritto da giudici prevenuti e comunisti.
Al processo chiuso nei palazzi di giustizia (tribunale, corte di appello, Cassazione), il Pdl vuole contrapporre quello in piazza.
Alla fine del percorso c’è il ricorso a Strasburgo, ma soprattutto le pressioni su Napolitano per ottenere concrete garanzie su una prospettiva di prossime elezioni.
S’innesta qui la manovra in atto al Csm per far “cadere” al più presto la testa di Antonio Esposito.
Lui, la toga che ha letto il verdetto, è divenuto il simbolo del processo stesso.
Per questo, da giorni, la stampa berlusconiana lo lavora ai fianchi, per costringerlo a lasciare il suo posto in Cassazione.
Il Csm è chiuso e la pausa dura fino alla metà di settembre. Tuttavia il centrodestra, proprio per questo motivo, è in piena attività e ha quasi rinunciato alle vacanze. Annibale Marini, il presidente della prima commissione, Zanon, Romano, Albertoni e Palumbo non solo hanno chiesto di aprire la pratica contro Esposito, ma poi hanno preteso un’accelerazione massima nel trattarla. Perchè?
Che obiettivo si pongono? Da voci di corridoio si capisce subito che lo scopo è quello di tentare di ostacolare la stesura delle motivazioni.
Creando il massimo discredito intorno alla figura di Esposito, nella segreta speranza che questo influisca sulla credibilità finale delle motivazioni stesse.
Il paradosso è evidente, e al Csm sia i togati che i laici della sinistra sono preoccupati. L’organo di autogoverno dei giudici, che dovrebbe tutelare l’autonomia e l’indipendenza dei medesimi, finisce in questa situazione per intervenire a gamba tesa in una fase delicatissima per il processo.
C’era effettivamente l’urgenza di anticipare al 5 settembre la riunione della prima commissione? La risposta è no, questa fretta effettivamente non c’era.
A spiegarla c’è solo la volontà di votare al più presto su Esposito, anticipando anche un eventuale passo del procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani che potrebbe, a sua volta, far partire un’azione disciplinare.
A questo punto l’unica contromossa, cui i cinque giudici del collegio Mediaset che hanno condannato Berlusconi starebbero pensando, è quella di “battere” sul tempo le manovre anti-Esposito chiudendo al più presto le motivazioni.
Poi sia quel che sia.
Liana Milella
(da “la Repubblica”)
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Agosto 10th, 2013 Riccardo Fucile
GIUDIZIO POLITICO NETTO SUL DIKTAT IMPOSTO DAL PDL
Il dossier del ministero dell’Economia, decisamente critico verso l’ipotesi di abolizione dell’Imu, ha aperto il fronte.
Poi sono arrivati il diktat di Berlusconi a Letta (che aveva tentato di minimizzare) e la controreplica di Epifani.
E ora scende in campo anche Mario Monti, che attacca senza mezzi termini il Pdl. Che il nodo Imu fosse il principale nervo scoperto delle larghe intese era cosa nota. Ma nelle ultime 48 ore il tema è tornato a essere il vero banco di prova per la tenuta del governo.
Con un fuoco incrociato tra tutti gli azionisti della maggioranza. Anche se, probabilmente, l’aut-aut del Cavaliere è più una prova di forza per mettre sul piatto il proprio salvacondotto dopo la condanna.
La notizia di oggi, comunque, è il ritorno sulla scena dell’ex premier Mario Monti nella versione “aggressiva” della campagna elettorale, quella che non risparmia giudizi e stoccate a B.
A differenza di Epifani, che nell’intervista a L’Unità si è limitato a smentire che l’abolizione dell’Imu fosse un punto concordato, Monti si concede un giudizio politico.
Una valutazione diretta sulla strategia berlusconiana: “Scelta Civica si opporrebbe, come altri, a richieste eccessive del Pdl in materia di Imu, non coerenti nè con la situazione economico-finanziaria del Paese, nè con gli impegni del governo e della maggioranza”, scrive Monti in un editoriale sul sito del suo movimento.
“Nessuno potrà trincerarsi dietro asserzioni apodittiche e venate di prepotenza. Il ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato nei giorni scorsi un’analisi sulla tassazione della casa che aiuterà a compiere una scelta politica ragionevole. E’ difficile dedurre da questo testo che il governo sia impegnato all’abolizione della tassazione sulla prima casa. Ogni altro elemento può aver fatto parte di promesse elettorali di questo o quel partito, ma non può impegnare il governo”.
Monti sostiene, come hanno fatto anche il premier e il ministro dell’Economia nei giorni scorsi, che la stabilità del governo è premesssa decisiva per la ripresa (che per ora non si vede, come ha certificato pochi giorni fa l’Istat): “Un’interruzione dell’opera del governo Letta, impegnato a proseguire le riforme strutturali e a sostenere l’economia con specifici provvedimenti ora resi possibili dagli sforzi precedenti, recherebbe danni particolarmente gravi alla situazione economica e sociale del Paese, oltre che seri rischi per l’Eurozona. Se poi una crisi di governo dovesse portare ad elezioni anticipate, il cumulo di macerie seppellirebbe in ugual misura vincitori, sconfitti e tutti i cittadini, compresi quelli ai quali si vorrebbe fra credere che si è arrivati alla rottura per tener fede alla promessa di liberarli dall’Imu”, sottolinea l’ex premier.
Parole chiaramente indirizzate a Berlusconi, che ieri ha parlato di abolizione dell’Imu come base del patto di governo con Letta.
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Agosto 10th, 2013 Riccardo Fucile
PER DIVENTARE SEGRETARIO GENERALE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI TRAPANI AVREBBE INSERITO UN INCARICO AL VERTICE DELLA CONFCOMMERCIO MAI RICOPERTO
Titoli non sufficienti e cariche autocertificate fasulle.
Nel curriculum vitae di Alessandro Alfano, fratello minore di Angelino, ci sarebbero dei buchi sospetti.
A sostenerlo è il deputato di Sinistra ecologia e libertà Erasmo Palazzotto, che ha presentato un’interrogazione al ministro dello Sviluppo economico.
Oggetto dell’atto parlamentare è il concorso di segretario generale della Camera di commercio di Trapani, vinto da Alfano junior nel 2010.
Il fascicolo di quel concorso era già stato sequestrato nel dicembre nel 2011 dagli agenti della squadra mobile di Palermo, allertati da alcuni scritti anonimi che prevedevano con largo anticipo la nomina di Alfano al vertice dell’ente.
Incarico che Alessandro lascerà poche ore dopo la perquisizione delle forze dell’ordine.
Nell’interrogazione di Palazzotto però si fa cenno alle irregolarità del curriculum, presentato al concorso.
“Alcune delle dichiarazioni contenute nella suddetta domanda — dice Palazzotto al ministro Flavio Zanonato – peccano anche sotto il profilo della veridicità della ricostruzione curriculare da parte dell’interessato. Ci si riferisce, in particolare, alla presunta carica che l’anzidetto dottor Alfano ha autocertificato, relativamente al ruolo di direttore regionale di Confcommercio Sicilia, in un periodo antecedente alla sua nomina a segretario generale di Unioncamere Sicilia, avvenuta a fine 2006. Risulta, infatti, che in realtà egli sia stato semplicemente distaccato presso la sede di Confcommercio regionale, in veste di semplice direttore provinciale di Agrigento, e che in tale Confederazione non ha mai rivestito il ruolo di Direttore regionale, visto che da tempo vi era un altro soggetto che rivestiva tale funzione, l’avvocato Marino Julo Cosentino”.
Il fratello del segretario del Pdl avrebbe quindi inserito nel suo curriculum un incarico al vertice della Confcommercio siciliana, all’epoca già ricoperto da un’altra persona, quando invece era, più modestamente, solo il direttore della sezione provinciale di Agrigento.
“Questa storia certifica l’influenza della politica sulla gestione commercio — dice Palazzotto — È imbarazzante per questo governo che il fratello del vice premier sia coinvolto in questa situazione poco trasparente: come è possibile evadere ogni controllo in un concorso pubblico?”.
Palazzotto, nella sua interrogazione, fa cenno anche alla laurea triennale in Economia e finanza conseguita da Alfano, titolo considerato “non idoneo ad espletare le funzioni di dirigente apicale in una pubblica amministrazione”.
Quella laurea breve in Economia, conseguita nel 2009 a 34 anni, lo aveva già fatto finire nei guai: nel 2011, infatti, il suo nome era finito in una lista di 30 studenti che avrebbero “comprato” diversi esami universitari, mai realmente sostenuti ma caricati nel piano di studi in cambio di denaro elargito ai segretari dell’Ateneo palermitano. Nel febbraio scorso la procura di Palermo avevo chiesto per lui l’archiviazione dopo averlo iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di frode informatica.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano”)
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