Agosto 17th, 2013 Riccardo Fucile
E NON VIOLA LA COSTITUZIONE: LO HA STABILITO IL CONSIGLIO DI STATO NEL CASO MINISCALCO… CADE IL PRICIPALE ASSO NELLA MANICA DI BERLUSCONI PER TEMPOREGGIARE NELLA GIUNTA DELLE IMMUNITA’
Il Consiglio di Stato ha già “bocciato” una delle tesi difensive del Cavaliere sull’incandidabilità dopo la condanna definitiva per frode fiscale.
A ricordarlo è Andrea Mazziotti, responsabile Giustizia di Scelta Civica.
“Leggo ogni giorno – dice – discussioni sul presunto ‘problema giuridico’ dell’applicabilità del decreto Monti-Severino quando i reati sono anteriori alla legge. Alcuni hanno addirittura detto che il tema è aperto visto che non esistono precedenti”. Ma il deputato montiano spiega: “In realtà il problema è già stato risolto dal Consiglio di Stato con una sentenza del febbraio 2013, nei confronti di Marcello Miniscalco, candidato nelle liste del centrosinistra in Molise. La corte ha escluso Miniscalco, affermando che l’incandidabilità non ha natura sanzionatoria, che vale anche per i reati commessi prima dell’entrata in vigore del decreto e che la norma è assolutamente costituzionale”.
Intanto tra i berlusconiani inizia a farsi strada la tesi che la questione non può essere affrontata solo dal punto di vista giuridico, ma anche politico.
A invocare una “soluzione politica” prima della pronuncia della giunta del Senato sulla decadenza e incandidabilità di Berlusconi è Sandro Bondi.
Altrimenti, nel caso il Pd votasse per l’immediata estromissione del Cavaliere dal Parlamento, “sarebbe difficile, se non impossibile, continuare a sostenere questo governo”.
Bondi, in un’intervista a ‘Libero’, afferma: “Sono convinto che una soluzione politica debba essere trovata nell’ambito dei poteri che la democrazia prevede in capo alle istituzioni democratiche, fra cui la presidenza della Repubblica, in modo da garantire la governabilità e tutelare la dignità di un leader come Berlusconi, che tanti meriti può vantare di fronte all’Italia e agli italiani”.
(da “Huffington Post“)
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Agosto 17th, 2013 Riccardo Fucile
NEL PD SI CERCA UNO SFIDANTE: “MA CHE SIA FORTE, ALTRIMENTI TUTTI CON RENZI”
Fuori dai radar per dieci giorni. Oltreoceano e silente.
Poi Matteo Renzi tornerà in patria e aprirà la campagna per la conquista della segreteria del Pd.
Con un programma ambizioso: «Vinco le primarie — ha promesso prima di partire per gli Stati Uniti — e cambio il partito. Profondamente. Lo rivolto come un calzino». Anche gli altri big democratici si concedono qualche ora di relax, ma l’ozio di Ferragosto non basta a distogliere le menti dalla preoccupazione per l’ascesa del sindaco di Firenze.
Serve un candidato alternativo, capace di ridurre i danni e addolcire lo scarto percentuale della sfida.
Senza il nome giusto, ragionano al vertice, potrebbe risultare addirittura più conveniente “abbracciare” Renzi
L’afa di agosto non scoraggia le trattative fra le mille anime democratiche.
Solo le rallenta, in attesa di capire cosa accadrà in Senato nel voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Tutti guardano con il fiato sospeso a quel passaggio, snodo decisivo per le sorti della legislatura.
Se l’esecutivo dovesse reggere anche all’urto dell’esclusione del Cavaliere, allora il risiko congressuale avrebbe davvero inizio
Il deputato Pd Giacomo Portas — guida dei “Moderati” — si rilassa pescando sardine il Liguria. E prevede: «Ormai è difficile che si torni al voto. Perciò è probabile che il congresso si tenga nel 2013 ed esca fuori un nome da opporre al sindaco. Ma se non si dovesse trovare una candidatura del 40%, allora Renzi potrebbe andare bene a tutti…».
È il temuto abbraccio interessato e un po’ soffocante — al sindaco fiorentino?
«Può essere sostiene un renziano come Ivan Scalfarotto — In ogni caso penso che il partito si trovi tra due fuochi. Da una parte c’è la diffusa consapevolezza che Matteo sia la carta vincente, dall’altra noto una resistenza ad affidargli il volante. Tutti dicono che è lui a dover guidare, poi però insinuano dubbi. Se è la soluzione, allora basta chiacchiere ».
La questione è in realtà parecchio più complessa.
E ruota soprattutto intorno a un quesito: chi è davvero in grado di opporsi il sindaco? C’è chi ha ipotizzato il capogruppo Roberto Speranza.
Portas non si sbilancia, ma immagina che tocchi all’ala filogovernativa plasmare il profilo dello sfidante: «Da settembre sarà in campo il partito dei “Forza Letta”… e da una saldatura con gli ex Ds potrebbe uscire fuori un nome»
Altri, invece, pensano a Debora Serracchiani.
Su di lei sarebbe in corso un pressing discreto ma continuo del corpaccione democratico. «La chiamano e le promettono di tutto», sostiene un renziano con un filo di preoccupazione. Donna, giovane e vincente, rappresenta l’identikit ideale da opporre al sindaco. Ma è proprio il suo ottimo rapporto con Renzi a rendere meno probabile il duello.
Sullo sfondo si muove Guglielmo Epifani. Pronto a tenere in mano il timone del partito in caso di elezioni in autunno, il segretario non resterà comunque a guardare. Sul suo nome potrebbe convergere una fetta rilevante della classe dirigente democratica e dei gruppi parlamentari a forte trazione bersaniana.
Tra le righe anche Beppe Fioroni non esclude un duello del genere: «Un Pd senza il collante del Cavaliere — dice anticipando un intervento su “Europa” — non può fare un congresso impostato solo sul reset della socialdemocrazia. E Renzi deve decidere la portata della sfida. Se si limita a un restyling di sinistra, allora è meglio un personaggio della sinistra…».
Resta da sciogliere il nodo delle regole. In vista dell’assemblea di settembre Renzi punta a tenere alta la tensione.
Teme trappole, è pronto a denunciarle. Intende, soprattutto, difendere lo statuto vigente che consente anche ai non iscritti di votare alle primarie.
«Devono essere aperte il più possibile — sostiene Scalfarotto — Tutto ciò che invece rende farraginoso questo percorso è di per sè sospetto ».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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Agosto 17th, 2013 Riccardo Fucile
LE BOZZE DELLO STATUTO E L’IPOTESI CHE NON CI SIA UN SEGRETARIO… I FALCHI PUNTANO ALLE “DELEGHE”
Il prossimo capitolo della guerra tra «falchi» e «colombe» sta per essere scritto.
E passa attraverso quella pila di fogli che da giorni è appoggiata sull’ormai celeberrimo scrittoio di Arcore, lo stesso sul quale Silvio Berlusconi firmò nel 2001 il famoso «contratto con gli italiani»
In quei fogli, infatti, ci sono le possibili bozze del nuovo statuto della rinata Forza Italia, che il Cavaliere ha virtualmente battezzato con la campagna di affissioni a colpi di manifesti «sei per tre» e con gli striscioni «Forza Silvio» volati in cielo con gli aerei nel giorno di Ferragosto.
Bozze che, almeno per il momento, non prevedono per il nuovo partito la carica di «segretario».
Non si tratta di un semplice dettaglio tecnico.
Al contrario, questa è la storia del pressing che l’ala dura dei berlusconiani – guidata dal tandem composto da Daniela Santanchè e Denis Verdini – sta esercitando sul Presidente in vista della composizione dell’organigramma del partito.
Un organigramma che, non prevedendo per adesso la carica di «segretario», non contemplerebbe quindi un ruolo «operativo» per Angelino Alfano.
Questa, ovviamente, è una storia ancora tutta da scrivere. E dipenderà anche dal tipo di strada che il Cavaliere deciderà di prendere sul sentiero indicato da Giorgio Napolitano nella sua nota dell’altro giorno.
Ma che i «falchi» del partito stiano per partire lancia in resta all’attacco del segretario del Pdl è un dato acclarato.
Nessun colpo frontale, e men che meno polemiche pubbliche, almeno per adesso.
Ma l’ala dura dei berlusconiani, nei giorni a cavallo di Ferragosto, ha iniziato sottotraccia a imbastire un processo contro i ministri pidiellini del governo Letta, accusati di «latitanza» nei giorni caldi del post-sentenza.
E soprattutto contro Alfano, che sarebbe il primo nome sul loro banco degli imputati.
Lo schema non sarebbe dissimile dal piano per far saltare il governo andato in scena poche ore prima della manifestazione sotto Palazzo Grazioli, quando un pacchetto di mischia di cui facevano parte anche Santanchè e Verdini aveva convinto il Presidente a chiedere la presenza in piazza anche dei ministri.
Solo che la richiesta a Berlusconi, in queste ore, è diventata un’altra.
Garantirsi, in assenza della carica di segretario, quelle «deleghe» sulla gestione di Forza Italia che trasformerebbero il partito da «forza di maggioranza» a «movimento in perenne campagna elettorale».
Deleghe che potrebbero finire proprio nelle mani di Santanchè (comunicazione) e Verdini (organizzazione), che al contrario di Alfano, di Gianni Letta e della pattuglia dei ministri, vorrebbero staccare quanto prima la spina tanto al governo quanto alla legislatura.
Ovviamente, visto che ha dalla sua la stragrande maggioranza dei parlamentari, nessuno dei berlusconiani pensa che Alfano si faccia trovare impreparato al blitz.
E le voci, secondo cui il segretario del morente Pdl potrebbe rispondere all’Opa dei falchi sul partito rinunciando al posto nel governo, non si sono ancora spente.
Tutto è nelle mani di Berlusconi. Di colui che, come ha sottolineato ieri Francesco Nitto Palma, rimarrebbe «la nostra guida politica anche fuori dal Parlamento».
Finirà per affidare le deleghe operative della nuova Forza Italia ai «falchi», consentendo che a rappresentare il partito in televisione sia la linea della «Pitonessa» Santanchè?
O punterà di nuovo sul segretario uscente del Pdl, chiedendogli però di lasciare sia Palazzo Chigi, sia il Viminale?
In qualsiasi dei due casi, sarebbe una mezza rivoluzione.
Che troverebbe il suo punto di caduta quando, a metà settembre, Roma ospiterà la convention del battesimo ufficiale di Forza Italia.
Anche se c’è chi giura che, questa decisione, il Cavaliere potrebbe prenderla molto prima.
Anche perchè, tra i «falchi», c’è chi comincia a insinuargli il sospetto sul nuovo partito che «rischia di finire tra due fuochi».
Stretto tra Pier Ferdinando Casini, che punta a intercettare i parlamentari del Pdl che non vogliono le elezioni anticipate, e Roberto Maroni, che invece non vede l’ora di tornare al voto.
E che, non a caso, ha piazzato nel dibattito interno al centrodestra non solo la richiesta delle primarie, ma anche la candidatura di Flavio Tosi.
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 17th, 2013 Riccardo Fucile
D’ALEMA RIAPRE LA PARTITA CON RENZI: “ERRORE SE SI CANDIDA”
Il tema è stato congelato dalla prima parte della nota di Giorgio Napolitano, quella in cui il capo dello Stato è tornato ad allontanare lo spettro delle elezioni anticipate.
E, per adesso, l’unica cosa certa in casa del Pd è che nessuno muoverà una foglia prima che Silvio Berlusconi non decida se imboccare la strada della lealtà all’esecutivo o quella della resa dei conti.
Ma qualche giorno dopo la sentenza della Cassazione, e in particolar modo nelle ore precedenti alla manifestazione a Palazzo Grazioli di quasi due settimane fa, un pezzo significativo del gruppo dirigente del Pd era pronto a chiedere a Enrico Letta di candidarsi alle primarie.
Primarie che, in quel momento, sembrava si dovessero trasformare dalla corsa per la segreteria del Pd alla contesa per la premiership di un Paese che pareva sul punto di tornare al voto
A quelle condizioni, nonostante oggi continui a rimanere alla larga dalle beghe di partito, Letta avrebbe fatto il «grande passo».
Ed è evidente che i tanti che ancora temono lo spettro delle elezioni anticipate – da Epifani a Franceschini, passando per Bersani – ancora considerino come «valida» l’opzione di vedere «Enrico» in corsa.
Altrimenti non si spiegherebbe la scelta di sprecare l’occasione delle Feste democratiche in giro per l’Italia senza aver ancora designato un candidato da opporre a Matteo Renzi, che invece quelle tribune le ha sfruttate
All’indomani della nota con cui il Quirinale ha blindato la legislatura, però, nelle telefonate interne alla tolda di comando del Pd è tornata ad affacciarsi la speranza che, alla fine, il sindaco di Firenze decida di non candidarsi al congresso e di aspettare il turno della premiership.
Fondata o meno che sia, l’opzione torna a farsi largo anche in cima ai desiderata di Massimo D’Alema
Il presidente di ItalianiEuropei , che nelle uscite precedenti alla sentenza della Cassazione aveva insistito sulla necessità di celebrare il congresso nei tempi previsti, torna a battere la strada che porta al passo indietro di Renzi.
«Se si candidasse a fare il segretario, commetterebbe un grave errore», dice in un’intervista apparsa il giorno di Ferragosto sul Messaggero .
E non si tratta certo di moral suasion visto che lo stesso D’Alema adombra «un periodo molto complicato e difficile» per il partito nel caso in cui il sindaco di Firenze uscisse vincitore dalle primarie.
Non è un’avvisaglia rispetto al pericolo della scissione. Ma poco ci manca.
Risposte? Nessuna.
Renzi è in vacanza negli Stati Uniti e nella sua cerchia ristretta nessuno parla. «Mettiamo pure che noi accettiamo di saltare un giro», è la premessa del renziano Michele Anzaldi.
Che aggiunge: «Il tema è che se il governo non volta pagina e se non c’è nessuno a rispondere, come farebbe Renzi alla campagna elettorale che sta già facendo Berlusconi, a quel punto la nostra gente ci inseguirebbe coi forconi».
L’ennesimo segno che la grande partita del Pd dipenderà dalle contromosse del Cavaliere. Se staccasse la spina al governo, trasformerebbe le primarie nella contesa per la premiership.
Una contesa in cui, a quel punto, sarebbe davvero difficile non vedere Enrico Letta tra i partecipanti.
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera“)
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Agosto 17th, 2013 Riccardo Fucile
KELLY LA NOTTE DI PASQUETTA HA FERMATO ILTRAFFICO DI UNA STRADA IN CUI, POCO DOPO, SI E’ APERTA UNA VORAGINE CHE AVREBBE POTUTO UCCIDERE DECINE DI AUTOMOBILISTI
Mia è un Golden Retriever di un anno e mezzo, tutta casa e negozio di pianoforti, cresciuta tra accordi e lezioni di musica, abituata a un rispettoso silenzio.
Però intorno alle 2 di una notte di giugno ha cominciato ad abbaiare, raspando la porta d’ingresso.
Così i coniugi Menicagli hanno scoperto che le scale erano invase dal fumo proveniente dall’appartamento accanto.
Un vicino si era tagliato le vene, aveva aperto il gas e appiccato il fuoco.
«La palazzina di sei famiglie sarebbe potuta esplodere» racconta la padrona.
Mia è stata premiata ieri a San Rocco di Camogli, «prima inter pares», perchè altri cani si sono resi protagonisti di atti di coraggio, intelligenza e abnegazione.
Del resto, gli animali eroi sono tanti e quel monumento in piazza «all’amico fedele dell’uomo» è lì per ricordarlo.
Il Premio Internazionale Fedeltà del cane nacque nel 1962, quando Giacinto Crescini e don Carlo Giacobbe vollero così ricordare Pucci, cagnetto arrivato a San Rocco (protettore dei cani) che per 10 anni aveva accompagnato a scuola i bambini delle elementari.
Kelly e la voragine
Le storie degli eroi a quattro zampe sono toccanti. C’è Kelly, cagnolina fantasia di 14 anni che nella notte di Pasquetta a Genova, si è piantata in mezzo alla carreggiata e non c’è stato verso di spostarla, nemmeno con i clacson delle auto in coda: pochi istanti, e la strada è sprofondata aprendo una voragine che avrebbe potuto uccidere tutti.
Si chiama Kelly anche la femmina fantasia di 9 anni che sempre a Genova ha salvato la padrona dal fuoco che si stava propagando da una pentola dimenticata sui fornelli. E poi c’è Leo, meticcio di un anno arrivato da un canile di Catania fino a Varedo, in Brianza: lo scorso inverno ha cominciato ad abbaiare, correndo dalla recinzione ai padroni, ringhiando persino a loro.
Si era accorto di una diciottenne che, immobile nella neve e in stato di choc, rischiava l’assideramento.
Leon è un incrocio rottweiler-pitbull di poco più di un anno: ha cominciato a latrare ininterrottamente, una notte del giugno scorso, perchè aveva avvertito i lamenti di un’anziana vicina caduta a terra.
La sua padrona Anna l’ha seguito, ha aperto la porta di casa e solo allora ha sentito i flebili lamenti della vicina.
Pongo e il torrente
Pongo è un cane fantasia di tre anni. Lo scorso inverno il padrone, Domenico, a Santo Stefano d’Aveto, è precipitato in fondo a un dirupo, finendo nel torrente.
Il pericolo era grave, Pongo ha capito ed è andato a cercare un amico del padrone, convincendolo a seguirlo.
Domenico ha trascorso oltre un mese in ospedale e ha dovuto affrontare una lunga convalescenza, ma è vivo.
Rookie è stato adottato via Internet da Napoli: è un meticcio di un anno e mezzo che ha fatto fuggire i ladri abbaiando e per essere sicuro che non tornassero li ha inseguiti sotto la pioggia
Arturo e la Concordia
Accanto agli «eroi per caso», i professionisti. Wallace e Nick Carter, i cani «molecolari» del gruppo cinofilo del Soccorso Alpino di Verbania: è stato «Wally», bloodhound di 5 anni, a indicare la zona di bosco di Osiglia, nel Savonese, dove è stato poi trovato un bimbo di due anni scomparso mentre giocava e cercato inutilmente per dieci interminabili ore.
E Pluto, golden retriever di 9 anni, del Soccorso alpino del Tigullio-Val d’Aveto: cane «da scovo», ha ritrovato in 20 minuti una donna che aveva passato la notte all’addiaccio, sotto grandine e pioggia.
Infine, la commovente storia di Arturo, rottweiler di 5 anni, salvato dai pompieri di Livorno quando, a 22 giorni, era precipitato nel tubo di un acquedotto, adottato dal caposquadra Bruno Domenici che ne ha fatto un vigile del fuoco: si è dimostrato instancabile nel lavoro di recupero dei superstiti della Concordia.
Alessandra Pieracci
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Agosto 17th, 2013 Riccardo Fucile
PAURA AL CAIRO PER LA GIORNALISTA: ALLE 10.45 “SONO IN UNA SITUAZIONE COMPLICTA, VI RICHIAMO”… NEL POMERIGGIO: “STO BENE, SIAMO STATI LIBERATI”
«Tutto bene, siamo stati liberati». Al telefono è stata personalmente Gabriella Simoni ad avvisare e rassicurare la sua redazione.
E nel tardo pomeriggio si è collegata con Studio Aperto, raccontando parte della brutta avventura nella quale è rimasta coinvolta assieme ad altri tre giornalisti italiani, il suo cameraman Arturo Scotti, l’inviata Rai Maria Gianniti e il suo tecnico.
A fermarli sarebbero state le forze di sicurezza egiziane.
IL RACCONTO
«C’è stata un’aggressione mentre stavano lavorando intorno alla moschea di Ramses quella in cui erano stati circondati e assediati alcuni manifestanti per tutta la notte – ha raccontato la giornalista- stavamo lavorando assieme ad altri colleghi e c’è stata un’aggressione nei nostri confronti. C’è stato un attacco degli anti-Morsi, erano arrabbiatissimi con al Jazeera, quando viene pronunciato il nome si scatena l’inferno. Per fortuna il traduttore di quella zona è riuscito a portarci in salvo e poi è intervenuto l’esercito perchè nel frattempo quella piazza in qualche modo era di nuovo al centro degli scontri».
E ancora: «Siamo stati quindi bendati e portati in un luogo segreto dove hanno controllato tutto: i documenti, le dichiarazioni che abbiamo fatto, i telefoni, il materiale che avevamo girato».
L’ANGOSCIA
«Sono state ore di angoscia – prosegue la Simoni- il momento più difficile è stato proprio quando mi hanno bendata e portata via e poi c’è l’agoscia nel non riuscire a comunicare con i tuoi cari, perchè sai perfettamente che in quel momento sono in ansia per te».
Ad anticipare l’imminente liberazione era stato il direttore del Tg4 e Studio Aperto Giovanni Toti.
«Per quello che siamo riusciti a ricostruire – aveva raccontato- pare che i giornalisti italiani fermati dalle forze di sicurezza egiziane siano quattro. Sono notizie che ci arrivano da fonti del ministero degli Esteri e di Palazzo Chigi in contatto con il Cairo, perchè noi non abbiamo ancora avuto alcun contatto diretto con Simoni. Il suo cellulare risultava ancora spento».
LA REDAZIONE
L’ultimo contatto della Simoni con la sua redazione questa mattina alle 10,45.
«Sono in una situazione complicata ma sto bene, più tardi vi chiamo» aveva detto al suo direttore.
Quindi un altro messaggio inviato al marito e poi nulla.
Da quel momento si erano perse le sue tracce. Saltati tutti i servizi in preparazione per le varie edizioni dei telegiornali dell’ora di pranzo e grande apprensione nella redazione che per cautela ha evitato di mettere in onda le immagini inviate nei giorni scorsi dalla Simoni e dalla sua troupe.
OTTIMISMO
La Farnesina si è subito attivata per seguire l’evolversi della situazione. E col ministero degli esteri è rimasto costantemente in contatto il direttore del Tg4 e di Studio Aperto Giovanni Toti.
«Siamo cautamente ottimisti» aveva dichiarato nel primo pomeriggio, confidando nella grande esperienza di Gabriella Simoni che è gia stata in prima linea e in passato ha affrontato momenti difficili in altre zone calde del mondo.
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 17th, 2013 Riccardo Fucile
LO SCENARIO DI UN GOVERNO DI SCOPO PER LA LEGGE ELETTORALE E URNE NEL 2014
Sono giorni drammatici per un Silvio Berlusconi che, di ora in ora, sente crescere l’angoscia, la rabbia, il dolore.
Chiunque gli parli, chiunque riesca a superare la barriera protettiva di Villa San Martino, già quasi trasformata in un rifugio, lo descrive come «profondamente ferito», come un leone in gabbia
Quella nota di Napolitano che in un primo momento lo aveva lasciato freddo ma ancora non ostile, e che invece le colombe del Pdl avevano apprezzato leggendovi qualche passaggio incoraggiante, ora al Cavaliere – che ieri ha passato tutta la giornata a studiare le carte con i suoi avvocati – appare come la pietra tombale sulla sua vita politica, e come una ciambella bucata per un naufrago.
Nulla che possa servire, nulla che possa salvarlo.
Così i suoi fedelissimi, falchi o colombe che siano, aspettando le sue decisioni definitive, da una parte continuano a chiedere «una soluzione» che eviti il baratro, e lo fanno rivolgendosi sia a Napolitano sia agli alleati del Pd.
Dall’altra, hanno comunque ripreso a ragionare su uno scenario che sembrava allontanato: la crisi di governo quando la giunta per le Immunità del Senato voterà sulla decadenza di Berlusconi e Pd e Pdl si divideranno.
E le possibili conseguenti elezioni a breve, dopo i due obbligati passaggi della legge di stabilità e dei ritocchi alla legge elettorale.
Da martedì sera dunque tante cose sono cambiate. Non solo l’umore di Berlusconi, che si è fatto sempre più nero.
Ma anche le convinzioni di chi, fra i suoi, aveva sperato che una soluzione potesse essere trovata, e che oggi in effetti la vede come «quasi impossibile».
L’uscita di ieri del ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello è esattamente il grido d’allarme di chi avverte che, se non si inverte la rotta, tutto può saltare da un momento all’altro: «Non bastano le parole di Napolitano a blindare il governo Letta, il traguardo del 2015 è tutto da conquistare. Il governo deve respirare con i propri polmoni».
Raccontano anche fra le colombe del Pdl che tutti, a leggerla bene, hanno capito che nella nota di Napolitano non c’era nè il massimo che si sperava – una promessa di grazia motu proprio, di atto di clemenza – ma nemmeno il minimo.
Quello che i capigruppo erano andati a chiedere al capo dello Stato con veemenza, e cioè «l’agibilità politica» per il loro leader in qualunque modo questa si potesse ottenere, nelle 90 righe di esternazione scritta non era nè garantita nè indicata: «È come se ci avesse detto che su questo dovevamo vedercela noi del Pdl, e contava solo il governo», spiega una delle colombe.
Ci sarebbe certo un percorso, «arduo, difficile ma possibile», se Berlusconi collaborasse.
Ma il filo si spezzerà se, come ripete ancora in queste ore il Cavaliere, non ci sarà alcuna sua disponibilità a «chinare la testa»: «Non ho intenzione di chiedere i servizi sociali, non ho bisogno di essere rieducato io. Non mi dimetterò, perchè non c’è nulla che io abbia fatto che debba portarmi a questa decisione. E non chiederò la grazia, che sarebbe un’ammissione di colpa e non so nemmeno se servirebbe a riacquistare i miei diritti politici. Le condizioni che pone quella nota sono inaccettabili», dice Berlusconi a chi gli parla in queste ore.
Pare granitico, l’ex premier.
E i suoi, sconfortati, pur sapendo che «ancora tutto può ancora accadere», che sarà comunque lui alla fine «da solo e senza condizionamenti» a decidere il da farsi, si preparano ad ogni scenario.
Continuano appunto a chiedere collaborazione agli alleati, perchè come dice Berlusconi «se cade il governo non è un problema solo mio, ma anche di chi lo sostiene e del capo dello Stato che lo ha voluto».
E sperano che si possa intanto almeno rimandare il voto in giunta di qualche settimana, magari di un paio di mesi per far maturare in meglio la situazione.
E però, nello stesso tempo, si ragiona anche realisticamente, esattamente come sta facendo Berlusconi ascoltando uno per uno i suoi fedelissimi, che nei prossimi giorni singolarmente convocherà ad Arcore per farsi un’idea della situazione, per sentirli e fiutare l’aria e per poi annunciare quali saranno le sue mosse.
E dunque, la situazione al momento vede un capo dello Stato che ha compiuto dei passi ma che oggi oltre non può o non vuole andare.
Un Pd che, se lo vuole, «ha in Senato rispetto a noi una maggioranza schiacciante per far prevalere le proprie posizioni: se decidono che si dovrà votare presto, si voterà presto. Ci potrà essere uno slittamento di un paio di settimane, ma poi il verdetto arriverà ».
E a quel punto, se alla fine Berlusconi non fermasse il treno in corsa dimettendosi ed evitando che si arrivi al voto, la collisione sarebbe pressochè inevitabile.
Con un sì alla decadenza del Pd e un no del Pdl, il governo sarebbe «di fatto un’esperienza conclusa», tanto che già oggi l’esecutivo Letta è considerato «precario».
A quel punto, si aprirebbero tre strade.
La prima, quasi impossibile, di un voto immediato, entro l’autunno: Napolitano ha già detto che non scioglierà le Camere in assenza di una nuova legge elettorale.
La seconda è pure difficile: un nuovo governo andrebbe formato per arrivare al 2015, concludendo il percorso delle riforme e dando slancio alla timida ripresa economica che si vede all’orizzonte, ma quanto reggerebbe con il Pdl fuori e l’unione di Pd e grillini?
Infine, c’è la terza opzione, considerata la più probabile: con la crisi, Napolitano potrebbe far nascere un governo di scopo per riformare la legge elettorale e varare la legge di stabilità , prima di andare alle urne nella primavera del 2014.
E nel Pdl molti pensano già che, in questo caso, converrebbe far parte in qualche modo della partita sostenendo il governo di scopo, per evitare una legge elettorale sfavorevole.
Discorsi prematuri, forse.
Ma aspettando che il Cavaliere sciolga la riserva, è bene cominciare a capire se esiste, e dov’è, un’uscita di sicurezza.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera“)
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Agosto 17th, 2013 Riccardo Fucile
“RENZI E’ QUINDICI PUNTI AVANTI A ME”. ORA ANCHE LE ELEZIONI FANNO PAURA
Prendere tempo, guadagnare giorni e settimane pur di non arrivare al voto in Senato.
Nella disperazione e nella rabbia di questi giorni, l’unica indicazione che esce da Arcore, dove Berlusconi si è asserragliato in consiglio permanente con i suoi avvocati (tranne Franco Coppi), è quella di evitare l’appuntamento con il destino: il giudizio sull’incandidabilità e la decadenza da senatore.
«Dal giorno dopo – ha detto Berlusconi dando corpo alla sua paura – sarei alla mercè di qualunque Woodcock volesse arrestarmi ».
La strategia del rinvio, adottata dal Cavaliere in mancanza di meglio e in attesa di una decisione sulla richiesta di grazia, intercetta anche il sentimento delle colombe del Pdl. Terrorizzate dalle possibili conseguenze politiche di un voto del Pd a favore della decadenza di Berlusconi da senatore.
Non a caso ieri il ministro Quagliariello, intervistato dall’Ansa, invitava a non precipitare le cose, chiedendo che alla giunta delle immunità di palazzo Madama sia concesso tutto il tempo necessario: «Credo ci siano molte cose da chiarire e approfondire e credo sia interesse di tutti farlo per bene. Non per sottrarsi alla deliberazione, ma perchè essa non abbia esiti predeterminati e avvenga con ogni cognizione di causa».
In realtà che l’esito sia «predeterminato », visti i rapporti di forza, lo sanno tutti.
E tuttavia la questione potrebbe andare per le lunghe, molto per le lunghe.
«Con un po’ di impegno anche fino a dicembre», profetizza uno dei consiglieri del Capo.
Il relatore pidielle Andrea Augello dovrà infatti formulare delle proposte alla giunta, riunita come una camera di consiglio di un tribunale.
Ma se le sue tesi, com’è probabile, dovessero ricevere una bocciatura da parte della maggioranza Pd-Sel-M5S, si potrebbe aprire una trafila lunghissima.
Ed è proprio su questa, che in gergo parlamentare viene definita «procedura di contestazione », che contano i berlusconiani. Dovrebbe essere nominato un nuovo relatore, con tempi non brevi per dargli modo di formulare una nuova proposta.
Poi il Cavaliere avrebbe diritto a intervenire personalmente nella discussione, i suoi avvocati potrebbero richiedere «approfondimenti », poi ci sarebbe il voto in aula. Insomma, un cinema che andrebbe avanti per settimane se non mesi
Un temporeggiamento che servirebbe a scavallare l’ultima finestra elettorale del 2013, quella di fine settembre/ottobre.
Dopo di che il Parlamento sarebbe impegnato con la legge di Stabilità e la crisi di governo sarebbe impensabile. Perchè Berlusconi si sta convincendo che la fretta di una parte del Pd di arrivare al voto a palazzo Madama sulla sua incandidabilità sia legato anche a un piano per far saltare il governo Letta e andare subito al voto.
«Anche se la sinistra è sotto di tre punti rispetto alla nostra coalizione – ha fatto notare Berlusconi con realismo all’ennesimo falco che lo ha chiamato ad Arcore prospettandogli le elezioni anticipate come soluzione ai suoi problemi – Renzi è sempre quindici punti avanti a me nei sondaggi. Loro metterebbero subito da parte le divisioni e si ricompatterebbero sul sindaco di Firenze pur di batterci»
È proprio la convinzione di essere diventato il principale azionista e garante della tenuta del governo Letta che spinge il Cavaliere, in queste ore tormentate, a guardare sempre in direzione del Colle nella speranza di un atto risolutivo. «Io sono sempre stato ai patti – ha ripetuto due giorni fa a un senatore Pdl che ha telefonato a villa San Martino – ma Napolitano non si è mai mosso per me. Non lo ha fatto ai tempi del lodo Alfano, del legittimo impedimento. Ma stavolta si deve inventare qualcosa, non so cosa ma la palla è nelle sue mani».
Questo insistere su un impossibile (soprattutto dopo la nota di Napolitano) quarto grado di giudizio del Quirinale fa cadere le braccia alle colombe che raccolgono gli sfoghi del Cavaliere. Ma rende bene la sensazione di impotenza, la rabbia e il vicolo cieco in cui il leader del Pdl sa di essersi cacciato.
Un falco come Daniele Capezzone dà voce a questa richiesta di un gesto fuori dall’ordinario, la speranza di una sorta di motu proprio quirinalizio: «Il Pdl – dice il presidente della commissione Finanze – ha dimostrato un assoluto senso di responsabilità , ma ora tocca a tutti gli attori politici e istituzionali, per la parte che compete a ciascuno, evitare ferite irrimediabili. La questione è politica, e serve una soluzione politica». Ma nell’attesa l’importante è restare aggrappato al seggio di senatore.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Agosto 17th, 2013 Riccardo Fucile
IL MESSAGGIO VOLANTE ERA SOLO UN TELEGRAMMA DEI FEDELISSIMI A SILVIO, UNA DIMOSTRAZIONE DI ZELO
La grande offensiva aviotrasportata del condannato numero uno, in risposta al gavettone della Cassazione — un’ideona della Santanchè, dicono — è arrivata e passata nell’ilarità generale.
Un disinteresse divertito che confina con lo scuotimento del capo e una nuova spunta nella lunga lista dell’assurdo italiano: “Ok, abbiamo visto anche questa”.
Persino i giornali on line, che a ferragosto dovrebbero essere avidi di qualcosa da pubblicare, hanno piazzato la notizia nelle loro colonnine di destra, dove di solito finiscono il cammello che accudisce il gattino orfano, l’ornitorinco che legge il giornale e il topless della nonna di Pelè a Copacabana.
Qualcosa a metà tra lo “strano ma vero” della Settimana Enigmistica e il “Chissenefrega” di Cuore.
Così, con un nuovo delizioso autogol, si infrange un altro mito made in Arcore.
Prima il grande imprenditore che si è fatto da sè, poi l’innocente perseguitato, e ora ecco che va in mille pezzi anche il luogo comune del grande comunicatore.
Perchè va bene, fa caldo anche per gli uffici marketing, ma lo striscione tirato dall’aereo è proprio il primo cantone delle ideuzze stiracchiate.
E un bel modulo per la domanda di grazia nei fustini del detersivo?
E il quiz televisivo sul colore dei calzini dei giudici? Vedremo. C’è tempo.
Intanto potrebbero aiutarci i semiologi e, in subordine, i sondaggisti, e spiegarci in quale modo un aeroplanino che sorvola la spiaggia possa influenzare la pubblica opinione.
Io, per esempio, visto lo striscione volante, ho detto: “Ma sai che però, forse è davvero innocente?”.
Ma l’offensiva aerea non c’entrava niente, era colpa del pranzo di ferragosto e dell’overdose di limoncello.
Per fortuna le cose sono meno complicate di quel che si crede.
Il messaggio volante mica era per gli italiani, macchè. Era solo un telegramma dei fedelissimi a Silvio.
Come dire, vedi, capo, cosa facciamo per te.
Una specie di offerta votiva, un fioretto, una dimostrazione di zelo.
E infatti, riferiscono le cronache rosa, che la Santanchè, spiaggiata al Twiga di Forte dei Marmi, è subito balzata dal lettino, felice come una Pasqua, per fotografare lo storico evento.
Cioè si è fatta convincere al volo dalla sua stessa propaganda.
Segni particolari: non è un genio.
Alessandro Robecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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