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NAPOLI VOLTA LE SPALLE A DE MAGISTRIS, LA GIUNTA TRAVOLTA DA SCANDALI E VELENI: “MA IO MI RICANDIDIDO”

Agosto 18th, 2013 Riccardo Fucile

IL SINDACO CONFERMA LA FIDUCIA A DUE ASSESSORI INDAGATI… POLEMICHE PER 28 NUOVE PROMOZIONI TRA CUI IL COGNATO DI UN ASSESSORE

Un Palazzo scosso da veleni interni e da una raffica di inchieste giudiziarie.
Una pattuglia di assessori sotto attacco per casi imbarazzanti di favori o parentopoli, e l’incubo del Forum universale delle Culture che, dopo aver bruciato in passato persino l’entusiasmo di Roberto Vecchioni, deve debuttare tra un mese ma ad oggi non dispone nè di un sito on line, nè di un programma.
Eppure lui, l’alfiere della fu rivoluzione arancione Luigi De Magistris, preferisce guardare (molto) oltre e pianificare, con netto anticipo, la più sedentaria delle missioni: rimanere a Palazzo anche dal 2016 al 2021, per il secondo mandato.
“Sì, mi intriga l’idea di ricandidarmi”, annuncia, tre anni prima, il sindaco di una Napoli meno svuotata dal ferragosto, e in cui perfino il suo fiore all’occhiello, il cosiddetto “lungomare liberato”, appare invaso da disordine e caos, preda di mille neon, di tavolini in plastica piazzati a dozzine tra asfalto ed erba (residua) delle aiuole, e venditori abusivi di ogni provenienza a ridosso delle decantate piste ciclabili.
Una città  che in parte gli ha già  voltato le spalle dopo aver riposto speranze di radicale cambiamento nell’ex pm di punta che aveva chiuso la porta ai partiti e cavalcato il primo vento del grillismo.
Esternazioni, le sue, che sembrano l’ennesimo segno di un profondo isolamento.
Il tentativo di rilanciare a dispetto di una progressiva perdita di compattezza amministrativa e di slancio politico.
Un indebolimento su cui sono arrivate, come colpi di maglio, le inchieste che affondano nel cuore di Palazzo San Giacomo, spingendo il sindaco a uno scatto di nervi che è anche mezza nemesi per l’ex toga d’assalto: “Non mi faccio condizionare nè dalla camorra, nè dalla magistratura”.
Finiscono indagati De Magistris (per la penosa situazione delle buche nelle strade), suo fratello Claudio (singolare sindaco-ombra, a titolo gratuito ospite del Palazzo), il fedelissimo capo di gabinetto Attilio Auricchio per la vicenda degli appalti di Coppa America, e ancora il vice Tommaso Sodano e l’assessore Pina Tommasielli per distinte vicende di presunti abusi.
E ora l’intenzione di andare al bis del mandato, confidata al Mattino, provoca sarcasmo anche nel centrosinistra.
Esattamente come l’altra notizia: De Magistris ha deciso di “perdonare” – dice proprio così – e quindi di lasciare accanto a sè gli assessori Tommasielli e Sodano, che in giunta si ritenevano da mesi in bilico.
La Tommasielli si sarebbe adoperata per annullare una serie di multe per 700 euro che gravavano su sua sorella e suo cognato; Sodano, per aver affidato una consulenza sospetta ad una docente dell’università  di Bergamo.
Ma il sindaco non fa in tempo a “salvare” due colleghi che un altro dei suoi amministratori, l’assessore al Personale Franco Moxedano, a capo di una macchina comunale tra le più farraginose e pesanti d’Italia con quasi 9mila dipendenti, finisce al centro di accese polemiche per aver firmato con un blitz di ferragosto 28 nuove promozioni, tra le quali, quella di un cognato elevato al grado di dirigente.
Persino alcuni consiglieri comunali solidali con De Magistris hanno deciso di uscire dalla maggioranza.
Un quadro che suscita giudizi severi: nell’opposizione dove siedono Pd e Sel insieme al Pdl, e tra esponenti dell’Idv, che sono ormai ai ferri corti con l’ex pm che fu vicino a Di Pietro.
“Le esternazioni del sindaco appaiono ridicole, pensi a governare meglio”, tuona il deputato Pd nonchè segretario regionale Enzo Amendola.
Per il senatore napoletano di Sel, Peppe De Cristofaro, “la ricandidatura di De Magistris è surreale.
Così come la categoria del “perdono” agli assessori”.
Commenti duri anche da parte dei gruppi che furono vicini a De Magistris ai tempi della bandana vincente. Era il primo giugno 2011: due anni e due mesi dopo, un’amministrazione gravata anche da un’eredità  pesante e dai troppi tagli, deve aderire al decreto pre-dissesto che comporterà  tasse elevate per i cittadini.
La luna di miele lascia il posto a una delusione trasversale.
In mezzo, ci sono state: le defenestrazioni dei suoi uomini, una decina tra consulenti, dirigenti o superassessori, come Raphael Rossi o l’ex pm Giuseppe Narducci; le furibonde polemiche sulle Ztl, prima imposte dal sindaco senza dialogo con il territorio, poi in parte ritirate; le promesse di un nuovo stadio per Napoli, poi archiviate; le illusioni sulla differenziata al 70 per cento, ma è inchiodata sotto il 30.
Nè sono servite due edizioni di Coppa America.
Ora tocca al Forum delle culture: l’ennesimo evento, ancora avvolto nella nebbia.

Conchita Sannino

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PERA: “BERLUSCONI LASCI IL COMANDO PER SALVARE IL CENTRODESTRA”

Agosto 18th, 2013 Riccardo Fucile

L’EX SENATORE: “IL CAVALIERE ESCA DAL GOVERNO, IN AUTUNNO CADRA’ COMUNQUE”… “LA GRAZIA ARRIVEREBBE COMUNQUE TROPPO TARDI”

Professor Pera, abbiamo perso le sue tracce. Di cosa si sta occupando?  
«Sto scrivendo un libro sulle origini filosofiche del secolarismo, da Sant’Agostino a Kant».
Niente politica?  
«Il Pera politico sta seduto sulla panchina dei giardini».
Eppure avrà  letto di quel che accade al suo ex partito, quello che contribuì a fondare nel 1994. Che idea si è fatto?  
«Berlusconi è stato oggetto di due sentenze in pochi giorni. La prima della Cassazione, la seconda l’ha scritta il Quirinale: prevede la stessa condanna – il carcere – la stessa pena accessoria – l’interdizione dai pubblici uffici – più una pena supplementare: il Presidente non solo vieta a Berlusconi di stare in Parlamento, ma vieta al Pdl di fare politica, perchè lo obbliga a sostenere il Governo Letta per almeno due anni».
Il Presidente si è limitato a ricordare qual è la situazione politica e le condizioni alle quali può essere concessa la grazia.  
«A parole. La sostanza è un altra: Napolitano ha detto a Berlusconi che l’agibilità  politica di Berlusconi medesimo passa dal sostegno al governo. Stessa cosa vale per il Pdl».
Professore, tutto questo non dipende da Napolitano, ma dal fatto che il leader del principale partito di centrodestra è condannato in via definitiva per frode fiscale. O no?  
«La sentenza della Cassazione non mi convince, penso si sia limitata a tradurre le carte dall’algido meneghino al più pittoresco napoletano. Si faccia solo il confronto con i reati fiscali di altri imprenditori e si capirà  che l’unica differenza è che Berlusconi è capo di un partito politico. Ciò detto, Berlusconi ha aiutato spesso e non poco i magistrati affinchè lo condannassero. L’uomo è determinante anche a suo danno».
Ciò detto cosa farebbe al posto suo? Rifonderebbe Forza Italia? Darebbe retta ai falchi o alle colombe?  
«Nè agli uni nè alle altre. Anzichè seguire i falchi, che alla fine lo affosserebbero, o le colombe, che già  in cuor loro lo hanno affossato, dovrebbe prendere il volo dell’aquila. Ritirandosi dal comando dovrebbe far nascere un partito vero, con congressi veri, un segretario vero e parlamentari veri. Deve pensare ad una eredità  politica e ricordarsi che anche gli italiani dimenticano in fretta. Se invece Berlusconi ridurrà  tutto alla sua persona, allora la sua decadenza sarà  la decadenza del centrodestra».
Dunque consiglia a Berlusconi di far cadere il governo. È così?  
«Se il Pdl o Forza Italia hanno come bandiera solo la grazia a Berlusconi, allora è privo di autonomia politica: vale la sentenza del Quirinale. Se rivendica autonomia politica, allora deve mettere nel conto che l’interesse del partito può non coincidere con quello personale di Berlusconi. Vedo che alcuni ministri Pdl stanno già  pensando e dicendo così».
Oppure Berlusconi e il Pdl devono mettere in conto che il governo cadrà . Da ex presidente del Senato non crede che dovrebbe venire prima l’interesse del Paese?  
«Ma qui si vuol far credere che l’interesse di Berlusconi coincide con la tenuta in vita del governo Letta: il ragionamento non sta in piedi logicamente. E poi, mi scusi, non mi vorrà  far credere che se si torna alle urne risalirà  lo spread. Siamo seri».
Solo perchè la situazione dell’area euro in questo momento è stabile. Le cose possono cambiare in fretta, non crede?
«Non può esistere un solo modo per interpretare l’interesse del Paese. Ci hanno già  raccontato questa favola con Monti».
Al di là  dei suoi auspici crede che il governo cadrà ?  
«Forse arriveranno all’approvazione della legge di Stabilità , a ottobre, poi ci sarà  il redde rationem con il voto sulla decadenza. Il Pd voterà  a favore e il governo cadrà ».
E se il Pdl si spaccasse e decidesse di continuare a tenere in vita il governo?  
«Possibile, vedo in azione molti giovani democristiani in cerca di acquirenti. Ma non credo avrebbero un leader a cui aggrapparsi, nè i numeri per andare avanti».
Insomma lei crede che il governo cadrà . A quel punto come evitare il rischio di una nuova impasse istituzionale?  
«Prima di sciogliere le Camere bisognerebbe approvare una nuova legge elettorale che faccia vincere lo stesso raggruppamento sia alla Camera che al Senato. A meno che nel frattempo Napolitano non si convinca a dire sì ad un governo Pd-Grillo: significherebbe smentire sè stesso».
Devo supporre che invece alla grazia di Napolitano a Berlusconi non crede granchè.  
«Quand’anche ce ne fossero le condizioni, arriverà  troppo tardi per lui e per il centrodestra. Per non parlare delle condanne negli altri processi che lo attendono. Il solo vagheggiare l’ipotesi della clemenza le avvicina».
Lei scrisse un libro con Joseph Ratzinger. Lo vede ancora?  
«Sì. Ho una grandissima opinione di lui».
Si aspettava le sue dimissioni?  
«Sono rimasto sorpreso come tutti, ma me ne sono fatto una ragione profetica, e cioè che con quel gesto lui ha aperto la strada ad un grande rinnovamento».
Più o meno quel che augura al centrodestra?
«Più o meno».

Alessandro Barbera
(da “La Stampa”)

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CASO VENEZIA, PER IL MINISTRO DELL’AMBIENTE L’UNICA EMERGENZA E’ LA SUA CARRIERA

Agosto 18th, 2013 Riccardo Fucile

LE NAVI DA CROCIERA IN PIAZZA SAN MARCO: QUANDO, SCRITTO UN DIVIETO, BASTEREBBE SOLO ATTUARLO

Se le navi da crociera continuano a fare l’onda in piazza San Marco è anche merito dell’astuta inerzia del ministro dell’Ambiente Andrea Orlando: un genio,nell’accezione dettata nel 1975 a contemporanei e posteri da Mario Monicelli con il film Amici miei.
Più di due mesi fa aveva parlato chiaro: “Va stabilito un termine certo per questo divieto”.
Ineccepibile, tanto più che il divieto era stato istituito già  oltre un anno prima dal decreto Clini-Passera, dopo il naufragio della Costa Concordia all’isola del Giglio.
Come sempre, scritto un divieto bisogna poi attuarlo.
Detto il 12 giugno che bisognava fissare un termine, Orlando ha continuato a studiare in silenzio, mettendo a confronto mezza dozzina di alternative, in una esplosione di fantasia alla quale manca solo lo scavo di un canale verso nord per deviare le navi verso Treviso e di lì fino ad Amburgo.
Il 25 luglio si è riunito di nuovo a Roma con il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi e il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni.
Dopo lunga e cooperativa disamina, Orlando ha dato il lieto annuncio: “Abbiamo definito un obiettivo temporale che è quello della fine di ottobre”.
Lupi, intanto, commentava senza ridere: “Quello che a noi importa come governo è dare un segnale fortissimo che si vogliono prendere le decisioni”.
Per i comuni mortali il governo del fare si era preso altri tre mesi.
Solo loro, gli addetti ai lavori, potevano invece sapere che era scattato il genio.
Arrivando a fine ottobre si compirà  il miracolo: da novembre le navi dovranno comunque tenersi alla larga da Venezia, e dirottarsi su Ravenna o Trieste, per i lavori del Mose, il mostruoso sistema di dighe mobili contro l’acqua alta.
Così Orlando avrà  tenuto fermo il punto (“no alle grandi navi nel canale San Marco!”) senza entrare in urto con gli interessi del business delle crociere, che a Venezia significa anche migliaia di posti di lavoro.
E dunque che cos’è il genio?“Fantasia, intuizione, decisione e velocità  di esecuzione”, come abbiamo imparato da Amici miei.
Orlando è stato beneficiato da madre natura, con abbondanza, soprattutto della velocità  di esecuzione.
A 44 anni, sostenendo che le cose prima si fanno e poi si dicono, ne ha già  fatte tante senza fare niente.
Funzionario del Pci a vent’anni, assessore nella sua La Spezia per alcuni lustri, deputato dal 2006, ha dimostrato fantasia e velocità  di esecuzione assurgendo alla politica nazionale come fassiniano, per restarci con incessanti trasmutazioni: da fassiniano a veltroniano, da veltroniano a dalemiano e bersaniano, e poi giovane turco e ministro.
Di lui si ricordano più incarichi che cose fatte: segretario organizzativo dei Ds, portavoce del primo Pd di Veltroni, responsabile giustizia del Pd di Bersani, commissario politico del Pd di Napoli.
Una galoppata sempre rasente i muri, senza fare mai niente di visibile, perchè se fai sbagli e la carriera può risentirne.
Non c’è memoria di sue battaglie, vittorie, sconfitte.
Le sue evoluzioni sono così rapide da non lasciare traccia nella retina, anche grazie a un altro strumento prezioso sdoganato da Amici miei, la supercazzola.
Dice di aver scoperto nei primi cento giorni da ministro che “l’assunzione di una visione strategica delle politiche di sostenibilità  e di tutela e valorizzazione ambientale impone un cambiamento di cultura politica.
L’ambiente (…) come orizzonte strategico capace di interpretare la realtà  ed orientare   le scelte di fondo della società  moderna”.
A dimostrazione di tanta lungimiranza, rivendica: “Uscire dalla mera gestione delle emergenze, pur presidiando le diverse situazioni di crisi, è stata l’impronta che ho inteso dare a questi primi 100 giorni”.
Coerentemente, è uscito dalla gestione di ogni emergenza.
Quando è stato nominato commissario per l’Ilva il manager scelto dai Riva, Enrico Bondi, Orlando ha salutato la prudente scelta come “punto di equilibrio”, per poi affiancargli col realismo che non gli manca un subcommissario più sensato come Edo Ronchi.
Appena Bondi è finito nel fuoco delle polemiche, con l’accusa di aver sostenuto che i tarantini si prendono il cancro perchè   fumano troppo,lui ha alzato la voce comunicando di averlo perentoriamente convocato, dimenticandosi però di farci sapere che cosa si sono detti due settimane dopo, quando Bondi si è degnato di presentarsi.
La velocità  di esecuzione deve essere accompagnata dalla rapidità  dell’oblio, in cui Orlando eccelle.
Il 6 marzo scorso, per esempio, all’indomani della non vittoria elettorale di Pier Luigi Bersani, era più che sdraiato sulla linea del segretario, governo di cambiamento con Grillo, e proponeva alla distratta direzione del Pd le lotte di piazza contro l’austerità : “Non possiamo lasciare la piazza solo agli altri perchè altrimenti il rapporto con il M5S, che credo sia l’unica via possibile in questo momento, si sviluppa su un piano di subalternità ”.
Cinquanta giorni dopo, il 26 aprile, dopo un fulmineo giro di valzer renziano, il nostro era già  pronto alla poltrona di ministro nel governo delle larghe intese, pretesa con il ditino alzato: “Saremo leali con Enrico Letta ma serve un governo innovativo. E noi giovani turchi non siamo nè   sull’Aventino, nè alla ricerca di poltrone”.
Infatti, non cercata, la poltrona piovve dal cielo 48 ore dopo.

Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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“L’OCCIDENTE NON HA CAPITO NULLA, L’ESERCITO DIFENDE IL POPOLO EGIZIANO”: INTERVISTA A PADRE X

Agosto 18th, 2013 Riccardo Fucile

L’ANALISI DI UN ISLAMISTA, PROFONDO CONOSCITORE DELLA REALTA’ EGIZIANA

Un Paese che rischia la guerra civile, una minoranza violenta che non accetta di aver perduto il potere, bande armate pronte a ogni devastazione e l’Occidente che come al solito non capisce e non si schiera con la maggioranza pacifica della popolazione che vuole una transizione verso la democrazia.
Ecco l’analisi controcorrente dal Cairo di padre X, islamista e profondo conoscitore della realtà  egiziana (non facciamo il suo nome per motivi di sicurezza personale).
Cosa sta succedendo in Egitto, padre?
Quello che l’informazione occidentale deviata non racconta.
In che senso?
Si parla solo dei Fratelli musulmani e non di tutto il resto. Di quello che è successo prima e dopo.
Al Cairo e non solo è in corso uno scontro armato tra la fratellanza e l’esercito. Di questo si parla adesso.
Voluto da chi? Non ve lo siete domandati? Scrivete di golpe militare in una maniera molto superficiale. Non avete visto che trenta milioni di egiziani sono scesi per tre volte in piazza per chiedere il cambiamento? L’esercito sta facendo la sua parte per salvare il paese dalla devastazione. E la legittimità  sta con quel popolo, pacifico.
Non era legittima anche la vittoria di Morsi?
Era un cinquantuno per cento molto discutibile. Comunque, quando un presidente diventa un dittatore, secondo voi rimane legittimo?
Lei parla dei Fratelli musulmani come di una minoranza.
Ma certo. Hanno vinto, poi hanno preso delle misure che hanno ribaltato tutto. Una costituzione approvata dal 16 per cento della popolazione è ridicola. Infatti il paese stava andando verso una dittatura che aveva completamente cancellato ogni possibilità  di opposizione.
Illegittima dal punto di vista dei numeri, questo sta dicendo?
Dal punto di vista di qualsiasi legge internazionale. L’Occidente sta dimostrando di non avere alcun senso della democrazia, a cominciare dagli Stati Uniti. Perchè è evidente che quando un presidente diventa un dittatore è delegittimato.
Quindi le prese di posizione a favore dei Fratelli musulmani da parte di Obama, dell’Unione europea e delle monarchie del Golfo secondo lei sono mosse superficiali?
Io non so cosa ci sia dietro. Forse dei grossi interessi. Lo dicono tutti.
O la paura di inimicarsi quelli che potrebbero vincere?
Non so. Non mi interessa. Io valuto quello che vedo. E quei trenta milioni di egiziani in piazza per tre volte contro un presidente che aveva avocato a sè tutti i poteri sono un fatto incancellabile. Quindi, onore a quel popolo che ha saputo dimostrare il proprio dissenso senza alcuna forma di violenza.
Si rischia una guerra civile?
Certo, hanno tirato di proposito la corda con l’obiettivo di andare allo scontro in piazza. La violenza è venuta solo dall’altra parte.
Dai Fratelli musulmani.
Leggo i giornali e sembra che qui l’esercito si diverta a massacrare la gente. È una descrizione della situazione assolutamente abnorme. Nel ponte qui vicino stanno cercando di fermarli perchè sono dei devastatori. Hanno bruciato case, biblioteche, ministeri… ma non lo vedete?
Rischiano molto i cristiani in questo momento?
Questo non è un movimento pacifico, ma lo si sapeva. E si sapeva anche che c’erano bande pronte a tutto. Che, come al tempo delle nostre dittature, ora spargono il terrore tra la gente. Chiese o moschee non fa differenza.
C’è una via d’uscita?
Lo spero. Spero che ci sia ancora gente di buona volontà  che abbia il coraggio di prendere in mano le redini del Paese. Civili, tecnici, uomini e donne che hanno a cuore le sorti di questo meraviglioso Paese. I segnali ci sono, e la spaccatura all’interno della fratellanza che ha generato il movimento dei Fratelli senza violenza lo dimostra.
Ma El Baradei perchè non ce l’ha fatta?
Ah, questo non lo so. Affari suoi.
Quanti sono i Fratelli musulmani?
Difficile dirlo. Quando hanno vinto le elezioni politiche erano il sessanta per cento, adesso posso rispondere che con la loro politica dittatoriale sono stati capaci di far scendere in piazza trenta milioni di oppositori.
Ci sono forze esterne che vogliono il caos?
Ci sono, qui e in tutto il Medio Oriente.
Qualcuno dice che quello che sta succedendo è il trionfo di Mubarak.
I dittatori dicono sempre così.
Riesce a girare tranquillamente per il Cairo, padre?
No, ora no. Ma la gente ha bisogno di lavoro e la mattina il traffico riprende per forza di cose. Sono due anni che questo paese è in ginocchio.
Fino a che punto possono stare tranquilli gli stranieri?
Eh, beh… siamo ancora alla mercè di queste bande armate che possono fare quello che vogliono.
C’è qualcosa che vuole aggiungere, padre?
Non a lei. È alla Bonino che mi piacerebbe dire due parole…

(da “L’Huffington Post“)

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INTERVISTA A DE GREGORIO: “BERLUSCONI? LO COMPATISCO. E SO LA VERITA’ SUI FONDI NERI”

Agosto 18th, 2013 Riccardo Fucile

L’EX SENATORE PARLA DEI MILIONI DI EURO RICONDUCIBILI A FRANK AGRAMA….”HO AIUTATO SILVIO A BLOCCARE LE INDAGINI SU UN GIRO DI DENARO ILLECITO”

Era un’estate fa e Sergio De Gregorio masticò a lungo, e con molto anticipo, lo stesso pensiero di fondo che si legge tra le righe della dichiarazione di Napolitano dell’altro giorno: chiedere a B. il passo indietro dalla politica.
De Gregorio, già  senatore dipietrista poi berlusconiano, aveva maturato la decisione di collaborare con i pm di Napoli nell’inchiesta su una compravendita di parlamentari. Quella del biennio 2007-8, per far cadere Prodi, in cui il Cavaliere potrebbe essere rinviato a giudizio per corruzione. De Gregorio disse: “Abbiamo esagerato, Berlusconi farebbe bene a ritirarsi come ho fatto io”.
De Gregorio, servirebbe più di una grazia.
Ma lei pensa davvero che Napolitano possa concedere la grazia?
Se B. paga il prezzo altissimo fissato dal Colle.
Con la grazia si indignerebbe il mondo intero. Alla fine non la darà . La vedo complicata e mi creda su un punto.
Quale?
Dentro di me potrei mobilitare sentimenti di rivalsa e di odio verso Berlusconi.
Niente mobilitazione, invece.
Provo commiserazione per lui, come per me stesso. Sta uscendo di scena nel modo peggiore. La sua è una battaglia impossibile.
Se avesse ascoltato le sue parole un anno fa.
Gli scrissi una lettera. Andiamo via tutti.
Una voce nel deserto, come il Battista profeta.
Dietro l’angolo, per B., c’è ancora un mondo: Napoli, Ruby e altre inchieste.
Un mondo di guai, cui lei ha dato il suo contributo.
Io ho sbagliato e pagherò. Mi sono ritirato, faccio una vita da monaco.
Il monaco De Gregorio ha parlato ai pm di Napoli anche di un episodio che riguarda i diritti tv Mediaset. La mancata rogatoria a Hong Kong dei magistrati di Milano, nel 2007.
Fondi neri per milioni di euro riconducibili a Frank Agrama, condannato con B. per i diritti tv Mediaset
Centinaia di milioni di euro. Una montagna enorme di soldi con una triangolazione tra Stati Uniti, Hong Kong e Italia. Il processo ha cristallizzato solo una parte minima dei fondi neri di Mediaset.
Lei aiutò B. a fermare i pm, così ha raccontato.
Sì. E credo che ci sia un’indagine in corso. Non so se a Milano o Napoli.
Lei fu avvisato dal console italiano a Hong Kong
Mi mandò un fax con le intestazioni cancellate.
Cosa scriveva il console?
Mi informava che i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro erano stati a Hong Kong e avevano sequestrato una mole di documenti a due società  di Agrama, socio di Berlusconi. Avevano interrogato anche delle persone.
Perchè il console aveva tutta questa premura?
Sosteneva che i magistrati non avessero le autorizzazioni. Infatti quelle carte non sono poi confluite nel processo.
Anche grazie a lei.
Io mi attivai subito. Misi a disposizione l’uomo De Gregorio e le sue relazioni. E sbagliai ancora una volta. Berlusconi e Ghedini non sapevano nulla, appresero tutto da me. Fui stimolato a partire per Hong Kong.
Fu stimolato lei solo?
Partimmo in quattro. Io e altri tre senatori del Pdl: Ferruccio Saro, Valerio Carrara e Giulio Marini. Erano al corrente della mia missione. Fondai anche l’associazione Italia-Hong Kong. La mia presenza lì non fu sporadica.
Solerzia e fedeltà .
A Roma feci presente all’ambasciatore cinese che non si poteva trattare così l’allora capo dell’opposizione, di cui già  si parlava come futuro premier.
L’ambasciatore convenne?
Saltò sulla sedia quando gli riferii di quanto accaduto a Hong Kong, regione ad amministrazione autonoma della Cina.
La Cina capì.
Ci fu una cena a Palazzo Grazioli tra B. e l’ambasciatore.
Lei non andò.
Berlusconi me lo chiese. Ma la questione era delicatissima e gli risposi: “Hai già  Valentino Valentini (parlamentare tuttofare di B., ndr) come traduttore, basta lui”.
Il più era fatto.
Non so se furono le mie pressioni, ma quegli atti acquisiti dai pm senza autorizzazione non finirono mai nel processo. Ci fu pure un carteggio con il ministro della Giustizia.
Era Mastella, allora.
Esatto.
Manovre su manovre.
Un terremoto di guai.
A settembre ne arrivano altri.
La nostra udienza a Napoli per la compravendita è il 16 settembre, ma credo che si deciderà  tutto il 23 ottobre, sia per il mio patteggiamento (un anno e 8 mesi, ndr), sia per il rinvio a giudizio di B.
Lei aspetta.
Le mie pene le offro al Padreterno. Si ricordi però che siamo tutti colpevoli.
Come disse Troisi a Savonarola: “Adesso me lo segno”, arrivederci.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LIBERO: “BERLUSCONI SENZA FUTURO”, SI SPACCA LA STAMPA BERLUSCONIANA

Agosto 18th, 2013 Riccardo Fucile

SECONDO IL QUOTIDIANO DI BELPIETRO PER SILVIO E’ L’ORA DI RITIRARSI E IL RITORNO A FORZA ITALIA E’ “L’INEVITABILE ANTIDOTO CONTRO L’AVANZARE DELLA VECCHIAIA”… MA IL GIORNALE AVVERTE. “NESSUN PASSO INDIETRO”

La stampa berlusconiana si spacca sul futuro del Cavaliere.
Sulla prima pagina di Libero compare un articolo a firma di Giampaolo Pansa, intitolato “Diciamoci la verità  Silvio non ha futuro”, che invita l’ex premier a ritirarsi scegliendo un successore per guidare il centrodestra.
Mentre Il Giornale prende le distanze dalla linea del quotidiano di Maurizio Belpietro e chiarisce a caratteri cubitali: “Berlusconi, no a passi indietro. Altro che pensione”.
“Esiste una verità  che va detta senza reticenze da supporter o ipocrite: Berlusconi non ha più futuro. E come capo politico è finito”, avverte Pansa, spiegando che “per tutti i politici con una storia importante alle spalle arriva il momento di riconoscere che il loro ciclo è concluso” e paragonando l’ex presidente ad Alcide De Gasperi.
Berlusconi, secondo l’ex giornalista dell’Espresso, deve lasciare perchè “è messo male sul fronte giudiziario”, dopo la conferma della condanna dalla Cassazione e l’interdizione da pubblici uffici.
Ora può quindi sperare “soltanto in un atto di clemenza del presidente della Repubblica, ma sarà  lui a doverlo chiedere. Ed è facile immaginare che vivrebbe questa domanda come un’umiliazione“.
Pansa precisa che “è possibile che Berlusconi sia vittima di un complotto delle toghe rosse, ma se è così bisogna ammettere che la congiura ha avuto successo”. Il centrodestra deve quindi chiedersi “se un capo politico abbattuto da un complotto è ancora in grado di esercitare le proprie funzioni senza difficoltà ”, prosegue l’articolo, a cui è dedicata l’intera pagina 5 del giornale, dove non c’è spazio per un commento in direzione opposta.
Un altro segnale su cui fa luce il quotidiano fondato da Vittorio Feltri è che, tornando a Forza Italia, il Cavaliere “ha voluto ritornare alle origini e questo sembra l’indizio più evidente di una debolezza esistenziale del Cavaliere”.
Apparire sempre uguali a se stessi è infatti “l’inevitabile antidoto psicologico contro l’avanzare della vecchiaia e la paura di morire”.
Berlusconi deve quindi “assumere il ruolo di costruttore, invece di quello del comandante in capo, e accettare la croce di cercarlo lui il nuovo numero uno di Forza Italia, se questa sigla da antiquariato sarà  destinata a durare”.
Ma, se Libero spinge il Cavaliere a farsi da parte, Il Giornale non lo abbandona di sicuro.
Il quotidiano di famiglia diretto da Alessandro Sallusti, compagno di Daniela Sentanchè, sottolinea che “chi pensava alle sue dimissioni rimarrà  deluso. Berlusconi non si fa da parte e non la dà  vinta a quelle toghe che per vent’anni hanno cercato di farlo fuori. Resta in campo e ora tocca a Napolitano decidere sulla grazia”.
L’articolo che apre la prima pagina, firmato da Adalberto Signore, assicura che “il Cavaliere non sembra più timoroso come nei giorni scorsi e ha una risposta anche per chi gli obietta che il rischio è che non ci sia una via d’uscita”.
E lo descrive “sereno” e “disteso”, chiarendo che “resterà  di certo al centro del campo da gioco”.
A smentire il quotidiano di Belpietro è intervenuto anche lo stesso Berlusconi.
”Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani”, ha detto ieri sera in viva voce al cellulare rivolgendosi agli attivisti del Pdl impegnati nella raccolta di firme al gazebo di Bellaria, sulla riviera riminese.
E ancora: “Andate avanti con coraggio, io resisto. Non vi farò fare assolutamente brutte figure. Prepariamoci al meglio”.
E’ stato il coordinatore regionale Pdl della Lombardia, Mario Mantovani, a ricevere la telefonata dell’ex premier mentre si avvicinava al gazebo.
A quel punto ha voluto mettere in viva voce Berlusconi, che è stato accolto da un lungo applauso.

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NEL PD C’E’ CHI PREVEDE UNA SPACCATURA DEL PDL

Agosto 18th, 2013 Riccardo Fucile

CASSON: “UN GRUPPETTO POTREBBE SMARCARSI”

Non è ancora un «piano» e non c’è ancora una «strada».
Ma è senz’altro l’indicazione di un sentiero che può aprirsi.
«A settembre». «Il voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi è quasi un atto notarile. È tutto già  deciso anche perchè la legge anticorruzione, sul punto, è chiarissima», è la premessa del senatore del Pd Felice Casson.
Ma l’ex magistrato, che è membro della giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama, si spinge oltre: «Dentro il centrodestra è in corso un evidente gioco a sfasciare. Anche perchè, più si andrà  avanti più la situazione personale di Berlusconi si complicherà . Fino ad ora stanno tutti col Cavaliere. Ma adesso è estate, vediamo che cosa succede a settembre. Perchè – aggiunge sempre Casson – se è vero che la linea del Pdl diventerà  il ritorno alle urne, è altrettanto vero che tra di loro, secondo me, c’è un gruppetto che non si ritrova in questa posizione. Un gruppetto più o meno grande…».
Di più Casson non dice. Ma l’ex magistrato è forse il primo esponente politico ad adombrare l’ipotesi che un pezzo dei senatori del Pdl possa anche divincolarsi dall’aut aut di Arcore e confermare «a prescindere» la fiducia al governo Letta
Non ci sono «piani» e neanche «strade».
Ma con quel «sentiero» qualcuno, nel Pd, sta già  facendo i conti.
Non si spiegherebbe altrimenti il modo in cui i Democratici ostentano sicurezza sulla tenuta del governo e, contemporaneamente, considerano «definitivamente chiusa» – come ha ribadito il capogruppo alla Camera Roberto Speranza al Tg3 – la faccenda sulla decadenza di Berlusconi
Il tema di come proteggere il governo Letta ed evitare le elezioni anticipate, in casa Pd, si pone anche sul fronte del congresso.
Il lettiano Francesco Boccia ha preparato una mozione di sostegno al governo, un documento che rimarrà  «aperto» fino a un’assemblea in programma a settembre a Sassano, a cui saranno invitati tutti i candidati alla segreteria.
Il testo sarebbe già  stato sottoscritto da una trentina di parlamentari, quasi tutti giovani ed eletti con le primarie: da Marianna Madia alla calabrese Stefania Covello, dall’abruzzese Antonio Castricone ai piemontesi Stefano Esposito ed Enrico Borghi, fino alla campana Michela Rostan.
E in marcia d’avvicinamento ci sarebbero anche i «non allineati» di cui fa parte l’ex bersaniana Alessandra Moretti
Nella bozza del documento («Italia riformista, la sinistra che governa») si parla dell’«Italia salvata da Napolitano».
Serve, si legge, «un partito che abbia il coraggio di riconoscersi chiaramente nel governo Letta, assumendosene la responsabilità  politica di guidarlo»
Nella mozione si elencano anche degli errori del passato («Uno su tutti, il conflitto d’interessi di Berlusconi») e si citano Moro, Berlinguer e papa Francesco.
Ma i punti chiave sono due.
Quello in cui si legge che la «new left nasce già  vecchia» e quello in cui si certifica che «il Pd, oggi, appare spesso come un partito conservatore».
Nonostante sia una mozione «governista» e aperta a tutti i candidati, qualcuno già  pensa che sia un «ponte» verso Renzi.
O, addirittura, l’ultimo appiglio per trovare un «accordo» tra il premier e il sindaco di Firenze.
Anche perchè, tra le righe, ci sono idee non distanti dagli argomenti del rottamatore. Come quella sul fatto che «è inconcepibile pensare e ripensare esclusivamente alle vecchie direzioni e assemblee di partito».

Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)

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UN BERLUSCONI DEPRESSO E SMARRITO SPERA NELLA GRAZIA DEL PD

Agosto 18th, 2013 Riccardo Fucile

CHIUSO AD ARCORE, SILENZIOSO, INCERTO, IL CAVALIERE SI CONSUMA IN RABBIA IMPOTENTE… CICCHITTO: “PER SALVARE IL GOVERNO SERVE UNA MEDIAZIONE”

L’umore non cambia: rabbia, depressione, tentativo di rimuovere la realtà  e ancora rabbia impotente.
Lo stato d’animo di Silvio Berlusconi, nonostante alcuni tra i suoi proconsoli si affannino a smentirlo, è comprensibilmente pessimo.
D’altronde tutte le vie d’uscita che ha immaginato in queste settimane si stanno rivelando ad una ad una impraticabili: la grazia per dire — che comunque l’ex Cavaliere continua a non voler chiedere — non solo arriverà  difficilmente, ma non risolverà  nulla.
La nuova invincibile armata di Forza Italia ha debuttato con quella brutta idea degli aerei e rischia di diventare un esercito senza nemico visto che è stata pensata per vivere di campagna elettorale proprio mentre Giorgio Napolitano bloccava la via delle elezioni anticipate.
Anche il riscatto dell’onore per interposta persona, vale a dire attraverso la candidatura di Marina, non è praticabile: Berlusconi s’è convinto che se sua figlia entra nel gioco politico finirà  per perdere anche le aziende (che peraltro, almeno in Borsa, vanno a gonfie vele).
Rompere con tutti e buttarsi alla ventura resta uno scenario che confligge col desiderio di poltrona di un bel pezzo dei suoi stessi gruppi parlamentari.
Pure il seggio al Senato, l’ultimo salvagente che lo ripara dal mare agitato delle Procure di mezza Italia, è a un passo dall’essere un ricordo.
La sensazione d’essere stato fregato, nei neri pensieri che il nostro rovescia addosso agli interlocutori, si mischia con la tentazione del martirio (“andrò in carcere”), attitudine comunque estranea alle corde più intime del soggetto, seppure suonate in modo inconsueto dalla volontaria reclusione nel fortino di Arcore.
Nessuna soluzione pare a disposizione e allora l’incontenibile Silvio Berlusconi si rifugia in questo insolito silenzio smarrito, che finisce per irretire anche i suoi: zitto Verdini, zitto Ghedini, zitto Schifani per “rispetto istituzionale”, zitta persino Daniela Santanchè (che pure, oggi, potrebbe partecipare ad un incontro pubblico).
Il silenzio e l’assenza sono il fuoricampo paradossale in cui si gioca il destino di quest’uomo politico storicamente esuberante e come incapace di riservatezza.
La rabbia impotente che da quel buio emana permea la scena vuota.
Il comunicato del Colle e la formula scivolosa della “agibilità  politica” l’hanno chiuso in un angolo: “Leggo che finalmente se ne sono accorti tutti che la nota di Napolitano era ostile e insidiosa. Leggo anche che Berlusconi non si piegherà . Ecco, ripristinati i fondamentali della politica e della ragione, adesso dobbiamo dire chiaro che non faremo cadere il governo, ma che la nostra pazienza se la sono mangiata tutta Esposito e Napolitano. Toro infuriato, toro matato”, mette a verbale il sanguigno parlamentare ex An Maurizio Bianconi.
E allora? Allora nel corpaccione del partito berlusconiano si spera che dal bunker di Villa San Martino esca l’arma finale: la prossima settimana, forse quella dopo — si dice — Berlusconi tornerà  all’attacco.
C’è chi favoleggia di un discorso politico in Senato alla ripresa dei lavori: sul modello — mutatis mutandis — della chiamata in correità  che Bettino Craxi pronunciò alla Camera sul finanziamento pubblico.
Nell’attesa del numero di punta, però, lo spettacolo non è dei migliori e gli attori più impensabili conquistano il centro della scena: Gianfranco Rotondi, per dire, che lascia intendere via Twitter che l’ex Cavaliere abbia nominato il suo successore durante una cena ad Arcore, salvo poi rivelare che lui, ad Arcore, a cena non c’era e che è tutta colpa di quei rosiconi di Repubblica.
O Adriano Tilgher, già  in Avanguardia Nazionale con Stefano Delle Chiaie, oggi vicino a La Destra, che ha pensato bene di invitare gli ex missini del Pdl ad abbandonare un capo “arrivato al capolinea” e a unirsi al suo Fronte nazionale.
Una via d’uscita, insomma, non c’è.
A meno che il Pd faccia la grazia al capo confuso e depresso facendolo restare senatore e lo faccia prima che l’esecutivo di Enrico Letta diventi la prima vittima del suo prossimo giorno di ordinaria follia: “Per tenere in piedi un governo occorrono uno spirito costruttivo e volontà  di mediazione — spiega Fabrizio Cicchitto, colomba — Esattamente l’opposto di quello che viene manifestato dal capogruppo Pd in Senato Zanda o dall’onorevole Bindi. Ma non c’è dubbio che con le loro esternazioni possano riuscire con un solo proiettile a colpire due bersagli”. Cioè Berlusconi e l’esecutivo. Non è chiaro?
Ci pensa Maurizio Gasparri: “Qualcuno forse fa fatica ancora a capire che a colpi di Esposito non si va da nessuna parte. Occorre una soluzione che rispetti il ruolo di ‘incontrastato’ leader di milioni di italiani svolto da Berlusconi. È bene guardare la questione all’insegna del principio di realtà  che troppi ignorano”.
Tradotto: o il Pd s’inventa qualcosa o i giorni a palazzo Chigi di Letta saranno brevi. Non perchè Berlusconi veda una soluzione nella rottura, ma perchè — come dice la canzone — non è tipo da arrendersi senza sparare.

Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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“BERLUSCONI VIA DAL SENATO A META’ OTTOBRE”

Agosto 18th, 2013 Riccardo Fucile

IN GIUNTA MAGGIORANZA DEFINITA… STEFANO E CASSON: “LA LEGGE IMPONE DI FARE PRESTO”

Ha in serbo una brutta sorpresa per il Cavaliere il presidente della giunta per le immunità  del Senato Dario Stefà no.
Una di quelle che guastano le alchimie sue e degli avvocati Coppi, Ghedini, Longo (in rigoroso ordine alfabetico).
Berlusconi s’illude di poter controllare i tempi della sua decadenza, di poterli slabbrare all’infinito, di poter giocare con i rinvii fino ad agganciare il prossimo voto politico.
Ma la sua è solo un’illusione bella e buona. Stefà no, l’uomo di Vendola in giunta, e la solida maggioranza Pd, Sc, M5S sono intenzionati ad andare in tutt’altra direzione. Basta ripetere quello che proprio Stefà no è andato dicendo in questi giorni — «Per il 30 settembre la partita Berlusconi è chiusa» — e declinare le scadenze.
Parlano i fatti in questa storia, non gli auspici politici
Come dice il Pd Felice Casson «ipotizzare rinvii è solo una bufala ».
Perchè?
Risponde l’ex pm: «La decadenza è pacifica, scontata, lineare, tant’è che il Pd stavolta ha fatto una sola riunione. Basta leggere la legge Severino, poi guardare il dispositivo della sentenza, et voilà , le jeux sont fait».
Percorriamolo, allora, questo percorso prossimo venturo.
Palazzo Madama, 28 agosto: scadono i 20 giorni concessi a Berlusconi per presentare la sua memoria difensiva.
Se il testo c’è bene, sennò si va avanti lo stesso.
Ad Arcore traccheggiano, Berlusconi è indeciso, vuol giocare la parte di chi rifiuta in toto la legge.
È convinto che i suoi riescano ad allungare il brodo.
Il vice presidente Pdl della giunta Giacomo Caliendo già  sciorina gli argomenti: «Questa legge viene applicata per la prima volta, ci sono molte questioni non chiare che invece vanno chiarite, a cominciare dalla prima, se la decadenza è una conseguenza penale o amministrativa della sentenza. Non si può far finta di niente. Certo, non abbiamo la maggioranza in giunta, e questo è un handicap »
Proprio così, un ostacolo non da poco per l’ex premier. Come dimostrano le mosse di Stefà no.
Una ad esempio, ancora del tutto inedita.
Al relatore Andrea Augello che gli ha scritto per chiedere ufficialmente di aspettare le motivazioni della sentenza, Stefà no ha risposto per lettera con un secco “niet”.
«Non c’è nessuna ragione per attendere, le motivazioni non sono necessarie, la legge Severino impone di decidere “immediatamente”».
Aggiunge Casson: «Forse Augello non ha etto bene il dispositivo. Lì è scritto “sentenza irrevocabile”. Capito? Da quella non si scappa».
Tuttavia Caliendo insiste e si gioca un altro pezzo forte dello strumentario Pdl: «Non possiamo fare a meno delle motivazioni, che peraltro, dopo il casino del giudice Esposito e della sua intervista, sono comunque viziate e non sono più autentiche perchè non ci sarà  mai la frase che doveva esserci, quel “non poteva non sapere”».
Ma sulle motivazioni Stefà no e la maggioranza sono inamovibili. Non si aspetta un bel nulla.
Comunque, in Cassazione, il relatore del collegio Mediaset, il giudice Amedeo Franco, da giorni ormai ha spento il cellulare e, dicono fonti bene informate, dovrebbe essere pronto a consegnare il lavoro tra il 4 e il 5 settembre.
In ogni caso, quelle motivazioni non sono necessarie.
Come dice Benedetto Della Vedova di Scelta civica «qui non dobbiamo fare un nuovo processo a Berlusconi, ma solo prendere atto del verdetto della Cassazione. La legge è chiara, usa apposta l’avverbio “immediatamente”.
Stefà no ha già  dato al relatore tutto il tempo necessario, questa vicenda non si può proprio trascinare in lungo.
Senza accanimento, il tempo della decisione si misura in settimane.
È così, ne devono prendere atto. Hanno fatto male i conti con la legge, quando l’approvammo. Ricordo ancora una battuta di Gasparri quando disse “non serve a Berlusconi che tanto verrà  assolto”. Purtroppo la storia è andata diversamente».
E già , molto diversamente. Tant’è che Stefà no si predispone a stoppare eventuali meline improprie.
Qualora Augello, il 9 settembre quando riprendono i lavori, dovesse presentare una relazione bocciata dalla maggioranza — dato su cui non ci sono interpretazioni possibili, ma solo la matematica certezza dei numeri (su 23 componenti, 8 sono del Pd, uno di Sel, uno di Sc, 4 di M5S, e fa 14, 6 del Pdl, un Gal, un socialista, una leghista, e fa 9) — il presidente, per sua attribuzione, ne nominerà  un altro.
Potrebbe trattarsi di un ex magistrato, o un avvocato, proprio per fare in fretta.
Tempo 24 o 48 ore e ci sarà  la nuova relazione che verrà  votata. Positivamente, s’intende.
A quel punto, a Berlusconi verrà  comunicata la decisione e gli verranno dati 10 giorni per presentarsi e parlare.
Poi la partita è chiusa, si va in aula e si vota con lo scrutinio segreto che sicuramente sarà  chiesto da un pidiellino.
La data dipenderà  dal presidente del Senato Pietro Grasso, ma tutto lascia credere che non si andrà  oltre la metà  di ottobre, quando la Corte di appello di Milano avrà  già  ricalcolato la durata dell’interdizione.
Dice Casson: «Berlusconi farebbe bene a dimettersi. Farebbe bella figura, anzichè pietire una permanenza in Senato che comunque perderà  con l’interdizione».

Liana Milella
(da “La Repubblica”)

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