CASO VENEZIA, PER IL MINISTRO DELL’AMBIENTE L’UNICA EMERGENZA E’ LA SUA CARRIERA
LE NAVI DA CROCIERA IN PIAZZA SAN MARCO: QUANDO, SCRITTO UN DIVIETO, BASTEREBBE SOLO ATTUARLO
Se le navi da crociera continuano a fare l’onda in piazza San Marco è anche merito dell’astuta inerzia del ministro dell’Ambiente Andrea Orlando: un genio,nell’accezione dettata nel 1975 a contemporanei e posteri da Mario Monicelli con il film Amici miei.
Più di due mesi fa aveva parlato chiaro: “Va stabilito un termine certo per questo divieto”.
Ineccepibile, tanto più che il divieto era stato istituito già oltre un anno prima dal decreto Clini-Passera, dopo il naufragio della Costa Concordia all’isola del Giglio.
Come sempre, scritto un divieto bisogna poi attuarlo.
Detto il 12 giugno che bisognava fissare un termine, Orlando ha continuato a studiare in silenzio, mettendo a confronto mezza dozzina di alternative, in una esplosione di fantasia alla quale manca solo lo scavo di un canale verso nord per deviare le navi verso Treviso e di lì fino ad Amburgo.
Il 25 luglio si è riunito di nuovo a Roma con il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi e il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni.
Dopo lunga e cooperativa disamina, Orlando ha dato il lieto annuncio: “Abbiamo definito un obiettivo temporale che è quello della fine di ottobre”.
Lupi, intanto, commentava senza ridere: “Quello che a noi importa come governo è dare un segnale fortissimo che si vogliono prendere le decisioni”.
Per i comuni mortali il governo del fare si era preso altri tre mesi.
Solo loro, gli addetti ai lavori, potevano invece sapere che era scattato il genio.
Arrivando a fine ottobre si compirà il miracolo: da novembre le navi dovranno comunque tenersi alla larga da Venezia, e dirottarsi su Ravenna o Trieste, per i lavori del Mose, il mostruoso sistema di dighe mobili contro l’acqua alta.
Così Orlando avrà tenuto fermo il punto (“no alle grandi navi nel canale San Marco!”) senza entrare in urto con gli interessi del business delle crociere, che a Venezia significa anche migliaia di posti di lavoro.
E dunque che cos’è il genio?“Fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione”, come abbiamo imparato da Amici miei.
Orlando è stato beneficiato da madre natura, con abbondanza, soprattutto della velocità di esecuzione.
A 44 anni, sostenendo che le cose prima si fanno e poi si dicono, ne ha già fatte tante senza fare niente.
Funzionario del Pci a vent’anni, assessore nella sua La Spezia per alcuni lustri, deputato dal 2006, ha dimostrato fantasia e velocità di esecuzione assurgendo alla politica nazionale come fassiniano, per restarci con incessanti trasmutazioni: da fassiniano a veltroniano, da veltroniano a dalemiano e bersaniano, e poi giovane turco e ministro.
Di lui si ricordano più incarichi che cose fatte: segretario organizzativo dei Ds, portavoce del primo Pd di Veltroni, responsabile giustizia del Pd di Bersani, commissario politico del Pd di Napoli.
Una galoppata sempre rasente i muri, senza fare mai niente di visibile, perchè se fai sbagli e la carriera può risentirne.
Non c’è memoria di sue battaglie, vittorie, sconfitte.
Le sue evoluzioni sono così rapide da non lasciare traccia nella retina, anche grazie a un altro strumento prezioso sdoganato da Amici miei, la supercazzola.
Dice di aver scoperto nei primi cento giorni da ministro che “l’assunzione di una visione strategica delle politiche di sostenibilità e di tutela e valorizzazione ambientale impone un cambiamento di cultura politica.
L’ambiente (…) come orizzonte strategico capace di interpretare la realtà ed orientare le scelte di fondo della società moderna”.
A dimostrazione di tanta lungimiranza, rivendica: “Uscire dalla mera gestione delle emergenze, pur presidiando le diverse situazioni di crisi, è stata l’impronta che ho inteso dare a questi primi 100 giorni”.
Coerentemente, è uscito dalla gestione di ogni emergenza.
Quando è stato nominato commissario per l’Ilva il manager scelto dai Riva, Enrico Bondi, Orlando ha salutato la prudente scelta come “punto di equilibrio”, per poi affiancargli col realismo che non gli manca un subcommissario più sensato come Edo Ronchi.
Appena Bondi è finito nel fuoco delle polemiche, con l’accusa di aver sostenuto che i tarantini si prendono il cancro perchè fumano troppo,lui ha alzato la voce comunicando di averlo perentoriamente convocato, dimenticandosi però di farci sapere che cosa si sono detti due settimane dopo, quando Bondi si è degnato di presentarsi.
La velocità di esecuzione deve essere accompagnata dalla rapidità dell’oblio, in cui Orlando eccelle.
Il 6 marzo scorso, per esempio, all’indomani della non vittoria elettorale di Pier Luigi Bersani, era più che sdraiato sulla linea del segretario, governo di cambiamento con Grillo, e proponeva alla distratta direzione del Pd le lotte di piazza contro l’austerità : “Non possiamo lasciare la piazza solo agli altri perchè altrimenti il rapporto con il M5S, che credo sia l’unica via possibile in questo momento, si sviluppa su un piano di subalternità ”.
Cinquanta giorni dopo, il 26 aprile, dopo un fulmineo giro di valzer renziano, il nostro era già pronto alla poltrona di ministro nel governo delle larghe intese, pretesa con il ditino alzato: “Saremo leali con Enrico Letta ma serve un governo innovativo. E noi giovani turchi non siamo nè sull’Aventino, nè alla ricerca di poltrone”.
Infatti, non cercata, la poltrona piovve dal cielo 48 ore dopo.
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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