“BERLUSCONI VIA DAL SENATO A META’ OTTOBRE”
IN GIUNTA MAGGIORANZA DEFINITA… STEFANO E CASSON: “LA LEGGE IMPONE DI FARE PRESTO”
Ha in serbo una brutta sorpresa per il Cavaliere il presidente della giunta per le immunità del Senato Dario Stefà no.
Una di quelle che guastano le alchimie sue e degli avvocati Coppi, Ghedini, Longo (in rigoroso ordine alfabetico).
Berlusconi s’illude di poter controllare i tempi della sua decadenza, di poterli slabbrare all’infinito, di poter giocare con i rinvii fino ad agganciare il prossimo voto politico.
Ma la sua è solo un’illusione bella e buona. Stefà no, l’uomo di Vendola in giunta, e la solida maggioranza Pd, Sc, M5S sono intenzionati ad andare in tutt’altra direzione. Basta ripetere quello che proprio Stefà no è andato dicendo in questi giorni — «Per il 30 settembre la partita Berlusconi è chiusa» — e declinare le scadenze.
Parlano i fatti in questa storia, non gli auspici politici
Come dice il Pd Felice Casson «ipotizzare rinvii è solo una bufala ».
Perchè?
Risponde l’ex pm: «La decadenza è pacifica, scontata, lineare, tant’è che il Pd stavolta ha fatto una sola riunione. Basta leggere la legge Severino, poi guardare il dispositivo della sentenza, et voilà , le jeux sont fait».
Percorriamolo, allora, questo percorso prossimo venturo.
Palazzo Madama, 28 agosto: scadono i 20 giorni concessi a Berlusconi per presentare la sua memoria difensiva.
Se il testo c’è bene, sennò si va avanti lo stesso.
Ad Arcore traccheggiano, Berlusconi è indeciso, vuol giocare la parte di chi rifiuta in toto la legge.
È convinto che i suoi riescano ad allungare il brodo.
Il vice presidente Pdl della giunta Giacomo Caliendo già sciorina gli argomenti: «Questa legge viene applicata per la prima volta, ci sono molte questioni non chiare che invece vanno chiarite, a cominciare dalla prima, se la decadenza è una conseguenza penale o amministrativa della sentenza. Non si può far finta di niente. Certo, non abbiamo la maggioranza in giunta, e questo è un handicap »
Proprio così, un ostacolo non da poco per l’ex premier. Come dimostrano le mosse di Stefà no.
Una ad esempio, ancora del tutto inedita.
Al relatore Andrea Augello che gli ha scritto per chiedere ufficialmente di aspettare le motivazioni della sentenza, Stefà no ha risposto per lettera con un secco “niet”.
«Non c’è nessuna ragione per attendere, le motivazioni non sono necessarie, la legge Severino impone di decidere “immediatamente”».
Aggiunge Casson: «Forse Augello non ha etto bene il dispositivo. Lì è scritto “sentenza irrevocabile”. Capito? Da quella non si scappa».
Tuttavia Caliendo insiste e si gioca un altro pezzo forte dello strumentario Pdl: «Non possiamo fare a meno delle motivazioni, che peraltro, dopo il casino del giudice Esposito e della sua intervista, sono comunque viziate e non sono più autentiche perchè non ci sarà mai la frase che doveva esserci, quel “non poteva non sapere”».
Ma sulle motivazioni Stefà no e la maggioranza sono inamovibili. Non si aspetta un bel nulla.
Comunque, in Cassazione, il relatore del collegio Mediaset, il giudice Amedeo Franco, da giorni ormai ha spento il cellulare e, dicono fonti bene informate, dovrebbe essere pronto a consegnare il lavoro tra il 4 e il 5 settembre.
In ogni caso, quelle motivazioni non sono necessarie.
Come dice Benedetto Della Vedova di Scelta civica «qui non dobbiamo fare un nuovo processo a Berlusconi, ma solo prendere atto del verdetto della Cassazione. La legge è chiara, usa apposta l’avverbio “immediatamente”.
Stefà no ha già dato al relatore tutto il tempo necessario, questa vicenda non si può proprio trascinare in lungo.
Senza accanimento, il tempo della decisione si misura in settimane.
È così, ne devono prendere atto. Hanno fatto male i conti con la legge, quando l’approvammo. Ricordo ancora una battuta di Gasparri quando disse “non serve a Berlusconi che tanto verrà assolto”. Purtroppo la storia è andata diversamente».
E già , molto diversamente. Tant’è che Stefà no si predispone a stoppare eventuali meline improprie.
Qualora Augello, il 9 settembre quando riprendono i lavori, dovesse presentare una relazione bocciata dalla maggioranza — dato su cui non ci sono interpretazioni possibili, ma solo la matematica certezza dei numeri (su 23 componenti, 8 sono del Pd, uno di Sel, uno di Sc, 4 di M5S, e fa 14, 6 del Pdl, un Gal, un socialista, una leghista, e fa 9) — il presidente, per sua attribuzione, ne nominerà un altro.
Potrebbe trattarsi di un ex magistrato, o un avvocato, proprio per fare in fretta.
Tempo 24 o 48 ore e ci sarà la nuova relazione che verrà votata. Positivamente, s’intende.
A quel punto, a Berlusconi verrà comunicata la decisione e gli verranno dati 10 giorni per presentarsi e parlare.
Poi la partita è chiusa, si va in aula e si vota con lo scrutinio segreto che sicuramente sarà chiesto da un pidiellino.
La data dipenderà dal presidente del Senato Pietro Grasso, ma tutto lascia credere che non si andrà oltre la metà di ottobre, quando la Corte di appello di Milano avrà già ricalcolato la durata dell’interdizione.
Dice Casson: «Berlusconi farebbe bene a dimettersi. Farebbe bella figura, anzichè pietire una permanenza in Senato che comunque perderà con l’interdizione».
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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