Agosto 14th, 2013 Riccardo Fucile
AL MOMENTO SAREBBE ORIENTATO VERSO LA PRIMA… TUTTI I PRO E I CONTRO DELLE OPZIONI… E PER QUALE FANNO IL TIFO VERDINI, SANTANCHE’, CONFALONIERI E GIANNI LETTA
Sono tre le strade che Silvio Berlusconi sta valutando dopo la nota di Giorgio Napolitano sulla sua agibilità politica.
Chiuso nella villa di Arcore, i suoi consiglieri gli stanno sottoponendo in queste ore diverse soluzioni.
Tra chi gli suggerisce di non fidarsi del Colle e far saltare il banco per arrivare al voto il più presto possibile e chi lo invita a fare un passo indietro per non far incancrenire la situazione con ripercussioni imprevedibili per le sue aziende.
Ma la strada intermedia sembra quella che Silvio sta prendendo più seriamente in considerazione.
Una strada che sarà ponderata a lungo con l’entourage dei propri fedelissimi, che richiederà qualche giorno di decantazione per assimilare il pronunciamento del Quirinale.
E che prevederebbe di imboccare l’angusto sentiero che passa per la grazia e la richiesta di affidamento ai servizi sociali per scontare l’anno di pena che grava attualmente sulle sue spalle.
IL GRAZIATO
“La grazia verrà prima o poi formalmente richiesta”, si è lasciato sfuggire questa mattina Piero Longo, avvocato tra quelli che guidano il pool dei legali di Berlusconi. Se il Cavaliere si acconciasse ad accettare la pena, richiedendo di espiarla tramite i servizi sociali, punterebbe in tal modo ad un duplice obiettivo.
Da un lato ottenere una completa riabilitazione dal Quirinale tramite un provvedimento di clemenza.
Dall’altro, in caso quest’ultimo tardasse o le valutazioni del Colle portassero ad altre conclusioni, potrebbero essere necessari appena 9 mesi per finire il periodo di affidamento ed estinguere ugualmente in tal modo la pena.
PRO
Sembra questo, allo stato attuale delle cose, l’unico modo per ottenere una rapida riabilitazione e puntare al voto nel momento in cui si estinguesse anche l’interdizione dai pubblici uffici.
I legali di Berlusconi stanno anche valutando il “lodo Frigerio”.
Di cosa si tratta lo spiega Valerio Tallini, docente di Diritto costituzionale alla Luiss: “Nel 2001 il deputato di Forza Italia Gianstefano Frigerio venne condannato ad una pena detentiva, con l’aggiunta di 5 anni di interdizione della pena accessoria. Chiese l’affidamento ai servizi sociali, ottenendolo, e la Giunta delle elezioni della Camera congelò la sua situazione.
Il 23 settembre del 2004 — continua Tallini – l’organo di Montecitorio si riunì per ratificare che “l’esito positivo del periodo di prova estingue la pena ed ogni altro effetto penale, e dunque anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici””.
L’allungamento dei tempi volti a sanare la situazione dell’ex premier metterebbe in sicurezza il governo di Enrico Letta almeno fino al termine del semestre di presidenza di turno dell’Ue, previsto per il prossimo giugno.
Rassicurando così i fautori delle larghe intese, Napolitano su tutti.
“E — ragionano alcuni degli inquilini della war room di Arcore — potrebbe cambiare il clima dei procedimenti ancora in corso”.
CONTRO
Lo scoglio principale con il quale si scontra l’operazione di salvataggio è sempre lo stesso: la legge Severino.
È stato chiaro il presidente della giunta delle elezioni del Senato, Dario Stefano: “L’eventuale grazia che potrebbe concedere Napolitano non c’entra nulla ai fini dell’incandidabilità perchè la grazia interverrebbe sull’esecuzione della pena principale e non sugli effetti della condanna”.
Dunque Berlusconi, anche successivamente ad un provvedimento di grazia o all’estinzione della pena, risulterebbe incandidabile.
Sono però fonti del Quirinale a spiegare quale potrebbe essere il vero impedimento sostanziale dell’operazione: “Quando la nota parla di una grazia ‘che incida sull’esecuzione della pena principale’ tiene in considerazione che l’interdizione dei pubblici uffici è stata rimandata dalla Cassazione alla corte d’Appello. In nessun modo si può parlare di grazia relativamente ad un procedimento ancora in corso, sarebbe un’ingerenza inaudita”.
Così i tempi per il Cav si allungano ulteriormente: in attesa che il tribunale di Milano ricalcoli il periodo di interdizione, converrebbe chiedere un provvedimento di clemenza che potrebbe riguardare esclusivamente sulla pena principale?
Senza contare che alle porte c’è la sentenza sul processo Ruby: se fosse sfavorevole si tornerebbe al punto di partenza.
CHI LA SUGGERISCE
Il pool di avvocati. Piero Longo se l’è lasciato scappare, Franco Coppi l’ha lasciato intendere. Il più cauto sarebbe Nicolò Ghedini, ma anche il senatore non esclude a priori tale ipotesi.
Con loro le colombe del partito, quelli che non vorrebbero che le larghe intese naufragassero prematuramente, e che non si arrivasse ad uno scontro frontale con Napolitano.
Dalla squadra dei ministri, Angelino Alfano in testa, passando per Mariastella Gelmini, Mara Carfagna, Osvaldo Napoli e, soprattutto, Renato Schifani.
Nelle ultime settimane anche Fabrizio Cicchitto sembra essersi lentamente avvicinato a tali posizioni.
L’AYATOLLAH
Domani si alzeranno in volo gli aerei che recheranno la scritta ‘Forza Silvio’ sopra tutte le principali spiagge italiane.
Contestualmente è partita un’aggressiva campagna sul web coordinata dal dominus azzurro della rete, Antonio Palmieri.
A metà settembre, ha annunciato Daniela Santanchè, si terrà a Milano una grande manifestazione per lanciare la Forza Italia 2.0.
La principale alternativa di Berlusconi è quella di far saltare il banco: sfruttare il neonato brand, ripescato direttamente dagli anni ’90, puntare sul cotè del leader perseguitato da una magistratura che vuole incidere sui processi democratici del paese per tentare il tutto per tutto.
La speranza, in quel caso, sarebbe tornare al governo (lui o chi per lui, a seconda di come evolverà la sua vicenda giudiziaria), e giocarsi da Palazzo Chigi la partita per la propria salvezza personale.
PRO
Il ritorno alle elezioni in tempo utile per sfruttare la finestra autunnale potrebbe essere il modo per capitalizzare al meglio un consenso incanalato dall’entusiasmo per il ritorno all’antico e dall’empatia del popolo di centrodestra nei confronti della difficile situazione del suo leader storico.
Il potere contrattuale del Cav, in caso di un successo alle urne, acquisterebbe un peso specifico sicuramente maggiore rispetto ad oggi.
Sarebbe un modo per tentare una prova di forza e cercare indirettamente una legittimazione da parte del voto popolare, nel tentativo di scavalcare i desiderata del Colle.
CONTRO
La rottura con Napolitano sarebbe totale. Il presidente cercherebbe comunque di trovare una maggioranza alternativa a quella attuale.
Se le Camere non dovessero essere sciolte, il Cavaliere avrebbe perso una sponda importante, quella del Quirinale, e sarebbe esposto da libero cittadino all’azione delle procure.
Il timore principale è quello che i pm che guidano l’indagine sulla compravendita dei senatori (nell’ambito della quale per il leader azzurro è stato richiesto il rinvio a giudizio per corruzione), la cui udienza preliminare si terrà il prossimo 16 settembre, possano avanzare una richiesta di custodia cautelare, costringendo Berlusconi all’umiliazione delle sbarre.
“Una richiesta del genere, qualora se ne ravvisino le necessità , può essere avanzata in qualunque momento del procedimento, non ci sono limitazioni da quel punto di vista”, spiega il professor Angelo Carmona, ordinario di Diritto costituzionale alla Luiss.
“L’effetto domino in quel caso sarebbe devastante”, commentano i falchi del partito, con gli occhi puntati alla sentenza Ruby, che secondo qualcuno dovrebbe passare in giudicato nel 2015, ma, a parere di Tallini “se la magistratura milanese replicherà la celerità con la quale si è arrivati all’epilogo di Mediaset potremmo aspettarci un pronunciamento della Cassazione già nell’estate dell’anno prossimo”.
“Senza contare gli altri procedimenti che potrebbero nel frattempo essere aperti”, ragionano nella war room.
Un contestuale risultato delle urne inferiore alle attese potrebbe segnare una disfatta senza appello nella storia politica di Berlusconi.
CHI LA SUGGERISCE
È l’ala più dura del partito a spingere per questa soluzione. Daniela Santanchè non ha mai fatto mistero di ritenere l’esperienza dell’esecutivo Letta già conclusa.
Con lei Denis Verdini e Daniele Capezzone, tra quelli che hanno più contribuito alla rinascita di Forza Italia.
Significativa l’esternazione di Nitto Palma dopo la nota del Quirinale: “Formalmente ineccepibile”. Una critica nemmeno troppo velata alla sostanza delle parole di Napolitano.
Nella pattuglia anchePaolo Romani, Renato Brunetta, Maurizio Gasparri e il sottosegretario Michaela Biancofiore.
“Non ti fidare di Napolitano — è il ragionamento — non ci sono garanzie, l’unico modo per uscirne è sparigliare tutto”.
CINCINNATO
Forse la soluzione più lontana nelle intenzioni del Cav, ma non da escludere a priori. Berlusconi potrebbe decidere il grande passo, lasciare il passo ad un successore e coordinare da dietro le quinte il partito, senza uscire totalmente di scena ma influenzandone le scelte.
PRO
La soluzione sarebbe quella più conciliante nei confronti del Colle. Il passo indietro verrebbe interpretato come il più alto dei segnali distensivi nei confronti di Napolitano, arrivando, è quanto spera chi protende per quest’ultima soluzione, a influenzare le scelte del presidente nel merito della grazia.
Una scelta che aprirebbe le porte ad una successione del centrodestra, e riporterebbe in auge l’annoso tema di un impegno della figlia Marina in politica.
Il niet pronunciato dall’erede nel primo pomeriggio di ieri ha avuto la doppia funzione di rafforzare per il momento la figura del padre (“Dopo Silvio c’è solo Silvio”, ha commentato Gelmini) e di non legare le sue decisioni al pronunciamento del Quirinale.
Ma, nel caso il padre dovesse optare per questo tipo di soluzione, non lo farebbe senza continuare a determinare le scelte della propria creatura, a partire da chi dovrà essere la figura a guidarlo alle prossime elezioni, che comunque — è il pensiero del Cavaliere — non tarderanno ad arrivare.
Un suo defilarsi, inoltre, male non farebbe alla stabilità patrimoniale delle aziende di famiglia.
CONTRO
Il problema dell’esposizione alla tempesta giudiziaria è un timore che rimane in campo anche percorrendo questa strada.
Un altro timore è quello della tenuta del partito, che in questi anni ha trovato nel Cavaliere il principale — se non unico — collante.
Berlusconi di Angelino Alfano non si fida pienamente, e più volte ha manifestato la sua netta contrarietà a che i figli entrino in politica.
La ricerca di un papa straniero al momento sembra difficoltosa, e il timore che la sua situazione possa perdere centralità nel dibattito politico con il perdurare del governo delle larghe intese è per il Cav un ulteriore freno al grande passo.
CHI LA SUGGERISCE
Sono gli amici storici dell’ex presidente del Consiglio quelli che accarezzano con più favore l’idea.
Da Gianni Letta, pontiere dei contatti con il Quirinale (Anche se il Colle smentisce che tra oggi e i prossimi giorni sia attesa una sua visita a Castel Porziano, dove Napolitano sta trascorrendo le vacanze), a Marcello Dell’Utri — con il quale si è riappacificato dopo l’esclusione dell’ex manager di Publitalia dalle liste elettorali — arrivando a Ennio Doris e Fedele Confalonieri, che hanno un occhio costantemente puntato sulle aziende e puntano sul basso profilo per mettere al riparo i titoli azionari da possibili scossoni.
P. Salvatori
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 14th, 2013 Riccardo Fucile
ROMA E POMPEI SONO PIENE DI RUDERI QUANDO MANCANO I POSTEGGI
Diciamolo, ciò che succede a Venezia non può non indignare chiunque abbia anche solo un po’ di raziocinio e di sensibilità . Uno scandalo. Una sconcezza.
Contestare la libera circolazione di grandi navi piene di americani, giapponesi e tedeschi, tutta gente onesta che paga le tasse, con la sola scusa che lì c’è una vecchia città mezza allagata, è un atteggiamento antimoderno e antieconomico che condanna il nostro paese all’arretratezza.
Ma l’avete vista piazza San Marco?
Avete visto quelle migliaia e migliaia di metri quadri liberi e sgombri mentre magari in altre zone c’è chi cerca freneticamente un parcheggio per la macchina senza trovarlo? Che spreco!
E, a proposito di lavori pubblici e grandi opere, cosa si aspetta a realizzare il tanto atteso raddoppio del Canal Grande, con conseguente abbattimento di quei fastidiosi ponti?
O si vuol continuare a far fare il giro largo, passando dalla Giudecca, alle grandi navi che portano turisti e quindi benessere?
Questo è un accorato grido di allarme, che non riguarda, beninteso, solo quella piccola città allagata del Veneto.
Tanto per restare al Nord, guardate le Dolomiti.
Migliaia e migliaia di turisti arrivano qui per vedere questa meraviglia e cosa trovano? Sentieri sterrati e in salita! E in certi prati delle malghe più alte — diciamolo anche se pare sconveniente — c’è puzza di merda di mucca! E in molti casi addirittura persistono boschi che ostruiscono la vista, che nascondono le cime!
È così che aiutiamo il turismo?
E scendendo a Sud la situazione peggiora ancora. Lasciamo stare il centro di Roma, per carità , che è pieno di ruderi , case mezzo crollate, con uno stadio inutilizzabile e obsoleto come il Colosseo, che tra l’altro costringe le auto a una pericolosa curva.
In Egitto, almeno, le piramidi le hanno fatte lontano dal centro! Ma pensate a Capri, per esempio.
Possibile che uno non possa sdraiarsi comodo sulla spiaggetta perchè ha davanti due sassi antiestetici che gli fanno ombra nelle ore migliori?
Non è che chiamarli pomposamente “faraglioni” migliora la situazione: il turista paga per prendere il sole, rilassarsi, non per vedere due rocce immerse nell’acqua, che tra l’altro sono un pericolo per la navigazione.
Come vedete, il paese è arretrato. Colpa del suo immobilismo politico, dicono in molti.
E in effetti è vero: continuare a conservare cose vecchie e impedire la realizzazione di tante belle costruzioni moderne è un segnale.
Il governo Berlusconi, almeno lo aveva capito e a L’Aquila aveva fatto del suo meglio: casette nuove! Altro che rimettere in piedi case e palazzi di due o trecento anni fa!
E poi, come in ogni polemica che riguardi l’Italia, i suoi sprechi, i suoi schiaffi a una sana concorrenza liberista , c’è Pompei.
Sì, Pompei, una città distrutta duemila anni fa che oggi occupa diverse centinaia di ettari meravigliosamente edificabili, fosse pure — se è una necessità bisogna affrontarla — abusivamente.
Insomma, avrete capito, quella delle grandi navi a Venezia è soltanto la punta dell’iceberg: è tutto il paese che deve affrontare una volta per tutte la questione della modernità .
Mi diceva un turista tedesco che a Pisa ha girato tre ore per trovare un parcheggio… e poi c’era una piazza completamente libera con una torre storta.
Dico, capisco il timore che caschi sulle vetture posteggiate costringendo poi le assicurazioni a un salasso notevole, ma allora non si può abbatterla subito? Piccolezze, d’accordo, dettagli.
Ma non è anche da queste cose che si vede quanto un paese tiene al suo futuro?
Alessandro Robecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 14th, 2013 Riccardo Fucile
IL VINCITORE DI “AMICI” SARA’ L’ULTIMO ARTISTA A ESIBIRSI A GENOVA, LO STESSO GIORNO DI EPIFANI…. “POI UNO SI CHIEDE PERCHE’ IL PD PERDE”
Il vincitore di “Amici” sarà l’ultimo artista a esibirsi a Genova, lo stesso giorno di Epifani.
«Finalmente un partito che dice la verità : prima parla Epifani, subito dopo chiude Moreno con il suo pezzo più conosciuto: “Che confusione”», twitta Alessio.
«Se uno del Pd va ad Amici non va bene. Ma se uno di Amici va alla festa Pd va benissimo », chiosa Rudy, ricordando le polemiche per la comparsata di Renzi, stile “Fonzie”, alla trasmissione della De Filippi.
La polemica è rovente e riguarda una coincidenza che, finora, in casa Pd nessuno aveva registrato: sabato 7 settembre, penultima giornata della Festa nazionale del Partito Democratico nell’area Expò di Genova, si esibiranno, nell’ordine, il segretario Guglielmo Epifani e Moreno Donadoni, in arte solo “Moreno”, giovane rapper – ha appena compiuto 24 anni – che ha sbaragliato l’edizione 2013 di Amici di Maria De Filippi.
A Epifani, ovviamente, la chiusura politica; a Moreno quella dei concerti (biglietto a prezzo politico, 17 euro), con l’aggiunta di una nota campanilistica: Moreno è genovese, fino a due anni fa faceva l’apprendista da una parrucchiera del centro, il suo seguito in città è enorme (un mese fa, alla presentazione del primo disco da “Feltrinelli”, arrivò la polizia per contenere i ragazzi).
Ma quella coincidenza – Epifani prima, Moreno dopo – spacca, come di consueto, il popolo Pd.
Del resto proprio il gruppo dirigente del partito aveva escluso la chiusura del segretario nel giorno canonico, cioè la domenica: ma è l’otto settembre – data fatale – e almeno questo autogol è stato accuratamente evitato.
Su Twitter qualcuno la butta sull’ironia: «Il problema non è che Moreno va a chiudere la festa, il problema è che i suoi testi somigliano al programma di Renzi» e c’è un falso Cuperlo che aggiunge: «Se vinco io, faccio chiudere a Claudio Lolli».
È una mossa furba l’accoppiata tra il segretario e il rapper? «Finalmente il Pd ha capito che aria tira», twitta Alessia, ma Giuliano aggiunge: «Poi uno si chiede perchè il Pd perde».
Naturalmente, alla festa che comincia il 30 agosto, non ci saranno solo Epifani e Moreno.
Il segretario, anzi, parlerà due volte, anche il giorno d’apertura, quando a Genova arriverà il presidente del consiglio Letta (a tagliare il nastro, Cecile Kyenge).
Due giorni dopo toccherà a Matteo Renzi e poi via via a tutti gli altri, da Bersani a Cuperlo, dalla Bindi a Civati compresi (almeno) due ministri Pdl, Lorenzin e Lupi. Sul fronte musicale Giuliano Palma & the Bluebeaters (lunedì 2), gli Stadio (il 3), Davide Van De Sfroos (il 4), Elio e le Storie tese, Goran Bregovic con la partecipazione de La notte della taranta (il 6) con chiusura, appunto, di Moreno.
Ma, ormai, sarà notte: appunto, l’otto settembre.
Raffaele Niri
(da “La Repubblica”)
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Agosto 14th, 2013 Riccardo Fucile
IL GRANDE AFFARE DEL GOVERNO BERLUSCONI: BUTTATI 5 MILIARDI PER IL LAVORO SPORCO DEL CRIMINALE DI TRIPOLI…E I LAVORI AFFIDATI AD IMPREGILO
L’hanno ribattezzata l’autostrada dell’Amicizia. In nome dell’accordo da 5 miliardi di euro in vent’anni tra il governo italiano e quello libico, che nel 2008 ha messo fine al ventesimo contenzioso che ogni tanto Ghaddafi si inventava per i presunti danni di guerra.
Ma anche per ricordare il rapporto personale che ha legato, per anni, Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi
Sono stati loro, nell’agosto di cinque anni fa, a mettere la firma sotto il trattato che ha, di fatto, regalato un nastro di asfalto lungo 1.700 chilometri, quattro corsie e dodici ponti dalla Tunisia all’Egitto, al governo di Bengasi.
Perchè in base agli accordi sul fantasioso risarcimento per gli oltre 30 anni di occupazione coloniale, a garantire il pagamento di quanto dovuto è l’Italia.
Anche se – in modo che il conto torni in qualche modo in pareggio – a eseguire i lavori saranno ditte italiane
Ecco perchè ieri, ad annunciare la consegna ufficiale dell’aggiudicazione del primo lotto è stata Impregilo, il campione nazionale del settore costruzioni, da poco finita nel perimetro del concorrente Salini.
La società guida un consorzio (di cui fanno parte anche Condotte, Pizzarotti e la Cooperativa Cmc) che realizzerà 400 chilometri di autostrada, dalla capitale al confine egiziano, una delle zone ritenute più sicure del paese, per l’assenza di focolai di scontri armati, per un valore di 963 milioni di euro.
Un via libera arrivato con cinque anni di ritardi proprio a causa della guerra civile che ha rovesciato il regime del Colonnello Gheddafi, scoppiata tre anni dopo la firma del Trattato di Amicizia e Cooperazione, con tanto di esibizione di Frecce Tricolori sui cieli di Tripoli.
E la visita del dittatore – nel 2009 – a Roma, dove fece montare i suoi padiglioni a Villa Borghese e arrivò persino a convocare 200 hostess per cercare disse lui – di convertirle all’Islam.
L’autostrada dell’Amicizia è il boccone più grosso delle opere destinate al risarcimento della Libia, con oltre 3 miliardi di valore complessivo.
Ieri, alla notizia del via ai lavori dell’autostrada, Impregilo è salita in Borsa fino chiudere in rialzo del 2,5 per cento continuando così la corsa iniziata a fine luglio dopo l’annuncio della vittoria per la costruzione di una delle sei nuove linee di metro a Riyahd per un valore di 6 miliardi di dollari.
Un gran giro conto dove gli unici beneficiari saranno il governo libico e l’azienda che effettuerà i lavori.
Ci voleva proprio quel governo per farsi fregare 5 miliardi dai libici, meno del costo dell’Imu.
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Agosto 14th, 2013 Riccardo Fucile
IN UN TERRITORIO MILITARIZZATO NEGATO IL DIRITTO DI DIFENDERE IL PROPRIO TERRITORIO… UN GIORNO AL GIARDINIERE VERRANNO RESTITUITE LE CESOIE E L’ONORE
Un contadino esce di casa per andare a zappare la sua vigna che sta dall’altra parte della strada.
Per farlo deve passare un posto di blocco fisso di soldati, esibire tutti i giorni un documento all’andata e al ritorno, nei dieci metri da casa a vigna.
La strada non segna un confine tra due stati, è tutta in un solo territorio.
Un giardiniere viene denunciato per possesso di arma impropria atta a offendere: nel bagagliaio della sua auto hanno trovato e sequestrato il corpo del reato, un paio di cesoie da potatura.
Di quale luogo del mondo questi due fotogrammi sono esempio di ordinaria persecuzione?
Il vincitore del quiz vince un viaggio premio nel posto indovinato: la Val di Susa.
Si sente parlare in questi giorni di ius soli, il diritto di essere cittadini del luogo in cui si nasce.
Da noi è negato.
Importiamo in abbondanza termini inglesi per qualunque argomento, con la goffaggine provinciale di crederli più autorevoli.
In questo caso però non adoperiamo il corrispondente “birthright citizenship”, cittadinanza per diritto di nascita.
Perchè in quella lingua è diritto automatico per chiunque nasca su suolo degli Stati Uniti, navi e aerei compresi.
Usare il termine inglese comporterebbe la necessità di adeguarsi alla norma. Perciò viene esumato il latino, utile a negare.
Esiste un altro tipo di ius soli, di buon diritto al suolo.
È quello di una comunità che difende il proprio territorio dalle invasioni.
In Val di Susa da molti anni è in corso una invasione di truppe al servizio di uno Stato che vuole imporre con la forza la riduzione in servitù di una vallata, di una comunità , di un suolo.
In Val di Susa è in corso da altrettanti anni la più decisa e insuperabile resistenza al programma di stupro del territorio.
La lotta a oltranza della comunità della Val di Susa è legittima difesa della salute della loro madre terra.
È diritto di sovranità sul proprio suolo, sulla propria aria, sulla propria acqua: sulla vita stessa minacciata.
Buffoni di corte delle banche dichiarano strategica l’opera di sventramento che è invece superflua, tossica e sfruttata solo per spendere fondi europei.
Mi arrogo abusivamente uno scampolo di profezia: quell’opera di scasso , sostenuta da occupazione militare, non si farà mai.
La Val di Susa vincerà perchè non ha altra possibilità , non ce l’ha una valle nè una vita di riserva e non si lascerà deportare.
A fronte dell’incarognimento della rappresaglia di Stato contro la loro comunità , cresce la resistenza corale, pubblica, unanime, che insieme al suolo riscatta la dignità di cittadini, che non si fanno degradare a sudditi di un feudo.
Oggi la Val di Susa è una grande piazza Taksim di Istanbul, una estesa Plaza de Mayo di Buenos Aires, una delle cellule del mondo immuni al cancro della sottomissione.
Perchè chi si arrende, si ammala.
Invece la vallata sprizza di salute pubblica, di fraternità , di volontà di battersi.
Se ne andranno le truppe di occupazione, il contadino andrà a zappare la sua vigna attraversando la strada sgombra dal posto di blocco.
Al giardiniere verrano restituite le cesoie e l’onore.
Erri De Luca
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 14th, 2013 Riccardo Fucile
PARLANDO CON I SUOI AVVOCATI, IL CAVALIERE HA CAPITO CHE E’ ANDATA MALE…TRA DUE MESI SARA’ AI DOMICILIARI SENZA PIU’ SCUDO PARLAMENTARE CHE LO DIFENDA DA ALTRE INCHIESTE
Dopo le prime reazioni positive (se non entusiaste), ai vertici del Pdl si inizia a capire che il il comunicato del Quirinale sulla sentenza Mediaset e sui suoi effetti per Berlusconi non è stata affatto una vittoria.
Lo stesso Cavaliere, da Arcore, ha lasciato trapelare la sua ‘delusione’ dopo essersi consultato con i suoi avvocati.
Perchè? Vediamo, punto per punto, cosa c’è in quel comunicato e come va interpretato.
Partiamo dagli elementi positivi per Berlusconi: ce ne sono?
Quali?
Primo: «E’ legittimo che si manifestino riserve e dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione ed è comprensibile che emergano – soprattutto nell’area del Pdl – turbamento e preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza».
Questo passaggio viene considerato uno ‘sdoganamento’ della liceità delle critiche alla sentenza e come un riconoscimento del ruolo politico di Berlusconi. Il Pdl ci teneva molto a sancire che il processo al suo leader non è un processo qualunque, non è una questione solo personale, uguale a tante altre.
Poi?
Poi c’è la frase sul carcere: «Va ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto».
Un passaggio che fa molto discutere, visto che la legge attribuisce ai giudici di sorveglianza la possibilità di offrire pene alternativa e non li obbliga in questo senso. Le pressioni del Quirinale nei confronti del potere giudiziario, in questa frase, sono abbastanza evidenti.
Basta così?
No, naturalmente. C’è il passaggio sulla grazia, quello che nel Pdl alcuni interpretano come ‘spiraglio’: «Ad ogni domanda in tal senso, tocca al presidente della Repubblica far corrispondere un esame obbiettivo e rigoroso – sulla base dell’istruttoria condotta dal ministro della Giustizia – per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale che incida sull’esecuzione della pena principale».
Questo punto viene interpretato in modo diverso da diversi osservatori: secondo alcuni, è quasi un’offerta di clemenza nel caso il Cavaliere presentasse domanda; secondo altri, invece, è una botta per Silvio: chiunque può chiedere la grazia («ad ogni domanda») e in questo caso non ci saranno corsie preferenziali, ci sarà la consueta «istruttoria» in via Arenula. Quanto a «esaminarla obiettivamente», questo è un atto dovuto.
Qual è l’interpretazione giusta?
Solo Napolitano conosce le intenzioni di se stesso. Tuttavia un fatto è indubbio: il Quirinale ha escluso di muoversi autonomamente per la grazia e di fronte a un’eventuale richiesta in questo senso del condannato questa sarà incardinata nella normale procedura di passaggio prima al ministero poi al Colle medesimo.
E qui iniziano le note negative per il Cavaliere.
Esatto, perchè intanto la condanna della Cassazione deve essere applicata, ha detto a chiare lettere il Presidente della Repubblica: «Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto» e «non deve mai violarsi il limite del riconoscimento del principio della divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo della legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza».
Punto importante?
Sì, perchè prima di tutto difende la magistratura dagli attacchi sconsiderati del Cavaliere e dei suoi; poi risponde negativamente alla richiesta di ‘agibilità politica’ che sottragga oggi Berlusconi alle conseguenze della sentenza.
Questa richiesta era l’obiettivo fondamentale delle pressioni del Cavaliere sul Quirinale e l’attacco è andato a vuoto. La sentenza c’è, dice Napolitano: potete criticarla finchè vi pare («esercizio della libertà di opinione e del diritto di critica») ma intanto bisogna «prenderne atto», cioè si applica, almeno in attesa dell’iter della eventuale domanda di grazia.
Quindi?
Quindi a metà ottobre, come previsto, il Senato può fare decadere Berlusconi e questi può essere messo ai domiciliari. Non è una buona notizia per l’ex premier.
Tra l’altro, è da notare come il Quirinale abbia precisato che anche un eventuale «atto di clemenza individuale» inciderebbe sulla «esecuzione della pena principale»: come dire che le pene accessorie (ad esempio, l’interdizione dai pubblici uffici) potrebbero rimanere escluse da questa ‘clemenza’.
Insomma, niente ‘agibilità politica’.
Esatto, o quanto meno non garantita dal Quirinale. Che anzi si è un po’ irritato con chi gliel’ha chiesta: «Sono stato da parecchi giorni, chiamato in causa in modo spesso pressante e animoso per risposte o “soluzioni” che dovrei e potrei dare a garanzia di un normale svolgimento, nel prossimo futuro, della dialettica democratica e della competizione politica».
E a questo proposito c’è un altro passaggio importante, un po’ sottovalutato nei primi commenti.
Quale?
Quello in cui Napolitano dice: «Toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito decidere circa l’ulteriore svolgimento – nei modi che risulteranno legittimamente possibili – della funzione di guida finora a lui attribuita».
Che cosa significa?
Che la «dialettica democratica e la competizione politica» di cui sopra non subiscono alcun ‘vulnus’ dalla condanna e dalla eventuale decadenza parlamentare di Berlusconi, perchè la sua parte politica può benissimo scegliersi un altro leader con piena ‘agibilità ‘. Quindi Napolitano si sottrae al ricatto secondo il quale una condanna di Berlusconi ‘impedirebbe’ al Pdl di concorrere al gioco democratico, come sostenevano i falchi del Cavaliere.
In altre parole e in sintesi: inutile che mi tiriate per la giacchetta, dice Napolitano al Pdl, primo perchè delle sentenze si può solo «prendere atto», secondo perchè potete benissimo correre alle elezioni con un altro candidato premier, possibilmente a piede libero.
E qui si viene alla parte meno giudiziaria e più politica del messaggio di Napolitano.
Esatto. E’ con questa che del resto il Quirinale ha voluto aprire la nota, preservando e coccolando il governo Letta: «La preoccupazione fondamentale, comune alla stragrande maggioranza degli italiani, è lo sviluppo di un’azione di governo che guidi il paese sulla via di un deciso rilancio dell’economia (..) Fatale invece sarebbe una crisi del governo faticosamente formatosi da poco più di 100 giorni».
Bell’invasione di campo: il Colle non dovrebbe essere sopra le parti?
Beh, Napolitano non nasconde più in alcun modo che questo è il ‘suo’ governo. A questo sì che tiene, non all’agibilità politica di Berlusconi. E per difenderlo, in un altro passaggio toglie al Cavaliere pure l’arma ‘finale’ che lui si stava preparando, cioè le elezioni.
Quale passaggio?
Quando se la prende con chi «agita, in contrapposizione alla sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere».
Una specie di avvertimento preventivo a Berlusconi: inutile che minacci di far cadere Letta (magari per sciogliere le Camere e così sospendere l’iter della tua decadenza, come proponeva Nitto Palma), perchè io tanto le Camere non le sciolgo.
C’ è altro, nella nota?
C’è l’inevitabile invito alla ‘pacificazione’: «Tutte le forze politiche dovrebbero concorrere allo sviluppo di una competizione per l’alternanza nella guida del paese che superi le distorsioni da tempo riconosciute di uno scontro distruttivo, e faciliti quell’ascolto reciproco e quelle possibilità di convergenza che l’interesse generale del paese richiede». Uno scenario piuttosto improbabile, se B. va ai domiciliari e viene espulso dal Senato.
In sintesi, si può dire che Napolitano ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte?
Fino a un certo punto. Lo fa, certo, quando dice che «si deve procedere in un clima di comune consapevolezza degli imperativi della giustizia e delle esigenze complessive del paese»: cioè che da un lato bisogna rispettare lo Stato di diritto, dall’altro bisogna evitare la guerra civile.
Però complessivamente da questa partita sul Colle Berlusconi esce più sconfitto che vincitore: nessuna ‘agibilità politica’ promessa dal Quirinale, nessun riferimento a una possibile amnistia da varare alle Camere e la conferma che la sentenza della Cassazione va applicata in attesa di una domanda di grazia il cui esito è molto dubbio. Il Cavaliere però ha fretta, perchè fra due mesi potrebbe essere ai domiciliari e senza più alcuno scudo parlamentare che lo difenda da altre eventuali condanne, a iniziare dall’appello del Rubygate, o da provvedimenti giudiziari restrittivi che possono provenire da altre inchieste in corso (corruzione De Gregorio a Napoli, corruzione giudiziaria di Tarantini a Bari, corruzione giudiziaria dei testimoni dello stesso Rubygate se la Procura riterrà di procedere dopo l’invio degli atti dal Tribunale).
Ma allora perchè Gelmini, Gasparri e Cicchitto hanno applaudito alla nota del Quirinale?
Due le ipotesi: o non l’hanno capita o più semplicemente hanno cercato di far passare una sconfitta per una mezza vittoria, per motivi mediatici.
Ma poche ore dopo le loro dichiarazioni quasi entusiaste, come si diceva, Berlusconi si detto deluso. I suoi avvocati, probabilmente, gli hanno spiegato come stanno davvero le cose.
Alessandro Gilioli
(da “l’Espresso“)
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Agosto 14th, 2013 Riccardo Fucile
“SULLA DECADENZA DAL SENATO E INCANDIDABILITA’ IL PRESIDENTE E’ STATO MOLTO CHIARO”… “SULLA GRAZIA HA SOLO RICHIAMATO LIMITI E CONDIZIONI PER CUI SI PUO’ CONCEDERE”
Per Stefano Ceccanti, costituzionalista ed ex senatore Pd, Berlusconi non ha scampo: «Non ha alternativa al fatto di uscire dal Parlamento».
Su questo, lo ‘spiraglio’ non c’è.
Sull’ipotesi di grazia, quello di Napolitano non è un no ma neanche un sì: semplicemente, è il richiamo di una procedura, che si può così tradurre: «Se rispettate la sentenza, se non mi considerate un quarto grado di giudizio che delegittima la Cassazione, io ci penso».
Insomma, Ceccanti, per lei Napolitano lascia aperto o no lo ‘spiraglio’ visto dal Pdl?
«Se a loro interessa la questione dell’incandidabilità e del fatto che Berlusconi finisca per decadere, no, non c’è nessuno spiraglio: Berlusconi finirà fuori dal Parlamento. Napolitano infatti chiarisce bene che l’eventuale grazia riguarderebbe solo la pena principale, non quindi gli effetti della legge Severino. Nella nota si parla di ‘forme legittime’ per proseguire l’agibilità politica di Berlusconi, ma tra queste non c’è evidentemente la permanenza in Parlamento».
E sulla grazia?
«Napolitano non fa altro che richiamare i limiti e le condizioni a cui si può concedere. Il presidente dice: se rispettate la sentenza, se non mi considerate un quarto grado di giudizio che delegittima la Cassazione, io valuterò».
Ma se la grazia poi dovesse arrivare, avrebbe qualche ragione il M5S a parlare di impeachment?
«Assolutamente no. Il potere di grazia è una prerogativa presidenziale, mentre tu puoi accusare il presidente di impeachment solo se va oltre i propri poteri. Ma Napolitano invece li segue e li indica alla lettera. Sia che dica sì, sia che dica no, rientra nei suoi poteri: può non piacerci, ma non è certo un attentato alla Costituzione».
Possono accusarlo ma come atto politico, insomma.
«Possono, certo. Ma non condividere una scelta, che formalmente non rappresenta una forzatura dei poteri previsti non dovrebbe autorizzare a evocare il tradimento».
La nota è comunque un’anomalia, no? Non ci sono precedenti, il Presidente non è solito pronunciarsi sulle condanne giudiziarie.
«No, non è solito. Il presidente però ha inteso fare delle puntualizzazioni su due suoi poteri: lo scioglimento delle camere e la grazia. Non ha fatto altro. Sulla grazia non ha detto se la la concederà o meno, ha solo richiamato le norme e lo ha fatto perchè sollecitato da piu parti, non solo dal Pdl».
La nota, il coinvolgimento e il precedente imbarazzo del Quirinale, sono il frutto di un protagonismo politico eccessivo del Colle?
«Credo valga sempre la metafora di Giuliano Amato sul presidente a fisarmonica. Gli interventi ci sono se le condizioni lo richiedono: se c’è caos politico la fisarmonica si apre e colma il vuoto. Se non si vuole far aprire la fisarmonica, la politica deve funzionare da sè. Per certi versi, in astratto, Napolitano è uno dei presidenti più parlamentaristi e meno interventisti, sono le circostanze a costringerlo».
Non fa altro, in realtà . Prima con Monti, poi con Letta.
«Che la fisarmonica sempre aperta sia un problema è vero. Ma non di Napolitano».
Anche questa volta, infatti, le parole più nette Napolitano le spende sulla necessità del governo, sulla stabilità , sulla responsabilità …
«Si. Napolitano ha praticamente inserito in Italia il principio della sfiducia costruttiva».
Ciò che non si presta a interpretazione è il suo attacco verso ‘le ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle camere’: . Berlusconi starà buono, temendo che il governo prosegua senza di lui?
«Io questo non lo so. Il momento della verità sarà a ottobre, con la procedura per la decadenza. La speranza è però che Berlusconi reagisca sensatamente, anche perchè lo scenario che evoca giustamente Napolitano è che, dopo un eventuale voto, ci si ritrovi nella stessa identica situazione: senza un vincitore e con un governo simile a questo. Ma con una differenza: perchè se Berlusconi abbatte il governo, lui non è candidabile e certo non risolve il suo problema di stare in parlamento».
Napolitano arriverebbe veramente alle dimissioni, pur di non sciogliere le camere?
«Non lo sappiamo. Il discorso fatto all’insediamento fa pensare di sì. Come tutti i deterrenti, però, non sarà chiaro fino all’ultimo, altrimenti non sarebbe una minaccia credibile».
Perchè Napolitano tiene a rassicurare Berlusconi sul fatto che non andrà in carcere?
«Non lo rassicura, ma evoca il precedente significativo e simile di Forlani. Anche allora, come con Berlusconi oggi, c’era una parte di Paese che si riconosceva politicamente nel condannato, e la scelta della pena alternativa fu fatta per non punire anche quelle persone, insieme a Forlani. Napolitano non può evocare trattamenti di favore, e infatti non l’ha fatto. Precedenti però sì».
Ritiene plausibile che, come fu per Sallusti, la grazia possa poi concretizzarsi in una conversione pecuniaria della pena?
«A me sembra che il punto sia risolto indicando, appunto, il precedente di Forlani (condannato in via definitiva a due anni e quattro mesi, vide la pena della reclusione è stata sostituita con l’affidamento ai servizi sociali effettivamente espiata alla Caritas di Roma, ndr).
Ciò che la nota non scioglie, è il nodo della decadenza e dell’incandidabilità , gli effetti della legge Severino. Cosa succederà ?
«Nulla prima di ottobre. Ma la legge poi è molto chiara, ed è stata votata anche dallo stesso Pdl. Berlusconi non rientrerà in Parlamento. Ma prima c’è il nodo della decadenza».
Appunto, la Giunta. Che deve fare il Pd?
«Non ha margini di scelta, il Pd. Non può che tenere separati il piano giudiziario e quello piano politico della vicenda. Quindi: il Pd deve votare per la decadenza ma continuare a sostenere il governo»
Improbabili dimissioni spontanee di Berlusconi?
«Non so, ma sarebbero certo la cosa più auspicabile: siccome la decadenza è inevitabile, per Berlusconi sarebbe molto meglio dimettersi».
Ma dovrebbe riconoscere la sentenza.
«Sì. Ma non ha alternativa al fatto di uscire dal Parlamento».
Però così non potrebbe fare la vittima.
«Dimettersi non è piacevole, certo. Ma esser dichiarato decaduto, da un’assemblea elettiva, non è che sia particolarmente più piacevole».
Luca Sappino
(da “L’Espresso“)
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Agosto 14th, 2013 Riccardo Fucile
INTERROTTO L’AUTOMATISMO DI CHI DICEVA: “SE CADE IL CAVALIERE, CADRA’ L’ESECUTIVO”
Luciano Violante non lo dice esplicitamente, ma appare molto soddisfatto dell’intervento del presidente della Repubblica.
Soddisfatto come giurista, come uomo del Pd e forse anche come compagno di Giorgio Napolitano sino dai tempi del Pci. «Con la sua nota il presidente della Repubblica rimette nel giusto ordine tutti gli elementi di questa vicenda».
Nello specifico?
«Sancisce che non esiste automatismo fra la condanna di Silvio Berlusconi, un’eventuale crisi di governo e lo scioglimento delle Camere. Che la stabilità è essenziale, sia dal punto di vista sociale che economico. Che le sentenze si possono anche criticare, ma vanno rispettate. Che nelle attuali condizioni non ci può essere una iniziativa spontanea del capo dello Stato e che, se ci sarà una domanda di grazia, verrà esaminata con la massima cura».
Il capo dello Stato scrive di eventuali atti di clemenza «sull’esecuzione della pena principale». Che cosa succederebbe della pena accessoria?
«La pena accessoria è tornata alla valutazione della Corte d’Appello, che deciderà . Ma poi tutto dipende dal contenuto dell’eventuale domanda di grazia».
E la legge Severino?
«Su quella il presidente della Repubblica non ha margine di intervento. La decadenza e l’incandidabilità previste nella legge anticorruzione non sono pene, ma sono effetti della condanna, come l’iscrizione nel casellario giudiziario. In base alle leggi in vigore, l’effetto non può essere cancellato con un provvedimento di clemenza. La legge è stata già applicata senza problemi in un caso recentissimo a Roma».
Già , il caso del consigliere comunale Andrea Alzetta. Qui però dovranno pronunciarsi la Giunta per le elezioni e l’immunità del Senato, e l’Aula. Il Pd ha annunciato in tutte le sedi che voterà per l’incandidabilità di Berlusconi: crede che potrebbe cambiare idea?
«Spetterà alla Giunta e ai senatori decidere. Non mi pare che quelle affermazioni fossero equivoche».
Nessuna scappatoia
«La questione è molto seria. Non si risolve con funambolismi giuridici»
Le sembra che Napolitano sarebbe disponibile a commutare la pena del leader del Pdl trasformandola in pecuniaria?
«Non c’è scritto. E non intendo interpretare. Le parole del capo dello Stato sono il punto finale, non un tema di discussione. In ogni caso occorrerebbe conoscere il contenuto della domanda di grazia che il condannato presenterà eventualmente al Quirinale».
La nota di Napolitano sembra concedere un’apertura a Berlusconi per quanto riguarda la possibilità di un gesto di clemenza, ma una chiusura al suo ruolo politico.
«Le parole del presidente della Repubblica si leggono e non si interpretano».
Però c’è comunque un punto politico.
«Il punto politico è che un Paese come l’Italia ha bisogno di un partito di destra. Ma questo partito non può essere carismatico, non può essere sottoposto alla regola “se cade il leader cade il partito”».
Dunque il Pdl, per sopravvivere, deve fare a meno di Berlusconi?
«No. Credo che ne abbia ancora bisogno. Ma il Pdl, lo dico con rispetto, dovrebbe trasformare questa sciagura in occasione, avviando la propria mutazione da partito carismatico a grande e autonomo partito politico europeo».
Tra le righe di Napolitano questo sembra di intuirlo.
«Ripeto che non interpreto, ma leggo. E quello che leggo è che il presidente ha interrotto una sequenza argomentativa secondo la quale alla condanna doveva seguire un salvacondotto; in caso contrario, il ritiro dei ministri pdl, la caduta del governo e le conseguenti elezioni anticipate. Tutto questo non c’è più. Ora si chiudano i codici e si metta in campo l’intelligenza politica».
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 14th, 2013 Riccardo Fucile
L’AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI PER UNA RIVISTA DELLA CARITAS
Cosa chiederà di fare come misura alternativa? «Non so. Deciderà il magistrato».
Se le imporrà di fare l’assistente in un ricovero per vecchi? «Ci andrò. “Right or wrong, is my country”. Giusto o sbagliato, è il mio Paese. Non mi stancherò mai di dire che quanto sta avvenendo sul fronte politico-giudiziario contrasta con le più elementari esigenze di verità . Ma berrò la cicuta fino in fondo».
Il 6 luglio 1998, Arnaldo Forlani rispondeva così sulle colonne del Corriere a Gian Antonio Stella, dopo che la sua sentenza era diventata definitiva
È quello di Forlani il precedente richiamato nella nota del Quirinale di ieri (dove si parla della preoccupazione «per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo, fatto peraltro già accaduto in un non lontano passato»).
Un uomo che fu uno dei politici più potenti della Prima Repubblica, da segretario della Dc a presidente del Consiglio, e mancò di salire al Quirinale divenendo presidente della Repubblica per soli 29 voti.
Alla vigilia del verdetto del processo Enimont che avrebbe dovuto portarlo in carcere insieme all’ex segretario amministrativo della Dc, Citaristi, all’ex ministro Pomicino, a Carlo Sama e a Luigi Bisignani, per finanziamento illecito ai partiti a causa della cosiddetta maxitangente Enimont, destra e sinistra approvarono in gran fretta la legge Simeone-Saraceni (uno di An, uno del Pds) che risparmiava il carcere a chiunque avesse dovuto scontare meno di 3 anni di reclusione: avrebbe potuto in alternativa ottenere l’«affidamento in prova al servizio sociale».
E così fu.
Forlani, il più celebre dei condannati di Mani Pulite, per usare la sua stessa metafora, fece come Socrate e bevve il calice con la cicuta
Nel marzo del 2002, finirono i due anni e quattro mesi di «affidamento» assegnatogli dal Tribunale.
Tutti i giorni sulla Micra verde varcò il portone del Vicariato, diretto al suo ufficio presso la sede della Caritas diocesana: un locale spartano con scrivania in formica, armadi metallici e classificatori colorati, in una mansarda due piani sopra l’ufficio dell’allora Vicario del Papa, cardinale Ruini. «Bettino – commentò lui – andò ad Hammamet. Ognuno ha il suo carattere. Non tutti hanno la vocazione socratica a bere la cicuta anche sapendo di essere stati condannati ingiustamente».
In che cosa è consistita la pena di Forlani?
L’ex premier collaborò senza firmare a Roma Caritas , bimestrale in bianco e nero.
Sulla copertina, nel febbraio 2002, una mano tesa oltre le sbarre. E il titolo: «Ero in carcere e mi avete visitato».
E poi ricerche, giri per parrocchie.
«Tutte cose – assicurò – che nella mia visione della vita non sono meno utili di quello che potevo fare guidando la Democrazia cristiana o collaborando ai governi».
Disse anche apertamente che aveva potuto accettare tutto questo, in forza della sua fede, del suo essere cattolico.
Ma dopo dieci anni di austero silenzio, attraversati con grande dignità , non perse la voglia di gridare ancora una volta la sua innocenza.
«La mia storia mi ricorda quella del processo a Pinocchio. Quando Pinocchio va in tribunale, alla fine del processo il giudice ordina ai gendarmi: “Questo ragazzo è innocente: arrestatelo!”. Ecco, non so se mi spiego».
Forlani, Berlusconi. Due ex presidenti del Consiglio.
Dalla Prima alla Seconda Repubblica.
M.Antonietta Calabrò
(da “il Corriere della Sera”)
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