Agosto 7th, 2013 Riccardo Fucile
E LA SANTANCHE’ DICHIARAVA: “LE OFFESE QUOTIDIANE DI BERLUSCONI MI INORGOGLISCONO PERCHE’ VENGONO DA CHI NON CONOSCE VERGOGNA”
Silvio Berlusconi è entrato in politica solamente per difendersi dalla magistratura, o per salvare una grande azienda con enormi difficoltà economiche? Non possiamo rispondere con certezza a questo ventennale quesito, tema vasto e assai dibattuto, che probabilmente mai arriverà a sentenza definitiva.
Ma possiamo rileggere alcune vecchie, interessanti dichiarazioni, che ogni tanto meritano di essere rispolverate.
Non sono le confessioni di un magistrato che parla troppo, o le critiche dei soliti giustizialisti malpensanti.
Sono parole pronunciate dallo stesso Silvio Berlusconi, e più volte riportate da due giganti del giornalismo che non ci sono più, Enzo Biagi e Indro Montanelli.
Sono parole pronunciate dai suoi storici, e più fedeli collaboratori. Marcello Dell’Utri, Fedele Confalonieri.
Sono comizi di fedelissimi, come Daniela Santanchè, o dell’alleato di sempre, Umberto Bossi, e ancora Daniele Capezzone, Bruno Vespa, insomma, ci siamo capiti.
«Se non vado in politica, mi mandano in galera e mi fanno fallire per debiti».
(Silvio Berlusconi lo ripete sia ad Enzo Biagi che ad Indro Montanelli, dal 1993)
«Ma vi pare possibile che uno che possiede 140 aziende possa fare gli interessi dei cittadini? Quando quello piange, fatevi una risata: vuol dire che va tutto bene, che non è ancora riuscito a mettere le mani sulla cassaforte. Ogni tanto io a questo Berluscosa gli afferro il polso: pum!, fermo lì!, perchè sta per mettere le mani sulla cassaforte. Ci prova in continuazione: la Rai, la magistratura, il condono per i suoi amici palazzinari, le pensioni… Altolà , dove vuoi andare, Berluscosa?».
(Umberto Bossi, 8 agosto 1994)
«Silvio Berlusconi è entrato in politica per difendere le sue aziende».
(Marcello Dell’Utri, 28 dicembre 1994)
«Peccato che lui sia un mafioso. Berlusconi è un palermitano nato nella terra sbagliata. L’unica riforma che veramente gli sta a cuore è che non vengano toccate le sue televisioni. Berlusconi è tutto tranne che un democratico. Ci risponda: da dove vengono i suoi soldi? Dalle finanziarie della mafia?».
(Umberto Bossi, 11 novembre 1998)
«La verità è che se Berlusconi non fosse entrato in politica, se non avesse fondato Forza Italia, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera con l’accusa di mafia. Col cavolo che portavamo a casa il proscioglimento nel lodo Mondadori».
(Fedele Confalonieri, “La Repubblica”, 25 giugno 2000)
«La situazione della Fininvest con 5 mila miliardi di debiti. Franco Tatò, che all’epoca era l’amministratore delegato del gruppo, non vedeva vie d’uscita: ‘Cavaliere, dobbiamo portare i libri in tribunale’ (…) I fatti poi, per fortuna, ci hanno dato ragione e oggi posso dire che senza la decisione di scendere in campo con un suo partito, Berlusconi non avrebbe salvato la pelle e sarebbe finito come Angelo Rizzoli che, con l’inchiesta della P2, andò in carcere e perse l’azienda».
(Marcello Dell’Utri, intervistato da Antonio Galdo; l’intervista è stata pubblicata nel libro “Saranno potenti”, 2003)
«Silvio Berlusconi è entrato in politica con 5 mila miliardi di debiti e con le banche che tentavano di strozzarlo; oggi vanta 29 mila miliardi di attivo e figura tra i sette uomini più ricchi del pianeta».
(Daniele Capezzone, 30 ottobre 2005)
«Le offese quotidiane di Berlusconi mi inorgogliscono, perchè vengono da chi, seduto sui suoi miliardi, non conosce nè vergogna, nè le esigenze vere e i bisogni degli italiani. Lui ha perso la testa oramai come uomo, come politico e anche come imprenditore, arrivando a disprezzare il lavoro di una imprenditrice che si è fatta da sola, che non ha una barca ed ha invece una sola casa con il mutuo. Solo quello che si ruba si nasconde ed è forse per quello che le sue principali abitazioni sono all’estero».
(Daniela Santanchè, 10 aprile 2008)
«Come tutti i grandi imprenditori, Berlusconi non ha la purezza di San Francesco».
(Bruno Vespa a Panorama, 12 novembre 2009)
(da “L’Espresso“)
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Agosto 7th, 2013 Riccardo Fucile
FINORA ERANO SEMPRE STATE FIRMATE DA ALFANO… FORZA ITALIA NON PREVEDEVA UN SEGRETARIO, MA UN COORDINATORE: ED ERA VERDINI
Firmato Verdini. E’ sua la sigla in calce a una circolare destinata a tutti i parlamentari del Pdl. Già , scritta. E che, a breve, arriverà nelle caselle di posta elettronica di tutti gli eletti del Pdl alla Camera e al Senato. Firmato Verdini Denis, il falco per eccellenza.
Il teorico della rottura subito, alla prima occasione utile.
Quello che da giorni urla nei vertici di palazzo Grazioli che di “Napolitano non ci si può fidare”. E che considera un azzardo la linea dell’appeasemet: “Se va avanti così finirà che finisci in carcere e la grazia non ti arriva”.
E la circolare suona come un inizio di “mobilitazione”. Ai parlamentari si chiede di andare a firmare, e di far firmare, i referendum radicali sulla giustizia.
Un segnale, di fronte a un Parlamento che non affronterà mai la discussione sul tema. Firmato Verdini. E non Alfano. Ecco, non è un dettaglio.
Perchè finora tutte le circolari interne sono state firmate da Angelino, che oltre ad essere ministro dell’Interno e vicepremier è segretario del Pdl.
Significa, spiega chi conosce le dinamiche interne, che è “iniziato l’esautoramento di Alfano” in vista del rilancio di Forza Italia.
In attesa della rinascita di Forza Italia all’insegna della dinastia Berlusconi da Silvio a Marina, nel Pdl in dismissione è l’ora dei falchi.
E il segretario “senza quid” (come disse Berlusconi) rischia di scomparire con un paio di tratti di penna. Lo statuto di Forza Italia, infatti, non prevede la carica di segretario, ma di coordinatore. E l’ultimo coordinatore, prima del Pdl, guarda caso era proprio Verdini. Quello che oggi firma la circolare.
Non è un caso che, fiutata l’aria pesante, negli ultimi giorni proprio Angelino ha ricominciato a telefonare e a riavvicinarsi a quel pezzo di nomenklatura che ha tenuto fuori dal governo, ricevendo segnali di freddezza: “Deve decidere Berlusconi, noi stiamo con lui. Anche se fa la scelta che tu pensi sbagliata, lo seguiamo fino alla fine”.
È così che hanno tagliato corto di fronte alle sue preoccupazioni sul governo Raffaele Fitto e Mariastella Gelmini, Mara Carfagna e Saverio Romano, Renata Polverini, dirigenti che solo tre mesi fa non vedevano con ostilità le primarie con Alfano segretario.
Perchè, in questa fase, fare squadra col segretario viene visto da palazzo Grazioli come una sorta di preparazione del 25 luglio.
Non è piaciuta, nell’inner circle del Cavaliere, l’intervista al Corriere in cui Gaetano Quagliariello ha svelato che domenica era pronto un piano per far saltare il governo come fosse una scelta folle.
Così come non è piaciuta l’ostentazione dell’assenza dei ministri in piazza, a partire da Alfano, come se quella fosse una scelta saggia e chi stava a 40 gradi col Cavaliere in lacrime fosse un irresponsabile.
O le dichiarazioni di apertura a Casini e Montezemolo, dopo che hanno auspicato la necessità di un centrodestra senza Berlusconi, di quella nomenklatura che voleva fare le primarie, a partire dall’ex capogruppo Fabrizio Cicchitto.
Perchè c’è poco da ridere: stavolta senza Berlusconi significa con Berlusconi ai domiciliari. Già . Firmato Verdini.
(da “Huffington Post”)
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Agosto 7th, 2013 Riccardo Fucile
“ABBIAMO SBAGLIATO TROPPI RIGORI”….”LE SENTENZE SI DEVONO RISPETTARE”… “LETTA NON CERCHI ALIBI”… POVERETTO, BASTA FARSI ELEGGERE SI E’ MANGIATO PURE LA SALSICCIA
Ha scelto la festa del Pd di Castelfranco Emilia, Matteo Renzi, per rompere un lungo silenzio che durava da quasi tre settimane.
Camicia bianca e cravatta grigio chiaro, prima del comizio il sindaco di Firenze firma autografi e stringe mani. Poi sale sul palco.
«La prima Repubblica è finita, la seconda non mai cominciata» dice. Attacca la Lega, ammette gli errori dentro il Pd: «Abbiamo sbagliato qualche rigore», dice, e nel comizio infila una citazione di Ligabue che strappa applausi.
«A distanza di 23 anni, forse 23 km da qui, un giovane semisconosciuto cantautore, Luciano Ligabue, inventò una canzone che è stato l’inno della mia generazione “Non è tempo per noi”. Ma davvero non è tempo per noi?. Vorrei che provassimo a domandarci – scandisce Renzi – se davvero non è tempo per noi o se, nonostante la crisi, questo è tempo per noi, tempo di metter da parte il pessimismo e di rimetterci a lavorare».
Parlando a proposito del governo Renzi auspica che «non usi la voce del verbo “durare”, che è un verbo doroteo, ma la voce del verbo “fare”. Noi incoraggiamo il governo Letta ma deve essere il governo del fare. In quel caso spero che duri il più possibile, ma non accetto che mi si accusi di logorarlo perchè dico quel che penso» per poi aggiungere «Noi siamo al fianco del governo -ha aggiunto- perchè realizzi impegni presi, a partire da nuova legge elettorale, come quella dei sindaci. Io sleale? Sono quello che ha detto in faccia che ci voleva la rottamazione. Basta con il dire e il non dire. Caro presidente del Consiglio vai avanti nel fare quello che devi, ma non cercare alibi…».
Durante il comizio non è mancato un riferimento alla condanna di Berlusconi: «Il compito del Pd è salvare l’Italia, e per salvare l’Italia si parte da un principio: le sentenze si rispettano, la legge è uguale per tutti. È venti anni che stiamo aspettando Berlusconi. Almeno il congresso del Pd possiamo farlo senza di lui», dice il sindaco di Firenze.
«Il compito del Pd è salvare l’Italia: le sentenze si rispettano e la legge è uguale per tutti», ha spiegato Matteo Renzi, tornato a parlare dal palco della festa del Pd di Bosco Albergate a Castelfranco Emilia nel modenese.
Di fronte alla platea di qualche migliaio di persone (duemila posti a sedere).
«Ora più che mai recuperare voto degli elettori delusi del centro destra, altrimenti a forza di avere puzza sotto il naso perderemo le elezioni» ha continuato Renzi «E accanto a loro, i delusi del Pd e quelli di Grillo che speravano in un cambiamento».
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Agosto 7th, 2013 Riccardo Fucile
PIEMONTE, CAMPANIA E MOLISE HANNO GIA’ AUMENTATO LE TASSE REGIONALI PER FAR FRONTE AL PRESTITO DEL TESORO
Tutto procede secondo i piani o anche più in fretta: per pagare gli arretrati alle imprese, i trasferimenti dal Tesoro alle regioni e alle altre autorità locali stanno accelerando ogni settimana.
A ieri, fa sapere il ministero dell’Economia, lo Stato aveva già messo a disposizione 17 dei venti miliardi che gli enti debitori dovrebbero saldare nel 2013.
Cinque sono già arrivati alle imprese.
I fondi ci sono, daranno respiro alle imprese, sosterranno le entrate Iva e le speranze di ripresa.
Il ministro Fabrizio Saccomanni ieri si è detto pronto a fare anche un passo in più e portare i versamenti del 2013 a quota trenta miliardi.
Solo un dettaglio è passato inosservato: saranno i contribuenti a pagare.
In molti casi, lo faranno attraverso nuovi aumenti della pressione fiscale.
Il mosaico d’insieme manca di alcuni tasselli, perchè spesso le regioni danno prova di grande discrezione quando si tratta di aggiustare verso l’alto i prelievi di loro competenza.
Ma per milioni di contribuenti il versamento degli arretrati delle pubbliche amministrazioni alle imprese non avverrà a saldi fiscali invariati
Piemonte, Campania e Molise hanno già alzato le aliquote e vari altri governi regionali si preparano a seguirle o, senza dirlo a voce alta, lo hanno già fatto.
I pagamenti alle imprese, fino a 50 miliardi in due anni, coincideranno con una manovra fiscale in un numero significativo di regioni italiane.
Aumenterà l’addizionale regionale Irpef per i redditi delle persone fisiche, l’Irap per le imprese e, in certi casi, anche la tassa regionale automobilistica.
Forse non poteva andare altrimenti.
Di certo, a leggere il decreto legge 35 di aprile che apre la strada al saldo degli arretrati, senza tagli di spesa è la solita strada obbligata.
Il decreto è chiaro: per i pagamenti, il Tesoro si rende disponibile a fornire a comuni, provincie e regioni di “anticipazioni di tesoreria”.
Dunque non trasferimenti a fondo perduto, ma prestiti del ministero alle giunte regionali da rimborsare “entro trent’anni”.
Il tasso d’interesse è vantaggioso ma non irrisorio, perchè coincide con quello di un Btp a cinque anni: per le prime regioni che hanno avuto i fondi circa il 3,8%, anche se oggi il tasso è sceso.
La logica del governo è chiara: il Tesoro si indebita per saldare gli arretrati; ma ogni ente locale dev’essere responsabile dei propri livelli di spesa di fronte ai propri contribuenti, senza spalmare sul resto degli italiani il costo dei suoi arretrati.
È per questo che ogni regione può ricevere l’“anticipazione”, cioè il prestito, solo dopo aver presentato al Tesoro un piano di copertura in cui dimostra di poter pagare gli interessi e il capitale a scadenza.
Senza, i fondi non escono dalla tesoreria di Roma e le imprese non verranno pagate
Non stupisce dunque che molti governatori abbiano già alzato le aliquote per accedere ai fondi del Tesoro e pagare i fornitori.
Il Piemonte ad esempio ha richiesto in totale 2,2 miliardi e ha già avuto quest’anno 803 milioni per debiti sanitari e 447 per gli arretrati di provincie e comuni.
Ma per coprire i prestiti verso il ministero, sono partiti gli aumenti dell’addizionale Irpef: da 0,40% per i redditi fino a 15 mila euro, fino a 1,10% per quelli sopra 75%. La Campania invece ha richiesto 2,9 miliardi solo per i debiti non sanitari e le è stata riconosciuta una parte di questi trasferimenti solo dopo aver varato un aumento dello 0,15% dell’Irap a copertura dei prestiti per pagare i debiti sanitari e uno dello 0,30% sull’Irpef per quelli non sanitari.
Anche il Molise ha aumentato l’Irpef in cinque scaglioni (a partire dallo 0,50% sui redditi più bassi) e ritoccato la tassa regionale automobilistica.
Liguria e Toscana invece sono riuscite a evitare manovre fiscali.
La Calabria poi annuncia tagli di spesa poco credibili (il trasferimento degli uffici in locali ancora inesistenti), probabile preludio a aumenti delle tasse fra un po’.
E il Lazio, che ha chiesto al Tesoro 3,9 miliardi solo per i debiti non sanitari, non ha risposto a ripetute richieste di informazioni su eventuali ritocchi delle aliquote.
Insomma i pagamenti alle imprese sono vicini. La fine dei sacrifici dei contribuenti, specie nelle regioni poco virtuose, molto meno.
Federico Fubini
(da “la Repubblica”)
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Agosto 7th, 2013 Riccardo Fucile
“UNA SINGOLA TRATTA ARRIVA A COSTARE PIU’ DEL TRIPLO A SECONDA DEL PERIODO”…PRESENTATO UN ESPOSTO ALL’ANTITRUST
Prezzo dei biglietti triplicato e meno posti economici disponibili per chi viaggi in treno ad agosto.
E’ la denuncia del Codacons contro Trenitalia e Ntv. Di più, l’associazione dei consumatori si è già rivolta all’Antitrust perchè il garante sulla concorrenza apra un’indagine.
“Chi decide di spostarsi ad agosto in treno diretto nelle regioni del sud Italia, dovrà mettere in conto una stangata sulla spesa relativa ai biglietti ferroviari” dice il Codacons, dove aver confrontato le tariffe ferroviarie di Trenitalia e di Ntv in vigore oggi con quelle applicate per gli stessi collegamenti nel mese di settembre, verificando che “una singola tratta arriva a costare più del triplo a seconda del periodo in cui si decide di viaggiare”.
Ad esempio, evidenzia l’associazione, per quanto riguarda Trenitalia, se si parte il 12 agosto da Roma diretti a Lamezia Terme, si spenderà per un Intercity tra i 48,50 e i 66 euro, mentre per un Frecciabianca mediamente tra 63 e 91 euro.
Se però si sposta la data di partenza di un mese, al 12 settembre, la spesa cala sensibilmente: 19 euro per un intercity e 19 o 29 euro per un Frecciabianca.
Per la tratta Roma-Salerno: su un Intercity si spende tra i 19 e i 28 euro ad agosto, 39 euro su un Frecciarossa; a settembre bastano 9 euro per un Intercity e 19 euro per un Frecciarossa.
Simile la situazione sui treni Ntv, rileva l’associazione dei consumatori: per il collegamento Roma-Salerno le tariffe partono da 32 euro ad agosto, per scendere a 18 euro a settembre.
“In considerazione delle partenze degli italiani verso le località del sud Italia, Trenitalia e Ntv avrebbero dovuto aumentare i posti a sedere a tariffa ridotta – osserva il presidente del Codacons Carlo Rienzi – Chi decide di spostarsi oggi in treno è soggetto a costi elevatissimi e a spendere in alcuni casi più del triplo rispetto ad altri periodi dell’anno. Per tale motivo abbiamo investito della questione l’Antitrust, affinchè verifichi se vi siano danni per gli utenti”.
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Agosto 7th, 2013 Riccardo Fucile
LE GRANDI MANOVRE NEL PD
Adesso non si scherza più.
Dopo la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale, il gioco si fa duro per tutti, a maggior ragione per Enrico Letta e Guglielmo Epifani, il primo a capo del governo, il secondo guida del Pd.
I due agiscono ormai come un solo uomo per disinnescare tutte le mine sul campo e vaganti.
A cominciare da Matteo Renzi che fino a ieri godeva di una certa libertà di azione nelle critiche al governo, dovuta in gran parte alla scelta (obbligata e mal digerita) della dirigenza Pd di non alzare il tiro con l’alleato Pdl.
Ora che Berlusconi è pregiudicato, ora che al Nazareno hanno capito che il Cavaliere può tirare la corda fino a un certo punto perchè non può permettersi di staccare la spina all’esecutivo, Epifani fa la voce grossa e Letta farà lo stesso alla direzione del Pd.
E se proprio non va, sarà il premier a staccare la spina, il rischio elezioni in autunno non è escluso, anche a costo di approvare una legge elettorale con i 5 stelle, come minaccia il segretario Dem facendo arrabbiare i berlusconiani.
Salterebbe il congresso? Su questo punto i renziani sono sempre più in agitazione.
Stasera Renzi parlerà in due feste del Pd in Emilia Romagna.
E punterà a chiedere che il congresso non slitti per nessuna ragione al mondo.
Lo fanno già i suoi sulle agenzie di stampa, dopo aver letto l’intervista di Epifani al Corriere della Sera e aver appreso che il Pd non farà “sconti” a Berlusconi sulla giustizia, che “la legalità viene prima” e che la linea decisa al Nazareno è: il Cavaliere farebbe bene a dimettersi, il Pdl farebbe bene a sedersi al tavolo per una nuova legge elettorale e se non lo fa i Dem potrebbero sedersi con 5 stelle.
Insomma, i margini si fanno più stretti per il sindaco di Firenze.
Costretto alla linea: ‘accelerare ma non troppo’. Perchè un ritorno precipitoso al voto potrebbe offrire agli avversari mille spunti per saltare congresso e primarie, ricandidare Letta (ammesso che lui sia disponibile ma i lettiani non lo escludono), confermare Epifani alla guida del Pd.
E’ lo scenario che i renziani temono di più.
Quello che chiuderebbe tutte le porte che finora il sindaco è riuscito a tenersi aperte pur restando in silenzio stampa per tre settimane.
E’ lo scenario in cui Epifani e Letta giocano il tutto per tutto per tenere il governo al riparo dagli scossoni o comunque uscirne nel miglior modo possibile, se il castello dovesse crollare.
Senza considerare che magari con i 5 stelle l’unico accordo di legge elettorale possibile — almeno da quello che si intravede al momento — è su una qualche idea di proporzionale, che consenta ai grillini di rimanere all’opposizione a vita e alle larghe intese — epurate da falchi e ‘criticoni’ — di continuare a governare.
Il deputato Dem Beppe Fioroni, ex Popolare, lo dice da un pezzo che, dopo la sentenza Mediaset, “niente sarà più uguale” e “ci sarà con il tempo una ridefinizione dei soggetti politici in corso perchè quel vuoto che si genera e che sarà ogni giorno più grave nel centrodestra avrà necessità di una riorganizzazione e di una rinascita, proprio come nel centrosinistra non tutti si riconosceranno nello contro Letta-Renzi”. Ma c’è di più.
Lo scrive Pippo Civati sul suo blog: “Se nel Pdl dovesse passare la linea dei falchi e iniziasse a Ferragosto la campagna elettorale di Silvio e Marina, tutti la seguiremmo? E per tutti dico tutti: Pd e M5s, Sel e Sc.
Davvero non ci sarebbe un moto d’orgoglio per sistemare almeno la legge elettorale e interrompere la campagna per l’amnistia ad personam?”.
Una riflessione che segnala l’agitazione di chi ci tiene al congresso, come momento di chiarezza nel partito, anche a costo di rimandare un’eventuale prova elettorale.
Su questo schema ci sono anche i dalemiani.
Lo ha fatto capire Massimo D’Alema in una complicata intervista all’Unità , basata su tre cardini: verifica di governo, entrare nel vivo delle riforme ma anche della legge elettorale, e soprattutto tener fede al patto con lo statuto Pd.
Ovvero celebrare il congresso.
E’ questo il braccio di ferro che sta disegnando l’autunno Democratico.
(da “Huffington Post“)
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Agosto 7th, 2013 Riccardo Fucile
LA SANTANCHE’: “DAL 16 SIAMO IN CAMPAGNA ELETTORALE”… PRIMA DEVE FINIRE LE VACANZE A FORTE DEI MARMI E A SAINT TROPEZ?
«Fino ad ora sono stato responsabile. Ma non durerà a lungo. Sono la vittima di una sentenza ingiusta. E, da padre, non consentirò che i miei figli vengano trattati come i figli di un condannato». Già , i figli.
Allo scoccare della mezzanotte di ieri, Silvio Berlusconi ha già parlato con loro.
E a ciascuno ha raccontato dell’idea di «voler scontare la pena in carcere», come se fosse il primo «sacrificio» della partita a scacchi con governo e Quirinale.
Ma a mezzanotte di ieri Berlusconi non ha più davanti i figli.
A palazzo Grazioli, di fronte a sè, l’ex premier ha un gruppo di dirigenti del Pdl, tra cui Daniela Santanchè.
E alla pattuglia, dopo cena, s’è aggregato anche Angelino Alfano.
È a loro, infatti, che il premier annuncia la nuova, possibile, giravolta.
E, come se fosse la sceneggiatura di un film pieno di colpi di scena, di fronte a loro Berlusconi torna a parlare di «voto anticipato».
Dell’ipotesi, insomma, di provocare una crisi di governo e aprire la campagna elettorale in piena estate.
IL RUOLO DI MARINA
Lo schema, fino a nuovo ordine, prevederebbe alcune mosse per ora solo annunciate. Un intervento, «e non più votato alla responsabilità nei confronti del governo», sulla Cassazione.
Forse la rinuncia pubblica a una «grazia» impossibile.
Quindi la firma ai referendum sulla giustizia di Marco Pannella.
E magari la discesa in campo «tecnica» della figlia Marina.
Perchè il leader, è il suo adagio, comunque «rimarrei io».
E così ieri mattina, mentre Berlusconi avvia l’ennesimo round di colloqui con gli ambasciatori presso il Quirinale (Brunetta e Schifani) e quelli che si occupano del dossier al Senato, Sandro Bondi replica all’intervista di Gaetano Quagliariello al Corriere rimarcando che «tutti sosteniamo il governo».
Ovviamente il coordinatore del Pdl non può sapere quello che sta andando in scena dietro le quinte degli studi Rai della Dear, dove Daniela Santanchè ha appena finito di partecipare alla trasmissione Agorà insieme all’esponente del Pd Ivan Scalfarotto.
LA GALERA? «PRIMA LE URNE»
«Scalfarotto, posso darti un consiglio? Preparati per la campagna elettorale», è la premessa della «Pitonessa».
La frase che arriva dopo lascia di sasso i presenti perchè è talmente circostanziata da non avere margini di dubbi.
«Preparatevi in tempo per Ferragosto perchè si va al voto. Noi, dal 16, saremo già in campagna elettorale».
E non è finita. Santanchè attacca le «colombe» del Pdl, che «stanno prendendo in giro Berlusconi promettendogli una grazia che non arriverà mai. Ma lui andrà in galera, dopo. Prima si va alle urne».
Ed è una tesi che già è tornata a farsi largo nel Pdl se è vero che ieri pomeriggio, in un angoletto di Montecitorio, Raffaele Fitto sussurra a mezza bocca: «Come finirà non lo so. Ma preparatevi a “ballare”, Berlusconi sta per farsi sentire di nuovo. Prendendo di petto la sentenza della Cassazione».
Magari, aggiunge l’ex ministro, «intervenendo a piedi uniti sull’intervista rilasciata dal giudice Esposito…».
E l’allarme, a Palazzo, torna a farsi di colore rosso.
(da “il Corriere della Sera“)
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Agosto 7th, 2013 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO PD: “PRENDERE ATTO DELLA SENTENZA” E IL VICECAPOGRUPPO ALLA CAMERA BIANCONI GLI RISPONDE A INSULTI
La richiesta di un passo indietro a Silvio Berlusconi, dopo la conferma della condanna in Cassazione, da parte del segretario del Pd, Guglielmo Epifani, scatena l’ira del Pdl.
E almeno in un caso, quello del deputato Maurizio Bianconi, gli insulti: “Guglielmo Epifani, già segretario generale della Cgil e oggi segretario pro tempore del Pd, ci inonda di sciocchezze. Fra i miei colleghi di partito c’è chi si indigna o chi si arrabbia. Io no. Mi viene sempre in mente la frase di Bettino Craxi – afferma il vice capogruppo alla Camera -: i sindacalisti quando fanno i sindacalisti sono dei grandissimi rompicoglioni, quando entrano in politica restano dei grandissimi coglioni”.
“Non vedo altra possibilità che prendere atto della sentenza”.
Al Corriere della Sera Epifani aveva detto che per il Cavaliere, per cui oggi si riunisce la Giunta per le Immunità che discute sulla decadenza, ”non vedo altra possibilità che prendere atto della sentenza e degli effetti che produce, non ci sono strade”.
Il leader del Pd ha anche ricordato al quotidiano di via Solferino il “video di Berlusconi giovane che dice che, quando uno fosse condannato per evasione fiscale, deve fare un passo indietro”. E alla domanda se ciò è quello che l’ex premier deve fare, l’ex sindacalista risponde come sia proprio “quello che è giusto”.
Insomma ci sono, sottolinea, “delle conseguenze di carattere sanzionatorio della sentenza. E su questo terreno non c’è via di uscita”.
Il Pdl contro il segretario Pd: “Irresponsabile”.
Luca d’Alessandro (Pdl), segretario della commissione Giustizia della Camera, paventa anche conseguenze sull’esecutivo: ”Gugliemo Epifani è un irresponsabile e un provocatore che cerca la crisi di governo senza intestarsela”.
Dal Pd l’invito ad abbassare i toni e far proseguire il lavoro del governo.
In difesa di Epifani il capogruppo alla Camera Pd Roberto Speranza: ”Voglio rivolgere al Pdl un invito fermo e responsabile ad abbassare i toni e a evitare assurdi e del tutto inopportuni attacchi a Guglielmo Epifani. Il segretario del Pd ha affermato una verità molto semplice: che in uno Stato democratico tutti i cittadini sono uguali davanti alla leggee che le sentenze vanno rispettate, anche se sono scomode”.
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Agosto 7th, 2013 Riccardo Fucile
INIZIA L’ITER NELLA GIUNTA PER LE ELEZIONI CON L’OSTRUZIONISMO DEL PDL
È come se fosse già scritta, nei numeri, la decadenza da senatore di Berlusconi. Almeno nella giunta per le elezioni di palazzo Madama. Dove il voto è palese. Dove le posizioni sono già chiare.
Dove, stavolta, non ci sono mal di pancia neppure nel Pd. Dove 8 senatori Democratici voteranno per dire che Silvio non si può più sedere tra quei banchi.
Con loro ci saranno i 4 dell’M5S. Ci sarà il rappresentante di Scelta civica. Quello del Psi e ovviamente il presidente di Sel Dario Stefà no.
In tutto fa 15.
Contro i 6 del Pdl e i singoli esponenti di Gal e della Lega. In tutto fa 8.
Una partita che non varrebbe neppure la pena di giocare
Che invece sarà giocata fino in fondo, con un Pdl intenzionato a dare battaglia fino all’ultimo cavillo.
Un Pdl che punta soprattutto sull’aula e sul voto segreto per una possibile rèvanche. Una battaglia che comincia stasera alle 20 quando i berlusconiani cercheranno di tenere aperta la partita dell’ineleggibilità da conflitto di interesse, la storia dei ricorsi del Molise, che ormai alla luce del caso Mediaset è roba stantia.
Non solo.
Cercheranno pure di agitare il fantasma del rischio carcere per il loro leader. Non solo carcere futuro, quello che può derivare da un nuovo mandato d’arresto per chi non ha più lo scudo parlamentare, ma anche il carcere per l’anno da scontare per Mediaset. Un rischio «che non esiste», come dice il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati, il quale dalla vicenda Sallusti in avanti, per moltissimi casi, ha sempre applicato la legge Alfano-Severino in un solo modo, «anche in presenza di un condannato che non fa una domanda nè per i domiciliari nè per i servizi sociali, la procura ha sempre concesso una nuova sospensione della pena».
Ma il carcere resta uno spettro. Basta parlare con quelli del Pdl.
Dice Elisabetta Casellati: «Io so solo che stasera proseguirà la discussione sul Molise, non mi pare che l’ordine del giorno sia cambiato. Quanto alla decadenza serve un approfondimento in punto di diritto, non si possono sparare sentenze. Illustri penalisti hanno già parlato di irretroattività della legge Severino».
Il percorso del Pdl è questo. Lo conferma il vice presidente Giacomo Caliendo: «Come voto? Non lo dico, lì sono un giudice e il voto è segreto. Dopo 40 anni in magistrato so come si rispettano le regole, ma le regole le devono rispettare tutti». Ovviamente riservato Nico D’Ascola, l’avvocato che lavora con Ghedini: «Sono vincolato al segreto».
Carlo Giovanardi dice che «un giudice non può dare la sentenza prima del processo», ma sulla Severino lui si è già espresso e ha detto che non si può applicare a un reato successivo.
Lucio Malan è categorico: «Le questioni dell’indulto e dell’irretroattività rappresentano ragioni altrettanto forti per motivare l’impossibilità di far decadere Berlusconi». La storia è chiusa. Il Pdl fa muro.
Il relatore Andrea Augello non si lascia scappare anticipazioni.
Ieri ha appena ricevuto le sentenze da Milano. «Devo studiarle. Anche durante le ferie. Ma a Berlusconi non possiamo negare i termini a difesa per la sua memoria. Venti giorni gli spettano ». Arriviamo a fine agosto.
Stefà no è rimasto per ore chiuso con i tecnici della commissione. Che non hanno dubbi: la decadenza si applica.
Lui dice: «Nella legge Severino viene usato due volte l’avverbio immediatamente. Non è certo un caso. Quella causa di decadenza scavalca l’ineleggibilità . Riconosco il diritto di Berlusconi a difendersi. Nessuno gli ruberà i 20 giorni, ma poi si va avanti». Niente saggi o costituzionalisti.
I 15 della maggioranza bocceranno le richieste.
Deciso Benedetto Della Vedova di Sc: «È una presa d’atto, non c’è molto da discutere, quando votammo la legge Severino lo spirito era già molto chiaro». Scatenati quelli dell’M5S. Ecco Michele Giarrusso: «Non c’è alcun dubbio sulla decadenza, va discussa subito, tutto il resto è aria fritta, votiamo e applichiamo la legge». Posizione garantista del socialista Enrico Buemi convinto che «la decadenza ha una sua piena sostanza» , ma ci tiene a rispettare le regole.
Stavolta è senza storia la posizione del Pd.
Ieri c’è stata una prima riunione. «L’orientamento è votare al più presto» anticipa l’ex pm Felice Casson che non ha avuto incertezze sin dal primo giorno. Dice Giuseppe Cucca, il capogruppo: «Le sentenze e le leggi si rispettano. Non ci sono margini per discostarsi da una decisione scontata». Poi ironico: «Io non dubbi, vediamo se me li faranno venire… ».
Da un’aula del Senato in pieno lavoro risponde Claudio Moscardelli: «C’è una sentenza definitiva. Non resta che prenderne atto».
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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