ASSE EPIFANI-LETTA PER DISINNESCARE MATTEO RENZI E SALVARE IL GOVERNO DAI FALCHI PDL
LE GRANDI MANOVRE NEL PD
Adesso non si scherza più.
Dopo la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale, il gioco si fa duro per tutti, a maggior ragione per Enrico Letta e Guglielmo Epifani, il primo a capo del governo, il secondo guida del Pd.
I due agiscono ormai come un solo uomo per disinnescare tutte le mine sul campo e vaganti.
A cominciare da Matteo Renzi che fino a ieri godeva di una certa libertà di azione nelle critiche al governo, dovuta in gran parte alla scelta (obbligata e mal digerita) della dirigenza Pd di non alzare il tiro con l’alleato Pdl.
Ora che Berlusconi è pregiudicato, ora che al Nazareno hanno capito che il Cavaliere può tirare la corda fino a un certo punto perchè non può permettersi di staccare la spina all’esecutivo, Epifani fa la voce grossa e Letta farà lo stesso alla direzione del Pd.
E se proprio non va, sarà il premier a staccare la spina, il rischio elezioni in autunno non è escluso, anche a costo di approvare una legge elettorale con i 5 stelle, come minaccia il segretario Dem facendo arrabbiare i berlusconiani.
Salterebbe il congresso? Su questo punto i renziani sono sempre più in agitazione.
Stasera Renzi parlerà in due feste del Pd in Emilia Romagna.
E punterà a chiedere che il congresso non slitti per nessuna ragione al mondo.
Lo fanno già i suoi sulle agenzie di stampa, dopo aver letto l’intervista di Epifani al Corriere della Sera e aver appreso che il Pd non farà “sconti” a Berlusconi sulla giustizia, che “la legalità viene prima” e che la linea decisa al Nazareno è: il Cavaliere farebbe bene a dimettersi, il Pdl farebbe bene a sedersi al tavolo per una nuova legge elettorale e se non lo fa i Dem potrebbero sedersi con 5 stelle.
Insomma, i margini si fanno più stretti per il sindaco di Firenze.
Costretto alla linea: ‘accelerare ma non troppo’. Perchè un ritorno precipitoso al voto potrebbe offrire agli avversari mille spunti per saltare congresso e primarie, ricandidare Letta (ammesso che lui sia disponibile ma i lettiani non lo escludono), confermare Epifani alla guida del Pd.
E’ lo scenario che i renziani temono di più.
Quello che chiuderebbe tutte le porte che finora il sindaco è riuscito a tenersi aperte pur restando in silenzio stampa per tre settimane.
E’ lo scenario in cui Epifani e Letta giocano il tutto per tutto per tenere il governo al riparo dagli scossoni o comunque uscirne nel miglior modo possibile, se il castello dovesse crollare.
Senza considerare che magari con i 5 stelle l’unico accordo di legge elettorale possibile — almeno da quello che si intravede al momento — è su una qualche idea di proporzionale, che consenta ai grillini di rimanere all’opposizione a vita e alle larghe intese — epurate da falchi e ‘criticoni’ — di continuare a governare.
Il deputato Dem Beppe Fioroni, ex Popolare, lo dice da un pezzo che, dopo la sentenza Mediaset, “niente sarà più uguale” e “ci sarà con il tempo una ridefinizione dei soggetti politici in corso perchè quel vuoto che si genera e che sarà ogni giorno più grave nel centrodestra avrà necessità di una riorganizzazione e di una rinascita, proprio come nel centrosinistra non tutti si riconosceranno nello contro Letta-Renzi”. Ma c’è di più.
Lo scrive Pippo Civati sul suo blog: “Se nel Pdl dovesse passare la linea dei falchi e iniziasse a Ferragosto la campagna elettorale di Silvio e Marina, tutti la seguiremmo? E per tutti dico tutti: Pd e M5s, Sel e Sc.
Davvero non ci sarebbe un moto d’orgoglio per sistemare almeno la legge elettorale e interrompere la campagna per l’amnistia ad personam?”.
Una riflessione che segnala l’agitazione di chi ci tiene al congresso, come momento di chiarezza nel partito, anche a costo di rimandare un’eventuale prova elettorale.
Su questo schema ci sono anche i dalemiani.
Lo ha fatto capire Massimo D’Alema in una complicata intervista all’Unità , basata su tre cardini: verifica di governo, entrare nel vivo delle riforme ma anche della legge elettorale, e soprattutto tener fede al patto con lo statuto Pd.
Ovvero celebrare il congresso.
E’ questo il braccio di ferro che sta disegnando l’autunno Democratico.
(da “Huffington Post“)
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