Dicembre 19th, 2024 Riccardo Fucile
“GIORGIA MELONI NON HA VOLUTO UN GRUPPO COMUNE. È STATA VON DER LEYEN A DIRLE CHE SAREBBE STATA TRATTATA COME UN PARIA E NON AVREBBE AVUTO UNA VICEPRESIDENZA E LEI HA ACCETTATO”… MARINE LE PEN ATTACCA MELONI ANCHE SUI CPR IN ALBANIA: “NON E’ QUELLA LA STRADA”
“Io sono profondamente euroscettica. Non sono contro l’Europa, ma credo che il suo
funzionamento attuale sia anti-democratico, anti-nazionale e completamente contrario alle sovranità delle nazioni”: lo ha detto Marine Le Pen, leader del Rassemblement National (Rn) in Francia, in un’intervista concessa al giornale spagnolo El País.
L’idea di un gruppo comune al Parlamento europeo con dentro sia il Rassemblement National (Rn) francese sia Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni non è andata a buon fine in quanto l’attuale premier italiana “non ha voluto”: è quanto sostenuto dalla leader del partito transalpino, Marine Le Pen, in un’intervista rilasciata a El País.
“Non è che non avremmo potuto trovare elementi comuni, ma è stata la stessa Von der Leyen a dirle che, in caso di alleanza con noi, sarebbe stata trattata come un paria, senza vicepresidenze in Commissione, senza presidenze, senza niente. E Meloni si è sentita obbligata a diventare vittima di questo cordone sanitario”, ha aggiunto la politica francese.
Le Pen ha anche detto che la premier italiana ha “un rapporto con Von der Leyen” che lei non vuole “appoggiare”, in quanto l’attuale Commissione europea rappresenta “tutto ciò” a cui è contraria. E ha osservato che “l’Italia ha bisogno di appoggiarsi sull’Ue” per motivi economici, come dimostra il Pnrr “essenziale per la sua stabilità finanziaria”, mentre il suo partito “non è nella stessa posizione”.
Alla domanda su cosa pensi del modello proposto da Meloni per gestire gli arrivi dei migranti, consistente nel creare centri in Paesi terzi come l’Albania, Le Pen ha risposto: “Non credo che quella sia la soluzione. Bisogna implementare politiche di dissuasione. Bisogna trattare i casi di asilo in consolati e ambasciate straniere. Nessuno dovrebbe poter mettere piede in Europa senza la dovuta autorizzazione”.
(da agenzie)
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Dicembre 19th, 2024 Riccardo Fucile
MAURO GUIDUCCI, VICEPRESIDENTE NAZIONALE DEL SOCCORSO ALPINO E SPELEOLOGICO: “NON È CORRETTO FARE CRITICHE PER PERSONE CHE FANNO ATTIVITÀ DI CARATTERE SCIENTIFICO. A VOLTE CI SONO INTERVENTI CHE PASSANO INOSSERVATI, PER UN FUNGAIOLO O UN CACCIATORE DISPERSI IN MONTAGNA CHE HANNO COSTI ENORMEMENTE PIÙ ELEVATI”
Guiducci, vicepresidente nazionale del Soccorso alpino e speleologico.
ha dovuto dire basta alle polemiche sui costi per il salvataggio: «A volte ci sono interventi che passano totalmente inosservati, sempre per una singola persona che magari si è dispersa in montagna, come un fungaiolo o un cacciatore. Interventi che richiedono ore e ore di elicottero, e vi garantisco che hanno costi enormemente più elevati. Non è corretto fare critiche per persone che fanno attività di carattere, prima di tutto, scientifico».
Come quella che stava facendo Ottavia. Per lei si è mobilitato il paese: da chi ha portato da mangiare alla parrocchia che ha messo a disposizione l’ostello. Un’ora di elicottero costa migliaia di euro. Quattro giorni per aiutare la speleologa, stimano gli esperti, saranno costati nemmeno diecimila euro. Nulla.
Un verricello la solleva in cielo, l’elicottero riparte verso l’ospedale di Bergamo. La speleologa bresciana di 32 anni, dopo 75 ore di operazioni di soccorso ininterrotte, nelle quali sono stati impegnati 159 tecnici del Corpo nazionale del Soccorso alpino e speleologico provenienti da 13 regioni italiane, è finalmente in salvo. «Lavoriamo per ottenere risultati come questo», sottolinea Mauro Guiducci, “A tradire Ottavia è stata una roccia, crollata sotto i suoi piedi: un volo di cinque metri che le ha causato traumi a gambe, torso e volto”
(da agenzie)
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Dicembre 19th, 2024 Riccardo Fucile
LA SENTENZA RIGUARDA IL CASO DI DUE SIRIANI, SBARCATI SULLE COSTE SICILIANE E CHE L’ITALIA VOLEVA SPEDIRE IN GERMANIA, SOSTENENDO DI NON AVERE PIÙ POSTI NELLE SUE STRUTTURE
La Corte Ue – nell’ambito di un rinvio pregiudiziale – ha affrontato il caso di due
cittadini siriani che hanno presentato domanda di asilo in Germania quando il Paese di primo ingresso era l’Italia. La causa verte sull’interpretazione del regolamento Dublino III, pilastro normativo della gestione dell’asilo. L’Italia aveva diramato una circolare in cui invitava i 27 a sospendere temporaneamente tutti i trasferimenti poiché mancavano i posti nelle strutture. Un giudice tedesco ha dunque interpellato la Corte Ue. Ebbene, la sospensione unilaterale non basta a indicare “carenze sistemiche” tali da giustificare lo stop.
Secondo la Corte di Giustizia dell’Ue, infatti, “il fatto che uno Stato membro abbia sospeso unilateralmente le prese in carico dei richiedenti asilo di per sé non è tale da giustificare la constatazione di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale”. Una clausola del trattato di Dublino prevede forme di protezione umanitaria per far sì che i migranti ricevano sempre un trattamento dignitoso.
“Il regolamento Dublino III enuncia due condizioni cumulative affinché si possa constatare l’impossibilità del trasferimento di un richiedente protezione internazionale verso lo Stato membro competente. Infatti, solo le ‘carenze sistemiche’ che ‘implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta’ rendono impossibile tale trasferimento”, nota la Corte.
Ma la Corte, allo stesso tempo, ricorda che, “nel contesto del sistema europeo comune di asilo, si deve presumere che il trattamento riservato ai richiedenti protezione internazionale in ciascuno Stato membro sia conforme ai requisiti della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, nonché della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”.
L’esistenza di una simile carenza, dunque, “può essere accertata solo al termine di un’analisi concreta, fondata su elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati”. “Spetta al giudice investito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento procedere alla valutazione dell’esistenza di siffatte carenze sistemiche e del rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta”, basandosi anche sui documenti di organizzazioni internazionali.
Nell fattispecie, due cittadini siriani, RL e QS, hanno presentato una domanda di asilo in Germania ma l’Italia, come detto, è stata individuata come Stato membro competente. Le autorità tedesche hanno pertanto chiesto all’Italia di prendere in carico RL e QS. “Ma tale domanda è rimasta senza risposta”. Le autorità tedesche hanno poi respinto le domande di asilo in quanto inammissibili con la motivazione che “l’Italia era competente per l’esame di tali domande di asilo” e hanno altresì disposto l’allontanamento dei suddetti richiedenti verso l’Italia.
“I ricorsi dei richiedenti asilo avverso le decisioni delle autorità tedesche sono attualmente pendenti dinanzi al Tribunale amministrativo superiore del Land Renania settentrionale-Vestfalia, giudice del rinvio”, nota la corte.
Durante i procedimenti di appello, l’unità Dublino italiana ha inviato a tutte le unità Dublino una circolare in cui invitava gli Stati membri a sospendere temporaneamente tutti i trasferimenti verso l’Italia per motivi tecnici; in una seconda circolare, l’unità italiana confermava l’indisponibilità di strutture di accoglienza, tenuto conto dell’elevato numero di arrivi ma anche della mancanza di posti di accoglienza disponibili. È in tale contesto che il giudice tedesco chiede alla Corte di fornire chiarimenti sull’interpretazione del regolamento Dublino III, in particolare sull’esistenza di carenze sistemiche in uno Stato membro designato come competente.
(da agenzie)
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Dicembre 19th, 2024 Riccardo Fucile
UN’INCHIESTA DI “LE MONDE” SVELA CHE PIÙ DI 2MILA INFLUENCER IN OGNI PAESE D’EUROPA SONO STATI APPROCCIATI DAL CREMLINO PER DIFFONDERE NOTIZIE FILO-RUSSE … QUELLI CHE AVREBBERO ACCETTATO SAREBBERO SOLO UNA VENTINA, TRA FRANCIA, SPAGNA, REGNO UNITO, GERMANIA E ITALIA. CHI SONO? FUORI I NOMI!
La Francia accusa la Russia di manipolare gli influencer francesi e altri social media europei con tattiche di interferenza digitale varie e in rapida evoluzione.
Lo ha detto il ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot alla commissione per gli affari esteri del Parlamento, dopo che il quotidiano Le Monde aveva riferito che migliaia di influencer, anche in Francia, erano stati avvicinati da individui vicini al Cremlino per diffondere propaganda filo-russa. “Abbiamo prove che confermano che la Russia sta anche cercando di manipolare gli influencer dei paesi europei, compresa la Francia”, ha detto Barrot.
La Russia sta cercando di spargere disinformazione manipolando gli influencer in diversi Paesi europei. La denuncia è arrivata dal ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot, che ha invitato ”i creatori di contenuti e i loro abbonati a essere estremamente vigili su queste minacce al nostro dibattito pubblico”.
”La Francia è presa di mira da diversi tipi di interferenze digitali straniere – ha dichiarato Barrot – Abbiamo prove che confermano che la Russia sta cercando di manipolare gli influencer anche in altri Paesi europei, compresa la Francia. Le indagini sono in corso”
Le parole di Barrot arrivano dopo l’indiscrezione di Le Monde, che citando fonti d’intelligence aveva rivelato che erano ”più di 2.000 influencer”a essere stati contattati. Una ventina tra Italia, Germania, Regno Unito, Spagna e Francia avrebbero accettato l’offerta e pubblicato video richiesti da Mosca, in cambio di una cifra non precisata.
(da agenzie)
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Dicembre 19th, 2024 Riccardo Fucile
LA RICHIESTA DI SEI ANNI DI CARCERE E’ IRRISORIA RISPETTO AL CRIMINE CONTESTATO CHE PREVEDE FINO A 15 ANNI DI CONDANNA… I SOVRANISTI SONO TALMENTE DEMOCRATICI CHE I TRE MAGISTRATI DEVONO VIVERE SOTTO SCORTA PER LE MINACCE DI MORTE RICEVUTE… ALL’ULTIMA CENA (DI NATALE) DI SALVINI MOLTE ASSENZE TRA I PARLAMENTARI
Domani è il giorno della sentenza per Matteo Salvini. Appuntamento alle 9,30
all’aula del carcere Pagliarelli di Palermo, il pm ha chiesto sei anni di reclusione, le accuse nei suoi confronti sono di sequestro di persona e abuso d’ufficio per aver impedito lo sbarco di 147 persone soccorse da Open Arms.
Correva l’anno 2019, governo gialloverde: quell’agosto 88 persone, in condizioni igienico-sanitarie poco dignitose, rimasero a bordo per quasi tre settimane in attesa di attraccare in un porto italiano.
Dovesse arrivare una condanna per il vicepresidente del Consiglio, la Lega è pronta a cavalcarla politicamente: non solo con dei semplici gazebo a Roma e a Milano, già sabato e domenica, ma anche con qualcosa di più eclatante. Magari una manifestazione, o un presidio, nei giorni successivi, un po’ come i tempi ruggenti del Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi fuori dal Palazzo di giustizia milanese.
Oggi intanto Salvini a Bruxelles ha ricevuto la solidarietà preventiva dagli alleati europei del gruppo dei Patrioti (insieme stanno valutando una missione a Washington, come anticipato da ministro italiano), che già a Pontida lo scorso ottobre accorsero per mostrargli vicinanza e nel vertice in vista del Consiglio europeo posano con una maglietta con la foto di Salvini e la scritta “colpevole”.
“Giustizia per Matteo”, scrive su X il premier ungherese, Viktor Orbán
Il vicesegretario Andrea Crippa, parlando con Affaritaliani.it, spiega che «un’eventuale condanna sarebbe un fatto gravissimo, una condanna all’intero popolo italiano. Tutto il partito è al fianco del suo leader ed è pronto alla mobilitazione». Ed è la linea tracciata nelle ultime settimane dallo stesso Salvini, che giusto due sere fa ha incontrato a cena a Roma deputati e senatori — non tutti: parecchie le assenze — per gli auguri di Natale: «Se mi condannano, è un atto di guerra verso tutte le persone perbene che fanno il loro dovere».
(da agenzie)
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Dicembre 19th, 2024 Riccardo Fucile
FDI 28,7%, PD 23,8%, FORZA ITALIA 11,4%, M5S 10,9%, LEGA 8,6%, AVS 6,1%
L’ultima rilevazione del sondaggio Monitor Italia di Tecnè, realizzato tra il 12 e il 13 dicembre per l’Agenzia Dire, evidenzia un altrocalo per Fratelli d’Italia (FdI) e una lieve crescita per il Partito Democratico (Pd), riflettendo i cambiamenti nelle intenzioni di voto e la fiducia nei principali leader politici e nel governo.
Se si votasse oggi, il partito di Giorgia Meloni arriverebbe primo. Fratelli d’Italia, complice forse anche Atreju, la kermesse di FdI organizzata al Circo Massimo di Roma e conclusasi da appena tre giorni, non sembra infatti temere alcun nemico: resta stabile al primo posto, con un 28,7% di consensi e una diminuzione dello 0,2%, rispetto alla settimana precedente e dello 0,8%, rispetto al mese scorso.
Al secondo posto, il Partito Democratico, che cresce dello 0,2%, rispetto all’ultimo sondaggio, raggiungendo il 23,8%. Questo incremento riflette un possibile miglioramento per il partito di Elly Schelin anche se la distanza da FdI rimane significativa.
Anche Forza Italia, con l’11,4% dei consensi, registra un piccolo miglioramento, con uno 0,1%. Il partito di Tajani è oggi il secondo partito della maggioranza.
Il Movimento 5 Stelle segna una leggera crescita dello 0,1%, e si piazza oggi al 10,9%. Rimane da vedere se, dopo la recente esclusione di Beppe Grillo, il Movimento riuscirà a mantenersi stabile o a guadagnare nuovi consensi
Non si può dire la stessa cosa per Matteo Salvini, in attesa della sentenza del processo Open Arms, che dovrebbe arrivare il 20 dicembre, in cui rischia una condanna a sei anni di carcere per sequestro di persona aggravato. Calma piatta infatti per il suo partito, la Lega, che vede un incremento solo dello 0,1%, con una leggera flessione, sempre dello 0,1%, rispetto al mese precedente e oggi si ferma e si attesta all’8,6%.
Bene invece per Alleanza Verdi e Sinistra, anche se si ferma al 6,1%. Dopo i risultati delle europee dello scorso giugno, il gruppo sembra infatti aver trovato una base solida di elettori, raddoppiando il supporto rispetto alle elezioni politiche precedenti.
Per quanto riguarda i partiti che si trovano vicino alla soglia del 3%, buone notizie per Carlo Calenda che ha registrato una lieve flessione con il suo partito, Azione, che tuttavia si posiziona al 2,5%.
Niente da fare per Italia Viva che si ferma al’2,2%, e non riesce a posizionarsi ancora sopra la soglia del 3%, obiettivo che pare difficile anche per +Europa, che resta all’1,9%.
(da Fanpage)
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Dicembre 19th, 2024 Riccardo Fucile
SUPERATA QUOTA 13 MILIARDI, LO SPUTTANAMETO DEI SOLDI DEGLI ITALIANI CONTINUA
Soldi in più per il Ponte sullo Stretto di Messina: un emendamento della Lega che ha
ricevuto il via libera dalla commissione Bilancio della Camera prevede uno stanziamento aggiuntivo di circa 1,5 miliardi di euro. I soldi verranno dal Fondo sviluppo e coesione, cioè dai fondi europei rivolti in buona parte alle Regioni. Lo stesso emendamento assegna un miliardo di euro ai lavori per la Tav e uno a Ferrovie dello Stato per progetti collegati al Pnrr, oltre a somme minori per altre infrastrutture.
La manovra dello scorso anno aveva messo da parte circa 11,6 miliardi di euro in tutto per l’opera, fino al 2032. La legge di bilancio 2025, invece, cambia le cose. Innanzitutto, la parte di spesa a carico dello Stato diminuisce: non più 9,3 miliardi, ma ‘solo’ 7 miliardi. Allo stesso tempo, però, aumentano i soldi presi dal Fondo sviluppo e coesione, che è dedicato in buona parte alle Regioni: 3,9 miliardi di euro in più.
Facendo i calcoli, quindi, i fondi in più equivalgono a circa 1,5 miliardi di euro. Il tutto comunque resta sempre “nelle more dell’individuazione di fonti di finanziamento atte a ridurre l’onere a carico del bilancio dello Stato”. Insomma, il governo continuerà a cercare altre fonti di finanziamento, ad esempio i privati.
Il costo complessivo dell’opera, guardando ai soldi stanziati, è quindi di oltre 13 miliardi di euro. Una stima in linea con quella comunicata dal governo lo scorso anno, di circa 13,5 miliardi di euro.
Previsione che però sembrerebbe essere sottostimata, se si considerano anche i costi tecnici per adeguare i progetti. E senza contare le infrastrutture collegate al Ponte, come treni e strade: non a caso, la manovra 2025 stanzia anche 500 milioni di euro per le “opere connesse alla realizzazione” del Ponte.
Al momento, quindi, il quadro è questo: lo Stato è chiamato a versare, da qui al 2032, circa 7 miliardi di euro. A Calabria e Sicilia saranno sottratti 1,6 miliardi di euro, mentre alle altre Regioni poco più di 700 milioni di euro in tutto. In più, è arrivata la nuova ‘iniezione’ di 3,9 miliardi, sempre a pesare sul Fondo sviluppo e coesione dedicato alle Regioni.
Quest’ultima somma, si legge in manovra, sarà sbloccata e assegnata dal Cipess (il Comitato interministeriale per la programmazione economica) quando darà il via libera al progetto. Toccherà sempre al comitato stabilire la divisione in anni dei 3,9 miliardi, e le modalità per il loro utilizzo. Dopodiché, ogni anno il ministero dei Trasporti sarà tenuto ad aggiornare ogni anno con una relazione il Cipess, facendo sapere a che punto sono i lavori e se la previsione dei costi è cambiata.
Proprio al Cipess, ora, spetta il compito di completare il prossimo passaggio tecnico del progetto del Ponte. Toccherà al comitato dare l’approvazione definitiva all’opera per come è stata progettata. Una riunione per arrivare alla decisione dovrebbe tenersi entro la fine del 2024, o al massimo all’inizio del prossimo anno. È piuttosto chiaro, ormai, che la promessa sbandierata dal ministro Salvini di iniziare i lavori per il Ponte entro l’anno non sarà mantenuta.
Nel frattempo, non si fermano le critiche al progetto. Il rapporto Pendolaria di Legambiente, pubblicato oggi, ha osservato che “oltre l’87% degli stanziamenti infrastrutturali fino al 2038 sono dedicati al Ponte sullo Stretto di Messina”, definendo la cosa “drammatica”. Il motivo è che questa attenzione alle grandi opere “distoglie l’attenzione dai veri problemi di chi viaggia in treno ogni giorno”, ha affermato l’organizzazione. In più, “il progetto per il Ponte sullo Stretto di Messina sta drenando risorse fondamentali per il Sud”.
(da Fanpage)
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Dicembre 19th, 2024 Riccardo Fucile
IL COMUNE DI ROMA HA DIRITTO A INVITARE CHI GLI PARE, L’ERRORE E’ STATO INSERIRE TRA I PARTECIPANTI IL RAPPER PER POI CAMBIARE IDEA
«“Mi dici che sono un tipo violento però vieni solo quando ti meno… “ così ha cantato Tony Effe in un suo brano. Mahmood, Mara Sattei decidono di non partecipare al capodanno a Roma in solidarietà contro il passo indietro del Campidoglio sull’esibizione del trapper romano. Emma e Giorgia parlano di censura. Quindi da ora in poi sdoganiamo qualsiasi linguaggio misogino, omofobo, contro i disabili, sul body shaming… perché chi si oppone a questo linguaggio viene tacciato di censura. Si fanno gli interessi delle donne o delle case discografiche?». Questa l’osservazione di Vladimir Luxuria (in cui tagga anche Emma e Giorgia) che sta invece dalla parte del sindaco Roberto Gualtieri che ha deciso di annullare la partecipazione del trapper al concerto di fine anno a Roma.
Ma mentre tanti big della musica solidarizzano con l’escluso c’è chi come Luxuria ricorda che gran parte degli artisti lavorano per due delle maggiori case discografiche sul mercato. Una strana omogeneità per chi ha sperato che Tony Effe non salisse mai sul palco del Circo Massimo.
(da agenzie)
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Dicembre 19th, 2024 Riccardo Fucile
“RIBADISCO, MELONI E’ OBBEDIENTE AGLI USA E ALLA UE, PER QUESTO L’APPREZZANO”… “E’ STABILE PERCHE’ IMMOBILE”
Scansa l’idea di essere lo stregone che insegnerà al centrosinistra la macumba per
battere Giorgia Meloni, ironica in Parlamento con le opposizioni. Si defila anche dal ruolo di burattinaio della fantomatica federazione moderata che dovrebbe prendere corpo. Ma non rinuncia al ruolo di avversario radicale del governo. «Questa destra è più insidiosa di quella guidata da Silvio Berlusconi», scandisce Romano Prodi, ex presidente del Consiglio e della Commissione europea.
«Quanto abbiamo ascoltato alla festa di Atreju dice che FdI si rifà a radici estremistiche e verbalmente violente. Sono loro a essersi messi a destra di Berlusconi. Oggi Forza Italia è l’area moderata della coalizione». Una coalizione che però vince, obiettiamo. «Sì, vince per le divisioni del centrosinistra». Prodi ha una gran voglia di rimettere a posto il suo profilo, dopo i fraintendimenti degli ultimi giorni.
Al punto che si attribuisce a Prodi un ruolo benedicente di qualsiasi leadership: segno che in vent’anni e più da quel versante non sono arrivati né nuovi leader né nuove idee. Lui nega. Di più, ritiene che si tratti di qualcosa di alieno rispetto alle sue convinzioni di sempre. «È una premessa sbagliata. Intorno a me non ruota nulla. Non ho un dialogo sistemico con nessuno da molto tempo. Mi limito a scrivere quello che penso, e continuerò a farlo, questo sì. Ma non c’entra col ruolo che mi si attribuisce. Non sono più determinante».
Non si riconosce nemmeno nella narrativa che lo vuole promotore della possibile candidatura di Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, come federatore di un centro cattolico. «Ruffini lo conosco e lo stimo. Siamo amici da tempo — spiega Prodi —. E anni fa feci anche la prefazione a un suo libro. Ma se dovessi lanciare tutti quelli a cui ho fatto prefazioni, la lista formerebbe da sola un partito.
Quanto all’idea di un partito cattolico di cui sarei il mallevadore o il regista, non appartiene alla mia cultura politica. Sono cattolico ma la costruzione di un partito cattolico a mio avviso è impossibile, e direi velleitaria. La mia ambizione è sempre stata quella di unire riformismi diversi: cattolico, liberale, socialista. Dunque, l’opposto di quello che mi è stato attribuito. Ci riuscii ai miei tempi ma oggi non è mio compito, spetta ad altri. Non sono il burattinaio di nulla. Faccio solo notare che nelle democrazie europee non esiste il caso che un solo partito abbia la maggioranza. Siamo in una democrazia frammentata, perfino in Germania».
Di nuovo, rispunta il fantasma di uno schieramento composto da opposizioni eterogenee. Con la spregiudicatezza del M5S, a cominciare dalla politica estera, che rende difficile ipotizzare qualunque progetto basato sulla coesione delle forze chiamate a farne parte. Prodi condivide l’analisi solo parzialmente, quando si parla di post grillini. «Per ora tra Elly Schlein e Giuseppe Conte è più un balletto personale che un confronto tra politiche alternative», osserva. «E certamente, se continua così non ci sarà nessuna possibilità di accordo. La valutazione, però, va fatta in prospettiva. E poi, conto che la guerra in Ucraina finisca presto».
Tuttavia, l’aggressione russa non si ferma. E il governo ha scelto una linea atlantista che rende credibile Meloni e l’Italia. Prodi ha sostenuto che la premier è apprezzata «perché ubbidisce»: parole riduttive e perfino provocatorie, che hanno provocato una reazione risentita della premier.
Eppure, su questo punto l’ex presidente della Commissione e fondatore dell’Ulivo non arretra di un millimetro.
Di più: rincara la dose. «Ritengo l’attacco personale che Meloni mi ha riservato un segno di grande debolezza e insicurezza», sostiene. «Quanto ho detto è un semplice indizio politico. Possiamo fare anche l’esame analitico, se si vuole.
Ribadisco: Meloni è obbediente. Lo è stata prima con Joe Biden e poi con Donald Trump. Questi sono fatti. È chiaro che essendo ubbidiente è apprezzata». Parole ruvide, che sembrano pronunciate per toccare quello che Prodi considera un punto debole.
Eppure, anche in Europa la premier ha acquistato credito pur avendo «disubbidito» all’inizio sulla Commissione di Ursula von der Leyen. «È vero, ma poi si è adattata. Ed è stata ubbidiente prima con Orbán, poi con von der Leyen».
Nella sua analisi, quello che viene percepito come un fallo di reazione di Meloni ai suoi attacchi «forse nasce dal timore che si crei una coalizione riformista in grado di costruire un’alternativa credibile a questa destra. Il Pd dovrebbe andare avanti su questa strada: ha due anni di tempo prima che si entri in una fase elettorale». Prodi non sembra disposto a concedere all’esecutivo nemmeno il merito della stabilità, merce rara tra i governi europei di oggi? «Il governo Meloni è stabile, sì. Ma si è stabilizzato al prezzo dell’immobilismo. Stabilità e unità sono state pagate con una legge finanziaria di piccole concessioni, e con l’assenza totale di riforme. E questo perché nella coalizione esistono tensioni molto forti. Meloni finora le ha gestite con abilità. Non escluderei, tuttavia, che se dovessero aggravarsi possano portare a tentazioni di elezioni anticipate».
(da Corriere della Sera”)
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