Dicembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
I SOCIALISTI: “OSTAGGIO DI LE PEN”… PERSINO LA DESTRA MODERATA DI BERTRAND SI RIFIUTA DI ENTRARE: “E’ UN GOVERNO CONTRATTATO CON MARINE LE PEN”
Due ex primi ministri francesi faranno parte dell’esecutivo di François Bayrou, che è
stato annunciato dal segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler. Sono Manuel Valls, che si occuperà dell’Oltremare, e la macroniana Elisabeth Borne, all’Istruzione. Valls ha guidato il governo fra il 2014 e il 2016, sotto la presidenza di François Hollande, mentre precedentemente era stato ministro dell’Interno. Borne è stata prima ministra dal 2022 a gennaio 2024, sotto la presidenza dell’attuale inquilino dell’Eliseo Emmanuel Macron.
Nell’esecutivo 34 ministri in tutto: 17 donne e 17 uomini. L’amministratore delegato di Cassa Depositi, Eric Lombard, sarà il ministro dell’Economia, mentre l’ex ministro dell’Interno Gerard Darmanin andrà alla Giustizia.
Il centrista Jean-Noel Barrot è stato confermato ministro degli Esteri. Bruno Retailleau, incarnazione dell’ala più a destra dei Républicains, è stato anch’egli confermato: sarà ministro dell’Interno anche nel governo Bayrou. Così come Rachida Dati alla Cultura.
Queste sono alcune delle altre nomine: Catherine Vautrin al Lavoro, François Rebsamen alle collettività locali e all’ambiente, Sébastien Lecornu alla Difesa, Laurent Marc-Angeli alla Funzione pubblica, Aurore Bergé all’uguaglianza e alla lotta contro la discriminazione, Yannick Neuder alla Sanità e all’accesso alle cure, François Gatel agli Affari rurali, Améli de Montchalin ai Conti pubblici, Véronique louvagie al Commercio, l’Artigianato e l’Economia sociale, Nathalie Delatre al turismo, Valérie Letard all’edilizia abitativa, François Gatel agli Affari rurali, Benjamin Haddad agli Affari europei.
La prima riunione è prevista il 3 gennaio. “Sono molto orgoglioso della squadra presentata questa sera. Un collettivo esperto per riconciliare e rinnovare la fiducia con tutti i francesi”. Lo scrive il primo ministro francese Bayrou.
La reazione dei socialisti
“Non è un governo, è una provocazione. La destra estrema al potere sotto sorveglianza dell’estrema destra”: lo scrive in un messaggio pubblicato su X il segretario socialista, Olivier Faure, dopo l’annuncio della nuova squadra ministeriale a Parigi.
Xavier Bertrand ha fatto sapere che non entrerà nel nuovo governo del premier, Francois Bayrou, formato a suo parere “con l’avallo di Marine Le Pen”. In una nota diffusa poco prima dall’annuncio del nuovo esecutivo, l’ex ministro e governatore della regione Hauts-de-France, incarnazione della destra moderata francese ed acerrimo rivale del Rassemblement National (RN), annuncia il suo rifiuto di partecipare “ad un governo della Francia formato con l’avvallo di Marine Le Pen”.
“Il premier mi ha informato stamattina, contrariamente a quanto propostomi ieri, che non era più in grado di affidarmi la responsabilità del ministero della Giustizia a causa dell’opposizione del Rassemblement National”. Di qui la decisione di Xavier Bertrand di rifiutare l’ingresso nel governo con un incarico diverso da quello di Guardasigilli.
(da agenzie)
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Dicembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
“A NATALE ATTESI 4.500 OSPITI, SEMPRE PIU’ FAMIGLIE, AI BAMBINI DISTRIBUIREMO ANCHE QUALCHE GIOCATTOLO”.. IL GOVERNO FAVORISCE GLI EVASORI E TOGLIE SUSSIDI AI POVERI
Non per tutti Natale è sinonimo di pranzi abbondanti in famiglia e di lunghe tavolate con almeno tre portate. A Milano, così come in tante altre città, c’è chi anche il 25 dicembre si mette in fila la mattina per ritirare i pacchi di viveri da Pane Quotidiano, ovvero la onlus con sede in viale Toscana e viale Monza che assiste le persone indigenti offrendo cibo senza chiedere documenti né altro. Con il passare degli anni le code la mattina fuori dalle loro sedi si allungano sempre di più. A Natale non ci sarà nessuna eccezione: sono attese oltre 4.500 persone e tanti volontari sono pronti ad accoglierle per distribuire loro cibo a lunga conservazione.
Ma perché a Milano questa coda aumenta e non si riduce? Cosa succederà il giorno di Natale? A Fanpage.it lo ha spiegato il vice-presidente di Pane Quotidiano Luigi Rossi.
Come siete organizzati per Natale?
Noi anche quest’anno, siccome Natale non cade di domenica, siamo aperti. E lo siamo anche domani che è la vigilia. La razione di cibo il 25 dicembre sarà più ricca perché i nostri sostenitori, ovvero aziende produttrici di alimenti, ci omaggiano anche di pandori e panettoni che distribuiremo proprio quel giorno.
Quante persone sono attese per Natale?
A livello di numeri siamo in una situazione abbastanza drammatica. Questa mattina alle 9.15 avevamo raggiunto già le mille persone. Oggi sicuro ci siamo avvicinati ai 5mila perché stamattina la coda era molto lunga.
Solitamente tra viale Toscana e viale Monza il numero di passaggi è di 4.500 ospiti al giorno. Nell’arco di un anno contiamo più di un milione e mezzo di passaggi. Anche a Natale sicuramente avremo almeno 4.500 persone. Ai bambini distribuiremo anche qualche giocattolo.
Avete registrato un aumento rispetto agli anni passati?
Negli ultimi tempi le persone sono aumentate. Negli ultimi tre o quattro anni abbiamo contato un 15 per cento in più di ospiti. Questo numero è abbastanza stabile ora.
Da cosa è dipeso questo aumento?
Il conflitto russo-ucraino ha sicuramente portato nuovi ospiti. Poi il potere di acquisto a Milano si è roso ancora di più rendendo i costi della vita sempre più complicati. Milano ha tutti i pregi e difetti di una grande città europea: però per chi percepisce una pensione da mille euro al mese, così come per chi ha uno stipendio di 1.300/1.400 euro al mese, vivere a Milano è impossibile.
Qual è l’età media dei vostri ospiti?
Ci sono tantissimi pensionati, ma si iniziano a vedere anche sempre più famiglie. Da sempre ci sono famiglie di extracomunitari ma da un po’ di tempo anche coppie italiane di marito e moglie che vengono a prendere cibo da noi. Anche con un’età nel pieno della forza lavorativa: magari non riescono a trovare un lavoro o forse hanno stipendi troppo bassi.
In città mancano delle realtà come la vostra per sanare questi tipi problemi?
Milano riesce a risolvere l’emergenza cibo. Tra Pane Quotidiano e le mense per i clochard, riusciamo a soddisfare questa esigenza. Da noi non vengono i senzatetto, noi distribuiamo alimenti per chi ha una casa. Non distribuiamo cibi freschi o cotti, ma alimenti che si possono conservare. Da noi viene chi una volta ritirato il pacco di pasta ha un posto dove cuocerla. Nelle mense invece i clochard vanno a consumare il pasto.
Sul fronte dei dormitori, Milano è meno coperta. Anche se questo settore deve affrontare più difficoltà rispetto a quello che si occupa della distribuzione del cibo.
(da Fanpage)
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Dicembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
VILLA SAN GIOVANNI E REGGIO CALABRIA HANNO IMPUGNATO IL PARERE DELLA COMMISSIONE VIA DAVANTI AL TAR
Nessuna valutazione strategica, opzione zero o soluzioni alternative mai esplorate,
insussistenza del presupposto di emergenza o urgenza che giustifica i decreti, violazioni di direttive europee, leggi nazionali e dell’articolo nove della Costituzione. Con quarantanove pagine e quindici motivi di ricorso il Comune di Villa San Giovanni e la Città Metropolitana di Reggio Calabria dicono no al Ponte sullo Stretto, impugnando di fronte al Tar il parere con cui la commissione Via Vas ha dato via libera con prescrizioni al progetto.
È un passaggio fondamentale che, a dispetto degli oltre sessanta appunti formulati dai commissari, ha fatto gridare vittoria alla ‘Stretto di Messina’, che ha annunciato l’apertura dei primi cantieri per i primi mesi del 2025. Ma con buona pace dei miliardi che sul Ponte il governo sta dirottando, il ricorso dei territori calabresi direttamente interessati dai lavori potrebbe bloccare tutto, soprattutto se al Tar si riuscisse a strappare una sospensiva.
Per il Ponte necessaria una valutazione strategica
Lo Stretto, si spiega nel ricorso, è un patrimonio unico, come tale celebrato anche nella letteratura mondiale, dai “suoi aspetti sempre nuovi”, raccontati da Goethe alla “visione incomparabile” che regala, di cui parla Stefano D’Arrigo. Ecco perché, argomenta l’avvocato Daniele Granara, il Ponte “non può considerarsi esclusivamente un progetto, costituendo un’immane infrastruttura, che assume una veste programmatoria, derogando ai piani urbanistici vigenti dei Comuni nel cui territorio insiste e, quindi, comportando la modifica della pianificazione urbanistica (id est, comportandone una nuova) di tutto il territorio interessato”.
Documentazione anacronistica
Traduzione, per il Ponte era necessaria anche una Vas, una valutazione strategica, e in quest’ambito sarebbe stato necessario anche vagliare l’ipotesi di mancata costruzione dell’opera (opzione zero) in termini di sviluppo strategico dell’area. A dispetto delle specifiche richieste sul punto delle amministrazioni non è stato fatto, ci si è limitati a una Via, una valutazione di impatto ambientale, per giunta “condotta sulla base di documentazione anacronistica ed inattuale” e assolutamente insufficiente. Uno studio diverso e più approfondito “si rivela necessario allo stato attuale, tanto più visto il tempo trascorso e le modifiche progettuali intervenute, che, come si vedrà, integrano un (pur sempre illegittimo) nuovo progetto”.
Porto di Gioia Tauro e crociere a rischio
Di certo, si spiega non sono state valutate le ricadute sulla navigazione e sulle attività economiche e commerciali collegate, a partire dal Porto di Gioia Tauro. “Il ponte – si legge nell’atto – è infatti previsto con altezza di 65 metri”, dunque “impedirebbe il passaggio delle navi da crociera (con compromissione della navigazione turistica e significativa incidenza sul relativo settore) e delle navi portacontainer, con incalcolabili conseguenze sulla navigazione commerciale del Mediterraneo”.
Manca il presupposto per la decretazione d’urgenza
Ma soprattutto – e probabilmente è il nodo centrale del ricorso – difettano i presupposti per la decretazione d’urgenza, usata per riesumare e ricapitalizzare la società Stretto di Messina, in liquidazione da dieci anni. “Non si comprende quale sia la necessità e l’urgenza di realizzare un’opera, che si prospetta da oltre cinquant’anni, che non è mai stata realizzata e che, per le molteplici ragioni esposte infra, non è obiettivamente realizzabile”, spiega il legale.
L’illogicità del parere
Il parere della commissione Via Vas, per quanto condizionato al rispetto di prescrizioni, per le amministrazioni di Reggio Calabria e Messina è illogico perché su fin troppi aspetti rinvia alla progettazione esecutiva la definizione di aspetti fondamentali. “È evidente che gli studi sismologici e tettonici debbano essere completi già in sede di progettazione definitiva”, si legge, come quelli “idrologici e idrochimici” o “l’individuazione dei siti per lo stoccaggio dei detriti, inammissibilmente postergata alla sede esecutiva”. E ancora, si sottolinea, “come può valutarsi l’impatto ambientale di un’infrastruttura viaria senza neppure conoscere le previsioni di traffico da cui sarà interessata, con il conseguente inquinamento?”.
Violato il principio di prudenza, allarme faglie ignorato
In più, si sottolinea è grave, pericoloso e in palese violazione del principio di precauzione, di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, di una direttiva europea e di una norma nazionale che non sia stata valutata la presenza di una faglia attiva proprio nell’area del pilone a Cannitello, sulla sponda calabrese dell’opera. Sul punto, documentato in diverse relazioni tecniche dalle amministrazioni, c’è stato “difetto assoluto di istruttoria e di motivazione”, alle contestazioni si è risposto con “irrazionalità ed illogicità manifeste”.
La Stretto di Messina si è limitata a mettere in discussione l’esistenza o la reale attività della faglia, per altro millantando un parere al riguardo di Ingv, che ha pubblicamente smentito qualsiasi coinvolgimento. “Si rimanda alla fase della progettazione esecutiva lo studio circa la stabilità dell’intera opera, costruita su di una faglia attiva: trattasi di illegittima postergazione di un adempimento procedimentale ed istruttorio che avrebbe dovuto costituire la base di partenza per la valutazione della realizzabilità dell’opera”.
“Le nostre comunità vogliono essere protagoniste”
Sono questi i principali motivi di ricorso, solo in parte sovrapponibili a quelli formulati in altri due atti di impugnazione presentati al Tar da Wwf e comitati locali. ”Il parere espresso dalla Commissione Via Vas presenta profili di dubbia costituzionalità, vizi di violazione di legge ed eccesso di potere”, spiegano le amministrazioni di Villa San Giovanni e Reggio Calabria, che hanno deciso di procedere al ricorso per motivi molto precisi: “tutela del paesaggio quale valore costituzionale, tutela degli espropriandi, paventato rischio di un’eterna incompiuta con ricadute nefaste inimmaginabili per la sopravvivenza dello stesso tessuto sociale metropolitano”. E con una consapevolezza: “le nostre comunità che vogliono essere protagoniste di ogni decisione di sviluppo di questo territorio straordinario.”
(da La Repubblica)
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Dicembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
BONELLI (VERDI): “I GIUDICI POSSONO DISAPPLICARE LE DECISIONI DEL GOVERNO, CASO PER CASO
Il segretario di +Europa Riccardo Magi, autore di una protesta a sorpresa a giugno scorso davanti al centro di Shengjin dove è stato strattonato per aver bloccato un’auto della scorta di Meloni, commenta: “È surreale: invece che dichiarare il fallimento dell’operazione, in un vertice di governo Meloni ha deciso di andare avanti con la sciagurata strada dei centri in Albania. Con un gioco delle tre carte, l’esecutivo ha scelto di travisare volontariamente la pronuncia della Corte di Cassazione sul decreto flussi, nella parte che riguarda i Paesi sicuri. Un tragico gioco dell’oca, dove l’esecutivo fa finta di niente e ritorna alla casella di partenza – continua Magi – ignorando le sentenze dei tribunali sui migranti deportati illegalmente in Albania dal governo e subito rimpatriati in Italia, facendo spallucce sullo spreco di risorse per queste sadiche cattedrali nel deserto, e piegando a suo favore la pronuncia della Corte, che sui Paesi sicuri ha affermato sì che il governo può modificare la lista, ma ha anche ribadito che resta in capo ai giudici la discrezionalità giurisdizionale”.
Spiega ancora il segretario di +Europa: “In sostanza, il governo può anche dichiarare che l’Egitto è un Paese sicuro perché quando Salvini ci è stato in vacanza non gli è successo nulla, ma ai tribunali resta il potere/dovere di valutare se un Paese è effettivamente sicuro per i singoli cittadini che arrivano in Italia a richiedere l’asilo e se quindi può essere loro applicata la procedura accelerata con trattenimento in Albania”.
All’attacco anche Angelo Bonelli parlamentare Avs e co-portavoce di Europa Verde: “La sentenza n.14533/2024 del 4/12/2024 non è stata ben letta dalla premier e stupisce che nell’imponente ufficio legislativo della Cassazione, a disposizione di Palazzo Chigi, non ci sia nessuno che le abbia fatto presente che i giudici possono disapplicare le decisioni del governo caso per caso quando il migrante proviene da un paese che non è sicuro: proprio quello che hanno fatto i giudici italiani. Dire che la Cassazione ha dato ragione al governo non solo è una bugia ma è analfabetismo giuridico”.
(da agenzie)
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Dicembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO DI UNIRAI, FRANCESCO PALESE, HA SPEDITO UNA DIFFIDA, INDIRIZZATA A ROSSI E AL CAPO DEL PERSONALE, FELICE VENTURA, DENUNCIANDO IL “COMPORTAMENTO ANTISINDACALE” DEI VERTICI
Nato con l’obiettivo di “spezzare le reni” ad Usigrai, la storica organizzazione dei
giornalisti del servizio pubblico che, fra viale Mazzini e Saxa Rubra, detiene il monopolio delle relazioni sindacali, il “gemello di destra” Unirai rischia ora di tirare le cuoia.
E a celebrarne le esequie, a poco più di un anno dalla sua presentazione ufficiale – con Bruno Vespa e Francesco Giorgino sul palco, i direttori del Tg1 Gian Marco Chiocci e del Tg2 Antonio Preziosi seduti in platea, accanto ai capi del Daytime Angelo Mellone e degli Approfondimenti Paolo Corsini – è proprio chi allora lo tenne a battesimo: il gotha del potere catodico meloniano.
Il piccolo sindacato fondato il 30 novembre 2023 come gruppo di disturbo ispirato da Fratelli d’Italia, in grado di rompere equilibri ritenuti troppo sbilanciati a sinistra, sia stato tenuto fuori dal tavolo delle trattative sul premio di risultato ed è perciò entrato in rotta di collisione con l’amministratore delegato Giampaolo Rossi, fedelissimo della presidente del Consiglio. Nonostante il protocollo d’intesa siglato ad aprile, Unirai non è stato riconosciuto dall’azienda come soggetto titolato a rappresentare le istanze dei propri iscritti. Un’onta che il segretario, Francesco Palese, ha deciso di lavare con uno scambio di lettere durissime: preludio di una guerra legale senza precedenti.
La prima diffida, indirizzata a Rossi e per conoscenza a una serie di dirigenti tra cui il capo del personale Felice Ventura, è partita il 9 dicembre. L’ultima, ieri pomeriggio. Nella quale, senza girarci intorno, il segretario di Unirai denuncia il “comportamento antisindacale” dei vertici.ù
“Oltre ad essere stati esclusi in maniera illegittima dalle trattative”, scrive, “siamo stati anche tenuti totalmente all’oscuro sui contenuti dell’accordo sul premio di risultato sottoscritto nei giorni scorsi (che ignoriamo ancora oggi, dopo la firma!) nonostante le nostre richieste, le pec, le diffide”
Non si capacita, Palese, del fatto che sia stata del tutto disconosciuto “il protocollo di relazioni industriali e sindacali siglato lo scorso 19 aprile”, in base al quale “la nostra organizzazione sindacale deve avere almeno la dignità di essere informata e consultata sulle questioni di interesse generale”, mentre “è sistematicamente tagliata fuori. Le ricordo ancora una volta”, protesta, “che i nostri iscritti non sono giornalisti di serie B”.
“Molto correttamente dovrei invitarli a citofonare al sindacato che detiene ancora il monopolio assoluto e incontrastato dentro questa azienda”. Una stoccata ai rivali “di sinistra”, ma soprattutto a chi li aveva illusi di poterli svuotare, grazie all’aiuto dall’alto.
Sempre quel benedetto protocollo che doveva aprire le porte del cielo Rai all’alternativa “in tutti questi mesi è stato totalmente disatteso anche nell’articolo 3, in quanto gli “incontri periodici regolari su tematiche generali e/o su situazioni individuali” sono stati pari a ZERO”, digitato così, a caratteri cubitali.
E dunque, come quegli amanti delusi che non riescono a farsene una ragione, Palese minaccia ora le maniere forti: “Siamo decisamente in presenza di una condotta antisindacale, per questo procederemo con la tutela dei diritti e della dignità dei nostri iscritti nelle sedi competenti”. Fine di un amore. E forse, anche, del sindacato di destra in Rai.
(da agenzie)
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Dicembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
IL LEGALE DI PARTE CIVILE: “E’ RILEVANTE SE LO FARA’ LA PROCURA DI PALERMO”
L’avvocato Arturo Salerni, legale di parte civile della ONG Open Arms, è intervenuto durante la trasmissione 5 Notizie condotta da Gianluca Fabi su Radio Cusano Campus per commentare l’assoluzione di Matteo Salvini, allora Ministro dell’Interno, nel processo Open Arms. Salvini è stato assolto con la formula “il fatto non sussiste”. Salerni ha sottolineato l’importanza di attendere le motivazioni della sentenza prima di decidere se fare ricorso in appello.
Bisogna vedere le motivazioni addotte
“Bisogna vedere le motivazioni e noi, come immagino anche la Procura della Repubblica di Palermo, attenderemo le motivazioni per verificare la possibilità di fare appello” ha dichiarato Salerni. “La formula ‘il fatto non sussiste’ non ci spiega l’iter motivazionale che può aver seguito il Tribunale. ‘Il fatto non sussiste’ non significa che non sono esistiti quegli episodi: significa che, come essi sono descritti nel capo di imputazione, non corrispondono alla realtà, diciamo sostanzialmente.”
L’avvocato ha ripercorso i passaggi salienti del procedimento, evidenziando il ruolo del Tribunale dei Ministri e del Senato nella concessione dell’autorizzazione a procedere. “La genesi di questo procedimento non sta in un atto della Procura, perché in realtà l’istruttoria è partita da una richiesta del Tribunale dei Ministri. Questo collegio di giudici, nei reati ministeriali, ha anche poteri di natura istruttoria e ha formulato le ipotesi di reato. Le due ipotesi di reato erano il rifiuto dell’atto dovuto, che consisteva nel concedere il porto sicuro in cui far sbarcare i naufraghi, e l’altra era quella dell’illecita privazione della libertà personale.”
Salerni ha chiarito anche il ruolo degli altri ministri coinvolti
“Viene emesso un primo decreto interministeriale il primo agosto, ma il 14 agosto il TAR lo sospende. In quel momento, l’allora ministro dell’Interno, Salvini, voleva riemettere un altro decreto sostanzialmente simile. Il ministro Trenta disse no, sostenendo che non poteva firmare un atto già ritenuto illegittimo da un giudice. Da quel momento, secondo la Procura, andava concesso lo sbarco.”
Sulla possibilità di fare appello, Salerni ha dichiarato: “Tutti quanti coloro che fanno questo mio mestiere, che è spesso ingrato, prima vedono gli atti. Dobbiamo vedere qual è la motivazione. Sempre bisogna leggere le motivazioni, ma ancora di più in questo caso. Così, alla cieca, ritengo che bisogna andare avanti.”
Salerni ha inoltre spiegato la differenza tra l’appello della parte civile e quello della Procura: “Se la parte civile fa appello da sola, l’appello è per i soli effetti civili. Si richiede di riformare la pronunzia in punto di responsabilità, ma la conseguenza di quella responsabilità non sarebbe più una pena, ma soltanto il risarcimento. La Procura, invece, impugna integralmente e può chiedere di riformare in punto di responsabilità e di affermare una pena.”
(da agenzie)
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Dicembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
“IL VERO FINE DELLA RIFORMA È IL CONTROLLO DEI PM, PER INCIDERE SULLA SCELTA DI QUALI PROCESSI SI DEBBANO FARE E QUALI NO. LO DIMOSTRANO LE REAZIONI ALLE SENTENZE DI QUESTI GIORNI… DI FRONTE ALLE CONTINUE DELEGITTIMAZIONI ALIMENTATE DALLA POLITICA È DIFFICILE REGGERE L’ONDA D’URTO”
«Quattro anni di impegno intensissimo e faticoso, seppure molto gratificante, sono
sufficienti, e credo che nella difesa dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura occorra evitare ogni personalizzazione. Perciò è giusto che altri prendano le redini della rappresentanza».
Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati annuncia che non si presenterà alle imminenti elezioni per il vertice del «sindacato delle toghe», lasciandone dunque la guida. E lo fa nei giorni caldissimi di nuove polemiche con il potere politico dopo l’assoluzione di Matteo Salvini a Palermo e il proscioglimento di Matteo Renzi a Firenze.
Che cosa dicono quelle sentenze, presidente?
«Che i giudici valutano prove e fatti ed emettono un giudizio in linea con quanto emerso dai processi. Ma un’assoluzione non significa che il processo non andava fatto; solo nei regimi illiberali, in cui i pubblici ministeri sono orientati dal potere e i giudici non si permettono di dissentire, i processi si concludono sempre con le condanne».
Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio il processo a Salvini era fondato sul nulla .
«Cade nello stesso errore. Tanto più per fatti di rilievo come i comportamenti di un ministro, per i quali c’è stata pure un’autorizzazione a procedere del Parlamento che ha escluso l’esimente dell’interesse pubblico. Un’assoluzione non può trasformarsi nell’accusa di ideologizzazione o politicizzazione contro la magistratura. Solo il processo può stabilire la verità giudiziaria, non il ministro».
Il vicepremier Salvini ha sollecitato una riforma per far pagare i danni ai pm che falliscono, e il senatore Renzi sembra d’accordo.
«Sono tutte forme surrettizie per arrivare all’esito sotteso alla separazione delle carriere di pm e giudici: controllare e condizionare il pm, che, rischiando una richiesta di danni a fronte a un’eventuale assoluzione, finirà per chiedersi chi glielo fa fare».
Ma gli imputati assolti dopo anni di processo non hanno diritto a pretendere che chi li ha messi in quella situazione paghi qualcosa?
«Per i magistrati la responsabilità professionale esiste, ed è nelle mani del ministro titolare dell’azione disciplinare. Il quale, in un caso a Milano, ha esercitato un’azione disciplinare clamorosamente sbagliata. Se usassimo il suo metro di valutazione sui processi conclusi con assoluzioni, che dovremmo dire di lui? Inoltre, esistono già sia la responsabilità civile che, ovviamente, quella penale».
Contro la separazione delle carriere avete annunciato lo sciopero, e con la sua presidenza l’Anm ha già scioperato per alcuni aspetti della riforma Cartabia. Possibile che non vi va bene niente?
«Non ci vanno bene le riforme sbagliate, e pensiamo di poterlo dire finché si è in tempo. Sulla riforma Cartabia protestavamo per alcune modifiche che tentavano di gerarchizzare l’assetto della magistratura, quando era ancora possibile provare a correggere la rotta. Oggi quella rotta sembra solcata in maniera più decisa e valuteremo il da farsi : l’eventuale sciopero non sarà un segno di chiusura al cambiamento, ma servirà a comunicare, in modo più efficace, le ragioni del dissenso».
Quali sono?
«Quel progetto serve a introdurre forme di condizionamento della magistratura. Lo dimostrano le reazioni alle sentenze di questi giorni, da dove si evince che la terzietà del giudice c’è già, e funziona. Le polemiche giovano a perseguire il vero fine della riforma, che è il controllo soprattutto dei pm, per incidere sulla scelta di quali processi si debbano fare e quali no».
Ma se i cittadini hanno scarsa fiducia nella magistratura, non avrete qualche colpa pure voi?
«Certamente, a cominciare dall’eccesso di attenzione alla carriera emerso dallo scandalo Palamara. Ma di fronte alle continue delegittimazioni alimentate dalla politica è difficile reggere l’onda d’urto contro l’istituzione».
Perché siete contro la giornata per le vittime degli errori giudiziari?
«Ho cercato di spiegare che discuterne nelle scuole di ogni ordine e grado, dove la discussione non potrebbe svolgersi alla luce di necessarie cognizioni tecniche complesse, servirebbe solo ad aumentare la sfiducia dei cittadini nei confronti dei palazzi di giustizia».
Quello riferito a Tortora, però, sembra un «caso di scuola» .
«Sì, ma risale a quarant’anni fa, e tanti passi avanti sono stati fatti nella gestione dei pentiti, dei maxi-processi, fermo restando che allora furono commessi gravi e tragici errori”
(da Corriere della Sera)
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Dicembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
E’ L’IMPRENDITORE TILMAN FERTITTA, CHE VANTA UN PATRIMONIO PERSONALE DI 8,4 MILIARDI DI DOLLARI, NON HA ALCUNA ESPERIENZA POLITICA, MA È UNO DEI FINANZIATORI DI “SAVE AMERICA”, IL SUPER PAC DEL TYCOON… IMMOBILIARISTA, È PROPRIETARIO DEL COLOSSO DI ALBERGHI E RISTORANDI “LANDRY” E DELLA SQUADRA DI SQUADRA DI BASKET DEGLI HOUSTON ROCKETS
Non ha alcuna esperienza politica ma è uno dei finanziatori di Save America, il super Pac di Donald Trump e uno dei 260 uomini più ricchi al mondo. Tilman Fertitta, 67 anni, è destinato ad essere il prossimo ambasciatore americano in Italia.
«È un imprenditore di successo, fondatore e costruttore di una delle principali aziende di intrattenimento e immobiliare del nostro Paese, che dà lavoro a circa 50.000 americani», ha spiegato il presidente eletto su Truth Social, facendo riferimento a Landry, il gigante dell’ospitalità di cui è proprietario Fertitta, un impero di 600 ristoranti, alberghi e casinò in tutti gli Stati Uniti.
Nato a Galveston in Texas da una famiglia di origini siciliane, Tilman da ragazzo aiutava il padre Vic a sgusciare i gamberetti nel suo ristorante di pesce. Studiare non è mai stata la sua passione e così dopo qualche esame di economia aziendale, l’uomo si è lanciato negli affari: il suo primo incarico è stato vendere e promuovere le vitamine Shaklee.
Oggi ha un patrimonio di 8,4 miliardi di dollari e, oltre a Landry, è il proprietario della squadra di basket degli Houston Rockets e il presidente del consiglio di amministrazione dell’Università di Houston.
La scelta di un outsider non sorprende perché arriva dopo altre nomine simili in Europa, basti pensare ai miliardari Warren Stephens e Tom Barrack, ambasciatori per il Regno Unito e la Turchia, al suocero Charles Kushner e all’ex fidanzata del figlio Kimberly Guilfoyle, scelti per Francia e Grecia. Il tycoon, insomma, sembra fuggire dai diplomatici di lungo corso e puntare più su persone con una storia simile alla sua.
Trump considera l’Italia un Paese chiave soprattutto perché Giorgia Meloni è diventata una potente giocatrice europea ed è molto apprezzata sia da lui che dal suo stretto consigliere Elon Musk. «È fantastica, è una leader e una persona fantastica», ha detto il tycoon in un’intervista il 12 dicembre scorso, aggiungendo di «amare l’Italia» e ribadendo la sua intenzione di lavorare con la premier una volta tornato alla Casa Bianca.
Un’altra nomina su cui molti si interrogano è quella di Mark Burnett, produttore di The Apprentice e creatore di The Survivor , ad inviato speciale nel Regno Unito. «Con una brillante carriera nella produzione televisiva e negli affari, Mark apporta una miscela unica di acume diplomatico e riconoscimento internazionale a questo importante ruolo», ha dichiarato il leader repubblicano su Truth Social.
Britannico di nascita, Burnett ha una lunga carriera televisiva di successo, ed ha vinto diversi Emmy per aver prodotto popolarissimi show, tra i quali oltre a Survivor , Shark Tank e The Voice . Come produttore del reality show condotto da Trump viene considerato l’architetto del rilancio dell’immagine del tycoon dopo la bancarotta e quindi l’artefice della sua ascesa nell’immaginario nazionale di potente uomo d’affari trasformatosi in presidente.
E Trump ha fatto esplicitamente riferimento alla sua carriera televisiva per lodare «il mix unico di acume diplomatico e notorietà internazionale» che Burnett — che non ha mai avuto un incarico del genere — metterà al servizio del suo «importante ruolo» teso a «rafforzare le relazioni diplomatiche, concentrarsi sulle aree di comune interesse, compreso il commercio, le opportunità di investimento e gli scambi culturali»
(da “Corriere della Sera”)
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Dicembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
DIETRO QUEL DATO CI SONO PERSONE, FAMIGLIE, VITE. COME I QUASI DUEMILA DIPENDENTI DI BEKO, BRAND DEGLI ELETTRODOMESTICI CHE HA ANNUNCIATO 1.935 ESUBERI E TRE STABILIMENTI DA CHIUDERE…COME GLI 8.000 DIPENDENTI DI ENI VERSALIS, LEADER TRICOLORE NELLA CHIMICA DI BASE, SENZA CONTARE I 24 MILA ADDETTI DELL’INDOTTO
I lavoratori sulla graticola sono 118.310. Come gli abitanti di Pescara. O quelli di
Trento. Persone con un posto di lavoro in bilico, se non già perso, e un futuro in buona parte legato all’esito dei tavoli di crisi aperti al ministero delle Imprese e del Made in Italy. Numeri in aumento, sostiene la Cgil nel suo dossier di fine anno: dai 58.026 lavoratori appesi al destino delle vertenze sul tavolo del ministero nel 2023 si è passati a quota 105.974. Ai quali vanno aggiunti i 12.336 addetti delle piccole e medie imprese che, secondo il sindacato più grande d’Italia, «hanno perso il lavoro per vertenze che non sono neppure arrivate alle istituzioni». Ecco quota 118 mila.Dietro quel dato ci persone, famiglie, vite. Come i quasi duemila dipendenti di Beko, brand degli elettrodomestici che fa capo ai turchi di Arçelik, il gruppo quotato a Istanbul che ha annunciato 1.935 esuberi e tre stabilimenti da chiudere: Siena, Comunanza (Ascoli) e gli impianti della linea del freddo a Cassinetta di Biandronno (Varese). Come gli 8.000 dipendenti di Eni Versalis, leader tricolore nella chimica di base, senza contare i 24 mila addetti dell’indotto.
All’elenco si sono poi aggiunte Bellco (biomedicale), 500 addetti; Meta System (metalmeccanica, indotto auto), 700 addetti; Giano, gruppo Fedrigoni (cartiera), 300 persone fra diretti e indotto; Almaviva Contact (telecomunicazioni), 494 licenziamenti al 31 dicembre. Anche quando le crisi si chiudono positivamente, con gli accordi raggiunti ai tavoli romani – avverte ancora il sindacato – il saldo occupazionale è negativo.
Pino Gesmundo – segretario confederale Cgil a capo dell’area Politiche industriali attacca Palazzo Chigi: «Le mancate politiche industriali del governo Meloni, al di là degli annunci propagandistici di questo o quel ministro, dimostrano la distanza dal Paese reale e il totale disimpegno dell’esecutivo sul tema della crisi dell’industria italiana, che ormai è al palo da quasi due anni. Il nostro tessuto industriale è stato via via impoverito e oggi – ragiona Gesmundo – è più che mai impreparato alle sfide globali imposte dalla situazione geopolitica. È impreparato anche alla necessaria transizione ambientale e produttiva che, senza scelte diverse delle imprese e dei governi, rischia di essere pagata solo dalle lavoratrici e dai lavoratori».
(da agenzie)
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