PONTE SULLO STRETTO, ECCO IL RICORSO CHE POTREBBE BLOCCARE LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO
VILLA SAN GIOVANNI E REGGIO CALABRIA HANNO IMPUGNATO IL PARERE DELLA COMMISSIONE VIA DAVANTI AL TAR
Nessuna valutazione strategica, opzione zero o soluzioni alternative mai esplorate, insussistenza del presupposto di emergenza o urgenza che giustifica i decreti, violazioni di direttive europee, leggi nazionali e dell’articolo nove della Costituzione. Con quarantanove pagine e quindici motivi di ricorso il Comune di Villa San Giovanni e la Città Metropolitana di Reggio Calabria dicono no al Ponte sullo Stretto, impugnando di fronte al Tar il parere con cui la commissione Via Vas ha dato via libera con prescrizioni al progetto.
È un passaggio fondamentale che, a dispetto degli oltre sessanta appunti formulati dai commissari, ha fatto gridare vittoria alla ‘Stretto di Messina’, che ha annunciato l’apertura dei primi cantieri per i primi mesi del 2025. Ma con buona pace dei miliardi che sul Ponte il governo sta dirottando, il ricorso dei territori calabresi direttamente interessati dai lavori potrebbe bloccare tutto, soprattutto se al Tar si riuscisse a strappare una sospensiva.
Per il Ponte necessaria una valutazione strategica
Lo Stretto, si spiega nel ricorso, è un patrimonio unico, come tale celebrato anche nella letteratura mondiale, dai “suoi aspetti sempre nuovi”, raccontati da Goethe alla “visione incomparabile” che regala, di cui parla Stefano D’Arrigo. Ecco perché, argomenta l’avvocato Daniele Granara, il Ponte “non può considerarsi esclusivamente un progetto, costituendo un’immane infrastruttura, che assume una veste programmatoria, derogando ai piani urbanistici vigenti dei Comuni nel cui territorio insiste e, quindi, comportando la modifica della pianificazione urbanistica (id est, comportandone una nuova) di tutto il territorio interessato”.
Documentazione anacronistica
Traduzione, per il Ponte era necessaria anche una Vas, una valutazione strategica, e in quest’ambito sarebbe stato necessario anche vagliare l’ipotesi di mancata costruzione dell’opera (opzione zero) in termini di sviluppo strategico dell’area. A dispetto delle specifiche richieste sul punto delle amministrazioni non è stato fatto, ci si è limitati a una Via, una valutazione di impatto ambientale, per giunta “condotta sulla base di documentazione anacronistica ed inattuale” e assolutamente insufficiente. Uno studio diverso e più approfondito “si rivela necessario allo stato attuale, tanto più visto il tempo trascorso e le modifiche progettuali intervenute, che, come si vedrà, integrano un (pur sempre illegittimo) nuovo progetto”.
Porto di Gioia Tauro e crociere a rischio
Di certo, si spiega non sono state valutate le ricadute sulla navigazione e sulle attività economiche e commerciali collegate, a partire dal Porto di Gioia Tauro. “Il ponte – si legge nell’atto – è infatti previsto con altezza di 65 metri”, dunque “impedirebbe il passaggio delle navi da crociera (con compromissione della navigazione turistica e significativa incidenza sul relativo settore) e delle navi portacontainer, con incalcolabili conseguenze sulla navigazione commerciale del Mediterraneo”.
Manca il presupposto per la decretazione d’urgenza
Ma soprattutto – e probabilmente è il nodo centrale del ricorso – difettano i presupposti per la decretazione d’urgenza, usata per riesumare e ricapitalizzare la società Stretto di Messina, in liquidazione da dieci anni. “Non si comprende quale sia la necessità e l’urgenza di realizzare un’opera, che si prospetta da oltre cinquant’anni, che non è mai stata realizzata e che, per le molteplici ragioni esposte infra, non è obiettivamente realizzabile”, spiega il legale.
L’illogicità del parere
Il parere della commissione Via Vas, per quanto condizionato al rispetto di prescrizioni, per le amministrazioni di Reggio Calabria e Messina è illogico perché su fin troppi aspetti rinvia alla progettazione esecutiva la definizione di aspetti fondamentali. “È evidente che gli studi sismologici e tettonici debbano essere completi già in sede di progettazione definitiva”, si legge, come quelli “idrologici e idrochimici” o “l’individuazione dei siti per lo stoccaggio dei detriti, inammissibilmente postergata alla sede esecutiva”. E ancora, si sottolinea, “come può valutarsi l’impatto ambientale di un’infrastruttura viaria senza neppure conoscere le previsioni di traffico da cui sarà interessata, con il conseguente inquinamento?”.
Violato il principio di prudenza, allarme faglie ignorato
In più, si sottolinea è grave, pericoloso e in palese violazione del principio di precauzione, di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, di una direttiva europea e di una norma nazionale che non sia stata valutata la presenza di una faglia attiva proprio nell’area del pilone a Cannitello, sulla sponda calabrese dell’opera. Sul punto, documentato in diverse relazioni tecniche dalle amministrazioni, c’è stato “difetto assoluto di istruttoria e di motivazione”, alle contestazioni si è risposto con “irrazionalità ed illogicità manifeste”.
La Stretto di Messina si è limitata a mettere in discussione l’esistenza o la reale attività della faglia, per altro millantando un parere al riguardo di Ingv, che ha pubblicamente smentito qualsiasi coinvolgimento. “Si rimanda alla fase della progettazione esecutiva lo studio circa la stabilità dell’intera opera, costruita su di una faglia attiva: trattasi di illegittima postergazione di un adempimento procedimentale ed istruttorio che avrebbe dovuto costituire la base di partenza per la valutazione della realizzabilità dell’opera”.
“Le nostre comunità vogliono essere protagoniste”
Sono questi i principali motivi di ricorso, solo in parte sovrapponibili a quelli formulati in altri due atti di impugnazione presentati al Tar da Wwf e comitati locali. ”Il parere espresso dalla Commissione Via Vas presenta profili di dubbia costituzionalità, vizi di violazione di legge ed eccesso di potere”, spiegano le amministrazioni di Villa San Giovanni e Reggio Calabria, che hanno deciso di procedere al ricorso per motivi molto precisi: “tutela del paesaggio quale valore costituzionale, tutela degli espropriandi, paventato rischio di un’eterna incompiuta con ricadute nefaste inimmaginabili per la sopravvivenza dello stesso tessuto sociale metropolitano”. E con una consapevolezza: “le nostre comunità che vogliono essere protagoniste di ogni decisione di sviluppo di questo territorio straordinario.”
(da La Repubblica)
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