Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
I CONTENUTI DI UNA PUNTATA-BOMBA: UNA STRAGE DI MIGRANTI COME CUTRO (TENUTA NASCOSTA), IL “SISTEMA” DELLA GENOVA DI TOTI-SPINELLI E LO SVELAMENTO DI CHAT DEL VERTICE DI FRATELLI D’ITALIA IN GRADO DI FAR SALTARE IN ARIA LA POLTRONA DEL NEO-MINISTRO DELL’INFOSFERA ALESSANDRO GIULI (CAPIREMO PERCHE’ E’ STATO INTERROGATO DAI PM DI ROMA?)
LILLI GRUBER: Sigfrido Ranucci, torno al fatto che tu domenica prossima ripartirai da “Report” e farei di nuovo arrabbiare qualcuno, soprattutto le forze di governo, perché tu hai fatto arrabbiare i governi di tutti i colori, ricordiamolo.
SIGFRIDO RANUCCI: No, ma noi faremo il nostro, racconteremo. Intanto abbiamo scoperto una seconda Cutro che è stata tenuta nascosta con varie modalità che racconteremo.
L.G.: Ovvero?
S.R.: Una strage di migranti che è stata tenuta nascosta attraverso un meccanismo di divisione di corpi, di morti, di assistenze di…
L.G. E a quando risale questa seconda Cutro?
S.R.: Subito dopo Cutro. Per evitare l’effetto Cutro è stata messa in atto questo tipo di operazione. Poi abbiamo scoperto un secondo caso Boccia al ministero della Cultura. Vedremo quale…
L.G.: Ma ci puoi dare qualche anticipazione? Un secondo caso boccia Maria Rosaria boccia, ricordate, che ha costretto il ministro Sangiuliano a dimettersi
L.G.: Quindi non ci puoi dire niente?
S.R.: Eh no, magari vengo lunedì prossimo.
L.G.: Non so se ti danno il permesso, puoi venire lunedì.
S.R.: Ma perché no? Sto così bene qui?
L.G.: E allora ti aspettiamo…
S.R.: Domenica terza parleremo del sistema Genova, dove faremo vedere il sottobosco di cui si è parlato poco e che secondo me invece è la parte più importante di quello che è emerso, cioè la presenza di alcuni personaggi vicino ai clan mafiosi che hanno supportato tutto un sistema elettorale, quindi, che vengono chiamati ad hoc per portare voti.
(da Dagoreport)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
“SIAMO CONTRO LA STRATEGIA DEL PPE E DI MELONI, SIAMO MOLTO PREOCCUPATI DAL FATTO CHE VON DER LEYEN VOGLIA ADOTTARE QUESTA STRATEGIA, CHE NON AIUTA DI CERTO A TENERE UN DIBATTITO CALMO, PACATO, RESPONSABILE IN MERITO”
“I Socialisti e democratici sono contro l’esternalizzazione della gestione della migrazione. Siamo contro la strategia del Ppe e di Meloni, siamo molto preoccupati dal fatto che von der Leyen voglia adottare questa strategia. Voglio dirlo in maniera diretta: così non può contare sul nostro sostegno”.
Lo ha detto la capogruppo dei Socialisti e democratici Iratxe Garcia Perez, parlando ai giornalisti a Strasburgo. “Può contare su di noi però se vuole implementare il Patto per la migrazione e l’asilo”, ha aggiunto.
La decisione sul sostegno a Ursula von der Leyen “è una decisione che dovremo prendere quando e se si arriverà a quel punto, anche una volta che avremo visto i risultati delle audizioni. In ogni caso non ci sono dubbi: posizioni di questo tipo” sugli hub di rimpatrio “non aiutano di certo a tenere un dibattito calmo, pacato, responsabile in merito”.
(da agenzie)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
L’ESCAMOTAGE DEL MINI-DECRETO MELONIANO POTREBBE ESSERE INUTILE: IL DIRITTO COMUNITARIO PREVALE SU QUELLO ITALIANO… MORALE DELLA FAVA: FINCHÉ NON INTERVIENE LA COMMISSIONE UE, SARÀ UNO STILLICIDIO DI RICORSI E SENTENZE. E I CENTRI MIGRANTI IN ALBANIA, COSTATI 700 MILIONI DI EURO, RIMARRANNO SCATOLE VUOTE
La strategia di Giorgia Meloni è sempre la stessa: alzare la cresta pubblicamente, andare all’attacco, far passare la buriana e poi abbassare il capino. Così è stato anche sulla questione migranti, condita nel fine settimana dal presunto complotto ordito dalle toghe rosse e “rivelato” dalla mail del procuratore Marco Paternello (tagliuzzata ad hoc dalla Ducetta).
A dimostrare che le accuse del centrodestra ai magistrati siano pretestuose, però, è stato lo stesso Governo: la decisione del Tribunale di Roma di non convalidare i trattenimenti dei 12 migranti spediti in Albania risale infatti a venerdì.
E più che intralciare il percorso dell’esecutivo (la Meloni ha avuto l’ardire di sentenziare: “difficile lavorare e cercare di dare risposte a questa nazione quando si ha anche l’opposizione di parte delle istituzioni che dovrebbero aiutare a dare risposte”), è servita a fare chiarezza.
I magistrati sono infatti intervenuti venerdì ispirandosi a una sentenza della Corte di Giustizia europea, dunque rispettando le norme (in sostanza, era “impossibile riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute”), e il Governo ci ha messo una pezza solo ieri con un decreto legge, quindi con una “norma primaria”. La questione dei migranti e dei paesi sicuri, infatti, era finora regolata da un decreto ministeriale della Farnesina, considerato dunque una norma secondaria.
Insomma, la Meloni e i suoi erano rimasti “scoperti”, e solo con l’intervento della magistratura la questione è stata regolata. Anche se ciò non potrebbe bastare. L’escamotage del decreto legge (appunto, una “norma primaria”) non tutela il Governo da nuovi ricorsi e altre battaglie in Tribunale.
L’elenco dei paesi considerati sicuri, limato dopo un confronto serratissimo con il Quirinale, per tramite del sottosegretario Alfredo Mantovano, passerà anche il vaglio di costituzionalità di Mattarella, ma dovrà comunque sottostare al diritto comunitario.
Pertanto, si aprirà comunque il vaso di pandora dei ricorsi, almeno finché non deciderà di intervenire, d’imperio, la Commissione europea.
Cosa farà Ursula von der Leyen, che ha flirtato con le destre per tutta la campagna elettorale, puntando proprio sul dossier immigrazione?
Tecnicamente, aspetterà il giugno del 2026, quando sarà applicato il Patto migranti, e si dovrebbe stilare la lista definitiva dei Paesi sicuri per l’Unione. Ma forse, visto il casino di questi giorni, e le pressioni che le arrivano da ogni parte per risolvere la questione, Bruxelles potrebbe intervenire prima.
Ps. Qualcuno avverta Carlo Nordio che i giudici italiani avevano compreso benissimo la sentenza della Corte di Giustizia Ue, che secondo il ministro della Giustizia era di difficile lettura perché “molto complessa e articolata e anche scritta in francese”. Forse aveva esagerato lui con gli spritz…
(da Dagoreport)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
“DICHIARAZIONI E COMMENTI OFFENSIVI E CARICHI DI ODIO PROVENGONO ANCHE DA POLITICI E FUNZIONARI PUBBLICI DI ALTO PROFILO”… ANCHE LE FORZE DELL’ORDINE SONO ACCUSATE DI RAZZISMO
L’Ecri, la commissione contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale non Ue con sede a Strasburgo, nota con “seria preoccupazione” che negli ultimi anni il discorso pubblico italiano è diventato “sempre più xenofobo” e che i discorsi politici hanno assunto toni “fortemente divisivi e antagonistici”, in particolare nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, cittadini italiani con origine migratoria, Rom e persone Lgbti. Lo riporta un rapporto dell’Ecri aggiornato al 2024 e pubblicato oggi. La Commissione cita soprattutto la Lega e il suo leader, il ministro Matteo Salvini.
Ma punta il dito anche sulle forze dell’ordine che fanno profilazione razziale durante le attività di controllo, sorveglianza e indagine, soprattutto nei confronti della comunità rom e delle persone di origine africana.
Purtroppo, continua l’Ecri, “un certo numero di dichiarazioni e commenti considerati offensivi e carichi di odio provengono da politici e funzionari pubblici di alto profilo, soprattutto durante i periodi elettorali, sia online che offline”. Questo, nota, avrebbe portato ad una forma di “banalizzazione” dei commenti d’odio nella vita pubblica e generato un senso di “emarginazione” ed “esclusione” in vari segmenti della popolazione.
Ad esempio, “nel 2018 l’allora ministro dell’Interno (Matteo Salvini, ndr), nel dichiarare la volontà di procedere ad un’espulsione di massa dei Rom irregolari, ha fatto riferimento anche ai Rom in possesso della cittadinanza italiana e ha affermato: ‘Ma i Rom italiani purtroppo dobbiamo tenerceli a casa’”.
“Molti commenti d’odio – nota l’Ecri – hanno preso di mira anche le donne rom. Ad esempio, nell’aprile 2023, commentando le proposte per migliorare la situazione delle madri detenute, lo stesso politico ha affermato che un partito politico precedentemente al potere ha liberato ‘le borseggiatrici Rom che usano i bambini e la gravidanza per evitare il carcere e continuare a delinquere’. Altri candidati politici hanno usato i pregiudizi sui Rom nelle campagne elettorali
“Esempi recenti di dichiarazioni razziste e fobiche nei confronti delle persone Lgbti nella vita pubblica includono le osservazioni fatte in un libro pubblicato nel 2023 da un generale delle forze armate italiane”. L’Ecri si riferisce al libro dell’ex generale Roberto Vannacci, senza citare il suo nome. “L’autore ha dichiarato che i gay “non sono normali” e ha indicato che l’accettazione delle persone Lgbti è il risultato di complotti da parte della “lobby gay internazionale”. Ha anche attaccato gli italiani di colore, affermando che le persone non sono nate tutte uguali e che gli immigrati saranno sempre diversi”, scrive nel suo rapporto l’Ecri
La Commissione contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa (Ecri), nel suo rapporto sull’Italia, ha denunciato anche “critiche indebite che mirano a minare l’autorità dei singoli giudici che decidono sui casi di migrazione” tra gli esempi negativi che concernono il discorso pubblico e politico che “promuove una cultura dell’esclusione dei migranti piuttosto che la loro inclusione”. Secondo l’organo del Consiglio d’Europa tali critiche “minano l’indipendenza della magistratura che tratta di questi casi”, che deve essere invece “rispettata, protetta e promossa”.
Sulla mappa e nell’indice Rainbow Europe, che riflette la legislazione e le politiche dei Paesi europei che garantiscono i diritti umani delle persone Lgbti, l’Italia si colloca al 34° posto su 49 Paesi valutati, con un punteggio complessivo del 24,76%. Le leggi civili e amministrative a livello nazionale non vietano ancora esplicitamente la discriminazione basata sull’orientamento sessuale, l’identità di genere e le caratteristiche sessuali nella maggior parte degli ambiti di vita.
Secondo i dati raccolti dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) negli anni 2019-2022, una parte compresa tra il 26% ed il 41,4% delle persone Lgbti intervistate dichiara che il proprio orientamento sessuale li ha svantaggiati nel lavoro o nell’avanzamento di carriera, e un’altra tra il 40,3% ed il 61% evita di parlare della propria vita privata sul posto di lavoro per non rivelare il proprio orientamento sessuale e circa l’80% dichiara di avere subito micro-aggressioni sul posto di lavoro, mentre un terzo ha descritto esperienze di ostilità e di vessazione nell’ambiente di lavoro.
(da La Repubblica)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
LA POLITOLOGA NADIA URBINATI RICORDA LA SUA INCHIESTA PER DIMOSTRARE LA CORRUZIONE DEL PDS CHE SI CONCLUSE CON LA SUA CONDANNA A RISARCIRE 10 MILIONI A OCCHETTO E D’ALEMA… L’ACCANIMENTO CONTRO “LA SINISTRA” E “MANI PULITE” E IL SUICIDIO DI UN GIOVANE DOPO UN’ACCUSA INGIUSTA
Correva il governo Berlusconi … Nordio si prodigó con impegno titanico a sequestrare in una notte tutti i documenti di tutte le 95 Federazioni Provinciali del PDS (ancora conservati in qualche capannone in affitto) per dimostrare la corruzione PDS da parte delle Cooperative.
Non ha trovato un solo foglio a sostegno del suo teorema e ha dovuto risarcire di 10 milioni di lire sia Occhetto e sia D’Alema per aver oltrepassato i termini di indagine.
Si ricorda ancora l’accanimento livoroso contro la “famigerata” sinistra di quel magistrato, candidato della destra al Quirinale due e mezzo anni fa e futuro Ministro, che tutto era ed è fuorché super partes e che, per questo, è diventato un punto di riferimento della destra.
Lui che sa che cosa significa essere toga colorata non puó neppure ipotizzare che ci siano solo toghe. Nordio crede che il mondo del giudizio sia binario -o destra o sinistra. L’idea della giustizia come imparzialità non lo convince. Anche Kant sarebbe per lui rosso.
Carlo Nordio è molto apprezzato dalla destra perché trent’anni fa indagò sui comunisti in Veneto, e perché fu uno dei pochi pubblici ministeri a criticare i metodi con cui venivano condotte le indagini dai suoi colleghi durante il famoso scandalo di Tangentopoli, negli anni Novanta. Nel gergo e nelle semplificazioni della politica e del giornalismo, quindi, Nordio viene spesso definito “garantista”: una persona rispettosa delle garanzie delle persone indagate o imputate.
Questa sua caratteristica lo ha reso gradito a Silvio Berlusconi e a Forza Italia, che storicamente si sono sempre proclamati garantisti, anche se nei fatti hanno difeso i diritti di certi imputati molto più di altri (cioè, in sostanza, applicano il garantismo principalmente ai reati dei cosiddetti “colletti bianchi”, e più raramente si sono occupati dei diritti dei detenuti e degli imputati comuni).
Le stesse definizioni di “garantista” e “giustizialista” comunque hanno molti limiti. Malgrado il suo essere considerato “garantista”, infatti, i primi provvedimenti sulla giustizia del governo di cui Nordio fa parte sono stati la conferma dell’ergastolo ostativo e l’introduzione di un nuovo reato. Inoltre, quando era pubblico ministero, Nordio aveva condotto inchieste e indagini trovandosi in più di qualche caso a comprimere le garanzie degli imputati.
In un caso del 2000 che all’epoca fece molto discutere, per esempio, convalidò il sequestro dell’auto di un ragazzo di 25 anni che era stato fermato mentre si trovava con una prostituta, e per questo era stato messo sotto indagine per favoreggiamento della prostituzione; il ragazzo si suicidò poco dopo. In quel caso Nordio criticò i carabinieri che avevano eseguito il sequestro e si giustificò dicendo che l’ordine di convalidarlo era venuto dal ministero dell’Interno.
Nadia Urbinati
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
IL SINDACATO: “SE L’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA E LO STATO NON DIMOSTRANO IL MINIMO RISPETTO PER LE DONNE E GLI UOMINI IN DIVISA CHE LI RAPPRESENTANO, NON OSIAMO IMMAGINARE IL TRATTAMENTO CHE POTREBBE ESSERE RISERVATO AI MIGRANTI”… LE SPESE FOLLI PER UN CENTRO VUOTO
I 12 migranti (7 bengalesi e 5 egiziani) portati a Shengjin e poi, per ordine del tribunale di Roma, riportati in Italia, sono ancora confusi, non hanno capito fino in fondo di essere stati, loro malgrado, gli sfortunati pionieri del progetto Albania. Ma almeno stanno bene, hanno ricevuto finalmente l’informativa legale e incontrato gli avvocati che si occuperanno degli eventuali ricorsi.
Un’impresa non facile come spiega uno dei legali, Gennaro Santoro: «Per poter parlare col mio assistito ho dovuto fare reclamo ai Garanti, inviare numerose pec al ministero dell’Interno, chiedere a parlamentari di intervenire. Continuano a mettere ostacoli nella speranza di non far presentare ricorso al Tribunale contro il diniego dell’asilo politico – afferma – Perché sanno che il rigetto della commissione è illegittimo».
L’esame in terra albanese delle domande di protezione potrebbe, infatti, essere considerato nullo. Non solo la commissione territoriale chiamata a giudicare, e scelta dal Viminale, non ha all’interno alcun rappresentante dell’Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr), ma la sua decisione rientra nelle procedure accelerate di frontiera che, a quanto hanno deciso i giudici romani, non potevano essere applicate perché i 12 non provengono da Paesi sicuri
Per ora, dunque, i migranti restano ospitati nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Bari Palese in un limbo giuridico. Ma la loro situazione non è l’unico cruccio del governo, che ora ha a che fare anche con le proteste del personale della polizia penitenziaria, spedito al di là dell’Adriatico, e ora sul piede di guerra.
«I nostri uomini non solo non possono godere della sistemazione alberghiera come tutti i colleghi delle altre forze di polizia e armate in Albania, ma addirittura vengono oltraggiate le specifiche previsioni contrattuali che li tutelano», tuona Gennarino De Fazio, segretario generale del sindacato Uilpa polizia penitenziaria che già lo scorso 17 ottobre, con una lettera, aveva sollevato la questione. E aggiunge: «Se l’amministrazione penitenziaria e lo Stato non dimostrano il minimo rispetto per le donne e gli uomini in divisa che li rappresentano, non osiamo immaginare il trattamento che potrebbe essere riservato ai migranti. Mai ne arrivassero».
In totale, sono 45 gli agenti della polizia penitenziaria chiamati in servizio nella terra delle aquile. Il loro compito è occuparsi del carcere costruito a Gjader, con 24 posti letto, dove dovrebbero essere inviati i migranti che commettono reati nel periodo di trattenimento. Ma la paura degli agenti è che il pasticcio politico-giudiziario sul protocollo Italia-Albania lasci le strutture vuote ancora per un bel po’. Non solo, ma c’è anche la questione economica
Spese folli, per un Cpr (centro per il rimpatrio) e un carcere vuoti. E su cui grava una questione giuridica di diritto ancora sospesa. Gli agenti della penitenziaria si lamentano anche degli alloggi: prefabbricati a cui si accede con una scala metallica interna, senza elementi di arredo basilari, dalla tv allo spazzolino per il water. «È tutto paradossale» ripetono mentre sono in attesa degli altri colleghi e dei migranti. Semmai arriveranno.
(da La Stampa)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
PIANTEDOSI FA UNA FIGURA BARBINA DI FRONTE ALLA DOMANDA DI UN GIORNALISTA
Nel corso della conferenza stampa in cui il governo ha presentato il suo nuovo decreto per provare a garantire il funzionamento del patto con l’Albania, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha evitato una domanda che era passata nelle teste di molti, negli ultimi giorni: quanto è costato quello che finora è stato un flop?
Ovvero, per la precisione, quanto è costato portare sedici persone migranti nei centri albanesi con una nave della Marina militare, poi riportarne in Italia quattro perché si è scoperto che non avevano i requisiti per essere lì (due erano minorenni e due fragili), e infine trasferire tutti i dodici rimasti a Bari, sempre con una nave della Marina? Oltre a ospitare queste sedici persone nei centri in questione per pochi giorni, prima che le decisioni dei giudici di Roma smontassero la procedura.
Le navi della Marina militare “hanno comunque dei costi”
La risposta del ministro ha fatto un giro attorno alla domanda. Per prima cosa ha detto che la nave della Marina militare in questione “ha comunque dei costi di esercizio”, perché “non sono navi che sono ferme in un garage, hanno comunque un sistema di pattugliamento”. Perciò, il costo della nave “andrebbe detratto”. Anche se si può immaginare che, senza questo sistema, le navi della Marina sarebbero state impiegate in attività più utili rispetto a portare avanti e indietro dall’Albania una dozzina di persone.
Poi Piantedosi ha direttamente cambiato argomento: “Vi daremo conto di quanto ci costa il trasferimento dei migranti che arrivano in base a questo meccanismo elusivo che vogliamo combattere, e che noi distribuiamo tutti i giorni in tutta Italia, da Lampedusa verso i luoghi di destinazione…anche quello ci costa molto”.
“Vi siete appassionati al costo dell’attraversamento in Albania”
Ancora senza rispondere alla domanda, il ministro ha detto che il costo dei trasferimenti in Albania (sconosciuto) “va inserito in questo quadro”, perché “se questo sistema funzionerà, o meglio, allorquando funzionerà, non solo per l’Albania, ma dappertutto…”. Non ha concluso la frase. Il suggerimento è sembrato essere che quando si applicheranno solo le procedure rapide, l’Italia risparmierà sull’accoglienza più di quanto spenderà per portare persone in Albania. Un fatto tutto da dimostrare, e che comunque non ha a che fare con il costo di questi primi trasferimenti.
Infine, ha spostato la questione sugli altri due centri già esistenti in Italia dove si applicano le procedure rapide, come dovrebbe avvenire in Albania: “Pure quando li portiamo a Porto Empedocle costa, eh? Pure quando li portiamo a Pozzallo costa. Vi siete appassionati al costo dell’attraversamento in Albania, ma non è che le navi non costano quando le mandiamo in altri centri. Però tutto va considerato”. Il ministro ha concluso la risposta, quindi, senza dare alcuna informazione sul vero prezzo della prima operazione in Albania.
(da Fanpage)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
LA MONTAGNA HA PARTORITO UN TOPOLINO
Il tempo e le prossime decisioni dei giudici ci diranno che la montagna ha partorito un topolino, destinato a creare ulteriore caos. In attesa di leggere il testo – basandoci sulle dichiarazioni alla stampa dei ministri Nordio e Piantedosi e del sottosegretario Mantovano – proviamo a ricostruire un quadro di cosa potrebbe cambiare e cosa no, dopo l’intervento legislativo.
Il garbuglio giuridico è nato perché il governo ha deciso di portare nei centri albanesi tutti i migranti salvati in mare, considerati non vulnerabili e provenienti da una lista di Paesi sicuri, stilata dalla Farnesina.
In Albania, questi sarebbero dovuti passare sotto la cosiddetta procedura accelerata, per vagliare la loro domanda di asilo. Il problema è che una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea ha messo in discussione l’elenco dei Paesi sicuri dell’Italia, che comprende anche Stati considerati a rischio, in determinate porzioni del territorio o per determinate categorie di persone.
Secondo il tribunale europeo, o un Paese è sicuro in ogni sua parte oppure non lo è. Di conseguenza, quando i primi migranti provenienti da Bangladesh ed Egitto sono arrivati nei Balcani, rifacendosi alla sentenza della Corte Ue, i giudici non hanno convalidato il loro trattenimento nell’hotspot di Gjader e dodici persone sono state riportare in Italia.
Il conflitto con il diritto europeo
L’esecutivo Meloni si è trovato così di fronte a un gigantesco grattacapo. Il diritto europeo è fonte superiore a quello italiano e dunque non può essere eluso. Che fare, allora?
La tesi di Nordio è che il pronunciamento della Corte europea chiederebbe ai giudici di valutare le posizioni dei migranti caso per caso e non di stabilire una linea valida per tutti. Come invece avrebbe fatto il Tribunale di Roma, chiamato a decidere sulla materia. Il punto però è che qui a imporre un procedimento standard non sono stati i giudici ma il governo, quando ha deciso che a tutti i migranti provenienti da Paesi sicuri e portati in Albania, poteva essere applicata la procedura accelerata di frontiera. I magistrati romani hanno sentenziato che questa applicazione generalizzata non fosse conforme alla sentenza Ue.
Il confitto con la Corte Costituzionale
Va bene, ma se il governo è convinto di essere nel giusto, che bisogno c’era di agire sulle norme? L’intervento in effetti è piuttosto limitato: sposta la lista dei Paesi sicuri da un decreto interministeriale a un decreto legge, aggiornato annualmente dall’esecutivo, con il parere del parlamento.
Una piccola modifica che però – nelle intenzioni di Meloni e dei suoi – avrebbe un effetto importante, perché adesso l’elenco si rafforza, entrando in una fonte di una norma di diritto primario. “Il giudice non può disapplicare la legge – ha spiegato il ministro Nordio – può fare ricorso alla Consulta se la ritiene incostituzionale, ma tenderei ad escludere che possa disapplicarla”. Tradotto, mentre fino a oggi i giudici potevano evitare di convalidare i fermi dei migranti, da domani non potranno più farlo, ma nel caso dovranno ricorrere alla Corte Costituzionale o alla Corte di Giustizia Ue.
Una tesi campata in aria, perché la dottrina prevede che un giudice debba comunque disapplicare anche un decreto legge, quando è contro la giurisprudenza europea.
Ma anche ipotizzando che i magistrati scelgano la strada del ricorso alla Consulta o direttamente alla Cgue, rimane aperta una domanda: cosa succede nel frattempo?
Secondo il presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky: “Nel frattempo l’efficacia del decreto legge sarebbe sospesa”. E di conseguenza la procedura accelerata di frontiera non potrebbe essere applicata. Quindi i prossimi migranti portati in Albania dovrebbero essere di nuovo trasferiti in Italia e si ripartirebbe punto e accapo.
Per capire perché il nuovo dl rischia di essere quasi completamente inefficace, dobbiamo ora vedere anche quello che manca nel decreto legge, approvato dal Consiglio dei Ministri.
Alla viglia, infatti, si ipotizzava anche un intervento per tagliare le unghie dei giudici. Le indiscrezioni parlavano della possibilità di eliminare la necessità del provvedimento di convalida del fermo da parte dei magistrati, nel caso in cui le commissioni territoriali avessero già rifiutato la richiesta di asilo del migrante.
Detto in altre parole, se la Prefettura aveva respinto la domanda del richiedente asilo, il giudice non sarebbe più potuto intervenire sulla legittimità della procedura. Sarebbe stato un vulnus abnorme nelle garanzie costituzionali, riguardo alla privazione della libertà personale. Alla fine questa misura non è entrata nel testo (si dice, anche a seguito dell’intervento del Quirinale) e dunque i provvedimenti amministrativi non sembrano “messi al riparo” dalle decisioni dei tribunali.
La nuova lista dei Paesi sicuri
L’altro intervento del governo per provare a mettere una pezza – di fronte alla sentenza del tribunale del Lussemburgo – è la riduzione da 22 a 19 del numero dei Paesi sicuri. Vengono cancellati dalla lista Nigeria, Colombia e Camerun. Perché questa scelta? Presto detto. La decisione della Cgue è riferita a un richiedente asilo georgiano in Repubblica Ceca e considera la Georgia Paese non sicuro, perché non lo è una parte del suo territorio, ovvero la Transnistria. Ecco quindi che dalla lista italiana vengono tolte le nazioni al cui interno sono presenti zone di conflitto o comunque insicure. Rimangono invece nell’elenco tutti gli Stati considerati a rischio, non per aree territoriali, ma “solo” per determinate categorie di persone: l’Egitto per i dissidenti politici, la Tunisia per le persone Lgbt, etc etc…. Anche qua, c’è da vedere se e come questa interpretazione del pronunciamento dei giudici europei reggerà alla prova dei fatti.
La sensazione generale è che si provi a tirare a campare fino a quando l’entrata in vigore del nuovo Patto Immigrazione e Asilo della Ue non toglierà le castagne dal fuoco. Lo ha detto esplicitamente il ministro dell’Interno Piantedosi: “Il nuovo Patto definisce i Paesi sicuri ,solo sulla base di approvazione in percentuale delle domande di protezione internazionale a livello europeo, sopra o sotto il 20 percento. I Paesi della nostra lista sono tutti sotto il 20 percento”. E Mantovano ha auspicato che l’attivazione della nuova regolamentazione europea possa essere anticipata, rispetto alla data prevista, del primo giugno 2026.
Rimane infine il tema dei costi del meccanismo di trasferimento dei migranti in Albania, su cui pendono anche diversi esposti alla Corte dei Conti, da parte dei partiti di opposizione.
Rispondendo a una domanda nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri, il titolare del Viminale Matteo Piantedosi non ha saputo dare una cifra precisa, riguardo alla spesa per la prima operazione di sbarco dei 16 migranti in territorio albanese (e del successivo nuovo trasferimento in Italia).
Di fronte alle critiche per l’eccessivo dispendio di denaro, Piantedosi ha ricordato come vadano comunque considerati gli esborsi sostenuti regolarmente per la distribuzione, l’accoglienza e il vaglio delle richieste d’asilo dei migranti sul nostro territorio. Difficile però sostenere che questi possano essere superiori per singola persona, a quelli di una nave della Marina militare, che in due giorni ha dovuto trasportare 16 persone da Lampedusa all’Albania, poi tornare indietro dopo essere già ripartita, per riportare quattro vulnerabili in Italia. Mentre poche ore dopo un altra imbarcazione ha dovuto trasbordare nel nostro Paese gli altri dodici.
(da Fanpage)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
MANTOVANO AMMETTE: “I GIUDICI POTRANNO CONTINAURE A DISAPPLICARE LA LEGGE”… LA NUOVA LEGGE FA DIVENTARE “NORMA PRIMARIA” LA LISTA DEI PAESI, MA I GIUDICI POTRANNO COMUNQUE DECIDERE CHE A PREVALERE SIA IL DIRITTO COMUNITARIO
Pochi minuti prima del consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano chiude pragmaticamente la partita. «Voglio essere chiaro: è molto probabile che i giudici disapplicheranno anche il decreto». Si tratta di un solo articolo con la lista dei Paesi sicuri, non dell’intreccio normativo creativo ipotizzato alla vigilia.
È la riduzione del danno, perché evita la deflagrazione del conflitto con il Colle. Ed è proprio la moral suasion del Quirinale a spingere l’esecutivo al varo di un “decreto mini”: il testo non mette infatti al riparo da nuove sentenze che negano i trattenimenti. Giorgia Meloni acconsente comunque: «Andiamo avanti, non possiamo non lanciare un segnale politico».
Mantovano è impegnato nell’opera di tessitura con il Colle, lunga molte ore. Ha ingaggiato gli uffici giuridici della presidenza del Consiglio, tenendo fuori tutti gli altri: nessuna riunione con i capi di gabinetto dei ministeri, nessun testo diffuso ai ministri.
Mentre gli uffici del Colle lavorano a pieno ritmo, Sergio Mattarella tace. Ma, come trapela da Palazzo Chigi, non avrebbe gradito l’escalation di proposte e forzature – circolate negli ultimi giorni che andavano contro l’Europa e contro la magistratura. Rese ancora meno digeribili dai propositi di riformare la Costituzione enunciati ieri su Repubblica da Ignazio La Russa. Per questo, il capo dello Stato avrebbe fatto valere il peso del suo orientamento.
Non è detto che la frenata dell’esecutivo basti. Solo oggi Mattarella vedrà il testo definitivo del governo. Se dovesse davvero limitarsi a contenere la mera elencazione di diciannove Paesi ritenuti sicuri, trapela, potrebbe superare il vaglio del presidente della Repubblica. E verosimilmente non impedirebbe ai giudici di continuare a ritenere che a prevalere sia il diritto comunitario.
Saltano invece le ipotesi più ardite: quelle che puntavano a estromettere i tribunali per l’immigrazione – sostituendoli con i giudici di pace o le Corti d’Appello – e quelle che prevedevano nuove regole per costringere i migranti a restare in Albania.
È il risultato dell’aspro confronto tra gli uffici: nel testo solo l’elenco con diciannove Paesi in cui consentire il rimpatrio. È Mantovano a spiegare il problema a Meloni, dopo aver consultato diversi giuristi ed essersi confrontato anche con Francesco Marini, consigliere giuridico candidato alla Consulta. Le direttive europee, è l’analisi, attribuiscono al singolo Paese membro dell’Unione la titolarità della scelta della lista di Paesi sicuri. Ma garantiscono nello stesso tempo ai giudici la valutazione dei singoli casi e gli eventuali rischi per il migrante. E dunque, si torna indietro, al punto di partenza: il magistrato è pienamente legittimato a disapplicare un rimpatrio. Valeva per il decreto interministeriale, varrà per il decreto varato ieri. Che, sostanzialmente, potrebbe non servire a nulla
Serve però a Meloni, politicamente. Perché mette la premier nelle condizioni di gridare allo scandalo al prossimo pronunciamento di un magistrato. E di attribuire ai giudici la responsabilità di avversare le politiche sull’immigrazione decise dall’esecutivo, rendendo così inutilizzabile il centro in Albania.
Per Meloni è proprio questo il terreno migliore per guadagnare consenso e distrarre dai guai della legge di bilancio.
Nelle ore in cui Mantovano tratta con il Colle, la premier lascia trapelare altre dure parole d’ordine contro le toghe. Sostiene che alla base dello scontro sull’hub albanese ci sia in realtà la battaglia ingaggiata da Magistratura democratica contro il governo. Che la vera posta in gioco sia la separazione delle carriere. E che non sia disposta ad accettare il compromesso che le avrebbero proposto dal fronte della magistratura alcuni “ambasciatori”: va bene la riforma, a patto che si eviti il meccanismo del sorteggio del Csm. Meloni sarebbe però convinta ad andare avanti, perché «soltanto così si può togliere potere alle correnti».
Minacce politiche. Propaganda. E voglia di mettere pressione al potere giudiziario. Anche perché i sondaggi riferiscono di un lieve calo nel consenso: Fratelli d’Italia, riporta YouTrend, scende al 28,2%(-0,2%).
(da La Repubblica)
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