Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
VINCE IL RICORSO DI MEDICI SENZA FRONTIERE CONTRO L’ARBITRARIO FERMO AMMINISTRATIVO DEI SOVRANISTI
“Il tribunale di Genova ha sospeso oggi il fermo amministrativo alla Geo Barents, nave di ricerca e soccorso di MSF che tornerà presto in mare per salvare vite umane”. Lo rende noto Medici senza frontiere dopo la decisione del giudice.
Il ricorso di MsF contro il doppio fermo amministrativo era stato discusso il 7 ottobre davanti all giudice Lorenza Calcagno. La nave della ong Medici Senza Frontiere era arrivata nel capoluogo ligure a fine settembre con 206 migranti a bordo soccorsi nel Mediterraneo centrale.
“Più i tribunali italiani si pronunciano a favore delle navi umanitarie, più il governo italiano impone detenzioni arbitrarie. Questo è inaccettabile per un paese in cui vige lo stato di diritto”, aveva spiegato Juan Matias Gil, capomissione di Msf annunciando il ricorso.
Il primo provvedimento di fermo di 60 giorni è stato emesso in base al decreto Piantedosi e si basa sulle ricorrenti accuse di non aver rispettato le istruzioni della guardia costiera libica durante un’operazione di soccorso avvenuta lo scorso 19 settembre.
Il secondo, emesso il 23 settembre, ha fatto seguito a un’ispezione molto approfondita del Controllo dello stato di approdo (Psc) della nave, che ha rilevato otto carenze tecniche.
Per quanto riguarda il primo fermo, per la ong “la motovedetta della guardia costiera libica è arrivata quando avevamo quasi concluso l’operazione, più di cinque ore dopo la prima segnalazione di queste persone in difficoltà. Sono arrivati, hanno minacciato di sparare e hanno effettuato manovre insicure e intimidatorie intorno alle persone in difficoltà e all’équipe di soccorso”.
Sul secondo, “la nostra nave aveva superato con successo le precedenti ispezioni. Con questa, sembra esserci l’intenzione di assicurarsi che non torneremo presto in mare”.
(da Genova24)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
IL KILLER, IL 19ENNE DANIELE REZZA, SI È COSTITUITO AD ALESSANDRIA DOPO UN CONTROLLO CASUALE IN STAZIONE: “HO UN PESO ADDOSSO. HO FATTO UNA CAZZATA. HO UCCISO UNA PERSONE PER RUBARGLI LE CUFFIE. VOLEVO SCAPPARE IN FRANCIA”
«Ho un peso addosso. Ho fatto una cazz… a Rozzano, ho ucciso una persona». Stazione di Alessandria, le 12.20 di sabato mattina. Daniele Rezza, 19 anni, è appena stato controllato dagli agenti della Polfer. Una verifica casuale tra i passeggeri arrivati da Milano. Gli chiedono i documenti, inseriscono i dati nel terminale, glieli restituiscono. Ma lui fa solo pochi passi, torna e confessa tutto.
Lo stesso racconto che poche ore dopo farà a Milano davanti alla pm Letizia Mocciaro e ai carabinieri del Nucleo investigativo. È lui l’assassino reo confesso di Manuel Mastrapasqua, il 31enne ucciso a Rozzano venerdì notte. Ammazzato in una rapina da 15 euro: «L’ho fatto per rubargli le cuffie». Quelle — in vendita in Rete a 14.99 euro — che i carabinieri troveranno ieri pomeriggio in un cestino della spazzatura a cinque minuti da viale Romagna, dove il 31enne è stato colpito da una sola coltellata al costato destro.
Venerdì notte tra le 2.55 e le 2.57, Daniele Rezza era solo. Lo confermano i filmati delle telecamere della zona analizzati a ritroso dagli investigatori della squadra Omicidi — diretti da Antonio Coppola e Fabio Rufino — che mostrano il 19enne, in tuta nera e con un cappellino bianco in testa, muoversi alle 2.40 da viale Campania (dove abita) fino in viale Romagna: «Era stata una brutta giornata, ero nervoso».
L’ultima ripresa di Manuel Mastrapasqua vivo è delle 2.54: sta camminando verso casa di ritorno dal lavoro in un super di via Farini, a Milano. Il turno è finito a mezzanotte, poi il metrò e il tram fino a Rozzano per tutto il tempo scambia messaggi con la fidanzata Ginevra che vive in Liguria. Parlano della giornata di lavoro. Poi alle 2.55 lei vede nella schermata della chat: «…sta registrando…». Ma il messaggio non arriverà mai, tanto che è lei a scrivergli preoccupata. Dal cellulare non ci saranno altri segnali.
Secondo gli inquirenti è quello il momento in cui il 19enne lo aggredisce con un coltello. «Dammi qualcosa», poi gli strappa le cuffie. Mastrapasqua lotta, le riprende. «Ha reagito e l’ho colpito». Il coltello compare già in un frame di una telecamera che riprende il 19enne lungo il tragitto dopo l’uscita da casa: si vede il riflesso della lama e la mano che lo infila alla cintola della tuta.
Dopo il delitto torna a casa, dorme e poi confessa ai genitori. Sentiti dai carabinieri dicono però di «non avergli creduto». Il padre lo ha anche incrociato al suo rientro a casa la notte dell’omicidio.
È il padre ad accompagnarlo di mattina alla stazione di Pieve Emanuele. Lui prende un treno per Alessandria: «Volevo scappare in Francia». Per uno scherzo del destino anche Daniele Rezza lavorava in un supermercato a Milano, come i suoi genitori (la mamma in uno store del centro). Da minorenne era stato denunciato per furto, poi a 18 anni per tentata rapina. La tuta era a casa già lavata, il coltello non si trova.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
IL CORAGGIO DELLA PIU’ PICCOLA DELLA FAMIGLIA HA SALVATO MAMMA E SORELLINE, ORA SONO AL SICURO
La fuga in strada, tra le auto in transito. E quel grido d’aiuto, lanciato con un filo di voce, nel bar sotto casa. Tremante di paura. «Per favore, chiamate i Carabinieri, papà sta facendo di nuovo del male alla mamma e alle sorelline». È così che la settimana scorsa una bambina – la più piccola della famiglia – ha trovato il coraggio di porre fine ai soprusi del padre. Strappando se stessa e le due sorelle ad un destino violento. Ora mamma e figlie si trovano al sicuro in una residenza protetta, mentre il padre, denunciato per maltrattamenti in famiglia, dovrà vedersela con la giustizia.
La vicenda
Una storia delicata, difficile da raccontare, che accende però un faro sull’importanza di denunciare. Era da poco passata l’ora di cena, quando per l’ennesima banale discussione il padre era scoppiato in un’ira violenta. E di nuovo in casa si è scatenato l’inferno: pugni sul tavolo, parole feroci e schiaffoni. Era già successo, a metà settembre. E con la stessa crudeltà. Allora le urla provenienti dal loro appartamento erano riecheggiate in tutta la via, inorridendo i vicini. Tanto che qualcuno alla fine aveva deciso di chiamare il 112, il numero unico di emergenza. E tradita da chi l’ha messa al mondo, sul corpo i segni delle percosse, la bambina era stata caricata su una barella e portata al Pronto soccorso dell’ospedale cittadino, mentre Carabinieri e assistenti sociali procedevano con gli accertamenti del caso.
Fu uno choc per la famiglia, e per l’intera comunità. Una vicenda dolorosa, che per giorni ha lasciato tutti nell’incredulità e nel silenzio. La settimana scorsa, però, le cose sono andate diversamente. Ancora soltanto una bambina, di fronte alla crudeltà del mondo degli adulti, la figlioletta è stata costretta a reagire per salvare se stessa e le sorelline. Trovando un mondo per fuggire, è scappata di casa ed è piombata in strada. Poi una volta fuori da quell’inferno, ha scelto un posto sicuro in cui rifugiarsi: il bar sotto casa. Ed entrata, con una vocina flebile, tremante di paura, ha chiesto aiuto: «Per favore, chiamate i Carabinieri, papà sta facendo di nuovo del male alla mamma e alle sorelline».
L’incredulità
Ha lasciato tutti col fiato sospeso. C’è stato chi cercava di tranquillizzare la piccola, prendendosi cura di lei, e chi invece ha composto il 112: in un baleno i Carabinieri sono piombati sotto casa dell’uomo. Denunciato per maltrattamenti in famiglia, sarà ora la giustizia a fare il suo corso. La mamma e le figliolette invece sono state trasferite in una residenza protetta, e insieme ora, stanno ritrovando la forza per ricominciare a vivere lontano da quell’orco.
(da il Corriere Adriatico)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
AL FESTIVAL DELLO SPORT DI TRENTO L’ALLENATORE CAMPIONE ALLE OLIMPIADI HA PARLATO DEL SUO RAPPORTO CON LE ATLETE
Non basta un gruppo unito per vincere torneo, figurarsi un’Olimpiade. Bisogna giocare bene, ed è per questo che la sua Italia ha vinto a Parigi 2024. «Abbiamo giocato meglio degli altri. Questa è stata la cosa decisiva. Poi c’è la parte psicologica, il gruppo», spiega Julio Velasco, ct dell’Italvolley femminile vittoriosa agli ultimi Giochi.
Velasco è entrato in gruppo in un momento delicato. «La squadra veniva da un anno difficile, era molto chiacchierata e aveva bisogno di tranquillità. Di combattere l’ansia, di vivere momento su momento», ha detto al Festival dello Sport di Trento, ricordando il suo lavoro con le Azzurre, «non c’era bisogno di motivarle ma di trasmettere sicurezza e quindi ho cercato di restare impassibile. Ma dentro di me è diverso. L’allenatore è un buon attore, deve trasmettere qualcosa e deve scegliere cosa, a volte azzecchiamo la scelta a volte a no».
Velasco è noto per la sua capacità di costruire un gruppo che crede nelle proprie potenzialità e lavora sulle proprie debolezze.
Non c’è un segreto, se non che l’allenatore deve fidarsi e credere nelle sue giocatrici. «Non credo nei discorsi che non hanno consistenza, una verità dietro. Ad un allenatore devono piacere le sue giocatrici, perché sono le sue. Come i figli», ha aggiunto, «altrimenti è difficile che la squadra sia convinta e abbia autostima, abbia la forza di affrontare altre squadre che sono più forti sulla carta. Bisogna giocare meglio degli altri».
Nella squadra vincitrice dell’oro olimpico a Parigi 2024, c’era anche Paola Egonu, uno dei talenti più forti della sua generazione. Spesso al centro delle attenzioni, e delle critiche, Velasco non le ha riservato alcun trattamento di favore. Ma con lei è stato chiaro su una cosa: contro il razzismo sarebbe sempre stato al suo fianco, in prima linea. «Io so che vuol dire diventare un personaggio», ha detto, riportando una conversazione avuta con la campionessa 25enne, «molto spesso il personaggio ci rompe le scatole, ha vita propria ed è molto difficile rapportarsi con la gente, c’è sempre il personaggio di mezzo.
“Tu sei Paola Egonu”, il personaggio, le ho detto. “Io voglio parlare di Paola”». Un rapporto franco e diretto che Velasco ha voluto esplicitare parlando di integrazione e di come popolo – e pubblico – italiano abbiano un atteggiamento diverso a seconda di chi si trovano di fronte. «Tanti non si rendono conto di cosa vuol dire essere straniero in un’altra terra. A me davano del lei quando a 33 anni andavo in questura qui in Italia per la cittadinanza, alle persone nere davano del tu», differenze di trattamento che lasciano il segno e Velasco conosce, «queste ragazze hanno a volte delle reazioni o delle sensazioni, e sono in guardia, perché hanno vissuto tante cose da piccole e ora che sono famose non si possono permettere più niente». Per questo a Egonu ha fatto una promessa: «Le ho parlato per dirle che su questo l’avrei difesa fino alla morte. Ma su tutto il resto sarebbe stata come le altre».
(da Open)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
DOPO LA MOSTRA SU TOLKIEN E LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ITALO BOCCHINO, IL 23 OTTOBRE IL MUSEO OSPITERÀ LA FESTA DEL QUOTIDIANO “IL TEMPO” DELLA FAMIGLIA ANGELUCCI, CON TANTO DI PRESENZA DI GIORGIA MELONI… DOPO LE DIMISSIONI DEGLI ESPERTI DEL COMITATO TECNICO SI PREVEDONO ALTRE USCITE
La saga “Eventi di governo alla Gnam”, non ha fine. L’ultima puntata è prevista la sera del 23 ottobre, quando la Galleria nazionale d’arte moderna a Roma ospiterà la festa del quotidiano Il Tempo, di proprietà della famiglia Angelucci e sarà presente anche la premier Giorgia Meloni, invitata insieme ad altri Fratelli d’Italia e, ovviamente, colleghi leghisti del deputato Antonio Angelucci.
L’evento è più che legittimo dal punto di vista formale, ma la sua portata mostra come ormai, il Museo statale, sia sempre più assediato dalla destra e dai suoi affiliati.
Non è un caso che qui sia stata organizzata la presentazione del libro di Italo Bocchino, ex deputato e direttore del Secolo d’Italia che ha fatto traboccare un vaso già colmo: tre su quattro componenti del comitato scientifico si sono dimessi. Esperti della Storia dell’arte come Augusto Roca, Stefania Zuliani e Federica Muzzarelli, hanno detto addio al Museo il 9 ottobre. I primi due erano stati nominati in epoca Franceschini, mentre Muzzarelli era arrivata nel 2023 con l’ex ministro Sangiuliano come rappresentante del Comune di Roma.
La decisione è stata presa «alla luce della politica culturale recentemente adottata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, le cui linee non sono state definite attraverso un sereno confronto con il Comitato Scientifico». Significa che da quando si è insediata la direttrice Renata Maria Mazzantini non sono stati mai convocati, se non una volta su loro richiesta
Silenziati, ignorati mentre veniva organizzata la mostra sullo scrittore britannico Tolkien, padre del fantasy ma soprattutto il preferito di Meloni. C’era anche lei all’inaugurazione organizzata dall’allora ministro Sangiuliano a dicembre, si terrà quella sul Futurismo a ottanta anni di distanza dalla morte di Filippo Tommaso Marinetti a presentazione del libro Italo Bocchino si è tenuta in pieno giorno, con i visitatori nel Museo. I lavoratori che hanno chiesto alla direttrice di annullare l’evento sono stati segnalati al Mic. Anche questo non è andato giù ai professori universitari che si sono dimessi dal comitato scientifico
(da La Repubblica)
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Ottobre 12th, 2024 Riccardo Fucile
COME SE NON VIGESSE LA NORMATIVA SULLA TRASPARENZA IN VIGORE NEL NOSTRO PAESE. EPPURE L’AREA DEI LAVORI È TERRITORIO ITALIANO, VISTO CHE I CENTRI OPERANO IN REGIME DI EXTRATERRITORIALITÀ… PERCHÈ LA DUCETTA E CROSETTO NON PUBBLICANO LA LISTA DELLE AZIENDE CHIAMATE DAL GOVERNO?
L’unica regola è fare presto. Pertanto l’imperativo governativo esclude il rispetto del codice degli appalti per come i comuni mortali lo conoscono. D’altronde l’Albania è lontana dall’occhio vigile delle autorità di controllo. È il buco nero dei centri di detenzione per migranti. Il grande piano di cui il governo di Giorgia Meloni va più fiero.
Centri pericolosi per il rispetto dei diritti umani, e per le casse pubbliche. I contratti di affidamento diretto, ottenuti da Domani, raccontano di procedure inusuali per chi maneggia commesse pubbliche di una certa importanza e valore. Si tratta di decine di appalti assegnati senza gara a partire da fine marzo fino a settembre. Affidamenti diretti, appunto, che sommati valgono oltre 60 milioni di euro.
Denaro che, risulta dagli atti, è stato gestito principalmente dal ministero della Difesa, tramite l’articolazione SegreDifesa, in particolare dalla divisione Direzione dei Lavori e del Demanio, guidata dal generale ispettore Giancarlo Gambardella: nominato lo scorso 28 dicembre, è la persona che per conto del governo dovrà curare tutta la partita Cpr.
La caccia alle aziende anche albanesi per realizzare il sogno di Meloni e Piantedosi è iniziata ad aprile.
I primi due affidamenti, per esempio, portano la data del 15 aprile 2024: «Fornitura in opera di strutture prefabbricate alloggiative metalliche modulari di tipo 3 presso la località di Gjader» e «Fornitura in opera di strutture prefabbricate alloggiative metalliche modulari di tipo 1 presso la località di Gjader e Shengjin». In totale, confermano dalla Difesa, sono stati spesi per i moduli prefabbricati 25 milioni di euro, affidati senza gara a quattro aziende diverse.
A Gjader è stata realizzata la struttura di trattenimento, il centro di permanenza vero e proprio, eretto sul sedime di una ex base militare abbandonata. Qui i migranti verranno spediti in autobus dall’hotspot di Shengjin, allestito in un’area del porto della cittadina turistica albanese, che dista mezz’ora di auto.
Un altro affidamento degno di nota è del valore di 10 milioni di euro per la «realizzazione di impianti elettrici a Gjader».
Chi è la fortunata azienda? Impossibile saperlo. Così come resta anonima l’impresa cui sono stati affidati i «Lavori di realizzazione rete di raccolta e scarico delle acque meteoriche e sistema di telerilevamento» pari a 1,3 milioni di euro. E anche quella che, per oltre 7 milioni, si è aggiudicata gli «scavi, riporti e realizzazione di recinzioni, cancelli e canali».
Il 12 luglio, poi, sono stati affidati i «Lavori per la realizzazione opere accessorie e di rifinitura presso Gjader» al prezzo di 1,4 milioni. Una settimana prima Segredifesa aveva ingaggiato altre due aziende: spesa totale 12 milioni per due affidamenti che vanno dagli «impianti speciali» a opere in «calcestruzzo» agli impianti «idrici e fognari». Spesa notevole anche quella da oltre 9 milioni per realizzare fondazioni per stabilizzare le strutture. L’elenco potrebbe continuare con affidamenti sotto il milione ma comunque sopra la fatidica soglia di 500mila euro, superata la quale andrebbe fatta una gara.
C’è poi la poca trasparenza sulle aziende scelte sul territorio. Non esiste un elenco pubblico. Come se in quel cantiere non vigesse la normativa sulla trasparenza in vigore nel nostro paese.
Eppure l’area dei lavori, secondo il protocollo firmato da Meloni e il premier albanese Edi Rama è territorio italiano: i centri, infatti, operano in regime di extraterritorialità.
«L’unica azienda albanese affidataria è stata sottoposta a controlli tramite Banca dati antimafia», dicono dalla Difesa, che assicura che, nonostante l’assenza di gare, gli «operatori sono stati selezionati sulla base della comprovata esperienza nel settore».
Questa pratica di affidare senza gara per rispettare l’imperativo del «fate presto» ha creato non poche preoccupazioni all’interno degli uffici della Difesa: cosa succederebbe con una eventuale verifica della Corte dei Conti o di altri organi deputati al controllo
«Gli affidamenti oltre la soglia si sono resi necessari in considerazione dei tempi ristretti per la realizzazione delle stesse», è la replica della Difesa, che aggiunge: «Qualsiasi tipo di affidamento tramite gara competitiva sarebbe stato incompatibile con le tempistiche».
Tuttavia è proprio la decisione di spostare l’intero pacchetto Albania sotto il controllo del ministero della Difesa che ha permesso di non dover sottostare ai limiti del codice degli appalti e di non essere sottoposti al controllo dell’Autorità anticorruzione (Anac), confermano fonti qualificate dell’organismo.
Chi può allora monitorare sulle modalità di spesa di oltre sessanta milioni di euro con affidamenti diretti è il Copasir . Ma solo a certe condizioni: potrebbe occuparsene se dovessero emergere questioni relative alla sicurezza nazionale in senso lato.
Ma non ci sono norme che prevedono l’obbligo di una rendicontazione o una comunicazione da parte del ministero della Difesa al comitato. Le deroghe e la competenza della Difesa però non impediscono alla Corte dei conti di garantire un controllo sulla spesa: c’è una specifica sezione della magistratura contabile che si occupa di contratti secretati e atipici.
Far ricadere, dunque, la partita Cpr sotto il cappello della Difesa ha permesso al governo di sviare da quelli che sono i limiti e i controlli ordinari, che sarebbero stati previsti, ad esempio, se la competenza fosse rimasta al Viminale. Tutto questo per «fare presto».
«Partirà probabilmente tra qualche giorno», ha annunciato ieri Meloni. L’ordine di accelerare è arrivato dalle alte sfere del governo. Ma è difficile immaginare che né la premier né il ministro dell’Interno fossero a conoscenza del cronoprogramma ufficiale dei lavori: le relazioni interne della Difesa, pubblicate da Domani a marzo scorso, indicavano la fine tra metà ottobre e l’inizio di novembre.
Perché allora il governo ha dato in pasto ai media veline che davano come giorno dell’inaugurazione prima maggio, poi agosto, poi settembre e infine un giorno imprecisato della prossima settimana? In un ciclo continuo di avvisi su aperture imminenti puntualmente smentite dalle immagini di cantieri senza ancora opere strutturali, siamo così arrivati alla fine di ottobre: i centri sono «da oggi operativi», ha detto ieri l’ambasciatore italiano.
In realtà dovrebbero essere realmente operativi dal 18 ottobre. Senza contare che a intralciare i piani del governo c’è una recente sentenza della Corte di giustizia dell’Ue che ha messo in discussione tutto il progetto dei centri in Albania.
(da EditorialeDomani)
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Ottobre 12th, 2024 Riccardo Fucile
I 15MILA EURO RACCOLTI DALLA RAGAZZA IN UN SOLO GIORNO SONO STATI RESTITUITI AGLI ALLOCCONI CHE AVEVANO SGANCIATO I SOLDI: “MA PERCHÉ LE PERSONE NON DOVREBBERO DONARE ANCHE A ME SE HANNO TANTI SOLDI DA USARE?”… “GUADAGNO 100.000 EURO AL MESE E CI PAGO LE TASSE”
L’esultanza è durata poco: «In un solo giorno siamo riusciti a raggiungere il traguardo di 15 mila euro per la mia mastoplastica additiva. Voglio fare un ringraziamento a tutti gli imprenditori d’Italia senza i quali non sarebbe stato possibile». Michelle Comi pochi giorni fa gongolava sui social.
Non aveva fatto i conti con la dura realtà: la piattaforma Gofundme.com – probabilmente per il clamore e le critiche che la vicenda aveva suscitato – ha annullato la raccolta fondi dell’influencer milanese, classe 1995. «Pensavo di essere stata hackerata – dichiara lei -, invece, le tante segnalazioni arrivate alla piattaforma hanno fatto sì che venissi bloccata. E i soldi ricevuti sono stati restituiti». Ma non demorde: «Devo capire come riaprire la raccolta».
Interpellata, Comi dice: «Perché le persone non dovrebbero donare anche a me se hanno tanti soldi da usare?».
Comi nell’eterogeneo mondo social capta la regola “dividere, polarizzare, per arrivare”, che è poi il sempreverde “purché se ne parli” Le sue dichiarazioni controverse (altro eufemismo) ne hanno fatto un personaggio. Tanto che quando le si chiede conto dell’altra chiacchierata a ruota libera – «Meglio comprarsi una borsa griffata che fare un figlio. Non mi faccio sformare la pancia per farmi uscire un coso. Mille volte meglio spendere tutti i miei soldi dal chirurgo» – fa spallucce: «Sono le stesse cose che dico quando mi ritrovo a tavola con i miei e le mie sorelle». Anche se poi non è dato di sapere come finisca a quel desco.
Residente a Milano, con casa anche a Torino «che è più tranquilla», si è diplomata al liceo artistico Boccioni e per sei anni ha fatto l’impiegata in un ospedale. Tre anni fa le dimissioni e l’approdo su Only Fans, mondo da cui dichiara di ottenere «guadagni stellari, 100 mila euro lordi al mese su cui pago le tasse».
Dunque, in teoria, non potrebbe pagarsi lei i suoi sfizi? «Se ho chi mi paga tutto…».
In estate – dice di non essere fidanzata, «mi sto frequentando con alcuni imprenditori, niente di serio» – ha urbi et orbi cercato chi le finanziasse una vacanza, rigorosamente di lusso. Come è finita? «Tenerife e Varsavia». Risposta a chi la definisce escort: «La linea tra quello che faccio e una escort è sottile. Ho le carte di credito degli imprenditori, con alcuni non ci siamo mai visti, ma mi mantengono. È il loro modo di corteggiarmi».
Poi si lancia in un paragone pirotecnico: «Gli imprenditori spendono per me 60 mila euro al mese, è lo stesso che nel piccolo fa un ragazzo che porta una rosa alla sua innamorata».
La speranza è di fidanzarsi: non con un muratore, di certo. «Non credo al detto due cuori una capanna», puntualizza a scanso di equivoci. Un’ultima domanda: ma lei c’è o ci fa? «Ci sono, ci sono. Fin da piccola, nelle cene in famiglia, mi piaceva spiazzare».
(da il Corriere della Sera)
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Ottobre 12th, 2024 Riccardo Fucile
TELEMELONI FA PASSARE UNO SPOT PUBBLICITARIO DURANTE IL MINUTO DI RACCOGLIMENTO: AL PEGGIO NON C’E’ MAI FINE
Il toccante omaggio dell’Olimpico, dove è diventato l’eroe delle Notti Magiche, ma anche la criticata scelta della Rai di mandare uno spot durante il minuto di raccoglimento.
Chi era allo stadio porterà nel cuore il tributo a Totò Schillaci, morto lo scorso 18 settembre, durante Italia-Belgio, partita di Nations League, mentre chi era davanti alla tv è rimasto perplesso.
Su tutti il fratello dell’ex centravanti della Nazionale, Giuseppe Schillaci, che su Facebook ha scritto: “Vergogna, la Rai interrompe il ricordo di Totò Schillaci per la pubblicità”.
Ma anche sui social è montata la protesta di chi non ha gradito il fatto che siano prevalse le ragioni commerciali. “Complimenti alla Rai per aver maltrattato il ricordo di Schillaci”, scrive Oliviero Cinelli. “La Rai interrompe il minuto di silenzio per Totò Schillaci e manda in onda la pubblicità. Cosa sta diventando, o cosa è diventata, la televisione pubblica?”, osserva Cosimo Amato.
Completamente diversa l’atmosfera sugli spalti dell’Olimpico con i tifosi che hanno potuto godere del commovente video sul maxischermo, introdotto dall’inconfondibile voce di Luca Ward, che ha riportato ai tempi della meravigliosa estate italiana del 1990.
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2024 Riccardo Fucile
TRA LORO CI SONO DIVERSI RAMPOLLI DELLE FAMIGLIE PIU’ FACOLTOSE DELLA CITTA’
L’università di Genova chiede a 26 ex studenti di economia e a un docente di una scuola superiore mezzo milione di euro di danni. Tra loro ci sono alcuni rampolli delle famiglie più facoltose della città.
A tutti, compreso al professor Luca Goggi, è contestato il reato previsto da una legge del 1925. L’inchiesta era partita nel 2019 dalle segnalazioni dell’ateneo. Uno studente aveva raccontato che dopo l’ennesima bocciatura qualcuno gli aveva fornito il numero di Goggi per l’esame di Ragioneria Generale.
I carabinieri lo hanno beccato proprio mentre mandava via Whatsapp le risposte alle domande di un test.
E oggi l’università chiede a tutti i danni. Gli allora studenti a giudizio, fa sapere l’edizione genovese di Repubblica, sono: Alessandro Cafiso, Valeria Cevasco, Andrea Migliaccio, Giacomo Roveda, Matteo Pittaluga, Eugenio Bottino, Alessandro Abbundo, Paolo Messina, Maria Balestrero, Camilla Cartasegna, Edoardo Sinisi, Benedetto Avallone, Emanuele Vallarino, Francesco Ceriana, Federico Bartolaccini, Edoardo Piccin, Ludovica Casaleggio, Emanuele Ceppellini, Francesco Ciliberti, Tommaso Mansanti, Lorenzo Talarico, Marco Cesari, Gabriele Macchiavelli, Riccardo Giacomazzi, Niccolò Scelti, Enrico Ciurlo.
(da Open)
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