MARINO RIPARTE, IL PD ROMANO NO
ORFINI COMMISSARIO PROROGATO… E NASCONO I DEMOCRATICI PER IL NO
Un fermento che nasce nel cuore del Pd romano, ma che va dritto al Nazareno.
Il giorno dopo l’assoluzione dell’ex sindaco Ignazio Marino, che ha rimestato tra le macerie di quel che resta dei dem della Capitale, accadono due cose, apparentemente slegate tra di loro.
La prima: nascono i Democratici per il No al referendum del 4 dicembre.
La seconda: filtra che il commissariamento di Matteo Orfini del partito cittadino non finirà come previsto il 23 ottobre, ma si prolungherà fino alla celebrazione del Congresso, data orientativa febbraio 2017.
Malcontenti pronti ad esplodere non a caso a Roma e non a caso adesso. Anzi, in questo caso di coincidenze non si può davvero parlare.
Parafrasando la celebre frase, si potrebbe dire ‘follow the timing’.
Mentre lo stesso Orfini dichiarava all’Ansa che “non ci sono pezzi organizzati del partito in città che lavorano per il No al referendum”, nella sezione di Testaccio, il consigliere regionale Riccardo Agostini, esponente della minoranza, e l’ex responsabile comunicazione del Pd nonchè ex portavoce di Pier Luigi Bersani, Stefano Di Traglia, riunivano un gruppo di militanti ed elettori per dare vita ai “Democratici per il No”.
Non vogliono che si parli di comitati, in segno di rispetto verso la Ditta, ma tant’è.
Si tratta di fatto della prima organizzazione contro il ddl Boschi con il marchio dem e in pratica getta le fondamenta di una casa che potrebbe diventare più grande da lunedì. Quando, e non è appunto un caso, si riunirà la Direzione del Pd in cui l’area di Bersani e Speranza dovrebbe ufficializzare la propria posizione sul referendum.
Una nuova breccia nel Pd renziano che a Roma si salderà a breve anche con la promessa di Marino di tornare in campo e trascorrere le prossime settimane proprio a fare campagna contro il ddl Boschi.
Ma il ritorno del “marziano” sulla scena, nella Capitale ha anche riaperto i cahiers de doleances del partito contro la gestione commissariale di Matteo Orfini.
Lui stesso, chiudendo a settembre la festa romana del partito, aveva assicurato che il giorno dopo la fissazione della data del referendum avrebbe indetto anche il congresso dem capitolino.
Quel che filtra oggi, invece, è che si è in attesa che dal Pd nazionale comunichino la finestra in cui si possono celebrare i congressi in tutta Italia, finestra che presumibilmente dovrebbe coincidere con il mese di febbraio 2017.
Ma è ormai da tempo che il partito a Roma è in fibrillazione e il sospetto — tra le varie anime in campo – è che sia in atto un tentativo di far slittare i tempi visto anche il momento di difficoltà del commissario e di tutta la ‘filiera’, ossia di quell’asse che al momento tiene insieme i Giovani Turchi dello stesso Orfini e i renziani di Giachetti e Gentiloni.
Dalla maggioranza negano e spiegano che il probabile slittamento a febbraio sarebbe dovuto solo da ragioni tecniche, ossia la somma di campagna referendaria e periodo natalizio.
La minoranza è convinta che l’obiettivo finale sia quello di far slittare il congresso capitolino all’autunno, magari provando a farlo coincidere con quello nazionale. E questo crea enorme fermento, tanto che sono cominciati i primi ‘riposizionamenti’. In campo ci sono rappresentanti di varie anime, come Roberto Morassut, veltroniano che però nel Pd sta in maggioranza, o Marco Miccoli (vicino a Martina-Orlando), oltre ai cosiddetti ‘zingarettiani’ o a personaggi più vicini a Dario Franceschini.
La tregua che ha retto con difficoltà in questi mesi sta per saltare ma anche le opposizioni interne fanno fatica a riorganizzarsi dopo lo sfascio degli ultimi mesi.
La richiesta, però, è quella di uscire dalle sabbie mobili attuali.
“Quello che è accaduto — spiega il consigliere regionale di minoranza, Riccardo Agostini – era già scritto. L’arroccamento del Pd ha portato a una grande sconfitta in città , in cui addirittura il nostro candidato per la prima volta nella storia è andato a malapena sopra il 30%. C’è uno sfaldamento del Pd romano sia per come è stata gestita l’elezione sia per come è stata gestita la sconfitta. Sarebbe necessario che si convocasse almeno una assemblea degli iscritti per riaprire una nuova fase della città . Questo immobilismo produce disaffezione”.
(da “Huffingtonpost”)
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