PIU’ ARRIVI, MENO MORTI: “MA SUI MIGRANTI LA POLITICA E’ CAMBIATA POCO”
SBARCATI DA GENNAIO AD OGGI 5.709 MIGRANTI, LE VITTIME SI SONO RIDOTTE A UN TERZO, SONO 186… COSA E’ CAMBIATO? PARLANO SEA WATCH, MEDITERRANEA E IL SINDACO DI LAMPEDUSA
Dall’inizio dell’anno a oggi in Italia sono sbarcati 5709 migranti, certifica il Viminale con tanto di rilievi per mesi e giorni e grafici annessi.
Nello stesso periodo – dal primo al 18 giugno – del 2019 se ne contarono 2177, meno della metà (nel 2018 erano stati 15.617).
All’aumento registrato nelle persone sbarcate corrisponde un calo del numero dei morti e dispersi in mare, aspetto della questione spesso taciuto su cui oggi ha risollevato il velo la foto del corpicino della neonata affogata nel naufragio di sabato scorso, ritrovato sulla spiaggia di Sorban, lungo la costa libica.
Più arrivi meno morti. Dal 1 gennaio scorso al 12 giugno – fonte Unhcr – nel Mediterraneo centrale, sulla rotta Libia-Italia, si sono contati 186 morti.
Nello stesso periodo del 2019 le stime ufficiali ne avevano registrato 567, 1336 in tutto l’anno.
E dagli studi dell’Istituto di politica internazionale è emerso che nel periodo in cui al Viminale c’era Salvini, a una riduzione delle partenze del 60% ha corrisposto un aumento delle morti in mare del 19%.
Mentre nei primi cinque mesi a guida Lamorgese il calo delle morti in mare è stato drastico (-80%), malgrado un numero di partenze in aumento del 18%.
Ma, torna la domanda, oltre che nei numeri di persone arrivate in Italia o morte in mare nel tentativo di arrivarci, il cambiamento si è registrato anche sul fronte delle politiche per l’immigrazione? Nei fatti, non si direbbe. Il Governo ha annunciato l’intenzione di modificarli, ma i decreti sicurezza, su cui Salvini aveva incardinato la sua “politica dei porti chiusi” non sono stati toccati.
E con la pandemia da Covid-19, agli inizi di aprile è arrivato pure il decreto interministeriale con cui l’esecutivo ha stabilito che i porti italiani non potevano più essere considerati “porti sicuri” per le persone soccorse in mare da navi di nazionalità diversa da quella italiana fuori dall’area Sar italiana.
Il provvedimento, firmato dai Ministeri dell’Interno, della Sanità , delle Infrastrutture e degli Affari Esteri, è ancora in vigore. Intanto proseguono i viaggi della speranza dei migranti in fuga da Libia e Tunisia.
A Lampedusa “mini-sbarchi autonomi”.
A Lampedusa continuano quelli che il sindaco Totò Martello definisce “mini-sbarchi autonomi”. Ieri ne ha contati sei – in tutto 120 persone “subito trasferite in Sicilia”, puntualizza – mentre stamattina è arrivata un’imbarcazione con a bordo 46 migranti, per ora sistemati nell’hotspot dell’isola. Rispetto all’era Salvini, insomma, gli sbarchi sono tutt’altro che diminuiti.
“Funzionano come sempre – spiega il sindaco – molto dipende dalle condizioni del tempo. Ora che verranno le belle giornate sicuramente aumenteranno”.
Meglio di prima funziona di certo il rapporto col Viminale. “Ora si interloquisce, al Ministero ti rispondono al telefono anche di notte, mentre in precedenza non ti rispondeva nessuno, neanche alle lettere”.
Quanto agli sbarchi, “è evidente che senza accordi con i paesi rivieraschi del Mediterraneo le cose non cambieranno, bisogna attivare le procedure per far sì che queste persone arrivino in Italia regolarmente invece di consegnarli nelle mani di banditi e mafiosi incuranti della vita delle persone”.
Fronte del mare.
Per Giorgia Linardi, portavoce della Ong tedesca Sea Watch in Italia, nelle politiche dell’attuale governo non c’è stata una discontinuità rilevante rispetto a quelle del precedente. Specie nei confronti delle Ong.
“Il nostro approccio non è cambiato. Per noi non ci sono alternative al tornare in mare e a rivolgersi a Italia e Malta come porti cui far riferimento. Le iniziative del governo Conte II – spiega ad HuffPost – non hanno segnato una diversità di approccio rispetto a una gestione più strutturale invece che emergenziale del fenomeno. Sia per le partenze dalla Libia che dalla Tunisia, che ormai proseguono dagli anni ’90, per cui il fenomeno non può essere gestito e raccontato come emergenza”.
La Sea Watch 3, la nave della Ong tornata in mare a inizio giugno, si trova nel Mediterraneo centrale e in questo momento ha a bordo 165 migranti – tra loro 14 donne e 6 bambini – soccorsi in due operazioni, l’ultima stanotte.
“Temiamo che anche per questo sbarco le persone vengano lasciate in mare per giorni, in attesa di un accordo con gli Stati membri per la redistribuzione delle persone. Gli accordi vanno definiti a monte e non mentre si tengono uomini, donne e bambini bloccati in mare – spiega la portavoce della “Sea Watch” – Ci uniamo alla richiesta italiana di una responsabilizzazione a livello europeo. Ma l’Italia non può tenere il punto con l’Europa sulla pelle delle persone. Rispetto al precedente, questo Governo non sta facendo della criminalizzazione contro le Ong il centro della sua campagna comunicativa, ma l’atteggiamento verso di noi continua a essere ostile. Saremmo ben felici di non operare se ci fossero delle alternative alla nostra presenza in mare, se sapessimo che non ci fossero più persone in mare e che i soccorsi avvenissero nel rispetto del diritto internazionale. Invece, anche in questi mesi di lockdown abbiamo registrato casi di persone abbandonate in mare quando non proprio respinte illegalmente, nonostante le autorità fossero state informate. Pure ieri ci sono stati respingimenti malgrado avvistamenti e segnalazioni di Frontex. Le autorità – conclude Linardi – continuano a non gestire il fenomeno via mare e intanto le persone continuano a mettersi in viaggio, ad attraversare il mare e a morire”.
Ancora naufragi, soccorsi e respingimenti nel Mediterraneo.
Nel Mediterraneo centrale si trova anche la “Mare Jonio” di “Mediterranea Saving Humans”, che ieri ha denunciato l’ennesimo respingimento di migranti in Libia. “Nelle politiche del Governo attuale non è cambiato molto rispetto a quello precedente – scandisce Alessandro Metz, l’armatore sociale di “Mediterranea” – la comunicazione è stata modificata, non c’è più quella barbarie del recente passato. Ma continua il finanziamento alla Guardia costiera libica e dunque ai centri di detenzione e da uno studio-denuncia emerge un ruolo forte di Italia e Malta nel compimento di azioni illegali per ricatturare e riportare migranti in Libia”.
Metz si chiede quale direzione intenda seguire il Governo per modificare i decreti sicurezza. La domanda è: “Si intende fare un lavoro di pulizia comunicativa o cancellarli e quindi reimpostare su basi diverse le politiche dell’immigrazione?”.
(da “Huffingtonpost”)
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