Editoriale
ACCA LARENTIA … PER NON DIMENTICARE TANTE COSE
Era il 7 gennaio del 1978, un normale sabato pomeriggio per lo shopping romano, da una sezione del MSI della periferia popolare della capitale, Acca Larentia, piccolo avamposto di Destra in un territorio egemonizzato dalla Sinistra, escono per andare a fare un “volantinaggio” tre ragazzi tra i 18 e i 20 anni. Appostato nei pressi, in agguato, un gruppo di 6 giovani apre il fuoco. Franco Bingonzetti, 20 anni, studente di Medicina, colpito alla testa, cade davanti alla porta della sede, Francesco Ciavatta tenta di fuggire lungo un’attigua scalinata e viene ucciso da una raffica di colpi alla schiena, morirà in ambulanza, mentre pochi mesi più tardi suo padre, disperato, si getterà dalla finestra. Un terzo ragazzo, Vincenzo Segneri, pur ferito, riesce a rientrare in sezione e a chiudere la porta blindata. Mentre i soccorsi tardano, in un clima di tensione, i militanti di Destra della capitale corrono tutti ad Acca Larentia, cosi come giornalisti ed operatori televisivi, Un giornalista della RAI getta un mozzicone di sigaretta in una macchia di sangue, “forse” distrattamente, ma questo atto genera piccoli tafferugli. I carabinieri lanciano lacrimogeni, un capitano perde la testa, impugna la pistola, si inginocchia, prende la mira e spara nel mucchio dei militanti: cade Stefano Recchioni, colpito in fronte, a soccorrerlo, a tenerlo tra le braccia è Francesca Mambro: ” Non verso nessuna lacrima, ma niente da quel momento sarà più come prima”, dirà Francesca a distanza di anni. Il capitano Edoardo Sivori, verrà condannato anni dopo solo per “eccesso colposo di legittima difesa”, gli assassini dei due ragazzi non sono mai stati trovati e i tre indiziati sono stati assolti. Fu ritrovata invece, dopo tanti anni, la mitraglietta Skorpion che sparò, in un covo delle BR di Via Montenevoso, a Milano. Per molti militanti di Destra, già provati da anni di persecuzioni e discriminazioni, nulla da quel giorno sarà più come prima. Difficile descrivere le sensazioni di quei giorni, ho visto amici con le lacrime agli occhi, una rabbia e un odio verso lo Stato mai provato prima, un clima da guerra civile che si impadroniva di tutti, il senso di una Giustizia a senso unico, i “compagni” spariti dalle strade di ogni città , rinchiusi in casa, una voglia di giustizia sommaria comprensibile. Un MSI visto come capace solo di organizzare funerali per i propri giovani ( e, nel caso di reazioni, di notificare subito il famoso “non è mai stato iscritto al partito”), una distanza abissale tra il vertice e la base che neanche il carisma di Giorgio Almirante riusciva a comporre.
Vennero a galla tante contraddizioni, chi lasciò il partito e chi rimase per una battaglia interna di rinnovamento. Ma quei tre ragazzi morirono per un ideale, per difendere il diritto a esprimere le proprie idee, non per un pezzetto di potere. E tanti ragazzi in quegli anni rischiavano la pelle volantinando davanti alle scuole e alle Università la loro voglia di riscatto e le loro speranze in un’Italia migliore. Mentre tanti borghesi stavano chiusi nelle loro case, arrendendosi all’egemonia comunista, per poi condannare qualche episodio sporadico di reazione…mai esporsi, mai dire “sono di destra”, mai “partecipare”… L’incoscienza che ci muoveva quando prendevamo la parola nelle assemblee studentesche, dichiarando con orgoglio la nostra appartenenza; nella mia scuola arrivammo persino a organizzare scioperi scolastici, emarginando tre appartenenti a “Lotta Continua” ( due dei quali entrati qualche anno dopo nelle BR). Genitori che non sapevano se saremmo rientrati la sera, ore passate a volantinare e a macchiarsi le mani di inchiostro dei ciclostili. Eppure eravamo felici di vivere i nostri sogni, comunque fosse finita, i giuramenti reciproci in caso ci fosse successo qualcosa, persino come avremmo voluto la cerimonia funebre e chi non avremmo voluto presente. Su quei morti, su quei ragazzi, su quegli sguardi ricchi di passione militante, tanti hanno costruito le proprie fortune politiche, ci hanno spiegato che “solo i paracarri stanno fermi”, ma hanno poi preso l’autostrada più veloce per arrivare al potere, dimenticando il proprio passato, in alcuni casi rinnegandolo. Un conto è rendersi conto della maturazione dei tempi, un altro è perdere le radici ideali, culturali e morali del proprio “essere”. La vita non è solo testimonianza certo, ma neanche abiti di lusso per farsi accogliere nei salotti buoni del “potere” cui si aspira, “segando” le radici della pianta. Perchè poi la pianta non rinasce più e si resta soli a gestire una “serra artificiale” senza aneliti di vita, senza “etica”, senza “valori”…un’omogeneizzazione che la Destra italiana ha cercato o “subito” negli ultimi anni . E risulta patetica poi la ricerca di “commemorare i martiri di Acca Larentia” a distanza di trent’anni da parte di chi riscopre, per tamponare fughe elettorali e a soli fini propagandistici, una parte della storia della Destra sociale, popolare e nazionale italiana, dopo averla messa in soffitta per anni, quando si cercavano accrediti in altri ambienti di centro. Chi ci conosce sa quanto non siamo mai stati legati al passato, nel senso “nostalgico” del termine, anzi siamo sempre passati per “innovativi” quasi fosse una colpa per molti che allora vivevano di “reducismo”…ma se qualcuno pensa che sia sufficiente, da servo sciocco, ricordare che Fini fu sfiorato da un lacrimogeno nella serata di Acca Larentia, o che “occorre lanciare una battaglia culturale di destra” ( dopo non averla mai sostenuta per anni), si sbaglia. Il “nostro” mondo questa battaglia non l’ha mai dimenticata, non ha mai tagliato le proprie radici spirituali e morali, spostandosi ora a destra, ora al centro, a seconda delle convenienze contingenti…Accetto una autocritica se fosse accompagnata da una logica conseguenza: le dimissioni di Fini e dei suoi colonnelli, un azzeramento dei vertici e una rifondazione reale su basi nuove…l’Italia ha bisogno di una Destra, ma ha anche necessità di persone serie e coerenti che non antepongano gli interessi e le ambizioni personali a quelle del popolo italiano. Riportiamo in conclusione il testo di rivendicazione del “Nucleo armato di contropotere territoriale”, autore della strage di Acca Larentia… “Un nucleo armato dopo un’accurata opera di controllo della fogna di Via Acca Larentia, ha colpito i topi neri nel momento in cui stavano uscendo. Non si illudano i camerati, la lista è ancora lunga”… Gli assassini sono ancora in libertà , ma in Italia questo è normale…non ci interessa la distinzione tra chi perdona e chi no…noi siamo solo tra quelli che non dimenticheranno. Mai.
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