Gennaio 7th, 2011 Riccardo Fucile
NEL SAGGIO DELLO STORICO MICHELE BONTEMPO, SI RIPERCORRE L’ISTITUZIONE DELLA SANITA’ PUBBLICA, DEGLI ENTI PREVIDENZIALI, DELLA TUTELA DEI LAVORATORI AD OPERA DEL FASCISMO…L’INAM, LA MATERNITA’ E INFANZIA, LA FISSAZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO, LA TUTELA DELLE DONNE E DEI BAMBINI, IL DIVIETO DI OPERARE LICENZIAMENTO SENZA GIUSTA CAUSA… E ANCORA LE PENSIONI, LE ASSICURAZIONI DI INVALIDITA’, DI VECCHIAIA E DI DISOCCUPAZIONE, L’ASSISTENZA AI POVERI E AI DIVERSAMENTI ABILI, I CORSI PORFESSIONALI… INIZIATIVE ALLORA ALL’AVANGUARDIA NEL MONDO
Sanità pubblica, enti previdenziali, tutela del lavoro e Stato sociale hanno, nel nostro Paese, un’origine comune che troppo spesso viene volutamente dimenticata.
Un’origine che non è di sinistra ma che affonda proprio nel Ventennio fascista.
Ci vuole uno studioso della tempra e della bravura di Michele Giovanni Bontempo – giurista cattolico e funzionario del Ministero dell’Economia e delle Finanze – per riportare alla luce quel lungo processo che, nell’arco di ben quindici anni, ha portato il nostro Paese a fare impresa.
Dall’agro-alimentare al tessile, dal chimico al meccanico.
Lo Stato sociale nel Ventennio racconta la nascita di quel prestigioso marchio, noto a livello mondiale con il nome di made in Italy.
E’ così che, capitolo dopo capitolo, Bontempo ripercorre con sapienza la storia di quelle aziende (tuttora molto vitali) che sono il vanto della nostra produzione.
Dall’Istituto nazionale di assistenza malattie (Inam) all’Opera maternità e infanzia, dall’Assistenza ospedaliera per i poveri alle grandi opere pubbliche. “Chi ha promosso questo welfare italiano, in campo sociale, economico ed industriale, che ha reso grande l’Italia anche all’estero? – si chiede Bontempo – non la sinistra, ma il fascismo durante il Ventennio. Una legislazione sociale che ha ripreso il meglio del welfare giolittiano”.
Nel saggio pubblicato nella collana dei Libri del Borghese, Bontempo descrive con estrema precisione il cambiamento della società italiana negli anni che videro la nascita e l’affermazione del fascismo, soffermandosi soprattutto sulle leggi e sui provvedimenti che portarono il nostro Paese tra le nazioni con il Welfare più evoluto dell’epoca.
Da “Lo Stato sociale nel Ventennio” emerge, con gustosa chiarezza, la profonda maturazione della società italiana che vede rivoluzionarsi i rapporti alla base del lavoro.
Datori di lavoro e lavoratori hanno diritti ed obblighi reciproci.
Le fonti di Bontempo sono i testi storici e le Gazzette Ufficiali dell’epoca, rarità oggi sconosciute al grande pubblico.
Si inizia con un rapido esame della società e dell’economia appena emerse dalla Grande Guerra, allo sbando la prima, praticamente distrutta la seconda. Partendo da tale premessa, Bontempo analizza le politiche intraprese dal governo Mussolini per agevolare la tendenza a “fare impresa”.
Una tendenza che, stranamente, avrebbe poi salvato l’economia italiana sando vita al boom economica degli anni Cinquanta e Sessanta.
Tutto questo passando attraverso la promozione di una politica sociale senza precedenti.
Alla fissazione dell’orario di lavoro fa seguito l’ampia tutela per le donne (di questi anni il divieto di licenziamento per le gestanti) e i bambini.
Non solo.
Il saggio di Bontempo mostra molto chiaramente come il governo Mussolini abbia varato la prima normazione relativa all’igiene ed alla salubrità delle fabbriche.
Lo “Stato sociale nel Ventennio” riporta alla luce, con estremo coraggio, conquiste che non vengono insegnate a scuola.
E’ così che Bontempo ripercorre le radici del divieto di licenziamento senza giustificato motivo o senza giusta causa e degli istituti che garantiscono e regolano non solo la pensione ma anche le assicurazioni di invalidità , vecchiaia e disoccupazione.
Bontempo ricorda, poi, come sia proprio di questi anni l’introduzione degli assegni per gli operai con famiglia numerosa e l’istituzione di strutture il cui fine è quello di assistere i poveri e quelli che oggi chiameremmo “diversamente abili”.
Nel Ventennio, spiega Bontempo, la conservazione del posto di lavoro era garantita e favorita da continui corsi professionali che avevano lo scopo di aggiornare il lavoratori.
Sono solo alcuni (pochi) degli esempi che il giurista confeziona in un saggio istruttivo e prezioso per riscoprire le radici e i cardini del nostro Stato sociale
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Gennaio 7th, 2011 Riccardo Fucile
A REGGIO EMILIA LA PRIMA CERIMONIA DI UN ANNO DI EVENTI E DI INIZIATIVE PER RICORDARE L’ITALIA UNITA….IN QUESTA CITTA’, IL 7 GENNAIO 1797, IL TRICOLORE VENNE ADOTTATO PER LA PRIMA VOLTA COME VESSILLO DELLA REPUBBLICA CISPADANA
«Dato che nessun gruppo politico ha mai chiesto una revisione dei principi fondamentali
della Costituzione, è pacifico che c’è l’obbligo di rispettarli. E tra questi principi c’è il rispetto del tricolore».
Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo a Reggio Emilia nella giornata di apertura delle celebrazioni ufficiali per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
Il capo dello Stato ha sottolineato che non è un caso che nella carta costituzionale sia stato inserito uno specifico articolo, il numero 12, dedicato alla bandiera nazionale.
E con riferimento ad esso, ha evidenziato, «comportamenti dissonanti non corrispondono alla fisionomia e ai doveri di forze che abbiano ruoli di rappresentanza e di governo».
Napolitano ha rivolto «un vivo incitamento a tutti i gruppi politici, di maggioranza e di opposizione, a tutti coloro che svolgono compiti di responsabilità istituzionale, perchè nei prossimi mesi al Sud, al Centro come al Nord, si impegnino a fondo per le iniziative del centocinquantenario».
Il presidente ha poi invitato a non sminuire il valore di questo anniversario, cosa che «non giova a nessuno, non giova a rendere più persuasive, potendo invece solo indebolirle, le legittime istanze di riforma federalistica e di generale rinnovamento dello Stato democratico».
Napolitano ha riconosciuto che non tutto nel processo di riunificazione è andato come nelle intenzioni.
«La delusione e lo scontento che ben presto seguì il compimento dell’Unità ha finito per riprodursi fino ai giorni nostri – ha sottolineato – . La critica del Risorgimento ha conosciuto significative espressioni, ma quel che è giusto sollecitare è un approccio non sterilmente recriminatorio e sostanzialmente distruttivo, e un approccio che ponga in piena luce il decisivo avanzamento storico che l’unità ha consentito all’Italia, al di là di storture da non tacere».
«Non ripeterò le preoccupazioni per le difficoltà e le durezze delle prove che attendono e incalzano l’Italia», ma «la premessa per affrontarle positivamente, mettendo a frutto tutte le risorse su cui possiamo contare, sta in una rinnovata coscienza del doversi cimentare come nazione unita, come Stato Nazionale aperto a tutte le sfide, ma non incline a riserve e ambiguità sulla sua propria ragione d’essere e tanto meno a impulsi disgregativi che possono minare l’essenzialità delle sue funzioni dei suoi presidi e della sua coesione».
Non è un caso che le celebrazioni abbiano preso il via da Reggio Emilia: è in questa città , infatti, che il 7 gennaio 1797 il tricolore venne adottato per la prima volta ufficialmente come vessillo della Repubblica Cispadana.
Si tratta del primo appuntamento di un fitto calendario di eventi che si svolgeranno nel corso dell’intero anno in diverse città italiane.
La giornata è iniziata con l’alzabandiera in Piazza Prampolini, cui seguirà una visita alla Sala del Tricolore e nella Sala civica del Palazzo municipale, per la consegna della copia del primo Tricolore ai sindaci di Torino, Firenze e Roma, ovvero le città che negli anni sono state capitali della nazione.
Il Capo dello Stato inaugurerà quindi la mostra «La bandiera proibita. Il tricolore prima dell’Unità » allestita a Palazzo Casotti, e visita il museo a cielo aperto «Le strade della bandiera. Reggio Emilia città del Tricolore».
Poi la celebrazione ufficiale, al Teatro municipale «Valli», dove è previsto anche l’intervento del capo dello Stato a cui seguirà il concerto dell’Orchestra sinfonica nazionale della Rai.
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Gennaio 7th, 2011 Riccardo Fucile
FAVORI A PRIMARI E SISTEMI CLIENTELARI: NON SIAMO AL SUD, MA NELLA RICCA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA DI ZAIA… SISTEMA SANITARIO VENETO AL COLLASSO, A RISCHIO COMMISSARIAMENTO… IN VISTA IL RITORNO DELL’ADDIZIONALE REGIONALE SULL’IRPEF: ALTRO CHE “MENO TASSE PER TUTTI”
Dal Veneto virtuoso, dalla ricca Padova, arriva questa storia che molti hanno visto, ma nessuno ha ancora raccontato.
Nella città del Santo ci sono due ospedali: l’Azienda ospedaliera di Padova, polo di grandi dimensioni con al suo interno anche le cliniche universitarie; e l’ospedale Sant’Antonio, piccola struttura che si è sviluppata dal vecchio istituto ortopedico della città .
Tra i due ospedali ci sono più o meno 800 metri.
Esistono, in altri grandi poli sanitari, padiglioni dello stesso ospedale che sono anche più distanti.
Il buon senso e la buona gestione avrebbero consigliato la loro unificazione. E infatti erano già da tempo comuni alcuni servizi, come l’emergenza, la radiologia, i laboratori, la farmacia.
Poi è arrivata un’inversione di marcia.
Nel luglio scorso, le due strutture sanitarie sono state nettamente separate: l’Azienda ospedaliera da una parte, il Sant’Antonio dall’altra.
Poichè quest’ultimo è troppo piccolo, è stato accorpato a due strutture ancor più piccole: l’ospedale di Piove di Sacco (che sta a 25 chilometri di distanza e che dovrebbe servire non il bacino di Padova, ma quello di Chioggia, a cui era infatti collegato); e un ospedaletto di Abano Terme.
Risultato della divisione: i due ospedali di Padova offrono ai cittadini un servizio peggiore, perchè la separazione impedisce le sinergie, i risparmi, la condivisione di alcuni servizi.
Adesso entrambi devono fare tutto, ma con lo stesso personale di prima.
La carenza di medici e infermieri ora si sente. In compenso è raddoppiato il “personale apicale”, cioè i primari…
Che pacchia! Che clientele!
Attenzione. Ripetiamo per chi si fosse distratto: non stiamo parlando della sanità siciliana, o calabrese, ma della ricca Padova, nel virtuoso Veneto.
Ora un padovano che abbia bisogno di un ricovero può scegliere tra le due strutture.
Magari sceglie il Sant’Antonio, puntando sulle dimensioni più piccole e sperando in tempi più rapidi.
Salvo poi accorgersi che se deve fare una coronarografia, non dovrà andare 800 metri più in là , ma a 25 chilometri, all’ospedaletto di Piove di Sacco che, in un sistema funzionante e non demagogico (o clientelare…?), sarebbe stato tranquillamente chiuso per razionalizzare il servizio ai cittadini ed evitare gli sprechi.
Le malelingue, poi, dicono che molte ragioni della stramba ristrutturazione stanno ad Abano Terme, nella piccola casa di cura diventata magicamente “policlinico” che, dopo l’accorpamento padovano, ha permesso di accontentare economicamente qualche primario e di sistemare qualche “figlio di”.
Se questo è ciò che succede a Padova, come stupirsi, allora, del contesto generale della sanità veneta…?
Il sistema intero è al collasso, tanto che sta per essere commissariato: da Roma ladrona e centralista (il ministero dell’Economia), visto ciò che hanno combinato i federalisti amministratori locali berlusconian-padani.
Perdite dell’ultimo anno: attorno ai 500 milioni.
Su una spesa totale di 10 miliardi (oltre l’80 per cento del bilancio regionale del governatore Luca Zaia).
Risultato: Roma imporrà un commissario e il ripristino (maggiorato: era 0,5, sarà 0,9) dell’addizionale regionale sull’Irpef, abolita dall’ex governatore Giancarlo Galan a fine mandato.
Altro che “meno tasse per tutti”…
Tutta colpa di Galan…?
Ma non è il leghista Flavio Tosi il grande manovratore della sanità in Veneto…?
Gianni Barbacetto
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 7th, 2011 Riccardo Fucile
“E’ SOTTO RICATTO, IL SUO COMPORTAMENTO E’ FRUTTO DI UNA SCELTA IMPOSTA”…”LA POLIDORI L’HANNO COMPRATA ASSIMILANDO IL CEPU ALLA BOCCONI, LA SILIQUINI PROMETTENDOLE UN POSTO DA SOTTOSEGRETARIO”…”LE FINTE ESCORT PER SCREDITARE FINI HANNO UN MANDANTE”
Il deputato di Fli, Angela Napoli, assicura che non ci saranno altre defezioni: “In tre
hanno ceduto al ricatto, Polidori dovrebbe vergognarsi”.
E delle notizie pubblicate da Il Giornale e Libero secondo cui Gianfranco Fini avrebbe frequentato una escort, dice: “Siamo seri, è il solito mandante”
“Moffa è evidentemente sotto ricatto, il suo comportamento è frutto di una scelta imposta che non porterà a nulla. Fa nomi a caso, come quello di Buonfiglio: l’ho sentito ieri, figurarsi se lascia Fli per andare con i presunti responsabili”.
Angela Napoli, deputata finiana della prima ora, quasi sorride commentando le dichiarazioni dell’ex futurista Silvano Moffa, leader in pectore dei “responsabili”, che continua ad annunciare la nascita di un gruppo grazie alla fuoriuscita da Idv, Udc e Fli di almeno dieci deputati.
“Noi abbiamo perso tre deputati, gli unici ad aver ceduto al ricatto di Berlusconi durante la compravendita per ottenere la fiducia il 14 dicembre”, dice Napoli. “Catia Polidori non ha avuto neanche il buon gusto di sparire, io mi sarei vergognata. Ha persino votato l’emendamento sulle libere università . Era una questione familiare, il Cepu è di suo cugino. In cambio del voto di Catia alla fiducia è stato consentito al Cepu di assimilarsi alla Bocconi, non so se mi spiego. Il ricatto per lei è stato questo”.
A Maria Grazia Siliquini, anche lei uscita da Fli per sostenere l’esecutivo il 14 dicembre, “è stato promesso un posto da sottosegretario, ma ancora non si sa quale perchè Berlusconi sta tenendo vuote le caselle disponibili per usarle come merce di scambio”.
Ci sono “quattro incarichi lasciati da Fli, poi c’è il posto di Giuseppe Vegas, nominato presidente della Consob, e la poltrona liberata da Paolo Romani, divenuto ministro. Sette otto posti di governo”.
Infine Moffa, il più attivo dei tre ex futuristi. “Non abbiamo ancora capito come sia diventato ricattabile, ormai è una pedina di Berlusconi. Fa annunci nel tentativo di creare zizzania, ma una cosa è certa: Fli manterrà la linea dura, nessuno cede al ricatto”.
Gianfranco Fini, secondo quanto riportato da Il Giornale e Libero, avrebbe frequentato una escort e si sarebbe organizzato un finto attentato per farne ricadere poi la colpa sul presidente del Consiglio. Secondo lei è credibile?
“Siamo seri per favore. Sono attacchi vergognosi con mandanti ben precisi. Non sta a me trovare le prove, ma che tutto sia ideato non dico da Berlusconi, ma dal suo contorno, è fuori da ogni discussione e dubbio. Un’evidenza indiscutibile, così come la campagna della scorsa estate. Un nuovo accanimento mediatico basato sulla menzogna. Sarà la magistratura ad accertare il tutto ma è davvero un comportamento vergognoso. Tentano di screditare l’immagine di Fini con mezzi illeciti, non avendo gli strumenti per farlo sul piano politico. Alla gente poi delle escort non interessa nulla. I problemi dei cittadini sono altri e il governo continua a non occuparsene. Adesso torniamo in aula e ripartiamo dal ricatto della Lega”.
Quale ricatto?
“Il federalismo, Bossi ha deciso che fino al 23 il governo deve concentrarsi su questo altrimenti minaccia il voto. Insomma torniamo in aula e riprendiamo l’attività parlamentare con in agenda i soliti guai e interessi personali di Berlusconi. L’11 ci sarà la pronuncia della Corte Costituzionale, poi il federalismo. Ci sarà la sfiducia a Bondi, il mille proroghe, dove metteranno di tutto di più senza trovare una soluzione a nulla. Si rimane comunque legati all’agenda personale di Berlusconi. Io sono stanca, mi fa rabbia non poter riuscire ad agire e occuparmi dei problemi reali, noi in Fli ne discutiamo e abbiamo delle proposte da portare avanti ma con questo clima politico in aula entra solo l’agenda personale del presidente Berlusconi. Questo immobilismo mi pesa moltissimo”.
Il governo è riuscito a incassare la fiducia grazie ai fuoriusciti di Futuro e Libertà .
Il popolo di Fli è rimasto un po’ amareggiato dal risultato del 14 dicembre, poi con questa lunga interruzione dei lavori sembra ci sia un lassismo e la base ha delle perplessità . Noi stiamo preparando il congresso di febbraio a Milano e lavoriamo alle liste per le amministrative di maggio. C’è la preoccupazione che la base possa perdere l’entusiasmo e queste voci, presunti scandali e annunci di uscite dal gruppo, sono messe in giro appositamente.
Crede che possa esserci qualche conseguenza per Fini?
Nessun problema, assolutamente. Berlusconi continua a comportarsi come si comportò prima della costituzione dei gruppi di Futuro e Libertà . Ricorderò sempre quella mattina: noi avevamo appena concluso una riunione con Fini e Bocchino per la nascita dei gruppi parlamentari. Mentre tornavo in aula un giornalista mi avvicina e mi dice: “Mi conferma che i numeri per il gruppo non ci sono?” Gli ho chiesto chi lo aveva detto e lui ha ribattuto che era stato Berlusconi. Sorrisi e me ne andai, sapevo che i numeri li avevamo eccome. La sera alla Camera infatti il nostro gruppo nasceva con ben nove deputati in più del necessario, eravamo ventinove.
Fino alla mattina della fiducia Fli sembrava granitica.
“Moffa è sempre stato un elemento anche molto disponibile con tutti noi, gli abbiamo sempre riconosciuto serietà e volontà di procedere politicamente. Quindi non riusciamo proprio a comprendere cosa l’abbia fatto diventare ricattabile. Perchè è evidente che il suo comportamento sia frutto di una scelta imposta, è sicuramente sotto ricatto.
Catia Polidori?
Non ha avuto neanche il buon gusto di sparire. Anzi, ha il coraggio di camminare in aula invece di stare seduta al suo posto, al gruppo misto. Io non sarei così disinvolta, mi vergognerei. Al momento del voto dell’emendamento sulle libere università , ho sperato che Katia si astenesse. Era una questione familiare, il Cepu è di suo cugino. In cambio del voto di Katia alla fiducia il 14 dicembre, è stato consentito al Cepu di assimilarsi alla Bocconi, il ricatto per Polidori è stato questo.
Per Siliquini quale?
C’è l’impegno di essere nominata al governo come sottosegretario, ma ancora non è definito perchè Berlusconi sta tenendo vuote le caselle disponibili come merce di scambio. Sono in attesa di cariche governative. Ci sono sette otto posti di governo. Forme evidenti di ricatto che fanno male alla politica italiana più che al singolo. E’ l’immagine negativa della più alta istituzione politica: il parlamento. Gli italiani hanno problemi concreti da affrontare e assistere a questo circo porta al distacco. Non bisognerebbe fare di tutta l’erba un fascio ma il cittadino non fa differenziazioni e ha problemi seri da affrontare, come arrivare a fine mese.
Ieri il ministro Giulio Tremonti ha detto che la crisi economica non è affatto finita.
In questi giorni sono a casa, a Tauria Nuova, in provincia di Reggio Calabria, e continuo a ricevere professionisti, laureati, padri di famiglia: tutti disperati. Non riescono ad arrivare a fine mese, a fare la spesa per la famiglia, a trovare lavoro. Se la crisi al Nord comincia a vedersi ora, al Sud è ormai endemica. E mi chiedo che fine abbia fatto quel patto per il Sud che Berlusconi a settembre aveva inserito nei famosi cinque punti e su cui ha chiesto la fiducia e noi l’abbiamo data, che fine ha fatto? Qui in Calabria dal primo gennaio è stata inserita una tassa regionale sulla benzina per coprire il buco della sanità . Una decisione folle, folle. Una tassa che colpisce tutti i cittadini onesti per sanare un buco creato da chi invece non pagherà mai per le sue responsabilità .
Il premier ha più volte detto che la crisi era superata e Tremonti ora lo smentisce.
Sarà smentito anche sull’allargamento della maggioranza a scapito di Fli. C’è sempre qualcuno che per tenerlo buono gli racconta fesserie, dandogli garanzie per acquistarne la fiducia o la benevolenza ma di certo non facendo il suo bene. Come fa Moffa, che da prima di natale annuncia la nascita di questo fantomatico gruppo di responsabilità . Ha persino convocato una conferenza stampa a fine dicembre per annunciarne la nascita, ma i numeri ovviamente non c’erano. E non ci sono neanche adesso. Certo, potrebbero formalo facendo uscire qualcuno dal Pdl, ma sarebbe inutile e soprattutto pochi sono disposti a questo sacrificio, non avrebbero convenienze particolari. L’unica cosa certa è che Fli manterrà la linea dura e non cadrà nel ricatto”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 7th, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER: “SE E’ UN MODO PER DIRE CHE NON DARA’ I SOLDI PER LE RIFORME SI SBAGLIA”… IL SUO TIMORE CHE QUALCUNO LAVORI PER UN GOVERNO TECNICO… LE PREOCCUPAZIONI DI BOSSI PER IL FEDERALISMO… LA MACCHINA DEL FANGO E I PRIMI AVVERTIMENTI
“Se è stato un modo per farmi capire che non aprirà le casse per reperire i fondi necessari alle riforme che gli ho chiesto, stavolta si sbaglia e va a sbattere” è stata la reazione che gli uomini del Cavaliere hanno registrato nelle ore successive all’intervento di Tremonti al simposio francese. Coordinatori e quegli stessi fedelissimi dai quali partirà non a caso una raffica di avvertimenti all’indirizzo del ministro: certo, la crisi, ma ci sono anche spiragli positivi, dunque assieme ai tagli è giunta l’ora di “interventi sul fisco che aiutino la crescita”, per usare le parole del capogruppo alla Camera.
Per il presidente del Consiglio è lo spettro dei cordoni della borsa che restano sigillati.
Sono le porte delle casse pubbliche che si chiudono alle richieste degli uomini di Casini su quoziente familiare e cedolare secca, come sulle speranze – in chiave pre-elettorale – di dar forma e sostanza alla riforma del fisco.
E in queste condizioni le aperture della maggioranza ai centristi sono destinate a restare una chimera.
Di più. Il Cavaliere ieri ha avuto la conferma plastica di come Tremonti si sia ritagliato
ormai un ruolo del tutto autonomo.
Lo contraddice sulla scena internazionale sostenendo che dalla crisi non siamo affatto fuori.
E si pone quale unico interlocutore in grado di dialogare con le cancellerie europee e di governare la Borsa e i suoi contraccolpi.
Il ministro dell’Economia ha le sue ragioni e i suoi conti, d’altro canto.
Sa bene che quei miliardi (cinque, dieci?) necessari alla copertura finanziaria del quoziente familiare come della cedolare secca non sono nelle disponibilità del Tesoro.
Nè è possibile tagliare ancora.
Una partita, quella tra Bossi e Tremonti, che appare già alla resa dei conti finale.
Con Umberto Bossi che resta col fiato sospeso: perchè se salta il tavolo del governo, anche il federalismo fiscale va alla malora.
Ecco perchè proprio il Senatur, in queste ore, sta portando avanti l’ultimo strenuo tentativo di tenere insieme “quei due”.
Non è il solo. Con altre finalità , anche nel fronte pidiellino c’è chi sta tentando di convincere Berlusconi che sarebbe un errore abbandonare del tutto “Giulio” all’egemonia del Carroccio, oltre che alle “cene degli ossi”.
“Sarebbe un errore, è una risorsa del Pdl, non possiamo consentire che la Lega metta il cappello sul nostro ministro – ragiona Osvaldo Napoli – Se Berlusconi e Tremonti torneranno a confrontarsi, una soluzione la troveranno senz’altro, tra rigidità dei conti ed esigenze della politica”.
È quella stessa corrente “trattativista” che fa capo a Letta e Cicchitto che in queste ore sta esercitando pressioni sul presidente del Consiglio perchè fermi la campagna acquisti ad personas.
I due ritengono di aver strappato già a Casini e ai suoi una sorta di “desistenza esterna” della quale il governo e l’esigua maggioranza potrebbero giovare non poco.
“Ma devi fermare le manovre dei Moffa e dei Romano a caccia di parlamentari” è l’insistente invito dei consiglieri al premier.
Berlusconi sembra avere altri pensieri, altre preoccupazioni in questo scorcio di vacanze trascorse – come quelle estive – nella residenza di Arcore.
Ed è il timore che col precipitare della situazione, col fallimento dell’allargamento della maggioranza, con la crisi e l’eventuale voto anticipato, Tremonti a questo punto divenga una “risorsa” non del Pdl, ma proprio di chi – dalla Lega ai terzopolisti – lavora già al dopo-Berlusconi.
Perchè il tempo limite per ottenere le elezioni anticipate come ultima via di fuga dalla “palude”, scade ad aprile.
A quel punto lo scioglimento delle Camere diventerà un miraggio.
E il fantasma di un esecutivo di emergenza economico-finanziaria potrebbe materializzarsi proprio nelle sale del ministero di Via XX settembre.
L’attrito del premier nei confronti del ministro raccontano stia rasentando l’astio.
E non è casuale – a sentire gli stessi dirigenti pidiellini – l’avvertimento lanciato qualche giorno fa dal Giornale di famiglia, quel “non fare come Fini”.
Che ai più maliziosi ha ricordato un analogo avvertimento lanciato dal quotidiano al presidente della Camera affinchè non uscisse fuori dai ranghi, poco prima che partisse la campagna mediatica sulla casa di Montecarlo. Tremonti va avanti sicuro ma non del tutto sereno.
Le indiscrezioni trapelate in questi giorni sull’inchiesta napoletano che coinvolge Marco Milanese, suo fidatissimo collaboratore, non gli fanno presagire nulla di buono.
Dalla “macchina del fango” in azione contro gli avversari, lui si è sempre tenuto lontano.
Non vorrebbe adesso vedersela scatenare contro.
Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica“)
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Gennaio 7th, 2011 Riccardo Fucile
UN COLPO ALLA FICTION CHE IL PREMIER CERCAVA DI IMBONIRE… UNA DOCCIA FREDDA PER CHI PENSAVA DI IMBASTIRE UNA AZIONE PROPAGANDISTICA SFUGGENDO AI PROBLEMI REALI DEL PAESE
C’è poco spazio per l’ottimismo, nell’analisi del ministro dell’Economia sulla crisi globale. 
Poco spazio per i sorrisi e per le rassicurazioni, tanto utili in un clima di perenne campagna elettorale quanto pericolosi per affrontare i tornanti della storia.
Dice Tremonti: «È come vivere in un videogame, compare un mostro, lo combatti, lo vinci, ti rilassi e subito spunta un altro mostro più forte del primo».
E dato che — spiega — si è utilizzato il denaro pubblico «per salvare con le banche anche la speculazione», adesso il risultato è che «siamo tornati quasi al punto di partenza».
Nuovi mostri, nuovi livelli, nuove sfide. Insomma, la crisi non è finita.
Anzi.
E allora l’unica via per non finire “game over”, è l’assunzione di responsabilità , il realismo. E forse anche il sacrificio.
“Lacrime e sangue”, avrebbe detto Churchill.
Non certo “ghe pensi mi”.
E non a caso Tremonti cita Winston Churchill chiedendo «che l’Europa risorga». Perchè «se si guarda al futuro geopolitico è evidente che la competizione è tra continenti» e dunque l’Europa deve riscoprire un ruolo nel suo insieme.
«La crisi – continua il ministro – ha mantenuto i confini politici ma non ha mantenuto i confini economici e il rischio è senza confini».
È questo, in effetti, l’unico modo per uscire da una crisi globale che non risparmierà velenosi colpi di coda.
È questo l’unico atteggiamento possibile davanti a una tempesta che non si dissolve con un sorriso o con un po’ di ottimismo a buon prezzo.
Poca presunzione e molta prudenza.
«Si dice che va tutto bene, ma ne siamo proprio sicuri?», si chiede dunque Tremonti. E ha ragione.
Però viene un dubbio, a pensarci bene: che ne pensa di tutto questo Silvio Berlusconi, per il quale la crisi (che non ha toccato l’Italia) è ormai quasi del tutto alle nostre spalle?
Adolfo Urso, coordinatore nazionale di Futuro e libertà , commenta così le parole del ministro: «una doccia fredda per chi pensava di imbastire un’azione meramente propagandistica sfuggendo ai reali problemi del paese», un colpo alla «fiction che il premier cercava di imbonire».
E allora, chissà che dopo la “doccia fredda” dalle parti del partito del predellino non incominci a serpeggiare un po’ di insofferenza nei confronti di questo “controcanto” tremontiano…
Federico Brusadelli
Farefuturoweb
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Gennaio 7th, 2011 Riccardo Fucile
DEFINITA, INSIEME A RADIO MARIA, “EMITTENTE COMUNITARIA”, GRAZIE A UN EMENDAMENTO LEGHISTA NEL 2001, PUO’ PRENDERSI FREQUENZE LIBERE IN TUTTA ITALIA…ORA NE HA 250 ED HA COSI’ POTUTO AUMENTARE GLI INTROITI PUBBLICITARI DA 109.000 EURO DEL 2006 AI 2 MILIONI DI EURO DEL 2008…E OGNI ANNO UN CONTRIBUTO DI 500.000 EURO DALLO STATO PER DARE SPAZIO AI RAZZISTI
“Ho sentito che Vendola è stato svegliato nel cuore della notte da alcuni manifestanti del Pdl e che è cascato dalle scale. Purtroppo non ha avuto danni permanenti”: la simpatia del giovane consigliere provinciale varesino Marco Pinti è stata certamente apprezzata dagli ascoltatori di Radio Padania Libera.
Non da tutti, però.
L’emittente di Bossi, infatti, dal 17 dicembre ha iniziato a trasmettere anche nel Salento, ad Alessano, dove ha occupato una nuova frequenza (la 105,600 Mhz).
Come si spiega l’ultima conquista geografica del verbo leghista?
A sentire Cesare Bossetti, amministratore unico di Rpl, tutto nasce dall’esigenza di far conoscere le idee della Lega sul federalismo; per Matteo Salvini (europarlamentare e direttore dell’emittente), invece, la scelta dipenderebbe da una semplice simpatia verso i salentini, che guarda caso in questo periodo stanno cercando di staccarsi da Bari. Solo motivi politici, quindi? Sembrerebbe proprio di no.
Ad avvalorare la tesi, un’intervista rilasciata tempo fa al Corriere Economia da Bossetti, che ha parlato dello sbarco di radio Padania al sud in termini di “shopping meridionale”.
In pratica, si tratterebbe di una mera strategia economico-commerciale.
Eh sì, perchè in barba al decennale stallo del mercato dell’etere, Radio Padania può agire in regime di semi-monopolio, occupando, valorizzando, permutando o rivendendo le frequenze che sceglie di utilizzare.
Non c’è nessun illecito: lo permette la legge.
Radio Padania Libera, infatti, secondo lo Stato fa parte di una categoria in via d’estinzione: le radio comunitarie, quelle senza scopo di lucro (in un’ora di trasmissioni non possono superare il 5% di pubblicità ), che producono contenuti culturali, etnici e religiosi per aree geografiche e popolazioni minoritarie e che favoriscono il pluralismo di un etere dominato dalle radio commerciali.
In Italia sono solo due: Radio Padania e, udite udite, Radio Maria….
La svolta risale a undici anni fa.
Era il 2001, infatti, quando un emendamento alla Finanziaria — presentato dal deputato leghista Davide Caparini — fece stappare lo champagne nella sede dell’emittente leghista: le radio comunitarie, al fine di completare la copertura nazionale, divennero le uniche a poter occupare le frequenze, a patto di non interferire con le altre emittenti.
Bastava solo un avviso di attivazione al ministero delle Comunicazioni e il gioco era fatto. Non solo.
Trascorsi 90 giorni e in mancanza di segnalazioni di interferenze, le radio comunitarie erano autorizzate all’uso della nuova frequenza, il che significa che potevano anche venderla o permutarla, magari dopo averne migliorato il valore di mercato.
Dal 2001 ad oggi nulla è cambiato.
Ora, considerato che nell’asfittico mercato dell’etere italiano ogni frequenza ha un valore di mercato altissimo e comunque non calcolabile con esattezza (dipende dall’esigenza di chi compra) e che dal 2002 Radio Padania Libera ha occupato un numero di frequenze che oscilla tra le 200 e le 250, è facile intuire i motivi della discesa al Sud dell’emittente leghista, che con il sistema dell’occupazione-permuta delle frequenze ha raggiunto un duplice obiettivo: trasmettere quasi in tutta Italia e acquisire un’enorme forza commerciale. Sarà un caso, ma dai 109 mila euro del 2006 il fatturato di Rpl è passato a quasi due milioni di euro nel 2008.
Non male per chi può contare sul 5% di pubblicità per ogni ora di trasmissione.
Al danno per il mercato dell’etere, inoltre, sei anni fa si è aggiunta anche la beffa politica.
La Finanziaria del 2005, infatti, ha regalato alle radio comunitarie un milione di euro l’anno, quindi 500mila a Radio Maria e altrettanti a Radio Padania Libera.
Chi ha presentato l’emendamento in questione?
Davide Caparini, il benefattore delle radio comunitarie.
E “Roma Ladrona”? Sempre sulla stessa linea d’onda.
argomento: Bossi, Costume, denuncia, federalismo, governo, la casta, LegaNord, Politica | 1 Commento »
Gennaio 7th, 2011 Riccardo Fucile
AL PRIMO POSTO L’ALMA MATER DI BOLOGNA, SEGUITA DA CNR E DALLA STATALE DI MILANO… GLI ISTITUTI PRIVATI SOLO IN OTTAVA E DECIMA POSIZIONE… AD ELABORARE LA CLASSIFICA, SCIENZIATI E RICERCATORI CHE LAVORANO ALL’ESTERO
In Italia la ricerca migliore è quella pubblica e in particolare universitaria. 
Lo segnala la prima classifica dei centri di ricerca che ospitano i migliori “cervelli”.
Tra i primi dieci, sette sono atenei pubblici: l’Alma Mater di Bologna apre la graduatoria, seguita dal Cnr e dalla Statale di Milano.
I primi due istituti privati sono in ottava e decima posizione: l’Ospedale San Raffaele e l’Istituto nazionale dei tumori, entrambi milanesi.
A precederli, università di Padova (quarta), Roma La Sapienza (quinta), Statale di Torino (sesta), l’Istituto nazionale di astrofisica (settimo), mentre l’università di Firenze è nona.
La classifica è basata sul numero di scoperte di rilievo dei migliori scienziati e ricercatori.
A contarle, i loro colleghi, anch’essi italiani, che però lavorano all’estero, riuniti nell’associazione Virtual italian academy (Via-academy), nata a Manchester. Via-academy ha prima classificato i migliori cervelli attivi in Italia, tenendo conto della quantità e della rilevanza accademica delle loro scoperte.
Poi li ha suddivisi per posto di lavoro, ricavando una classifica delle strutture.
Il valore delle ricerche di ciascuno studioso è misurato col cosiddetto indice “h”: se uno scienziato ha un h-index di 32, ad esempio, significa che ha fatto 32 scoperte citate ciascuna almeno 32 volte, in scoperte di altri suoi colleghi. L’indice “h” privilegia in particolare i ricercatori che ottengono molti risultati di rilievo, a scapito di chi ne produce tanti, ma di scarso interesse, o di chi fa il colpo isolato.
Per la graduatoria, sono stati considerati solo gli studiosi con un indice “h” di almeno 30.
Poi sono stati raggruppati per centri di ricerca, e per ognuno di questi si sono sommati gli indici “h” dei relativi ricercatori.
Più alta la somma, più alta la posizione in classifica.
Via-academy si è soffermata sui primi 50 enti.
Sono per lo più università statali, ma comprendono anche 11 università e istituti privati.
L’ateneo di Pisa è undicesimo, seguito dall’Istituto Mario Negri e dagli atenei di Ferrara, Napoli e Genova. La Normale di Pisa è ventiduesina, la Bocconi trentanovesima, il Politecnico di Milano, quarantasettesimo.
Il limite principale della classifica, nota l’università di Bologna che ha diffuso la notizia, è forse il fatto che la valutazione non è necessariamente esaustiva. Gli studiosi considerati sono infatti solo quelli rintracciati dai loro colleghi.
E’ però plausibile che col tempo, e la notorietà , la classifica (aggiornata in tempo reale) vada via via completandosi con un numero crescente di partecipanti.
argomento: denuncia, economia, emergenza, governo, Lavoro, Politica, radici e valori, scuola, Università | Commenta »