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MUSUMECI SCOPRE CHE C’E’ UN ALTRO CONDANNATO NELLE SUE LISTE

Ottobre 25th, 2017 Riccardo Fucile

E BERLUSCONI IMPROVVISAMENTE DA’ FORFAIT E ANNULLA DUE COMIZI IN SICILIA, SIA A PALERMO CHE A CATANIA

Quando gli avevano rinfacciato la liste di candidati in suo sostegno aveva allargato le braccia: lui con quella sfilza di candidati, indagati e condannati che correvano per un posto all’Assemblea regionale siciliana non voleva avere nulla a che fare.
E pazienza se la sua eventuale elezione a governatore della Sicilia è legata anche ai voti che gli porteranno i cosiddetti impresentabili.
“Le liste le fanno i partiti, non il capo della coalizione. Se non sono stati capaci di fare una selezione sono certo che la faranno i cittadini. Io ho già  invitato pubblicamente a non votare gli impresentabili”, era il modo con cui Nello Musumeci aveva provato a lavarsi le mani sulla questione.
Anche perchè tra nella lista dei candidati impresentabili, sui quali si sono concentrate anche le attenzioni della commissione Antimafia, non figurava nessun esponente di Diventerà  Bellissima, il movimento personale di Musumeci.
E invece no.
Perchè nel movimento dell’aspirante governatore di centrodestra corre anche Ernesto Calogero, ex consigliere provinciale arrestato nel 2009 alla fine di un’indagine sulla compravendita di diplomi, che come ha ricostruito livesicilia.it condannato in primo grado a quattro anni nel febbraio 2017.
Il bello è che della sua situazione non si era accorto nessuno: nemmeno il partito che lo ha candidato.
“Calogero ha presentato un certificato del casellario giudiziale ed un certificato dei carichi pendenti, dai quali non risultava nulla. Non avremmo potuto esigere nulla di più di quello che abbiamo chiesto, ma non abbiamo difficoltà  a dire che ci saremmo attesi maggiore lealtà ”, fanno sapere da Diventerà  Bellissima.
Insomma non solo l’elenco degli impresentabili di Musumeci si allunga ma adesso coinvolge anche la sua lista personale. “Adesso che il candidato condannato è nella sua lista, cosa dirà  Musumeci: non votatelo o non votatemi?”, attacca Claudio Fava, candidato governatore dei bersaniani e di Sinistra Italiana.
“Adesso l’alibi di Musumeci è finito. Agli impresentabili nelle liste a lui collegate, si aggiunge l’impresentabile candidato proprio nella sua di lista, Diventerà  Bellissima. È ormai chiaro, la coalizione di Musumeci è basata su interessi ed è piena di impresentabili”, rincara la dose Giancarlo Cancelleri, aspirante presidente del Movimento 5 Stelle.
Per Musumeci, però, i problemi non finiscono qui.
Perchè nel week end in cui in Sicilia arriverà  Beppe Grillo, il candidato governatore del centrodestra deve rinunicare al comizio di Silvio Berlusconi.
Il leader di Forza Italia avrebbe dovuto dedicare il fine settimane a due visite, a Catania e Palermo.
Poi ha annunciato l’annullamento dell’appuntamento catanese, prima di comunicare il forfait anche per la tappa nel capoluogo.
L’ex premier, a questo punto, dovrebbe arrivare in Sicilia l’1 novembre — a 2 giorni dalla chiusura della campagna elettorale — per una convention a Palermo ma tutto potrebbe ancora saltare all’ultimo momento.
Insomma l’unica certezza è che non ci sarà  uno scontro a distanza nella stessa città  dai leader nazionali di centrodestra e M5s, cioè le due forze che si contendono palazzo d’Orleans voto su voto.
Ma il segnale per Musumeci non è dei migliori: Berlusconi si muove spesso in base ai sondaggi e se non mette la faccia in Sicilia un motivo potrebbe esserci.
Senza dimenticare che Musumeci non era la sua prima scelta.

(da agenzie)

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“MONA CHI HA VOTATO”: IL FOTOGRAFO TOSCANI SCATENATO CONTRO I VENETI

Ottobre 25th, 2017 Riccardo Fucile

“A MILANO DOVE SONO INTELLIGENTI NON HA VOTATO NESSUNO”… “I CONTADINI VENETI CHE NEANCHE PARLANO ITALIANO COSA VOLETE CHE VOTINO. IO GLI TOGLIEREI IL PASSAPORTO ITALIANO, CHE SI ARRANGINO, TROPPI SCHEI DANNO ALLA TESTA”

E’ recidivo Oliviero Toscani, il fotografo autore di campagne memorabili per la Benetton.
Dopo aver definito i veneti «popolo di ubriaconi» durante un intervento a «La zanzara» su Radio 25 Il Sole 24 ore nel 2015 – rimediando una denuncia da quattro cittadini poi definitivamente archiviata dalla Cassazione –, torna a «pungere». Martedì mattina, incalzato dai conduttori di «Morning Show» su Radio Padova, ha ammesso: «Sì, i veneti che sono andati a votare per il referendum sull’autonomia sono dei mona. A Milano non è andato a votare nessuno, non a caso è la prima città  d’Italia per intellighenzia, è piena di immigrati. Ci sono veneti, napoletani, siciliani, neri, africani, è una città  civile. Mentre i contadini là  in Veneto, che non parlano neanche italiano, cosa vuole che votino? E chiaro che in provincia la gente è isolata, incestuosa e vota queste cagate qua. Io gli toglierei anche il passaporto italiano, che si arrangino».
Il voto
Beh, però il 57% è andato alle urne e il 98% ha votato «sì», l’obiezione dei conduttori. «E’ logico che votino sì, cosa vuoi che votino, se vanno a votare e votano no sono proprio mona. E’ gente saggia quella che non è andata votare: ma cosa volete, l’indipendenza del Veneto? Dai, mi fate ridere, non potete essere più stupidi degli inglesi. L’autonomia da chi, dai marziani? Proprio adesso che stiamo cercando di unirci per diventare più civili, questi qua vogliono l’autonomia, come i catalani. Io lavoro nel Veneto, non è roba vostra, anzi dovete ringraziare e baciare chi viene a produrre qui e vi fa diventare ancora più ricchi. Questa è stata la vostra rovina, troppi schei e troppo in fretta».
Quindi la frecciata finale: «Chi ha votato è la minoranza intellettuale. E’ vero, hanno votato i mona».

(da “il Corriere della Sera“)

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LA CLASSE NON E’ ACQUA, IL SENATORE GRILLINO: “AVREMO UN PARLAMENTO CON LE SOLITE FACCE DI CA… “

Ottobre 25th, 2017 Riccardo Fucile

SCONCERTO PERSINO TRA I PARLAMENTARI GRILLINI, POI UN SAGGIO DI ITALIANO CORRETTO: “MI E’ SCAPPATO UN EPITETELO”

A fine seduta di Palazzo Madama, dopo la richiesta del governo di porre la fiducia sul Rosatellum e la bagarre in Aula, è intervenuto nella discussione generale anche il senatore M5s Sergio Puglia.
E nel corso del suo intervento, si è lasciato sfuggire un’espressione tutt’altro che politicamente corretta: “Non abbiamo paura di sparire, ma di avere un Parlamento con le solite facce da ca…“.
Parole che hanno sorpreso pure i suoi stessi colleghi, compresa Michela Montevecchi.
A riprendere Puglia è stato il presidente del Senato, Pietro Grasso.
Il senatore si è così scusato, ma con un altro errore: “Mi è scappato un epitetelo” (al posto di “epiteto”)
La classe non è acqua e l’italiano rimane un optional.

(da agenzie)

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“FAMO ‘STA SCENEGGIATA”: UN AUDIO INCHIODA LOTITO, LA FRASE PRIMA DI ANDARE ALLA SINAGOGA

Ottobre 25th, 2017 Riccardo Fucile

MENTRE VIENE TROVATA NEL TEVERE LA CORONA DI FIORI LASCIATA DAL PRESIDENTE

“Famo sta sceneggiata”. In un audio pubblicato in esclusiva dal Messaggero.it, il presidente della Lazio, Claudio Lotito, si è espresso così prima della visita alla Sinagoga di Roma.
Dopo lo scandalo degli adesivi antesimiti con il volto di Anna Frank ritrovati sulle vetrate della curva Sud dello stadio Olimpico, Lotito si è presentato ieri davanti alla Sinagoga e ha deposto tre corone di fiori, esprimendo una dura condanna nei confronti delle immagini.
“Il rabbino sta a New York. Er vice-rabbino ci sarà ? Non valgono un ca… questi. Hai capito come stamo?”, si sente ancora nell’audio registrato sull’aereo che lunedì sera ha portato Lotito da Milano a Roma.
Prima della pubblicazione dell’audio, Lotito aveva spudoratamente smentito di aver parlato di “sceneggiata da fare” e ha minacciato querele. “Non ho mai detto quella frase”, ha aggiunto.
Il presidente della Lazio aveva citato come testimone il parlamentare del Pd, Dario Ginefra, vicino di posto in prima fila sull’aereo delle 20 di lunedì da Milano a Roma: ‘Lotito – racconta all’Ansa Ginefra – all’atterraggio a Roma cercava disperatamente un contatto attraverso i suoi col rabbino capo di Roma che però era a New York: questo è vero, ho sentito la ricerca di un contatto. La frase ‘facciamo questa sceneggiata’, invece io non l’ho sentita”.
Evidentemente non ci sente bene, visto che ora c’e’ la prova dell’audio…
La corona di fiori deposta da Lotito è stata ritrovata nel Tevere.
Secondo quanto si è appreso, la corona è stata avvistata in tarda mattinata. Non è escluso che sia stata gettata la scorsa notte. Sulla facciata del Tempio Maggiore ora è presente una corona lasciata dalla Comunità  ebraica, una della Città  Metropolitana e una degli ex deportati. Ignoti al momento gli autori del gesto ma in rete circolano già  le foto dei fiori buttati vicino al fiume.
Un altro brutto capitolo di una vicenda già  squallida di suo.

(da “Huffingtonpost”)

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ROSATELLUM, IL SUICIDIO PERFETTO DEL PD: NEI COLLEGI UNINOMINALI DEL NORD ZERO DEPUTATI

Ottobre 25th, 2017 Riccardo Fucile

LO STUDIO IN MANO AL PD: LA LEGGE E’ SOLO UN FAVORE AL CENTRODESTRA

Zero in Veneto, e vabbè: dopo il referendum sull’autonomia un po’ l’antifona s’era capita. Zero in Friuli Venezia Giulia, ma su 5 ci può anche stare. Ma poi zero in Liguria e zero in Val d’Aosta. E soprattutto zero sia in Piemonte sia in Lombardia.
A cento anni dalla battaglia di Caporetto, gira un’arietta tutta particolare tra i parlamentari del Pd che stanno per approvare il Rosatellum con 5 voti di fiducia, tra oggi e domani. Scrive Repubblica che da mano a mano, tra i senatori democratici, gira uno studio che alcuni colleghi deputati hanno commissionato a un funzionario della Camera: dice che a Nord nei collegi uninominali, quelli in cui si sfidano candidato contro candidato, ciascuno sostenuto da una coalizione, il Pd non prenderebbe nemmeno un collegio.
Zero su 85 tra Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Friuli Venezia Giulia e Val d’Aosta.
Una sconfitta totale che si aggiungerebbe allo zero in Sicilia — la terra che fu del 61 a zero berlusconiano nel 2001 — e in Calabria. Un disastro, insomma.
Poi c’è tutta la parte proporzionale, certo: i seggi il Pd li prenderà  tutti da lì.
Ma nei collegi uninominali il Pd ha un senso solo al Centro e in qualche Regione del Sud in cui è trainato da uomini forti come Vincenzo De Luca in Campania e Michele Emiliano in Puglia.
Secondo lo schema dello studio pubblicato da Repubblica, un po’ di carburante per il Pd arriverebbero dalle solite Regioni rosse (9 su 14 in Toscana), da altre del Centro (nel Lazio 7 su 21) e da alcune al Sud come Campania (8 su 22) e Puglia (6 su 15).
Il totale di seggi conquistati dal Pd all’uninominale sarebbe 52, ai quali si devono aggiungere i seggi conquistati al proporzionale (secondo i sondaggi delle ultime settimane un po’ meno di 130, per un totale di 175-180 seggi).
“Lo sanno anche i bambini che il Rosatellum favorisce la coalizione di centrodestra — dice a Repubblica Giorgio Tonini, veltroniano e ora renziano — per la semplice ragione che loro una coalizione ce l’hanno”.
L’assetto politico nazionale si sposa poi con il contingente. Si sposa, in particolare, con il vento che soffia in Veneto e — in misura minore, ma significativa — anche in Lombardia. La questione settentrionale, insomma, che fa aprire dei sorrisi ben larghi a Lega Nord e Forza Italia che si spartiranno il bottino nelle valli.
Al centrosinistra — che tra l’altro non sarà  il centrosinistra classico perchè probabilmente ci sarà  Alfano — resteranno le zone urbane del Nord, come già  ha fatto vedere la mappa del voto dell’affluenza al referendum autonomista.
“Perdiamo nelle aree caratterizzate da piccoli centri — spiega sempre a Repubblica Stefano Ceccanti, giurista ex parlamentare del Pd — E infatti in Veneto sarà  dura”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA A CESARE BATTISTI: “IL FIGLIO DI TORREGIANI SA CHE SONO INNOCENTE, HO COMPASSIONE PER LE VITTIME”

Ottobre 25th, 2017 Riccardo Fucile

L’EX TERRORISTA AL GR1 FA AUTOCRITICA SULLA LOTTA ARMATA: “NE SONO USCITO PRIMA CHE COMINCIASSERO GLI OMICIDI”…”IL FIGLIO MI HA SCRITTO DI NON AVERE ALCUN DUBBIO CHE NON C’ENTRO CON LA MORTE DI SUO PADRE”

“Ci siamo scritti durante gli anni. L’ho aiutato a scrivere un libro. Io ho lettere di Alberto Torregiani in cui mi dice testualmente che non ha nessun dubbio sul fatto che io non ho niente a che vedere con la morte del padre”.
Cesare Battisti, tornato in libertà  in Brasile e condannato a quattro ergastoli in Italia, parla così in un’intervista esclusiva al Gr1 Rai, da Cananèia da dove attende il pronunciamento della Corte suprema sulla richiesta di estradizione, che è stato rinviato alla prossima settimana.
E tra le condanne in Italia c’è anche quella a 13 anni e cinque mesi per la morte del gioielliere Pierluigi Torregiani. Ma lui dice di avere “una relazione” con su figlio, Alberto Torregiani.
L’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo, è stato arrestato lo scorso 4 ottobre per traffico illegale di valuta e riciclaggio mentre stava cercando di scappare in Bolivia.
“E’ stata una trappola. Qualcuno ha voluto portarmi alla frontiera con la Bolivia”, ha detto ai microfoni del Gr1, aggiungendo: “Faccio autocritica sull’uso della lotta armata. E’ stato un suicidio. E’ stata una cosa che non poteva dare risultati buoni per nessuno. Come si può essere soddisfatti o fieri di tanta violenza, tanti omicidi e tanto sangue da una parte o dall’altra”, afferma. “E’ chiaro che ho compassione per le vittime. Ho 62 anni, ho dei figli e sono nonno”.
Battisti non nega di aver fatto parte di questa guerra, “ma fortunatamente — sostiene — ne sono uscito prima che cominciassero gli omicidi nel mio gruppo”.
Il pentimento riguarda anche il periodo in cui ha fatto parte dei Proletari Armati per il Comunismo perchè, afferma ancora Battisti, “anche indirettamente ho partecipato a delle idee che hanno portato a una follia, a un delirio, a una strada senza uscita”.
Ora, in attesa di capire se verrà  o meno estradato in Italia, ora dovrà  comparire periodicamente in tribunale, non potrà  allontanarsi dalla zone di residenza e dovrà  indossare un braccialetto elettronico che permetterà  di monitorare la sua permanenza in Brasile.
Lui, però, si dice fiducioso del fatto che la richiesta di estradizione non verrà  accolta dall’Alta corte brasiliana: “Nel plenario ci sono diverse voci, molte delle quali sono a mio favore”. Poi ha aggiunto che nel paese sudamericano “tutti mi vogliono bene” e che si sente “accettato da tutti”.
Le condanne, l’arresto e la richiesta di estradizione — Il Supremo tribunale federale brasiliano ha rinviato alla prossima settimana la decisione da cui dipende la sua estradizione.
Nel frattempo, i giudici del tribunale regionale federale della Terza regione, a San Paolo, hanno stabilito all’unanimità  che l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac) debba restare in libertà , ma che per lui vengano mantenute misure cautelari alternative.
Il 7 ottobre, due giorni dopo che l’ex terrorista italiano era stato arrestato a Corumbà  al confine con la Bolivia e accusato di traffico di valuta, il giudice Josè Marcos Lunardelli dello stesso tribunale paulista gli aveva concesso l’habeas corpus richiesto dai suoi legali. Battisti, che vive nella casa di amici a Cananeia sul litorale di San Paolo, dovrà  rispettare tre misure cautelari, ha riferito la Folha de San Paolo: comparire periodicamente per informare e motivare le proprie attività , non allontanarsi dalla zona di residenza, sottostare a monitoraggio elettronico se saranno disponibili dispositivi ad hoc.
Secondo i giudici di San Paolo, il tentativo di evasione fiscale non è un crimine violento e l’italiano avrebbe potuto uscire dal Paese, se avesse dichiarato al fisco di esser in possesso di denaro.
Il governo di Brasilia aveva invece affermato che si fosse verificato un tentativo di fuga, con reato di evasione fiscale per esser uscito dai confini con oltre 10mila reais, sopra il limite che la legge consente di esportare senza dichiarazione.
Battisti ne aveva con sè 23mila, secondo l’accusa, mentre lui afferma fosse denaro non soltanto suo, ma anche dei suoi compagni di viaggio.
L’11 ottobre, i media brasiliani avevano scritto che il presidente Michel Temer era pronto a revocare lo status di rifugiato politico all’ex membro dei Pac, nel caso il giudice Luiz Fux del Supremo tribunale federale avesse deciso di fare un passo indietro sulla concessione dell’habeas corpus.
Battisti fu condannato in Italia in contumacia in via definitiva nel 1993 per quattro omicidi.
Era fuggito prima in Francia e poi Brasile, dove fu arrestato nel 2007, quando Roma chiese l’estradizione. Nel 2009 la Corte suprema di Brasilia aveva dato il suo ok, in una decisione non vincolante che lasciava l’ultima parola al presidente. E l’allora capo di Stato, Luiz Inacio Lula da Silva, nel suo ultimo giorno di mandato il 31 dicembre del 2010, aveva negato l’estradizione. Il governo di Brasilia, ore prima della discussione al Supremo tribunale federale, aveva inviato ai giudici un parere affermando che Temer abbia l’autorità  di revocare l’asilo e di estradare Battisti.
Lui, dalla casa di Cananeia dove si trova con il figlio Raul di 4 anni avuto dalla compagna Priscila di 31 anni, in attesa delle decisioni dei giudici ha ribadito in un’intervista a Gr1 di essere fiducioso: “Credo sarà  una risposta positiva perchè stiamo parlando di legge, per la legge la mia estradizione sarebbe impossibile. Un decreto dopo cinque anni non può essere revocato”.
Ha aggiunto di avere un altro timore: “Gli agenti penitenziari in Italia hanno detto che mi ammazzeranno. C’è un odio alimentato in tutti questi anni da una parte dei media e dalle forze politiche italiane”, inoltre “temo una operazione illegale con mercenari italiani“.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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MOLESTIE SESSUALI AL PARLAMENTO EUROPEO: “DEPUTATI TASTANO LE ASSISTENTI”

Ottobre 25th, 2017 Riccardo Fucile

QUANDO LA POLITICA DA’ IL CATTIVO ESEMPIO, AUMENTANO LE DENUNCE, OLTRE 80 CASI

Margot Wallstrà¶m ha rotto gli argini. Dopo di lei, altre donne hanno deciso di parlare del “focolaio di molestie sessuali” che secondo molte di loro è il Parlamento Europeo. Che mercoledì discuterà  e voterà  una risoluzione sugli abusi che avvengono nei palazzi di Bruxelles e Strasburgo.
“Ci sono relazioni di molestie anche all’interno del Parlamento Ue — ha denunciato in aula la capogruppo dei Verdi, Ska Keller — ma non basta parlarne, dobbiamo mettere per iscritto cosa vogliamo fare come Ue”.
La scorsa settimana la ministra degli Esteri svedese aveva raccontato su Facebook che durante la cena seguita a un vertice comunitario “improvvisamente mi sono accorta che quella persona stava palpeggiando le mie cosce e le mie gambe, era violenza sessuale al massimo livello politico”, riferendosi a un leader Ue ma senza rivelarne il nome.
Ora anche la collega alle Pari opportunità , Asa Regnèr, ha rotto il silenzio: “Improvvisamente cominciò a palpeggiarmi, sentii con orrore che mi metteva le mani ovunque. Ero inorridita, mi sentii paralizzata dallo schifo e dalla rabbia”, ha raccontato l’esponente del governo svedese al tabloid Expressen ricordando l’esperienza vissuta dopo una riunione in cui “un collega di alto livello di un altro Paese mi invitò a uscire, ad andare insieme in un locale a bere un drink”.
Le testimonianze si moltiplicano.
Un’inchiesta del Sunday Times ha portato alla luce una dozzina di casi di molestie compiute da membri del Parlamento ai danni di “collaboratrici“.
Il quotidiano londinese non pubblica i nomi, tranne uno: quello di Yves Cochet, ex ministro francese dell’Ambiente e membro del partito dei Verdi.
“Il Sunday Times — si legge — ha visionato un messaggio inviato” da Cochet, “all’assistente 25enne di un altro membro” dell’assemblea in cui l’ex ministro protestava perchè quest’ultima aveva rifiutato un invito a cena e diceva di voler condividere con lei “passioni, sogni e fantasie”.
Le accuse riportate dal Times sono gravissime: un membro del Parlamento si sarebbe masturbato davanti ad una giovane assistente, un deputato tedesco avrebbe tastato il fondoschiena di una collaboratrice.
Politico Europe è andato oltre: il portale di informazione sulle istituzioni europee ha aperto un sito, Playbook, per raccogliere le testimonianze di chi ha subito abusi nei corridoi delle istituzioni comunitarie.
I casi denunciati sono 87: le accuse vanno dai contratti di lavoro offerti in cambio di sesso, a giovani donne che vengono inviate nei locali e alle cene per offrire favori sessuali in cambio di provvedimenti legislativi, al funzionario cui viene chiesto di prenotare le prostitute per un deputato.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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“LA GUARDIA COSTIERA CI LASCIA PASSARE”: TRA GLI EX DETENUTI TUNISINI IN FUGA VIA MARE VERSO L’ITALIA, GIA’ 6000 ARRIVI

Ottobre 25th, 2017 Riccardo Fucile

“BASTANO 400 EURO, LA META’ DI UN MESE FA”… LO SCAFISTA: “E’ UN GIOCO POLITICO, LA TUNISIA CHIEDERA’ SOLDI ALL’ITALIA PER CHIUDERE LA ROTTA”… MINNITI PRONTO A STACCARE L’ENNESIMO ASSEGNO

Quelle laggiù sono le luci di Pantelleria. Radio2 sta trasmettendo l’ultimo notiziario sul referendum in Lombardia e Veneto, mentre un vento freddo alza sul mare una spuma biancastra che unisce le sponde fra Europa e Africa.
L’Italia è vicinissima, l’Italia è in saldo: 400 euro per un viaggio di sola andata.
La barca di Hamed ne porta trenta alla volta. È di nuovo pronta. Ognuno avrà  il suo giubbotto di salvataggio. È l’ottavo carico di ragazzi per questo pescatore trafficante obeso, che dopo aver mandato i suoi scagnozzi a controllare anche nel bagagliaio della nostra auto e pattuito tutte le sue regole di riservatezza, infine si concede.
«In questo momento i viaggi costano poco perchè la Guardia costiera ci fa passare», dice sotto un cappellino da baseball dei New York Yankees.
«È un gioco politico. Lo sanno tutti. Noi facciamo la nostra parte». Hamed tiene in faccia un paio di occhiali da sole assurdi, con inserti dorati che luccicano nel buio. «Sono loro che decidono se il mare è aperto o è chiuso. Adesso è aperto. E noi andiamo. Ogni dieci ragazzi che carico, due sono appena usciti di prigione».
Il 23 luglio in Tunisia sono stati liberati 1645 carcerati, altri 1027 il 13 ottobre.
Sono usciti dalle carceri di Mournaguia, Borj Amri e Siliana, troppo affollate per garantire anche solo condizioni di vita minimamente accettabili.
Il presidente della repubblica tunisina Beji Caid Essebsi, un ex avvocato, concede indulti ogni anno. Non può essere soltanto questa la causa dell’incremento esponenziale delle partenze dalla Tunisia verso l’Italia.
«Porto ragazzi giovanissimi, anche un quindicenne. Ho portato diverse giovani donne e un uomo di 45 anni che voleva ricongiungersi alla sua famiglia. La maggior parte, però, sono ventenni. Quelli che escono dal carcere sono quasi tutti consumatori di droga. Nessuno li prende più a lavorare, per questo se ne vogliono andare».
Lo scafista Hamed adesso ride da solo, soddisfatto dei suoi pensieri, mentre si accende un’altra Marlboro. «Certe volte porto anche casse di sigarette per voi italiani, altre volte sono direttamente i vostri pescatori a caricare qualche ragazzo migrante per arrotondare. Questo è un piccolo tratto di mare molto trafficato».
Ragazzi che bruciano
La Tunisia è un Paese sull’orlo della disperazione. La disoccupazione giovanile è al 40 per cento, quella dei laureati al 31%. Ogni anno 100 mila ragazzi escono dal percorso scolastico e si perdono. Lo stipendio di un poliziotto corrisponde a 327 euro. La corruzione è endemica. Pochi giorni fa a Sfax, 200 chilometri a sud, sono stati arrestati due agenti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: prendevano mazzette per lasciare passare i migranti.
Li chiamano «haragas». Quelli che bruciano. Quelli che non sopportano più di aspettare. Quelli che devono partire a ogni costo.
«Il crollo del dinaro, alla fine di luglio, è una delle cause di tutte queste partenze», dice Valentin Bonnefoy del Forum tunisino per i diritti economici e sociali. «Un’altra è la delusione patita dai movimenti nati sul territorio, le aspettative frustrate di un’intera generazione. Nelle regioni interne la povertà  è assoluta. Non c’è alcuna prospettiva. E poi dall’Italia rimbalzano i racconti di quelli che ce l’hanno fatta, che subito vengono inviati sui social network».
L’industria criminale dei trafficanti si è immediatamente rimessa al lavoro. Durante la Primavera Araba, nel 2011, erano stati 30 mila i tunisini sbarcati in Italia. Oggi, secondo le stime ufficiali, 3 mila solo fra settembre e ottobre, ma in realtà  sarebbero già  almeno 6 mila quelli che sono riusciti a passare.
Non sembra un deterrente sufficiente nemmeno l’inasprimento delle pene deciso dal governo, di cui lo scafista con il cappellino dei New York Yankees è perfettamente consapevole. «Rischio fino a 20 anni di carcere. Prima me la cavavo al massimo con 7. Ma il clima è ancora favorevole. Le richieste sono continue. E il governo non ha mezzi sufficienti per controllare tutto il mare».
Traffici via social  
Su Facebook c’è una pagina che si chiama «Haraka Jamaia» con 2100 iscritti, il cui titolo significa: «Immigrazione illegale collettiva».
L’obiettivo è cercare di organizzare partenze simultanee da diversi punti della costa tunisina, in modo da rendere impossibile il lavoro delle motovedette della guardia costiera. Sempre su Facebook c’è il video girato da un migrante in cui, in mezzo al mare, riceve il via libera da una motovedetta.
Gli haragas partono alle 3 del mattino e navigano al buio, almeno fino alle acque internazionali. Quasi invisibili ai radar.
Ma non sempre è andato tutto liscio, in questo autunno arabo. La notte fra il 7 e l’8 di ottobre, piccole barche avevano fatto confluire il loro carico umano su un’altra imbarcazione più grande che aspettava al largo dell’isola di Kerkennah. Il viaggio era considerato più sicuro.
Ogni migrante aveva pagato in quel caso 2.500 dinari: 858 euro. Quando le acque internazionali erano ormai raggiunte, l’imbarcazione è stata speronata nel buio da una motovedetta della Guardia costiera tunisina.
I cadaveri recuperati sono già  45. Alcuni sopravvissuti hanno accusato la Guardia costiera di aver provocato apposta l’incidente, ma ci sono video in cui si sentono spari in aria e urla. Ci sarebbero anche delle conversazioni radio con la Guardia costiera italiana che intima a quella tunisina di fermare i migranti. Quella barca voleva passare a ogni costo.
Quando l’elenco delle vittime è diventato ufficiale, si è capito ciò che molti sapevano già .
Erano tutti ragazzi giovani di Kebili, Ben Guerdane, Kasserine e Jendouba, piccoli centri dell’interno, dove la miseria regna sovrana e il tasso di radicalizzazione è alto. Ma la cosa più impressionate è stata scoprire che dodici vittime erano partite da Sidi Bouzid.
È il paese dell’entroterra meridionale dove, il 17 dicembre del 2010, il venditore abusivo di frutta e verdura Mohamed Bouazizi si diede fuoco davanti al palazzo governativo in segno di protesta perchè gli era stato sequestrato il carretto. Fu il suo gesto estremo a dare inizio alla Primavera Araba.
Giovani senza futuro  
È come se la storia fosse arrivata allo stesso punto sei anni dopo. Avvitata su se stessa. I ragazzi bruciano ancora. Ed è in questo contesto che il governo tunisino incontrerà  nuovamente quello italiano per parlare degli haragas.
«La legge finanziaria prevede nuovi tagli sui servizi sociali, aumento delle tasse, aumento dei prezzi, non ci sono più soldi in cassa per gli stipendi pubblici e per onorare i debiti internazionali, sarà  un autunno difficilissimo», dicono Mounib Baccari e Farouk Sellami dell’associazione Watch the Med.
Sono ragazzi tunisini. Ragazzi che lottano per la democrazia. «Ecco perchè stanno usando i migranti», dicono entrambi. «Li fanno partire, ne riprendono indietro 40 alla settimana. Fanno capire che vorrebbero fare di più, ma non possono. Presto chiederanno aiuto all’Italia».
Su questo crinale lo scafista Hamed fa i suoi affari. Adesso è notte. C’è odore di mare e di stelle. Alla radio tunisina passa una canzone su un vecchio amore rimpianto. «Vieni anche tu, giornalista, con 3 mila dinari ti porto avanti e indietro. Partiamo finchè siamo in tempo».
Come finirà ? «Come con la Libia di Gheddafi. Come con la Libia adesso. È solo un gioco politico, te l’ho già  detto, non devi dimenticarlo mai. La Tunisia chiederà  soldi all’Italia per chiudere il mare».

(da “La Stampa”)

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PERCHE’ IL TG5 HA LICENZIATO IL GIORNALISTA SCIENTIFICO LUIGI BIGNAMI

Ottobre 25th, 2017 Riccardo Fucile

SI ERA PERMESSO DI CORREGGERE UNA GAFFE DELLA CONDUTTRICE CHE L’AVEVA SCAMBIATO PER L’OMONIMO ASTROFISICO MORTO A MAGGIO… IL DIRETTORE DEL TG5 NON HA GRADITO, EVVIVA LA MERITOCRAZIA

Luigi Bignami, giornalista scientifico e collaboratore freelance del TG5, è stato “licenziato” da Clemente Mimun.
Il motivo dell’interruzione dei rapporti con il telegiornale dell’ammiraglia Mediaset è chiaro: Bignami si sarebbe “permesso” di correggere la conduttrice del TG che lo aveva presentato come «il professor Giovanni Bignami, lo scienziato e professore di astronomia all’Università  di Pavia».
Un errore non da poco, anche in considerazione del fatto che Giovanni Bignami — che era un astronomo mentre Luigi è un giornalista che si occupa di astronomia e notizie relative all’esplorazione dello Spazio — è morto cinque mesi fa.
Visto che nella grafica in sovrimpressione Bignami viene correttamente presentato come “Luigi Bignami, giornalista scientifico” la gaffe è solo della conduttrice Cristina Bianchino.
Un po’ per rispetto nei confronti dello studioso venuto a mancare di recente un po’ per rimarcare che lui non è professore all’Università  di Pavia Luigi Bignami ha esordito dicendo «non sono Giovanni Bignami perchè Giovanni Bignami è deceduto alcuni mesi or sono ed era professore di astronomia, io sono Luigi Bignami e sono giornalista scientifico».
Chiunque avrebbe fatto così, perchè si può soprassedere su un nome proprio sbagliato a causa di una parziale omonimia, ma in questo caso c’era stato un vero e proprio scambio di persona.
Questo accadeva durante l’edizione delle 13 del 17 ottobre.
Probabilmente in pochi hanno dato peso alla cosa, anche se l’episodio era stato ripreso e raccontato da Trashitaliano e da Striscia La Notizia.
Di gaffe del genere però giornalisti e conduttori televisivi ne commettono regolarmente, sono i rischi del mestiere. Luigi Bignami però ha scritto su Facebook di aver ricevuto una comunicazione da Mimun che nel dargli il benservito gli rimproverava di aver “reagito in modo eccessivo ad un errore della nostra conduttrice”. Reazione che Mimun non ha apprezzato neanche un po’.
Non è molto chiaro in che modo Bignami avrebbe reagito in “modo eccessivo” ma è evidente che a Mimun non piace che qualcuno gli rinfacci le gaffe dei suoi conduttori. Nessuno — nemmeno Bignami — ha chiesto la testa della Bianchino e tanto meno scuse ufficiali, appunto perchè sono cose che capitano e si correggono sul momento.
A Radio DeeJay Bignami ha detto «a me è sembrato di essere stato educato, probabilmente hanno interpretato la mia precisazione come una provocazione».
A Valerio Staffelli di Striscia La Notizia, che ieri gli ha consegnato il Tapiro d’Oro, il giornalista scientifico ha detto di non sapere come mai Mimun ha preso quella decisione e che ai tempi di Mentana le cose sarebbero andate diversamente:
Giovanni Bignami, il grande astronomo, spesso veniva confuso con me. O meglio, ero io che venivo confuso con lui. Io mi occupo di astronomia e di astronautica, lui si occupava ed era un astronomo, per cui era facile confondersi. Solo che è morto tre mesi fa. Non so perchè Mimun si è comportato così. Ai tempi di Mentana, se ci fosse stato un errore di questo tipo, lui avrebbe ribaltato la giornalista. Invece, il giorno dopo, ho ricevuto una mail in cui mi si diceva di non volere più la mia collaborazione, almeno una telefonata l’avrei gradita. Non mi sarei mai aspettato una cosa di questo tipo.
Al TG5 correggere gli errori evidentemente costa caro mentre commetterli non ha nessuna conseguenza. Forse che il problema non sia quanto successo tra Bignami e Bianchino ma il modo di Mimun di gestire la redazione?

(da “NextQuotidiano“)

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