IL DIRETTORE DI YOUTREND: CENTRODESTRA FAVORITO MA NON STRAVINCENTE, OCCHIO ALL’ASTENSIONISMO E ALL’EFFETTO DRAGHI
IL SONDAGGISTA LORENZO PREGLIASCO: “PUO’ ANCORA SUCCEDERE DI TUTTO, GLI INDECISI SONO TANTI”
Lorenzo Pregliasco, sondaggista politico e direttore di YouTrend. Sarà una campagna elettorale lampo. Due mesi e si vota. Da quello che dicono i numeri delle simulazioni che avete pubblicato in questi giorni il centrodestra sembra avere la vittoria in tasca praticamente in ogni possibile scenario. Cioè con o senza campo largo dalle parti del centrosinistra. È davvero così? Les jeux sont faits?
Si e no. È vero che la campagna sarà breve e tra l’altro c’è di mezzo agosto. Però è anche vero che le campagne elettorali non sono mai scritte fino in fondo. Sappiamo qual è il punto di partenza ma non l’arrivo. Perché comunque ogni campagna espone i leader a dire la loro sui temi e i partiti a scegliere gli alleati. Ci troveremo in un contesto politico subito successivo a quello della caduta del governo. I partiti dovranno essere capaci di spiegare agli elettori il perché del voto anticipato, tra l’altro in un periodo così inusuale. In poche parole: può ancora succedere di tutto. Anche perché gli indecisi sono tanti, l’elettorato è fluido e non sappiamo ancora quale sarà l’effetto di queste elezioni a sorpresa sull’affluenza.
Come mai? Chi teme di più l’astensionismo?
La bassa affluenza – cioè sotto il 70% – potrebbe favorire maggiormente il centrosinistra, o comunque la sua area moderata. Rispetto ad un centrodestra che può potenziare il suo consenso a condizione che la partecipazione sia elevata. Mi riferisco in particolare a Fratelli d’Italia al Sud, un bacino in parte andato ai Cinque Stelle nel 2018 che però non è scontato che stavolta torni alle urne.
Con il combinato disposto di Rosatellum e minor numero di seggi parlamentari in gioco, il centrodestra ha la possibilità, in caso di vittoria irresistibile, di raggiungere quota due/terzi dei seggi in entrambe le camere. Ovvero quella maggioranza qualificata in grado, potenzialmente, di revisionare la Costituzione senza dover passare per forza dal referendum. È uno scenario possibile?
Non lo escludo ma non è tra gli scenari più probabili. Per avere quel tipo di risultato il centrodestra dovrebbe vincere praticamente in tutti i collegi uninominali. E dovrebbe andare molto forte anche nel proporzionale. Sensibilmente sopra a quello che è il suo livello di consenso attuale.
Quali sono le condizioni che possono portare il centrodestra non dico a stravincere ma comunque ad assicurarsi una maggioranza di governo?
Sicuramente un centrosinistra diviso. In particolare se il polo liberal riformista di centro si presenterà da solo questo potrebbe far vincere al centrodestra molti più collegi uninominali di quanti possa vincerne contro un’area centrista unita al Pd.
A proposito di centro. Che ne pensa della variabile Calenda? Oggi il leader di Azione ha detto un secco no ad alleanze con M5s, Verdi e Sinistra Italiana, aggiungendo di volersi candidare nel collegio uninominale Roma 1, cioè in casa del Pd. Ce la può fare?
Dipende dallo schema di gioco. Se corre da solo contro il Pd e contro il centrodestra penso che avrebbe chance molto ridotte. Alle comunali è andato forte nella zona corrispondente al collegio in questione. Ma erano elezioni locali, un contesto politico diverso. Anzi, penso che un Calenda da solo faticherebbe ad eleggere anche un solo deputato in un collegio uninominale in tutta Italia. Persino a Roma 1 con lui stesso candidato. Certo, se supera il 3% i seggi del proporzionale scattano lo stesso. Altro discorso è un Calenda appoggiato anche dal Pd. A quel punto a Roma 1 sarebbe più competitivo in uno scontro con il centrodestra. Se non favorito.
Con l’imminente entrata in Azione di Maria Stella Gelmini, i calendiani cercano di occupare lo spazio elettorale che Forza Italia ha sacrificato sull’altare dell’alleanza con Meloni e Salvini. Ma non è che questa variabile Calenda potrebbe fare indirettamente il gioco del centrodestra? Oppure proprio al contrario far evadere voti di elettori dalla coalizione avversaria – indebolendola – verso un terzo polo centrista a trazione Renzi-Calenda?
Le mosse di Calenda di queste ore nascono dalla necessità di aggregare quel consenso moderato e liberale che è rimasto spiazzato dalla scelta di Forza Italia di provocare la crisi di governo insieme a Salvini. Una scelta che dal mio punto di vista va a smentire quello che era diventata Fi nell’ultimo periodo, cioè un partito che era da tutti descritto, anche da loro stessi, come una forza moderata, europeista, responsabile e soprattutto fortemente draghiana.
Viene meno il tratto distintivo del partito azzurro nell’alleanza con Lega e Fdi
Sicuramente questa mossa la spinge molto verso destra. Potrebbe risentirne sensibilmente. L’elettorato che le era rimasto non voleva questo tipo di crisi. Ci saranno molti elettori azzurri che diranno: “Se l’obiettivo è portare la Meloni al governo, perché devo votare Forza Italia? A quel punto metto la croce direttamente su Fdi”.
Ed è qui che si inserisce Calenda, e torno alla domanda che le ho fatto poco fa.
Sì ma attenzione perché molto spesso c’è una sovrarappresentazione mediatica di alcuni mondi e di alcuni leader, penso a Calenda che è molto presente sui social, ma è una figura che poi nelle intenzioni di voto rimane comunque intorno al 4-5% sommando Azione a +Europa. Quando sondiamo la fiducia e la notorietà dei leader politici, Calenda non è tra i più brillanti. È la prova che i leader più mediatici non sono automaticamente quelli più bravi a tradurre la centralità sugli schermi in consenso reale.
Fattore Draghi. Che ne pensa di ciò che ha detto oggi Franceschini – subito spalleggiato da Di Maio – e cioè che nelle urne la sfida sarà tra chi ha difeso Draghi e chi lo ha tradito, proponendo dunque un rassemblement elettorale di tutti draghiani? Siamo sicuri che l’elettorato ragionerà in questi termini?
Penso che come sempre le persone voteranno prevalentemente seguendo schemi di appartenenza e adesione a valori politici. Però quello che è accaduto è irrituale. Così come è irrituale votare in questo periodo. C’era comunque una netta maggioranza di persone che non voleva la fine dell’esperienza Draghi, preferendo andare al voto a scadenza naturale. Draghi ha avuto un consenso trasversale molto ampio per molto tempo. Questi sono fattori che secondo me peseranno in qualche modo. È vero che abbiamo tutti la memoria corta, è anche vero che però le elezioni saranno molto ravvicinate rispetto alla crisi di governo. Quindi secondo me il tema sul “Perché ci fate votare adesso? Perchè il governo è caduto?” giocherà la sua parte.
Chi dovrebbe temere di più il fattore Draghi?
Potrebbe creare qualche grattacapo a Lega e Fi. Il centrosinistra tenterà di usare la caduta del governo come grande elemento di cesura tra noi e loro, tra centrodestra e centrosinistra. Ma non sarà semplicissimo farlo capire agli elettori. Al contrario, il centrodestra farà il possibile per far dimenticare questa parentesi e cercherà di sfruttare l’onda lunga – l’inerzia – che li vede maggioranza relativa nel Paese fin dal 2018. Da quando ottennero come coalizione la maggioranza relativa alle elezioni, con il 37%, cifra poi cresciuta lungo tutta la legislatura e calata solo in parte durante la pandemia.
Insomma, ci sono sufficienti elementi per dire che la campagna elettorale non sarà priva di sorprese così come l’esito del 25 settembre.
Fino a prima della crisi si diceva: tra pandemia e guerra c’è voglia di rassicurazione, voglia di stabilità. Addirittura un mese fa alle amministrative i commentatori dicevano che la vittoria del centrosinistra suggellava il campo largo con tanto di crisi del centrodestra. Ecco: oggi dobbiamo cercare di evitare di eccedere nel senso opposto, cioè nel dire che Meloni, Salvini e Berlusconi abbiano in tasca le elezioni. Partono favoriti, ma non ricordo una tornata elettorale in cui non ci siano stati almeno dei passaggi che hanno poi messo in discussione la leadership di un’area politica. Nel 2006 ci si aspettava una vittoria tranquilla del centrosinistra di Prodi, che poi non c’è stata. Nel 2013 stessa cosa con Bersani ma poi ci fu l’exploit di Grillo. Cinque anni dopo non ci si aspettava il 33% degli stessi M5s. E questo ha reso impraticabile una maggioranza di governo tradizionale. Quindi facciamo attenzione: la campagna elettorale sarà molto breve, ma l’elettorato è molto fluido e non sappiamo come prenderà questa strana campagna di fine estate.
(da Huffingtonpost)
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