IL MEA CULPA DI FINI A MIRABELLO: “MA HO LA COSCIENZA A POSTO”
“UN PARTITO DI DESTRA DOVREBBE BATTERSI PER UNA SOCIETA’ MULTIETNICA, CHE E’ DIVERSO DA DIRE MULTICULTURALE”
Gianfranco Fini torna a Mirabello, alla Festa Tricolore, dopo la fredda accoglienza di qualche anno fa (2011, ndr) quando venne fischiato, il passaggio a vuoto del 2013 e il pubblico non proprio delle grandi occasioni dell’anno passato.
Anche sabato 12 settembre, ad accogliere ed ascoltare l’ex presidente della Camera dei Deputati, erano presenti poco più di duecento persone.
Così nella serata di sabato, Fini non ha fatto mistero di essere consapevole che “il rapporto con gli elettori di destra è frutto delle scelte che ho fatto”, una premessa che è suonata come un mea culpa per l’uomo politico che esattamente vent’anni fa (1995, ndr), traghettò il Movimento Sociale Italiano alla storica svolta di Fiuggi e alla creazione di Alleanza Nazionale.
Aggiungendo tuttavia: “Da tempo non mi preoccupo di quel che si dice sul mio conto, ho la coscienza a posto”.
L’intervistatore, Paolo Graldi, ex direttore de Il Mattino e de Il Messaggero, si è augurato che la serata che andava ad incominciare potesse essere ricordata in futuro, “una serata da io c’ero”.
Il botta e risposta tra Graldi e Fini, è invece filato via senza colpi di scena, tra una domanda sul “virus esistente nelle vene della politica, in maniera trasversale, che porta alla divisione” e un quesito sui temi caldi immigrazione e identità della destra del futuro.
Dal canto suo, il fu ministro degli Affari Esteri del governo Berlusconi II e III, ha definito la parcellizzazione delle forze politiche “un trend inevitabile”, un frutto dei tempi, “effetto del superamento delle contrapposizioni ideologiche proprio della società post ideologica in cui viviamo”.
A parere di Fini, se si vuole tornare a definirsi “comunità che sta a destra”, è prima necessario “definire cos’è la destra”, di modo che non sia un semplice “distintivo da appuntarsi al petto”.
Riprendendo le fila del dibattito che aveva preceduto l’intervista, l’ex leader di An ha ribadito che “in un momento storico in cui la democrazia è senza demos, la destra ha bisogno di approfondimenti, di comprendere il presente partendo dal passato” nella convinzione che “le radici non gelano quando sono profonde”.
Sull’inevitabile domanda circa il futuro di un soggetto politico unitario a destra Fini, ha auspicato la nascita di una “casa comune, che sia uno spazio libero in cui esprimersi”, uno spazio però che non lo vedrà politicamente protagonista a quanto pare, dal momento che poco dopo ha precisato che “non vorrò nè tessere nè candidature, nè tantomeno direzioni di alcun tipo”.
Inevitabile, nel dialogo tra Graldi e Fini, è giunta la domanda sui temi di più stringente attualità politica: immigrazione, Europa, riforma del Senato.
Con essi, non è mancato il riferimento alla Lega di Matteo Salvini e ai suoi rapporti con la “destra dei sogni” di Fini.
“Un giudizio di destra sulla riforma della seconda Camera — ha risposto Fini — dovrebbe partire dalla tradizionale avversione rispetto al bicameralismo paritario, per giungere sino alla proposta di abolizione del Senato”.
Sul tema immigrazione invece, l’ex ministro si è contrapposto decisamente alla Lega e a Salvini, interprete di “timori esistenti nella società ” ma colpevoli “di soffiare sul fuoco”.
Un soggetto politico di destra dovrebbe essere consapevole dei pericoli che certi fenomeni migratori comportano, ma anche realisti sul fatto che le uniche risposte efficaci possono essere di portata europea.
“Bisogna avere il coraggio di sfidare la Lega e i suoi insulti, un partito di destra dovrebbe battersi per una società multietnica, che è diverso da dire multiculturale”. Secondo Gianfranco Fini, chi arriva in Italia e decide di restare, “deve riconoscersi in una Comunità , a prescindere dalle sue origini”.
Sempre sul tema, quello che fu il delfino di Giorgio Almirante ha dichiarato “l’asticella del dibattito sull’immigrazione — secondo Fini — deve essere elevata proprio dalla destra, che deve colmare di contenuti il vuoto culturale in cui la Lega si è inserita”.
Una destra europeista, sostenitrice di una “sovranità condivisa, perchè o l’Unione cambia passo o implode”, ma una destra anche critica verso gli slogan e portatrice di contenuti culturali, quella immaginata da Fini.
Sul sostegno di Angelino Alfano, a suo dire subalterno alla linea dettata dal Pd di Matteo Renzi, “fortunato a gestire la cosa pubblica dopo il picco della recessione”, Fini ha le idee chiare: “Piuttosto che domandargli di revocare il sostegno al governo, vorrei chiedergli ‘cosa ci sei andato a fare?’”
Francesco Altavilla
(da “Estense”)
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