L’OPERAIO CHE HA ASSISTITO ALL’INCIDENTE DI SATNAM SINGH ACCUSA LOVATO: “LUI URLAVA E IL DATORE DI LAVORO CI DICEVA DI STATE ZITTI”
“HO VISTO TUTTO E HO INIZIATO A DIRE DI CHIAMARE L’AMBULANZA, MA LOVATO NON HA FATTO NIENTE”
«Quando Satnam ha iniziato ad urlare, io sono scappato via, ma ho visto Soni, la moglie, piangere e lui senza un braccio». È la testimonianza di Taranjeet Singh, un lavoratore dell’azienda agricola presso cui lavorava il bracciante indiano di 30 anni, morto per le ferite causate da un macchinario agricolo che gli hanno provocato il distaccamento del braccio.
Quel giorno, Singh era presente: «c’eravamo io, Satnam, sua moglie e un’altra donna italiana che lavora lì», racconta. Quando il datore di lavoro, Antonello Lovato, «che si trovava su un trattore, si è avvicinato – continua – ha iniziato a bestemmiare e a proferire minacce come “Dovete starvi zitti”».
E poi ancora: «Ho visto tutto – sottolinea – e ho iniziato a dire di chiamare l’ambulanza. Ma il datore di lavoro non ha fatto niente, è andato verso il furgone e ha caricato Satnam, la moglie e il braccio. Pensavo lo portasse in ospedale. Non credevo che lo lasciasse davanti al cancello. Ad un certo punto ha detto che Satnam era morto, e che i soccorsi non potevano venire».
Da quando Satnam è morto, il 19 giugno all’ospedale San Camillo anche, secondo l’autopsia per un «copioso sanguinamento», Taranjeet Singh non riesce a dormire: «Non riesco a venire fuori da questo incubo», afferma. Mentre a Soni, che pochi giorni fa ha ricevuto un permesso di soggiorno speciale, dice «di tenere duro: la comunità è con lei». Quando ha cominciato a lavorare presso la cooperativa dei Lovato, che in tre anni ha ricevuto 849mila euro di finanziamenti garantiti dallo Stato
Taranjeet lavora presso l’azienda da un anno e mezzo, «guadagno 5 euro e 50 l’ora e sono irregolare. Adesso ho perso il lavoro e dopo quello che è successo a Satnam – conclude – nessuno fa più lavorare chi non ha i documenti».
(da agenzie)
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