Gennaio 8th, 2011 Riccardo Fucile
IL GEN. MINI: “INCONCEPIBILI DUE VERSIONI SU MIOTTO, NON HO MAI VISTO IN TV UN MINISTRO DELLA DIFESA MIMARE, COME UN ATTORE DI UN FILM DI ULTIMA CATEGORIA, LA RICOSTRUZIONE DI UN EPISIODIO FATALE CHE HA COINVOLTO L’ESERCITO DEL SUO PAESE”
Fabio Mini si definisce un generale in cosiddetta ‘ausiliaria’. 
Anche il capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Vincenzo Camporini, tra due mesi andrà in pensione.
“Noi generali – dice Mini – in realtà non andiamo mai in pensione e continuiamo a interessarci del nostro Paese”.
Per questo gli chiediamo di dirci a quale versione della morte di Matteo Miotto crede: a quella del ministro La Russa, secondo il quale Miotto è stato ucciso durante una battaglia, o a quella del generale capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, che sostiene che Miotto sia stato ucciso da un cecchino.
Generale, lei che ne pensa?
Camporini ha detto la verità : è stato il ministro La Russa a cambiare versione. Quando ha sostenuto che gli era stata data un’informazione edulcorata. Adesso il ministro la pillola la sta indorando, sostenendo che non voleva dire quello che ha detto, che non prova rabbia per i vertici dell’esercito, bensì stima. Sono boutade che possono avere conseguenze pesantissime sulla sicurezza dei nostri soldati. Non si può giocare sulla pelle dei militari morti e di conseguenza su quella dei vivi.
Generale, la pace è lontana anche tra le istituzioni. La situazione questa volta è “grave ma anche seria” ?
Le accuse che il ministro della Difesa ha rivolto al capo di Stato maggiore della Difesa hanno un effetto negativo anche sulla situazione interna: squalificano le istituzioni politiche e militari. Questo significa intaccare il tessuto connettivo del Paese. Dopodichè non resta più nulla.
Possibile che La Russa non si renda conto di fare un danno anche a se stesso? Questi politici sono travolti dal proprio narcisismo. O dalla propria incompetenza?
Anche. La cosa che mi ha lasciato stupefatto è la versione “romanzata”, divulgata urbi et orbi, dal ministro La Russa, con tanto di interpretazione mimica dell’accaduto. Si capiva molto bene che aveva cambiato la sua versione dei fatti perchè influenzato dai colloqui avuti con i soldati dopo essere andato in Afghanistan.
E quindi?
E quindi, a mio avviso, il ministro non dava una nuova versione perchè era emersa un’altra verità . Semplicemente gli è piaciuta di più quella dei soldati. Che è sempre meno “banale”, proprio perchè enfatizzata, vuoi per spirito di corpo, vuoi per darsi coraggio, vuoi per esorcizzare la morte.
Un ministro che non sa fare la tara tra l’enfasi con cui i soldati raccontano ciò che vivono e i rapporti ufficiali dei vertici delle Forze Armate, non è inadatto a ricoprire questa carica?
Un ministro deve saper fare la tara, soprattutto se è il ministro della Difesa. E deve anche saper distinguere tra i toni dei rapporti ufficiali e i toni da usare quando si deve comunicare con l’opinione pubblica. Un ministro della Difesa deve avere, sempre e comunque, come suoi primi interlocutori i vertici militari, che sono addestrati per interpretare ciò che è accaduto davvero ai soldati sul campo.
Lei è stato a lungo impegnato nei Balcani, ma anche in Cina, negli Stati Uniti, sia in veste di generale sul campo, sia come portavoce e responsabile della comunicazione dei vertici militari. Ha mai assistito a uno scambio di accuse così aspro e frontale tra il ministro della Difesa e il suo capo di Stato maggiore?
No. Non ho mai nemmeno visto in tv un ministro della Difesa mimare come un attore di un film di ultima categoria, la ricostruzione di un episodio fatale che ha coinvolto l’esercito del suo Paese.
Perchè, secondo lei?
Intanto perchè uno dei due si è sempre dimesso prima di arrivare a tal punto. Secondo perchè non si arriva a questo punto: l’insipienza non è prevista per certi ruoli. La malafede magari sì, ma l’incapacità no.
Senta generale, ma c’è ancora un punto in comune tra il vertice politico e quello militare?
Sì, purtroppo: nessuno dei due dice chiaramente che questa non è una missione di supporto e assistenza all’esercito e alla polizia afghana, altrimenti avremmo mandato sempre più ingegneri e infermieri, invece abbiamo aumentato le forze militari, passando da 9 mila a 140 mila soldati. Questa è una guerra e si va “alla guerra come alla guerra”.
Cioè?
I nostri soldati partecipano a battaglie vere e proprie, le nostre Forze Speciali (sabotatori e incursori), che ubbidiscono direttamente agli ordini della Nato, ogni notte si lanciano dagli elicotteri o marciano per decine di chilometri al buio per infiltrarsi nei territori non ancora controllati. E lo fanno a costo di eliminare tutti gli avversari che incontrano sul loro cammino. In guerra eliminare significa ammazzare .
Stiamo trasgredendo l’articolo 11 della Costituzione?
Far rispettare l’articolo 11 alla lettera (L’Italia ripudia la guerra, ndr) sarebbe ottimo, tuttavia il diritto internazionale, autorizzando l’intervento armato in casi particolari, di fatto permette di aggirare l’articolo 11. Dobbiamo quindi badare alla sostanza, che è quella di far riconoscere a tutti che siamo in guerra, in un teatro di guerra, contro avversari che ci fanno la guerra.
Roberta Zunini
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 8th, 2011 Riccardo Fucile
LA SERA DI CAPODANNO IL PRESIDENTE DELLA REGIONE BECCATO A CENA IN UN RISTORANTE CINESE A PADOVA… LETTERE DI PROTESTA DAI LETTORI DEL QUOTIDIANO LOCALE: DOPO AVER PARLATO MALE DEI RISTORANTI STRANIERI E AVER FATTO UN CAVALLO DI BATTAGLIA ELETTORALE LA DIFESA DELLA CUCINA VENETA, CROLLA IL POLENTONE PADANO
Di giorno, armato di scodelle e forchette, si batte per la polenta con gli osèi e di sera gozzoviglia con gli jiaozei.
Al pomodoro di Pachino il prode Luca Zaia preferisce lo zhongguà³ cà i di Pechino.
Così il governatore del Veneto soddisfa la testa padana con il ventre cinese. Ma gli osti padovani lo hanno beccato, anche la sera di Capodanno, con il nian gao in bocca.
E hanno perciò scritto al “Mattino di Padova” una lettera di protesta etnica firmata dall’Appe, (Associazione provinciale pubblici esercizi) che è l’Istituzione del cappone, la Borsa dei tortellini, la Wall Street del coeghin col purè, il sancta sanctorum del Valpolicella.
Questi arrabbiati ristoratori, ormai debilitati dai bassi prezzi del desco sino-leghista, addirittura denunziano che, arrivando al Wok-sushi – 420 posti a sedere sulla statale del Santo a Cadoneghe – Zaia viene accolto con il doppio inchino di Nanchino.
E non gli dicono neppure ciao ma ni hà o. Persino lo chiamano familiarmente Tsa-ja invece che “signor Zaia dott. Luca”.
Certo, “è libero – continuano – di andare e comportarsi come crede”, ma “con quale soddisfazione il governatore si batte in difesa dei saporiti prodotti veneti?”.
Ovviamente noi solidarizziamo con lo Tsa-ja piuttosto che con lo Zaia e ci fa piacere notare che anche tra i fanatici padani l’ideologia mostra la sua natura imbonitoria.
E difatti, quando era ministro dell’Agricoltura, il Catone rurale spiegò a un allibito giornalista del “Guardian” che l’Italia autarchicamente voleva e doveva tornare alla tavola tutta italiana.
E gridava “viva lo spumante” e “abbasso lo champagne”.
Pure annunziò che nelle cucine leghiste era già stato preparato il kebab padano negli ingredienti e anche nel nome: muntun afetà .
E però il maggiore contribuente dell’opulenta Vicenza è un imprenditore cinese.
E anche il proprietario del Wok Sushi, il signor Marco Hu Lishuang, è un grande sostenitore politico di Zaia, al punto da dichiarare al “Mattino” “io sono leghista” anche se è lecito pensare che questo campione dell’integrazione sarebbe stato mafioso in Sicilia, camorrista a Napoli, papalino a Roma.
E’ probabile che il bravo cinese abbia interiorizzato il codice della globalizzazione all’italiana.
E’ insomma un genio di antropologia partecipata.
Si sentono invece traditi dal loro governatore e da quegli imbattibili dieci euro a pasto nel Wok Sushi, tutti i vivandieri patavini e perciò sugosamente dicono: “Crediamo abbia delle responsabilità e delle rappresentatività (!) ben precise”.
Dunque lo ammoniscono e si dolgono, non gli concedono l’ironia e gli ricordano “il dovere di rivolgere, con coerenza, le più accurate attenzioni all’oca, ai radicchi, al pollo, alle erbette, al prosecco…”.
Ha la lingua biforcuta lo Zaia che pure amarono e sfamarono.
E tuttavia ancora lo invitano a tornare “a frequentare i nostri locali. Assieme al calore familiare e a eleganti tavoli (non striminziti e non self service) troverà e degusterà vini e cibi con prodotti della nostra meravigliosa agricoltura, di quella terra che è anche la sua, con accattivanti ricette non di importazione”.
Non è forse lo stesso Zaia che, con il suo partito, propose nell’aprile scorso di abolire per legge le insegne alimentari in lingue extracomunitarie?
Volevano tradurle in italiano o, ancora meglio, nei vari dialetti locali, per farla finita con sashimi, kebab e fagottini vari, sostituiti con pesse cruo a Verona, piecoro fatto a felle a Napoli, sfinciuni a Palermo…
E gli osti sfiancati si erano illusi che almeno a Padova Zaia strozzasse davvero quelle concorrenziali cucine dei cinesi, dei tailandesi e dei musulmani.
E invece bisboccia da loro e a prezzo vile.
E però non è solo nell’economia gastronomica che la Lega agisce come il fariseo Nicodemo il quale, come racconta l’evangelista Giovanni, di notte ascoltava Gesù e di giorno si mostrava rigoroso osservante dei precetti ebraici.
Anche nell’industria e nell’agricoltura la Lega ricorre a quegli stranieri che disprezza, non può fare ameno di loro come Tsa-ja non può fare a meno della grappa di rose: “Al leghista non far sapere quanto è buona la meiguijiu con le pere”.
Ma forse la colpa di tutto ce l’ha, come sempre, il fotografo del “Mattino”, il paparazzo insomma che, al Wok Sushi, senza chiedergli come mai lo ha icasticamente fissato in un’immagine neoglobal da fine Quattrocento.
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Gennaio 8th, 2011 Riccardo Fucile
IL CALCOLO SULLA PERDITA DEL POTERE D’ACQUISTO TIENE CONTO DELLO STOP AL RINNOVO CONTRATTUALE E DEL MANCATO INCREMENTO IN BASE ALL’INDICE DI INFLAZIONE… STOP ALLA CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA E BLOCCO ECONOMICO DELLA CARRIERA… TURN OVER: PER OGNI DIECI CHE ESCONO, POSSONO ENTRARNE SOLO DUE
Circa 1.600 euro di potere d’acquisto in meno. 
Tanto perderanno i lavoratori del pubblico impiego con il blocco degli stipendi pubblici fino al 2013 previsto dalla manovra economica.
La stima è della Cgil che sottolinea come circa 1.200 euro lordi si perdano per il triennio 2010-2012 di mancato rinnovo dei contratti, mentre altri 400 euro di aumenti complessivi mancheranno all’appello nel 2013 a causa del blocco ulteriore previsto dalla stessa manovra.
Nel triennio 2010-2012 “l’incremento degli stipendi sulla base dell’indice dell’inflazione Ipca previsto dall’accordo interconfederale del 2009 avrebbe dovuto essere complessivamente del 4,2%. Poichè ogni punto di inflazione vale circa 20 euro si tratta a regime di 90 euro lordi che mancheranno nello stipendio. Ipotizzando tre tranche annuali da trenta euro in più al mese (quindi 400 euro l’anno compresa la tredicesima) che non ci saranno, la perdita cumulata di potere d’acquisto sarà almeno di 1.200 euro lordi in media. Se ci aggiungiamo il blocco già previsto anche per il 2013 arriviamo almeno a 1.600 euro. I lavoratori pubblici torneranno a vedere aumenti in busta paga solo nel 2014”.
Al blocco della contrattazione nazionale per il triennio (i contratti per circa tre milioni e mezzo di lavoratori sono scaduti a fine 2009) si affianca lo stop alla contrattazione integrativa e il blocco economico della carriera.
In pratica nei prossimi anni si potrà fare carriera, ma l’avanzamento sarà riconosciuto solo giuridicamente senza nessun miglioramento dello stipendio.
La stretta nel pubblico impiego per i prossimi anni non si limiterà al blocco degli stipendi ma riguarderà anche il turn over.
La manovra economica prevede che fino al 2012 ci sia un limite del 20% delle entrate rispetto alle uscite.
In pratica su dieci dipendenti pubblici che escono (per pensione o dimissioni) ne potranno entrare solo due (e con il limite anche del 20% massimo della spesa quindi non sarà possibile che a fronte dell’uscita di due commessi entrino due dirigenti).
Facendo un calcolo medio di uscite di 100.000 persone l’anno (circa il 3% di tre milioni e mezzo di dipendenti) significa che tra il 2010 e il 2012 a fronte di 300.000 uscite sarà possibile fare al massimo 60.000 nuove assunzioni (poichè vincoli più stringenti ci sono nei comuni, le regioni e la sanità ).
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Gennaio 8th, 2011 Riccardo Fucile
L’AUMENTO PIU’ RILEVANTE SARA’ QUELLO DEI TRASPORTI PUBBLICI (+25-30%), MA INCIDERANNO ANCHE ALIMENTARI (+6%), ASSICURAZIONI (+12%), RIFIUTI (+8%), ACQUA (+6%)… PER IL TRASPORTO FERROVIARIO I PENDOLARI SPENDERANNO 120 EURO IN PIU’, PER LA BENZINA 131 EURO IN PIU’ L’ANNO
È in arrivo una stangata di oltre 1.000 euro sulle tasche delle famiglie italiane. Secondo i calcoli di Adusbef e Federconsumatori, tra rincari di alimentari, benzina, tariffe, assicurazioni e servizi bancari, il 2011 sarà «un anno infelice», con un impatto di 1.016 euro annui a famiglia.
La voce più consistente che peserà sulle famiglie sarà quella alimentare, con aumenti annui di 267 euro, ovvero del 6%.
A seguire i carburanti, per i quali, sulla scia dei previsti incrementi del petrolio (si dà ormai per scontato un rally fino a 100 dollari al barile) la spesa aumenterà di ben 131 euro l’anno.
Oltre 120 euro in più saranno spesi per il trasporto ferroviario, comprese le tratte dei pendolari, mentre i prezzi dell’rc auto cresceranno, secondo Adusbef e Federconsumatori, di 105 euro (+10-12%).
Aumenti sono previsti anche per le tariffe autostradali (+2%), per quelle del gas (+7-8%) e della luce (+4-5%), per quelle dei rifiuti (+7-8%) e per l’acqua (+5-6%).
L’aumento più consistente in termini percentuali è però quello del trasporto pubblico locale (+25-30%).
«Anche il 2011 – commentano Federconsumatori e Adusbef – si prospetta un anno infelice: sia per la crisi economica, che, se non adeguatamente affrontata, non permetterà di raggiungere nemmeno l’1% di crescita del Pil, sia per i rincari che contribuiranno a ridurre ulteriormente il potere di acquisto delle famiglie». Secondo le associazioni «ai soliti comportamenti speculativi in tema di prezzi e tariffe, si aggiungono infatti tensioni importanti sui costi dei prodotti energetici e delle materie prime. Tutti fattori, questi, che incideranno sulla determinazione dei prezzi sia relativamente ai beni durevoli che ai beni di largo consumo, a partire da quelli alimentari».
Per questo sono «sempre più necessarie politiche economiche completamente diverse da quelle sin qui attuate, che dovrebbero puntare ad un rilancio dell’economia sia attraverso investimenti in settori innovativi, sia con processi di detassazione esclusivamente a favore delle famiglie a reddito fisso, lavoratori e pensionati. In mancanza di ciò si consoliderà sempre di più il circolo vizioso tra contrazione dei consumi, cassa integrazione e licenziamenti, e produzione industriale, non potendo sperare nella ripresa della nostra economia solo attraverso le esportazioni».
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Gennaio 8th, 2011 Riccardo Fucile
A NOVEMBRE I SENZA LAVORO FERMI ALL’8,7%… SENSIBILE AUMENTO INVECE PER I GIOVANI: TOCCATO IL TETTO STORICO
Resta stabile all’8,7% sui massimi dall’inizio delle serie storiche nel 2004 il tasso di
disoccupazione italiano a novembre.
Lo comunica l’Istat, sulla base di stime provvisorie, segnalando che fuori dagli arrotondamenti il tasso dei senza lavoro risulta in lieve calo dall’8,729% all’8,678%.
Ad aumentare è invece la disoccupazione giovanile: il tasso si è attestato al 28,9%, con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a ottobre e di 2,4 punti rispetto a novembre 2009.
Anche in questo caso si tratta di un livello record dall’inizio delle serie storiche a gennaio 2004.
Tornando al dato generale, in confronto a novembre 2009, il tasso di disoccupazione registra un aumento di 0,4 punti percentuali, fa sapere sempre l’Istat.
Più in particolare, il numero delle persone in cerca di occupazione risulta in diminuzione dello 0,4% (-9 mila unità ) rispetto a ottobre 2010 e in aumento del 5,3% rispetto a novembre 2009 (+110 mila unità ).
Inoltre la disoccupazione maschile risulta in diminuzione del 2,1% rispetto al mese precedente e in aumento del 5,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Il numero di donne disoccupate aumenta dell’1,5% rispetto a ottobre e del 5% rispetto a novembre 2009.
Il tasso di disoccupazione maschile è pari al 7,8%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto a ottobre e in aumento di 0,4 punti percentuali rispetto a novembre 2009.
Il tasso di disoccupazione femminile è pari al 10%, dunque a «doppia cifra», in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,3 punti percentuali su base annua.
Gli occupati a novembre risultano comunque in lieve crescita, per lo 0,2% (50 mila unità ) rispetto a ottobre e dello 0,1% (14 mila unità ) rispetto a novembre 2009.
La stima dell’Istat è stata effettuata in base a dati destagionalizzati e a stime provvisorie, sottolineando che l’aumento si deve alla componente femminile, per le regolarizzazioni di collaboratrici domestiche e assistenti familiari e il presumibile effetto del part-time.
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