Luglio 4th, 2015 Riccardo Fucile
LUI DISOCCUPATO E’ MORTO, LEI IN FIN DI VITA… DOV’ERANO LE STRUTTURE SOCIALI DI MARONI? IMPEGNATE A TROVARE UN POSTO ALLE SUE EX SEGRETARIE?
Le tapparelle al civico 40 di via Cavour a Nuvolento sono rimaste abbassate per tutta la sera,
sigillate per non fare entrare neppure la minima traccia di luce.
Al buio, con il solo chiarore delle abat jour alle 22, sono risuonati due colpi sordi di pistola che hanno infranto il silenzio della via.
Sul tavolo in cucina, la lettera dello sfratto esecutivo.
Sui comodini i biglietti d’addio scritti in bella grafia destinati ai parenti e agli amici. Una coppia, lei di 59 anni e lui di otto anni più giovane, ha scelto di farla finita insieme, come insieme avevano affrontato le strettoie sempre più anguste delle difficoltà economiche.
Lui, ex guardia giurata, da mesi viveva nel dramma dell’indigenza a causa della disoccupazione.
Lei lo sosteneva come poteva dopo aver accudito l’anziana suocera morta di recente che, con la sua pensione, aveva tamponato i problemi economici della coppia.
Senza quel supporto, la situazione è precipitata rapidamente fino allo sfratto per insolvenza. A quel punto è iniziato il conto alla rovescia verso il dramma familiare. L’uomo ha puntato la pistola contro di sè esplodendo un colpo che gli ha fermato il cuore all’istante.
Poi è toccato a lei impugnare l’arma puntandosela alla testa: ma il proiettile non l’ha uccisa.
La 59enne è ora in fin di vita al Civile di Brescia.
I primi soccorritori li hanno trovati uno vicino all’altra, teneramente distesi sul letto con la mano nella mano.
E così se li ricordano i vicini che ogni giorno li incrociavano per strada insieme al loro piccolo cane, rimasto a vegliare i padroni dopo la tragedia.
Proprio ieri mattina intorno alle 6, l’ex guardia giurata è stata vista da un vicino di casa con il cane al guinzaglio: ha percorso in maniera calma e placida la strada che divide la sua abitazione da un parco.
Seduto sulla panchina è rimasto diversi minuti a pensare, lo sguardo perso nel vuoto dell’angoscia, fino a quando il sole si è alzato alto e la disperazione per i debiti è diventata insopportabile.
Forse a quel punto, con la consapevolezza di non avere alternativa ha parlato con la compagna della sua vita ed hanno pianificato l’addio.
Tornato a casa ha pulito accuratamente la pistola, regolarmente detenuta, caricandola con il colpo in canna.
«Sapevo che aveva quella pistola», si è disperata la sorella rimasta sull’uscio di casa quasi ad aspettare il ritorno della coppia. «Sapevo che aveva quell’arma e forse avrei dovuto avvertire qualcuno».
«Le prime persone che ho conosciuto quando sono arrivato a dicembre sono stati loro», ha raccontato il vicino che vive nell’appartamento al piano superiore rispetto a quello teatro della tragedia.
«Sapevo che lui non lavorava da tempo ma pareva comunque sereno, molto legato alla moglie, avevano chiesto aiuto alla Caritas ma in un momento difficile come stiamo vivendo tutti non mi sembrava una cosa preoccupante».
Ai carabinieri il compito di ricostruire il dramma.
Giuseppe Spatola
(da “Brescia Oggi”)
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Luglio 4th, 2015 Riccardo Fucile
INTERCETTAZIONI: A POLANCO, DE VIVO & C NON BASTANO DENARO E REGALI E ORGANIZZANO UNA PROTESTA DI GRUPPO
Silvio lo sapeva,di essere nelle mani delle ragazze che hanno partecipato alle “cene eleganti”.
Chiedevano soldi, auto, case, regali, facendo capire che altrimenti erano pronte ad andare a denunciare tutto.
“Vado dalla Boccassini” era diventata una minaccia ricorrente,traleospitidellecenedi Arcore.
Per mesi c’è stata la “paghetta” mensile, accreditata in banca. Poi, in previsione dell’inchiesta Ruby Ter sulla corruzione di testimoni, è arrivata a tutte la lettera di “dimissioni” da bancomat e la liquidazione.
Tutto finito? No.
L’appetito continua, le ragazze vogliono essere a posto per la vita.
Riprendono le telefonate all’ingegner Spinelli. E le richieste a “Papi”.
A un certo punto si organizzano su una chat di WhatsApp e discutono di inscenare una protesta collettiva: tutte insieme ad Arcore a batter cassa.
L’imperativo per tutte: chiamare Spinelli, fin dalle 6, perchè “il mattino ha l’oro in bocca”.
Marysthell Polanco scrive chiaramente a Niccolò Ghedini, l’avvocato di Silvio: “Dirò tutto come sta,ho le prove, non si può essere così bastardi ci tiene alla politica? Ok oggi sono nella merda ma andremo tutti nella merda”.
Barbara Guerra annuncia di andare a buttare giù il cancello di Arcore per prendersi un’auto richiesta a Spinelli: “Domani butto giù il cancello di Arcore comunque, vado a rubargli una macchina al vecchio”, dice all’amica Ioana Visan.
Poi si lamenta: “Ho appena richiamato Arcore e mi sono incazzata che io sono la p…sono a 35 anni zitella perchè la p… del presidente non la vuole più nessuno… mi sono incazzata come una bestia”.
A febbraio 2014 ribadisce a Spinelli il concetto: “Io andrò con il mio legale in questura se non mi risolve i problemi che lui mi ha arrecato! Non ho ricevuto nulla. Ho urgenza per la vettura ragioniere. Grazie”.
Altre otto ragazze, in una chat estratta dal cellulare di Lisney Barizonte, organizzano la protesta.
“L’estrazione effettuata dal cellulare della Barizonte — è scritto negli atti — conta 323 messaggi che hanno come scopo lo stabilire una strategia comune per ottenere vantaggi dalle vicende giudiziarie che coinvolgono le partecipanti e organizzarsi per andare ad Arcore e presentare queste istanze”.
È il 12 settembre 2014.
L’appuntamento è per “lunedi 22 settembre a Milano 2 alle 15 in via Olgettina 65,dove è cominciato tutto. Vestite comodo perchè faremo anche la notte se sarà necessario”.
Ognuna offre la disponibilità in base ai propri impegni: “Domani sono carica”, “Anch’io”. “Bomba, getto una bomba”.
Alle 2 meno un quarto si danno la buona notte e alle 8 e un quarto di mattina già il primo messaggio: “Buongiorno ragazze siete cariche. Oggi ci faremo sentire”.
Una scrive: “Ragazze facciamo qualcosa di intelligente — cominciamo a chiamarlo a manetta che stiamo arrivando — anche se non è vero ma per fagli capire che siamo unite — ognuna chiama e dice il suo nome che sta arrivando”.
Una dice: “Io già ho chiamato stamattina alle 8”. Un’altra è più mattiniera: “Io è dalle 6 che chiamo”.
È Eleonora De Vivo che commenta:“La mattinaha l’oro in bocca”. “A Spinelli ho già fatto dieci chiamate… più messaggi… vi giuro alle 6.30 il primo messaggio”.
Poi parlano di un compleanno, probabilmente quello di Berlusconi, il 29 settembre: “Andiamo noi a fargli la festa”.
Manuela Ferrera ha le idee chiare: “Ok cucciole, ve lo dico. Non aspetto un giorno di più — Ho già detto alla segretaria che mi presenterò e lo aspetterò tornare dai suoi festeggiamenti. Tanto una vita non ce l’ho più o marcire a casa o davanti ad Arcore Non cambia nulla- lo ho avvisato che non ho i soldi e indi per cui dovranno pagarmelo loro il taxi — Anche a piedi ci vado non mi interessa- bastaaaaaaa- Vi giuro sono fuori dalla grazia di Dio — Tra un mese ho lo sfratto”.
Gianni Barbacetto e Valeria Pacelli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 4th, 2015 Riccardo Fucile
QUEL BONIFICO IN GERMANIA DA 25.000 EURO CHE INGUAIO’ RISSO
Un bonifico da 25mila euro è la traccia che inguaia Luca Risso, l’ex compagno di Karima El
Mahroug, indagato dalla procura di Milano per riciclaggio.
È una lunga scia di denaro quella seguita dal procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno e dai sostituti Tiziana Siciliano e Luca Gaglio, che martedì scorso hanno inviato l’avviso di conclusione delle indagini a 34 persone, tutte indagate nell’inchiesta Ruby ter.
Tra questi lo stesso Risso, accusato di aver riciclato all’estero le somme di denaro elargite da Silvio Berlusconi a Ruby.
Soldi che secondo i pm sarebbero circolati anche dai conti correnti dei genitori di Risso, e che poi sarebbero finiti all’estero.
È per questo che agli atti dell’inchiesta ci sono anche le rogatorie internazionali in Messico, Svizzera e Germania.
È il 17 febbraio del 2015, quando gli investigatori perquisiscono l’abitazione di Mario Risso e Rosa Magioncalda, i genitori dell’imprenditore genovese, che accudivano Sofia, la figlia di Ruby.
Tra i documenti sequestrati anche le matrici di un bonifico bancario: risale al 17 febbraio del 2013 e ammonta a 25mila euro, soldi che dal conto corrente della Magioncalda vengono inviati alla Standard Chartered Bank Frankfurt Germany.
Il beneficiario è il “banco Monex s.a.”.
È la ricevuta del bonifico che però insospettisce gli investigatori: la causale indicata infatti è “Luca Risso 2420313”.
“Una circostanza che fa presupporre che l’effettivo beneficiario, quanto meno finale, di detto bonifico sia proprio l’indagato Risso”, scrivono i pm nella rogatoria internazionale con cui chiedono la collaborazione delle autorità tedesche.
“È di estremo interesse, per l’efficace proseguimento della presente indagine, acquisire ogni documento e notizia utile in ordine al conto corrente bancario, al fine di verificare quanti bonifici — e di quale entità — siano stati in passato eseguiti in passato”.
È la chiave che allarga il quadro delle indagini: agli atti dell’inchiesta anche la corposa documentazione sulla rogatoria in Messico che però è coperta di omissis.
“Lei per non far testimoniare Ruby a dicembre, ci chiese di andare via e tornare dopo il 10 gennaio”, scrive Risso nella lettera indirizzata all’ex premier.
Si riferisce al suo trasferimento in Messico insieme a Ruby, che per i pm sarebbe stato finanziato da Berlusconi con 320 mila euro in contanti, per evitare che la ragazza di origini marocchine testimoniasse nel processo che lo vedeva imputato per concussione e prostituzione minorile. Ma non solo.
Perchè scandagliando i conti della famiglia Risso, i pm hanno rintracciato altri bonifici citati ampiamente nell’indagine.
”Il 10 giugno 2013 risultano accreditati sul suo conto, provenienti da un disinvestimento, circa 57.000 euro: ci può indicare la provenienza?” chiedono i pm a Mario Risso.
“Sono risparmi di mio figlio Luca accumulati nel corso degli anni quando gestiva locali a Genova. Questo denaro l’ho consegnato a mio figlio Luca tramite l’emissione di assegni circolari. Ho fatto anche un bonifico a mio figlio Luca in Messico”.
Mario Risso è anche l’autore di un esposto indirizzato alla procura di Genova, ma mai spedito, in cui si racconta di come Ruby avesse ricevuto 80mila euro in contanti da un “soggetto che riconosco come il factotum del noto signore milanese”.
“Mio marito non l’avrebbe mai depositato, ne sono certa, non mi ha mai parlato di un factotum da lui riconosciuto; tuttavia ritengo che volesse fare pressione Ruby, spaventarla, e dunque abbia scritto del noto signore milanese per spaventarla di più; è ovvio che il riferimento è a Silvio Berlusconi o qualcuno degli altri soggetti coinvolti nei precedenti processi. I soldi la rendevano prepotente, arrogante”.
Durante quello stesso interrogatorio i pm leggono alla madre di Luca Risso un’intercettazione del 3 febbraio 2015: si sente la sua voce mentre dice: “Io penso che se potessero eliminarla lo farebbero anche loro, non ne possono di più, non ne possono di più, se la sono creata loro questa situazione”.
“A cosa si riferiva?” chiede il pm. “Mi riferivo al fatto — risponde la madre di Luca Risso — che le persone coinvolte nei processi di Ruby le danno dei soldi — ma si tratta di un mio pensiero, non di cose che so con certezza — e non possono smettere di dargliene perchè lei potrebbe danneggiarli“
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano“)
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