Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
SEGRETARIO PCI DAL 1982 AL 1989, SIMPATIE GRILLINE NEL 2012, HA VOTATO PER RENZI ANCORA NEL 2014
Ex comunista, anzi ex segretario del Pci a Livorno, per 7 anni, dal 1982 al 1989.
Praticamente uno degli ultimi segretari cittadini prima della Bolognina.
Ora Sergio Landi, 65 anni, ha accettato l’incarico di responsabile Sindacati e associazioni di categoria della Lega Nord nella città che dette i natali al comunismo italiano nel 1921.
Il Carroccio ha rinnovato l’assetto organizzativo in Toscana e anche a Livorno: è il terzo partito in città con il 13,7% dietro a Pd e Movimento Cinque Stelle.
E in questo rinnovamento sono entrati ex berlusconiani “storici” della città , ma anche lui, l’ex comunista.
Dopo la svolta di Occhetto, Landi è stato iscritto al Pds, ha sostenuto l’Ulivo e aderito all’associazione riformista Libertà Eguale (il cui presidente nazionale è il viceministro dell’Economia Enrico Morando).
Ha poi aderito al Partito democratico, ma nel 2012 ha partecipato anche ad alcune riunioni del M5s.
Nel 2014, infine, il sostegno al Pd renziano, finito con l’addio e l’approdo verso l’altro Matteo, Salvini.
Landi ora si dice deluso da Renzi soprattutto per “l’incapacità di affrontare il problema dell’illegalità collegata al tema dell’immigrazione clandestina ma ancora alle elezioni comunali e europee del 2014 dice che “ho votato Pd pur non avendo rinnovato la tessera”.
Dopo pochi mesi la conversione a tesi obiettivamente opposte.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
“LORO HANNO RITROVATO DIGNITA’ E I REGGINI SI SONO RIAPPROPRIATI DI PALASPORT E IMPIANTI SPORTIVI”
A Bari hanno risposto all’invito del sindaco dichiarando di essere pronti a rimboccarsi le maniche, a Reggio Calabria si sono attivati di loro iniziativa: attrezzati di scope e sacchetti della spazzatura, nei giorni scorsi i migranti arrivati in riva allo Stretto di Messina si sono dedicati alla pulizia di strade e parchi.
“E’ stato il modo che hanno scelto per dimostrare gratitudine alla città “, dice Giuseppe Falcomatà , 32 anni, alla guida dell’amministrazione comunale reggina dall’ottobre scorso.
Sindaco, da cosa è nata l’iniziativa dei migranti?
“È stato un gesto spontaneo in un momento significativo. A Reggio Calabria, infatti, siamo riusciti finalmente a predisporre un luogo dignitoso per l’accoglienza: con la collaborazione del ministero e grazie alla sinergia con la prefettura e con tutte le forze impegnate nella gestione degli sbarchi abbiamo ristrutturato una vecchia scuola abbandonata nel rione Archi, alla periferia della città . E questa è una svolta per loro, ma anche per i reggini”
In che senso?
“Reggio vive una situazione di emergenza, anche se ormai non è nemmeno corretto definirla tale, dato che gli sbarchi avvengono di continuo. Qui c’è un centro di primissima accoglienza: questo significa che gli immigrati dovrebbero solo subire il trattamento sanitario per poi essere trasferiti altrove. In realtà molti vengono lasciati in città . In assenza di strutture, erano stati dirottati nel Palasport, nelle palestre, negli impianti sportivi. E questo stava creando tensione”
C’era il rischio che la situazione degenerasse?
“Questo luogo, come tutto il Sud, ha uno spirito di accoglienza innato, perchè non dimentica le migrazioni dei nostri avi. È chiaro però che alcune situazioni alimentano disagio. E poi ci si mette il populismo di chi aizza gli animi, affermando che le risorse destinate ai servizi per i cittadini vengono dirottate per accogliere gli immigrati: nelle zone in cui c’è carenza di strutture pubbliche, la gente è molto sensibile su questi temi”
Sempre in Calabria, a Corigliano, il sindaco ieri si è rifiutato di garantire i servizi di accoglienza in occasione di uno sbarco perchè lamentava carenza di fondi comunali, anche in seguito al nubifragio che ha devastato la sua città . Si tratta solo di scegliere tra emergenze
“A Reggio Calabria operiamo in regime controllato a causa di ciò che abbiamo ereditato nei conti comunali. Anche riuscire ad allestire il nuovo centro d’accoglienza non è stato facile. Noi cerchiamo di essere esempio positivo ma serve un coordinamento più ampio: quando sono stato ascoltato al Senato in commissione Affari costituzionali ho fatto presente proprio le difficoltà dei sindaci di frontiera. L’accoglienza e la contaminazione delle culture sono una ricchezza, ma il peso di un’operazione europea non può ricadere sui Comuni”
Andrea Gualtieri
(da “La Repubblica”)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DEGLI INTERNI SUL SUNDAY TIMES: “NO A CHI CERCA LAVORO SENZA AVERLO GIA’, TROPPI COSTI”
Il sistema di immigrazione interno all’Unione europea è fuori controllo, secondo Theresa
May.
Il ministro britannico dell’Interno chiede una riforma della libera circolazione comunitaria, in modo da autorizzare la permanenza in Gran Bretagna soltanto a chi possiede un lavoro e chiudendo invece le porte ai disoccupati che provengono da altri paesi Ue, che sono in deciso aumento nel Regno.
Secondo dati diffusi nei giorni scorsi, il saldo migratorio nel Paese ha infatti raggiunto il “massimo storico” su dodici mesi (da marzo 2014 a marzo 2015), pari a 329mila persone.
In un editoriale sul Sunday Times, May definisce l’attuale livello dell’immigrazione “non sostenibile”, in quanto mette troppa “pressione sulle infrastrutture, come case e trasporti, e i servizi pubblici, come scuole ed ospedali”.
Il ministro, sottolinea che l’immigrazione dai paesi Ue è più che raddoppiata rispetto al 2010, ed “è per questo che la volontà del governo di rinegoziare la relazione della Gran Bretagna con l’Ue è così importante”.
La May sostiene che “ridurre l’immigrazione al netto dall’Ue non significa un mancato rispetto del principio di libera circolazione. Quando è stata inizialmente sancita, libera circolazione significava libertà di spostarsi per lavorare, non libertà di attraversare le frontiere per cercare un lavoro o usufruire delle politiche previdenziali”.
(da agenzie)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
“RAPPRESENTA L’ITALIANO TIPO CHE DURANTE LA LOTTA TRA FASCISMO E ANTIFASCISMO ASPETTAVA DI VEDERE CHI AVREBBE VINTO PER POI SCHIERARSI”
Palavobis di Milano, anno 2002: Paolo Flores d’Arcais aveva organizzato la prima grande manifestazione per la legalità .
Massimo Fini concluse il suo intervento con una citazione: “A brigante, brigante e mezzo”. Il ministro Castelli, probabilmente ignorando che il riferimento fosse a una frase pronunciata da Sandro Pertini, a momenti voleva farlo arrestare.
E dunque con Fini proviamo a capire cos’è stata l’opposizione al berlusconismo.
Proviamo a definire l’oggetto: cos’ha significato combattere il sistema Berlusconi?
Affermare il rispetto e il primato della legalità . Il suo opposto, il berlusconismo, è stato il riuscitissimo tentativo di affermare che la legge esiste solo per i poveri cristi. Infatti è stato creato un doppio diritto: uno per i poveracci, che obbedivano al “dura lex sed lex”, e quindi “in galera subito e buttiamo pure le chiavi”, come disse Daniela Santanchè; e poi un secondo diritto inesistente, riservato ai potenti che in sostanza erano legibus soluti.
L’antiberlusconismo che avrebbe paralizzato l’Italia quale sarebbe stato?
Ai tempi, quelli del Pd dicevano: “Non mi prenderai per un girotondino?”. Cioè: non farmi il torto di considerarmi uno che chiede il rispetto della legge anche per potenti. Tutto risale però agli anni Ottanta. Il tentativo di impedire a Berlusconi di possedere l’intero comparto radio-televisivo italiano fu fatto dalla magistratura. Poi intervenne Craxi e fu fatta la legge Mammì. Quando violi un principio, non sai mai dove vai a finire.
Perchè il presidente del Consiglio ha scelto di dire adesso questa cosa (“Il berlusconismo e per certi versi anche l’antiberlusconismo hanno messo il tasto pausa al dibattito italiano: perse occasioni clamorose”)?
Renzi rappresenta l’italiano tipo che durante la lotta tra fascismo e antifascismo aspettava di vedere chi avrebbe vinto per poi schierarsi. Nel periodo berlusconiano ha fatto il pesce in barile e ora gli fa comodo presentarsi come l’uomo nuovo, che non era stato toccato da quella contrapposizione nè in un senso nè nell’altro.
Il patto del Nazareno l’ha fatto lui.
Vero. Ma ha poco a che vedere con la questione morale: è un’intesa che poteva firmare con lui come con chiunque altro.
Bè, forse non proprio. Non è affatto neutro per un premier di sinistra stringere alleanze con Berlusconi.
Non è neutro nella misura in cui tratti con un “delinquente naturale” come lo ha definito il Tribunale di Milano. Però già allora Berlusconi era politicamente quasi morto.
Dicono: è una polemica vecchia e di nessuna attualità .
Sembra esserlo. In realtà non lo è se la traduciamo in battaglia per il rispetto delle legalità . La più grave responsabilità di Berlusconi — condivisa anche dalla sinistra — è stata aver tolto al popolo italiano quel poco di senso di legalità che gli era rimasto.
È vero che l’Italia è stata paralizzata?
È stato fatto molto, ma in peggio. È lungo l’elenco delle leggi che hanno cercato, riuscendoci in parte, di cancellare principi come l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Producendo effetti che durano ancora oggi, perchè l’importanza dello Stato di diritto è molto scesa nella percezione dei cittadini. Mafia capitale ne è un esempio, ma è solo uno dei tanti.
All’inizio dell’ultimo ventennio era così?
No. La parabola di Di Pietro secondo me è la cartina di tornasole di questo ragionamento. Da eroe osannato, insieme al pool e a Borrelli, è diventato nel giro di pochissimo tempo il peggior nemico di quasi tutti. In fondo il sistema d’illegalità diffusa non dispiace agli italiani. Certamente non è il loro primo pensiero. Spiace dirlo, ma le battaglie che alcuni di noi hanno fatto sono state perfettamente inutili.
Gherardo Colombo, in un’intervista a questo giornale, ha detto che gl’italiani sono più sudditi che cittadini.
Ricordo nel 2002 una manifestazione di Micromega a piazza San Giovanni. C’erano un milione di persone: portare in piazza così tanta gente su un tema così — non per il lavoro o la crisi economica — non è facile. Il guaio è che non è servito a nulla. L’italiano oggi è fatto in questo modo, ma non è sempre stato così. Sono abbastanza vecchio per ricordare che negli anni Cinquanta l’onestà era un valore, nel mondo contadino, negli ambienti borghesi come in quelli proletari. È una degenerazione etica e culturale cui hanno contributo moltissimi fattori: Berlusconi è uno di questi, ma non il solo. Basta pensare a cos’era la televisione di Bernabei e cos’è stata dopo, con il pluralismo e infine con l’avvento del commerciale. Un processo che ha fatto rincretinire la gente: sembra che il popolo non aspettasse altro. Sennò non si capisce il capovolgimento per cui Tangentopoli da simbolo di riscossa è diventata un modello negativo. La democrazia è un sistema di parole, il modo migliore per ingannare la gente. Preferisco l’Isis…
Silvia Truzzi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
“SMARRITA LA ROTTA”: IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PRONTO AD APPOGGIARE RENZI
«Profondo disagio di stare con Sel se si smarrisce la rotta del centrosinistra». Dario Stefano,
il presidente della giunta delle autorizzazioni, è al passo d’addio
Stefà no, sta per uscire da Sel?
«La mia casa è il centrosinistra ma ho timore che il partito non creda più nel progetto di coalizione, se pensa ad esempio di andare da sola un po’ ovunque alle amministrative prossime e di guardare, sempre per stare ad un esempio, a De Magistris come frontiera su cui misurare l’alternativa. Sono a disagio».
Non seguirà il partito di Vendola?
«La discussione non è chiusa, ma dal partito che mi ha candidato, a cui sono legato soprattutto per la esperienza di governo vissuta con Vendola, non sento la voglia di puntare a far rivivere la coalizione di centrosinistra. Renzi sta diventando un alibi per uno schema in cui la sinistra va per conto suo a prescindere, finendo col non essere una alternativa nemmeno alla destra populista e xenofoba che è il vero pericolo attuale in Europa».
Anche altri senatori vendoliani sono così a disagio?
«Diversi colleghi condividono la mia posizione, molti militanti mi chiedono “dove andiamo?”, e penso che anche i sindaci di Cagliari e Genova, potrebbero condividere questa mia politica”
Non crede nella scommessa della nuova sinistra con Fassina, Civati, magari Landini?
«Credo che per noi sia un errore chiudere con la pagina del centrosinistra, che ha rappresentato una indiscutibile pagina di cambiamento in Puglia come a Milano o Cagliari. Non voglio rinunciare all’idea che un centrosinistra doc possa tornare a governare il paese. Perchè diversamente disperdiamo una capacità di prospettiva. Una sinistra con Fassina, Civati, detta così, è un’operazione di ceto politico, non certo un progetto di popolo».
Però dà l’addio?
«Non esemplifichiamo troppo un punto che è tutto politico. Trovo comunque un errore quello di Vendola di assumere una posizione un po’ defilata. Tra tutti gli aspiranti leader del nuovo progetto di sinistra, Fassina, Civati o Landini, l’unico leader riconosciuto resta sempre Vendola».
Lei la riforma del Senato la voterà alla fine?
«Sulla riforma del Senato si parla ormai più per sostenere, a prescindere, le proprie tesi che nel merito delle cose. Quando gli stessi funzionari di Palazzo Madama definiscono il ddl Boschi una sorta di matassa informe, allora bisogna essere allarmati. È frustrante che la madre di tutte le riforme, quella costituzionale, non venga discussa in Parlamento ma altrove. Credo che il bicameralismo vada superato, ma senza storture istituzionali».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
DE SCALZI: “EVENTO CAMBIA SCENARIO ENERGETICO”
Se i rilievi saranno confermati, Eni potrebbe festeggiare la più grande scoperta di gas mai effettuata in Egitto e nel mar Mediterraneo, che potrebbe diventare una delle maggiori scoperte di gas a livello mondiale.
Il colosso italiano dell’energia ha individuato infatti un giacimento nell’offshore egiziano del Mar Mediterraneo, presso il prospetto esplorativo denominato Zohr.
Dalle informazioni geologiche e geofisiche disponibili, e dai dati acquisiti nel pozzo di scoperta, ci sarebbe un potenziale di risorse fino a 850 miliardi di metri cubi di gas in posto (5,5 miliardi di barili di olio equivalente) e un’estensione di circa 100 chilometri quadrati.
Un successo esplorativo che offrirà un contributo fondamentale nel soddisfare la domanda egiziana di gas naturale per decenni.
Il pozzo Zohr 1X, attraverso il quale è stata effettuata la scoperta, è situato a 1.450 metri di profondità d’acqua, nel blocco Shorouk, siglato nel gennaio 2014 con il Ministero del Petrolio egiziano e con la Egyptian Natural Gas Holding Company (Egas) a seguito di una gara internazionale competitiva.
L’Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, si è recato nelle scorse ore al Cairo per aggiornare il presidente egiziano, Abdel Fattah Al-Sisi, su questo successo, e per parlare della nuova scoperta con il Primo Ministro del paese, Ibrahim Mahlab, e con il Ministro del Petrolio e delle Risorse Minerarie, Sherif Ismail.
Descalzi ha commentato: “È un giorno davvero importante per la nostra società e le persone di Eni. Questo importante risultato è la conferma delle nostre competenze e delle nostre capacità di innovazione tecnologica con immediata applicazione operativa, e dimostra soprattutto lo spirito di forte collaborazione tra tutte le componenti aziendali che sono alla base di questi grandi successi. La strategia che ci ha portato a insistere nella ricerca nelle aree mature di paesi che conosciamo da decenni si è dimostrata vincente, a riprova che l’Egitto presenta ancora un grande potenziale. Questa scoperta storica sarà in grado di trasformare lo scenario energetico di un intero paese, che ci accoglie da oltre 60 anni. L’esplorazione si conferma al centro della nostra strategia di crescita: negli ultimi 7 anni abbiamo scoperto 10 miliardi di barili di risorse e 300 milioni negli ultimi sei mesi, confermando così la posizione di Eni al top dell’industria. Questa scoperta assume un valore ancora maggiore poichè fatta in Egitto, paese strategico per Eni, dove possono essere sfruttate importanti sinergie con le istallazioni esistenti permettendoci una rapida messa in produzione”.
Eni, che è presente in Egitto dal 1954 ed è stata precursore nell’esplorazione e sfruttamento delle risorse gas nel Paese fin dalla scoperta del Campo di Abu Maadi nel 1967, svolgerà ora le attività di delineazione del giacimento per assicurare lo sviluppo accelerato della scoperta che sfrutti al meglio le infrastrutture già esistenti, a mare e a terra.
Il pozzo Zohr 1X, che è stato perforato a 4.131 metri di profondità complessiva, ha incontrato circa 630 metri di colonna di idrocarburi in una sequenza carbonatica di età Miocenica con ottime proprietà della roccia serbatoio.
La struttura di Zohr presenta anche un potenziale a maggiore profondità , che sarà investigato in futuro attraverso un pozzo dedicato.
(da agenzie)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
L’ULTIMA SORTITA DEL SINDACO DI ALBETTONE, GIA’ INDAGATO PER ISTIGAZIONE ALL’ODIO RAZZIALE: “FACCIAMO PAGARE UNA IMPOSTA AI GAY: NON FARANNO FIGLI, POI CHI LE PAGHERA’ LE TASSE?”
“Vedrei bene una tassa sugli omosessuali. Non potendo procreare non faranno figli, e allora
mi chiedo: Chi porterà avanti la nazione?”.
L’eufemismo non è cosa per Joe Formaggio, il sindaco di Albettone (Vicenza) che si vanta di dormire con “il fucile sotto il cuscino”, e che dopo le ‘sparate’ contro Rom e immigrati ha messo nel mirino gli omosessuali.
Persone da tassare – ha detto così ai microfoni dell’emittente ‘Antennatre’ – dal momento che, non potendo avere figli, non partecipano con la progenie al pagamento dei tributi all’Erario.
“Visto che una coppia gay – ha detto Formaggio – non avrà mai dei figli, e che la nazione ha bisogno di nuovi bambini italiani, più coppie gay ci saranno e meno figli si avranno. In pratica la coppia gay si esaurisce con i due componenti, non ci saranno figli che continueranno a pagare le tasse “.
Joe Formaggio, che ha mancato l’elezione alle ultime regionali in Veneto – dove si era candidato con Fratelli d’Italia – non è del resto nuovo a dichiarazioni e iniziative plateali.
Che lo hanno portato spesso sulle pagine dei quotidiani azionali. Ma gli hanno anche attirato l’attenzione delle Procure.
Come quando nell’aprile scorso finì indagato a Vicenza per istigazione all’odio razziale (legge Mancino) dopo aver fatto affiggere nel paese cartelli di “divieto ai nomadi”.
Tolti subito dopo da Prefettura e Procura di Vicenza. Non volevano essere semplici divieti di sosta.
Ora la sparata sulle tasse ai gay: il partito gruviera che lo ha candidato sarà pure pieno di buchi dove si insinuano in tanti, ma forse ci sarebbe anche un limite al cattivo gusto e alla stupidità .
O no?
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
RESA DEI CONTI NEL PD E DA SEL ARRIVERANNO RINFORZI
L’8 settembre, il giorno in cui si riunirà la commissione Affari costituzionali del Senato, sarà ricordato per un nuovo armistizio dopo quello di Cassibile?
Al momento non sembrerebbe, visto il clima tra minoranza Pd e renziani.
La riforma del Senato, attacca il renziano Andrea Marcucci, «è un obiettivo storico del centrosinistra, azzerarla ad un passo dell’approvazione sarebbe un capolavoro da Tafazzi».
Vannino Chiti, uno dei capi del dissenso interno a palazzo Madama, parla del Pd come di «un modello decisionale autoritario, fatto di cieca obbedienza ai capi» a paragone del quale sarebbe da «rimpiangere il centralismo democratico » del vecchio Pci.
Poi, contro Graziano Delrio, che alla festa dell’Unità aveva agitato lo spettro della crisi di governo, Chiti risponde a muso duro: «Nessun ricatto ci farà cambiare le convinzioni sulle riforme costituzionali ».
Il tema più divisivo è quello dell’elezione o meno dei futuri senatori.
La chiave di volta del progetto del governo è un Senato a costo zero, formato da consiglieri regionali e sindaci stipendiati dai propri enti. Un modello che la minoranza Pd rifiuta, forte dei suoi 25 dissidenti.
Al momento dunque non sembrano esserci spazi di mediazione ed effettivamente, ascoltando a taccuini chiusi i protagonisti, nessun tentativo di accordo è in corso.
Una telefonata intercorsa ieri tra il capogruppo Pd Zanda e il leghista Calderoli ha certificato lo stato dell’arte dei rapporti, vicini allo zero.
E Renzi cosa pensa di fare? Se lo chiedono tutti, ma al momento la parola d’ordine del premier è sempre la stessa: «Andiamo avanti con chi ci sta, la riforma sul quel punto non cambia. E i numeri arriveranno».
Una dichiarazione che potrebbe nascondere un artificio retorico in vista della trattativa oppure davvero la tentazione di procedere sfidando la sorte e fidando sul pallottoliere aggiornato da Luca Lotti per tutta l’estate.
Il fatto è che il capo del governo può contare su una soglia più bassa di voti della fatidica (e per ora irragiungibile) quota 161, non trattandosi della terza lettura. Basterebbero alcune assenze e qualche voto raggranellato qua e là per far passare in aula la riforma.
Ed è proprio questa, al momento, la strategia perseguita.
Contando anche su qualche rinforzo che potrebbe arrivare dal gruppo Sel, dove è già in uscita Dario Stefano.
La stessa minoranza Pd è consapevole che la sua forza potrebbe assottigliarsi, specie se il governo continuerà a legare la riforma costituzionale al proseguimento della legislatura.
Ma, è questa la novità , dal gruppo dei bersaniani iniziano ad arrivare primi segnali distensivi.
«Gli elementi condivisi — osserva ad esempio Miguel Gotor — sono molti di più di quelli divisivi. E visto che l’articolo 2, quello sull’elettività dei senatori, andrà comunque votato in aula, non conviene trovare un accordo politico dentro il Pd per emendarlo?».
La risposta ufficiale di Renzi finora è stata negativa. Eppure potrebbe trattarsi di una mossa tattica, del resto il personaggio è capace di scarti repentini.
Proprio Delrio, che alla Festa dell’Unità si era incaricato di svolgere il ruolo del poliziotto cattivo, ieri confidava: «Quello che per noi è inaccettabile è finire sotto tutela, ma non è che ci faccia piacere la crisi di governo. Io sono convinto che alla fine la ragionevolezza di tutti prevarrà , perchè c’è una sproporzione evidente tra il merito delle questioni e le conseguenze che potrebbero derivarne ».
Ovvero una crisi di governo al buio, in un momento in cui l’Italia è impegnata in una difficile trattativa per strappare a Bruxelles un po’ di flessibilità in vista della legge di Stabilità .
E se si dovesse andare a elezioni anticipate si interromperebbe il cammino di tutte le riforme, con un danno d’immagine evidente anche per Renzi.
Per questo, prima dell’8 settembre si tratterà e ancora si tratterà prima dell’arrivo della riforma in aula, a costo di slittare a fine settembre- primi di ottobre.
Nemmeno la questione dell’emendabilità dell’articolo 2 è infatti ancora risolta.
La patata bollente è nelle mani del presidente Grasso, che tuttavia appare ancora incerto sul da farsi.
Le voci di palazzo Madama dicono che la tentazione sia quella di rimettere la questione alla giunta del regolamento.
Ma il Pd è pronto a opporsi. La ragione è semplice.
In quella giunta, tolto il presidente Grasso (che non vota) su 13 componenti 7 sono dell’opposzione. E chiaramente si unirebbero per sancire la riapertura dell’articolo 2, il vaso di Pandora dell’elettività del Senato.
Per Renzi se si torna a un Senato elettivo, giocoforza si dovrebbe tornare a un Senato che vota la fiducia. Stravolgendo completamente il modello.
«E invece no – obietta Gotor – perchè anche in Spagna la Camera alta è elettiva ma non vota la fiducia. Renzi deve decidere se impuntarsi o meno».
Per l’armistizio c’è ancora tempo.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
I VERBALI DELL’ERITREO CHE COLLABORA CON I PM: “GHERMAY E’ IN LIBIA, I SOLDI IN GERMANIA”
È una verità scomoda, una verità che adesso fa paura quella che va emergendo in una stanza
blindata, dentro un carcere da qualche parte in Sicilia.
Un uomo parla e rivela che il cuore pulsante dell’ultimo esodo senza precedenti attraverso il mare non è nelle spiagge della Libia, e neanche dentro i barconi dove i disperati vengono caricati a frotte.
Il cuore pulsantedell’organizzazione più agguerrita dei trafficanti di uomini è in un tesoro. Che non sta in Africa, ma in Germania.
Lì — dice l’uomo che parla nella stanza più protetta del carcere- è nascosto il tesoro costruito sulla pelle dei migranti, quelli che pagano 1.500 anche 2.000 dollari per salire su un barcone.
Questo sta ripetendo ai pubblici ministeri di Palermo e ai poliziotti dello Sco un uomo che fino ad aprile era pure lui un trafficante di esseri umani, uno dei più esperti.
Dopo essere stato arrestato, è diventato il primo pentito della tratta.
Nuredin Wehabrebi Atta, nato ad Asmara, Eritrea, il 12 dicembre 1984. E questa è la sua verità : i soldi del signore dei trafficanti, Ermias Ghermay, sono nascosti nel cuore dell’Europa.
L’Europa che per tanto tempo ha fatto finta di non vedere l’esodo. L’Europa che ancora discute sul da farsi
Adesso, le parole di un uomo che racconta sottovoce di aver visto troppo orrore, troppo sangue, sono quasi un atto d’accusa contro l’Europa che non si è accorta, che non ha fermato i trafficanti.
Dice Atta: «Dovete cercarli in Germania tutti i soldi che Ermias guadagna». Aggiunge: «Lui resta in Libia per gestire gli affari, che a Tripoli vengono spartiti fra quattro gruppi. Lì non lo prenderete, perchè gode di protezioni nella polizia. Potete però cercare i suoi soldi, e dovete seguire la moglie, si chiama Mana Ibrahim ».
Il pentito la segnala «nella zona di Francoforte, dopo essere stata a Stoccolma».
E spiega il suo ruolo nell’organizzazione: «Raccoglie il denaro per conto del marito, attraverso il me- todo hawala ».
Ovvero, quel sistema di trasferimento di denaro fondato sulle legge islamica tradizionale che prevede una rete di mediatori a cui consegnare il denaro.
«Perchè soltanto il 5 per cento dei 1.500 dollari richiesto per il viaggio viene pagato in contanti dai migranti — chiarisce Atta — il resto arriva ad Ermias attraverso hawala , dentro una rete di fiducia che si sviluppa estero su estero».
Una rete attorno alla Germania, un’indicazione precisa che orienta le indagini e corregge le ipotesi fatte in questi mesi sui forzieri del superlatitante Ermias, ipotesi che parlavano di Svizzera e Israele.
Ma com’è costituita la rete finanziaria dei trafficanti?
Per il pool coordinato dal procuratore Franco Lo Voi e dall’aggiunto Maurizio Scalia è diventata la chiave dell’indagine, la chiave per tentare di fermare o indebolire, almeno questo, i trafficanti di uomini.
«Bisogna seguire i soldi, era il metodo del giudice Falcone», ha ribadito il pm Geri Ferrara nella sede dell’Aja di Eurojust, alla più grande riunione di coordinamento fra magistrati europei organizzata negli ultimi anni.
Cinquanta partecipanti provenienti da otto paesi. E dopo la plenaria, a luglio, si sono susseguiti incontri bilaterali fra i pm di Palermo e i colleghi di Norvegia, Svezia, Olanda, Gran Bretagna, Germania, Francia.
Le rivelazioni di Atta e le indagini del servizio centrale operativo della polizia diretto da Renato Cortese sono già diventate spunto per tante altre inchieste in giro per l’Europa. Per stringere il cerchio attorno ai trafficanti.
Non è affatto facile. Chi ha ascoltato Atta dice però che i suoi verbali sono diventati molto di più di un documento giudiziario.
Sono come i verbali dei primi pentiti di mafia, molto di più di un’elencazione di nomi e fatti. Sono la chiave per comprendere un fenomeno sconosciuto.
Ora, il cittadino straniero più protetto d’Italia fornisce agli inquirenti il nome di un amico di Ermias che collabora con la moglie.
Salvo Palazzolo
(da “La Repubblica”)
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