Agosto 31st, 2015 Riccardo Fucile
SCUOLA, LAVORO, ABOLIZIONE PROVINCE, SENATO, OCCUPAZIONE
Una volta era il diavolo a fare pentole senza coperchi, dunque inutili
Dobbiamo aggiornare anche i proverbi, ora.
Perchè questo è l’unico commento che mi viene rivedendo a posteriori tutte le riforme messe in atto e sbandierate da questo esecutivo che “accelera”, “non si fa bloccare”, “fa le riforme attese da anni”.
E chi critica viene battezzato dalla stampa embedded come “ribelli”, “tafazzisti”..
Eccole qua le riforme.
Quella della Buonascuola, partita dall’ingiunzione dell’Europa che ci chiedeva di stabilizzare tutti i precari nella scuola: non è possibile continuare a tenere insegnanti precari, di anno in anno, visto che la scuola ne ha bisogno.
La più grande operazione di assunzioni nella scuola (così la definita il sottosegretario Faraone) si è fermata così a quota 70-80 mila insegnanti, che dovranno ora scegliere tra lavoro e famiglia, visto che i posti sono al nord e molte delle domande arrivano dal sud.
Ma in questo piano sono rimasti fuori gli insegnanti delle suole materne, a carico dei comuni: non potendo richiamare i +36 (i precari con più di 36 mesi di insegnamento alle spalle, lo vieta l’Europa), circa 10000 posti negli asili sono vaganti. Che fare?
La riforma delle province doveva far risparmiare 10 miliardi l’anno, dicevano i giornali anni fa. Mi piacerebbe che qualcuno ora verificasse la cifra. Le provincie, dopo la grande riforma, sono rimaste come enti non elettivi e dove non c’è modo, per il cittadini, di punire o premiare, le amministrazioni.
Le strade sono piene di buche, le scuole sono a pezzi e non sono a norma (per le norme sulla sicurezza)? Basta non parlarne.
Come dei buchi di bilancio di questi enti. Così inutili, dicevano: le regioni potrebbero prenderne le funzioni
Dalle regioni pescheremo i futuri senatori della Repubblica, se va in porto la seconda riforma costituzionale (quella per cui se realizzata arriva poi la ripresa e il bengodi).
Che farà il Senato? Siamo sicuri che sarà una camera a costo zero (niente stipendi, nè diaria..)? Chi controlla che il Senato (e le sue immunità per questi altri non eletti) non diventi poi terra di rifugio per i consiglieri regionali con problemi giudiziari?
E, infine, la domanda più importante: chi controlla poi l’esecutivo che, dopo tutte queste riforme, ha nelle sue mani una grande concentrazione di potere?
Non sono domande da poco.
La riforma del lavoro. Nemmeno B. (che pure aveva messo in pausa il paese, dice il rottamatore) era riuscito a picconare così i sindacati, togliere tutte le tutele sul lavoro e prendere così in giro gli italiani.
Sono soddisfazioni.
Via l’articolo 18. Via, di fatto, l’aggettivo indeterminato da tutti i nuovi contratti. Via al demansionamento dei dipendenti. Via ai licenziamenti collettivi.
Imprenditori volete assumere? Ecco gli incentivi per tre anni. E nessun controllo se qualcuno fa il furbo (licenzia e poi riassume).
Funzionano tanto bene che, se continua così, potrebbe esserci un buco da 2 miliardi. Con questi incentivi si volevano creare 1 milione di posti lavoro (nuovi). Sui numeri veri, dei posti di lavoro creati da questo governo poi, è in corso una farsa
Numeri sparati sui giornali senza controllare, numeri usati per giustificare il taglio ai diritti.
L’occupazione non riparte così: mettendo assieme i dati si vede una situazione stabile. Nè migliora nè peggiora.
Peccato che già prima eravamo messi maluccio ..
Possiamo parlare anche della flessibilità che stiamo chiedendo all’Europa, per avere quei miliardi per poter togliere le tasse sulla prima casa e abbassare quelle sul lavoro (per le imprese).
L’Europa è tirata in ballo anche come alibi per una soluzione al dramma dei profughi che scappano e muoiono da guerre, carestie, fame, disastri.
Mentre Sagunto viene espugnata, questi qua sanno fare solo summit, incontri (come quello Merkel Hollande), tavoli.
Specie dopo aver visto che i profughi muoiono non nel silenzio delle acque del Mediterraneo. Ma dentro i tir, a pochi km dalle capitali europee.
Ma rimaniamo in Italia. Anche noi abbiamo le nostre piccole grandi tragedie che rimarranno senza risposta: l’Ilva di Taranto, le bonifiche nella terra dei fuochi, la bonifica di Roma dopo mafia capitale, l’Aquila e la sua ricostruzione, il dopo Expo (e le interdittive antimafia, e i conti sugli incassi).
Finchè si faranno pentole senza coperchi.
(da “unoenessuno.blogspot.it“)
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Agosto 31st, 2015 Riccardo Fucile
L’EX COMMISSARIO: “DEVE ESSERE FINANZIATO DA TAGLI ALLE SPESE, NON SFORANDO SUL DEFICIT”
Ora è ufficiale: per compensare il mancato gettito di Tasi e Imu sulla prima casa, che ha promesso di eliminare, Matteo Renzi intende aumentare il disavanzo dei conti pubblici.
E’ stato lo stesso premier ad annunciarlo: intervistato dal Corriere, il segretario del Pd afferma infatti che per tagliare le tasse “cercheremo di usare parte” della flessibilità sui conti pubblici concessa da Bruxelles.
Flessibilità che secondo Renzi vale l’1% del pil, pari a “circa 17 miliardi di euro”. Peccato che quegli spazi di manovra siano in gran parte ancora oggetto di negoziazione con la Commissione Ue.
Non solo: la decisione di sfruttare in modo così disinvolto la leva del deficit, come i governi erano soliti fare ai tempi della Prima Repubblica, lo mette in diretta rotta di collisione con il ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan, che pochi giorni fa dal palco del Meeting di Rimini ha avvertito che per essere credibile “il taglio delle tasse deve venire da un taglio di spesa“ e “serve un orizzonte medio lungo“.
No secco, dunque, al finanziamento in deficit di oltre metà delle spese che saranno previste dalla prossima legge di Stabilità , compresa appunto la copertura dei mancati introiti fiscali.
Un ammanco che peserà sui conti pubblici per circa 4,3 miliardi, sui 25-30 complessivi della manovra per il 2016 che il governo deve presentare entro metà ottobre.
Mentre dal taglio delle uscite dello Stato, stando al piano a cui sta lavorando il nuovo commissario alla spending review Yoram Gutgeld, dovrebbero arrivarne circa 10.
Peraltro la posizione di Padoan è supportata in pieno da Carlo Cottarelli, predecessore di Gutgeld e oggi direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale.
Che, in un’intervista a La Stampa, di fatto boccia la strategia individuata da Palazzo Chigi: ridurre le tasse aumentando il deficit, spiega Cottarelli, è inefficace.
Perchè “gli investitori non credono alla possibilità che quella riduzione fiscale sia permanente, soprattutto se il debito pubblico è elevato. Risultato: prima o poi la pressione fiscale risale”.
Al contrario, “perchè l’azione di riduzione delle tasse sia credibile la quota finanziata da tagli alla spesa deve essere prevalente”.
E “l’Italia, che ha sempre un debito molto alto, deve essere particolarmente attenta a quel che fa”.
Concetti che Cottarelli ha ripetuto in tutte le salse durante il periodo trascorso a Roma nelle vesti di commissario alla revisione della spesa, incarico che non a caso ha lasciato un anno fa dopo essere stato “accompagnato all’uscita” da Renzi.
Per di più va sottolineato che i margini di flessibilità su cui Roma ad oggi può effettivamente contare ammontano solo ai 6,4 miliardi già indicati nel Documento di economia e finanza come effetto della “clausola delle riforme“, che si applica ai Paesi che mettono in campo riforme strutturali come quella del mercato del lavoro.
Renzi ne dà per acquisiti 10 in più, che intende strappare invocando anche la “clausola degli investimenti” e rinviando di un altro anno, al 2018, il pareggio di bilancio.
Ma su tutti questi punti i negoziati per indurre l’esecutivo Ue a dare il suo placet sono tutt’altro che finiti. La partita si giocherà tutta nel prossimo mese e mezzo.
Sempre che, prima di tutto, gli inquilini di Palazzo Chigi e via XX Settembre riescano a mettersi d’accordo tra loro.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 31st, 2015 Riccardo Fucile
DA PESCARA FINO ALLA CALABRIA: VILLE, FERRARI E MOLTA DROGA
La ruota del carro, simbolo dei Sinti e dei Rom, l’hanno messa da tempo in soffitta. Stanziali,
lontani ormai dalle tradizioni più antiche, in grado di muovere milioni di euro attraverso le frontiere, pronti ad allearsi con i clan di ‘ndrangheta e camorra.
Il mondo dei Casamonica è quanto di più lontano possa esistere dai campi-ghetto romani, voluti e mantenuti da Mafia Capitale.
La loro fortuna la devono ad un altro Re di Roma, Enrico Nicoletti, che più di quarant’anni fa iniziò ad usarli per riscuotere i crediti più difficili.
Poi il passo lungo e silenzioso verso l’estorsione e la droga.
Casamonica è solo il nome più noto di una vasta costellazione di famiglie criminali.
Dall’Abruzzo alla Calabria, passando per il Lazio e il Molise, gli ormai ex Sinti formano una ragnatela di alleanze e legami parentali che sta aumentando di peso e influenza.
Se a Roma sono in grado di sedersi sui tavoli criminali che contano, in provincia di Cosenza già da tempo sono alleati con le famiglie della ‘ndrangheta.
Non hanno una struttura verticistica o una cupola, come raccontano le tante inchieste degli ultimi anni. Assomigliano ad una sorta di bazar, orizzontale, dove i rapporti sono tra pari e i contatti stretti spesso con matrimoni e origini comuni.
Fortemente territoriali, riescono a mantenere — nonostante arresti e processi— salde radici in quartieri che controllano millimetro per millimetro.
La terra di origine dei Casamonica è Pescara.
“Vengono deportati a Roma durante il fascismo — racconta il presidente del Tribunale per le misure di Prevenzione, Guglielmo Muntoni, nell’ultimo rapporto delle mafie dell’Osservatorio sulla legalità della Regione Lazio — e si tratta di un gruppo enorme composto da diverse famiglie: i Casamonica, i Di Silvio, i Di Gugliemo, Di Rocco, Spada e Spinelli. Si tratta di famiglie tutte strettamente connesse sulla base di rapporti fra capostipiti che si sono sposati con appartenenti alle varie famiglie. Almeno un migliaio di persone operanti illegalmente a Roma”.
Crescono nelle baraccopoli degli anni 60 e 70 e, poi, nelle prime case popolari dell’area tra la Tuscolana e la Romanina.
L’Abruzzo continua ancora oggi ad essere un territorio di rilievo nella mappa dei clan di origine Sinti.
Vittorio Casamonica — il boss che amava Frank Sinatra e il Padrino, i cui funerali hanno fatto esplodere il caso a metà agosto — era nato a Pescara sessantacinque anni fa. E nella città di D’Annunzio ancora oggi le famiglie Ciarelli e Spinelli — oltre ad una vasta galassia di nuclei familiari alleati e imparentati — controllano il quartiere Rancitelli, l’area popolare nata neglli anni 70 per ospitare i lavoratori della zona industriale della città .
I Ciarelli — famiglia egemone dell’area — pur essendo imparentati con i Casamonica sono arrivati sulla costa abruzzese una quarantina di anni fa da Campobasso.
Da allora sono cresciuti dal punto di vista criminale grazie al controllo dello spaccio di droga.
Per l’acquisto della cocaina, che rivendono anche nei locali della riviera adriatica, si rivolgono ai gruppi di camorra del napoletano.
La notorietà l’hanno raggiunta nel 2012, quando venne ucciso il capo degli ultras del Pescara Domenico Rigante. Fu arrestato dopo poco Massimo Ciarelli, poi condannato per quell’omicidio (trent’anni in primo grado, confermati in appello a gennaio).
La consistenza crriminale della famiglia imparentata con i Casamonica romani appariva però già dalle carte di un’inchiesta del 2007, che ha portato a 21 arresti,molti dei quali concentrati proprio nel quartiere Rancitelli.
L’operazione “Senza tregua” colpì un vero e proprio supermarket della droga, molto simile nella gestione all’analogo centro di spaccio scoperto nel 2012 nell’area della Romanina, nella capitale.
Anche in quel caso il tratto matriarcale del clan era evidente: le donne tenevano i conti e garantivano il confezionamento della droga.
Più a Sud di Abruzzo e Lazio sono due le zone di attività delle famiglie di origine Sinti. In Molise— soprattutto nella provincia di Campobasso — c’è la terra dei Ciarelli oggi presenti a Latina e Pescara.
Ma è a Cosenza, in Calabria, dove è possibile individuare un vero e proprio salto di qualità degli ormai ex Sinti.
La famiglia Abbruzzese — conosciuta come clan degli “zingari”e non legata ai Casamonica se non da una comune origine culturale — da tempo è alleata con il clan di ‘ndrangheta Bruni.
Uno degli esponenti, Francesco Abbruzzese, fu colpito da un’ordinanza di custodia cautelare nel 2010 perchè ritenuto tra i mandanti dell’omicidio di Primiano Chiarello, ucciso durante la guerra di ‘ndrangheta del periodo 1998-2001.
Andrea Palladino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 31st, 2015 Riccardo Fucile
LAUREATA IN SCIENZE POLITICHE, E’ UNA FASHION BLOGGER: “PER SALVINI NON VOTEREI MAI”
«Berlusconi non l’ho mai incontrato. Se sono qua è anche per merito dello zapping».
In che senso?
«Ero ospite ad Announo, da Giulia Innocenzi. È l’11 giugno scorso. Berlusconi e il responsabile tv di Forza Italia Andrea Ruggieri capitano su La7 proprio nel momento in cui sto parlando di campi rom. E da lì…».
E così inizia la favola di Thèrèse Salemi, laureata in scienze politiche e fashion blogger , originaria di Capo Verde ma orgogliosamente caniolese, nel senso di Caniolo, quattrocento anime in provincia di Alessandria. È uno dei volti nuovi di Forza Italia.
Torniamo allo zapping fortunato
«Berlusconi e Ruggieri ascoltano il mio intervento e chiamano Daniela Santanchè, che stava in diretta con me, chiedendole di bloccarmi a fine puntata. Lei mi chiede il numero di cellulare, io glielo do e inizio a realizzare il mio sogno».
Ha sempre sognato la politica?
«Sempre. Politica e moda, moda e politica».
Gusti un po’ eterogenei.
«La moda mi ha portato a diventare una fashion blogger . La politica vedremo».
Sempre stata berlusconiana?
«Sempre. Ma non ho mai incontrato il presidente».
Vorrebbe incontrarlo?
« C’è un tempo per tutto».
Salvini le piace?
«Vuole la verità ? Non tanto».
Non la convince la ricetta «ruspa sui campi rom»?
«Io sono per una linea dura dove c’è l’illegalità . Ma ruspa no, mai».
Non voterebbe mai per la Lega?
«Mai. Gli estremismi non mi appartengono. Nè mi piacciono».
L’Italia è un paese razzista?
«No. Nessuno mi ha mai giudicato per il colore della mia pelle».
Renzi le piace?
«Io do una possibilità a tutti, valuto tutti. Ho valutato Prodi, si figuri se non valutavo Renzi. Alla prova dei fatti, però secondo me ha fallito. È solo un bravo comunicatore che ha copiato molto da Berlusconi».
Per chi ha votato in passato?
«Sempre per Berlusconi».
Dove sogna di arrivare in politica?
«Guardi che lo so che è con risposte a queste domande, di solito, che la gente si rovina (sorride, ndr)».
Dice?
« È stato tutto troppo rapido. Per cui non saprei dirle dove voglio nè dove posso arrivare. Comunque sia, non mi faccio fregare. Sono una sognatrice, è vero. Ma grazie a dei genitori belli tosti ho i piedi piantati per terra. Apprezzo solo che Forza Italia mi dia una chance sulla base delle mie competenze e della mia passione. Cosa rara di questi tempi» .
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
SEGRETARIO PCI DAL 1982 AL 1989, SIMPATIE GRILLINE NEL 2012, HA VOTATO PER RENZI ANCORA NEL 2014
Ex comunista, anzi ex segretario del Pci a Livorno, per 7 anni, dal 1982 al 1989.
Praticamente uno degli ultimi segretari cittadini prima della Bolognina.
Ora Sergio Landi, 65 anni, ha accettato l’incarico di responsabile Sindacati e associazioni di categoria della Lega Nord nella città che dette i natali al comunismo italiano nel 1921.
Il Carroccio ha rinnovato l’assetto organizzativo in Toscana e anche a Livorno: è il terzo partito in città con il 13,7% dietro a Pd e Movimento Cinque Stelle.
E in questo rinnovamento sono entrati ex berlusconiani “storici” della città , ma anche lui, l’ex comunista.
Dopo la svolta di Occhetto, Landi è stato iscritto al Pds, ha sostenuto l’Ulivo e aderito all’associazione riformista Libertà Eguale (il cui presidente nazionale è il viceministro dell’Economia Enrico Morando).
Ha poi aderito al Partito democratico, ma nel 2012 ha partecipato anche ad alcune riunioni del M5s.
Nel 2014, infine, il sostegno al Pd renziano, finito con l’addio e l’approdo verso l’altro Matteo, Salvini.
Landi ora si dice deluso da Renzi soprattutto per “l’incapacità di affrontare il problema dell’illegalità collegata al tema dell’immigrazione clandestina ma ancora alle elezioni comunali e europee del 2014 dice che “ho votato Pd pur non avendo rinnovato la tessera”.
Dopo pochi mesi la conversione a tesi obiettivamente opposte.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
“LORO HANNO RITROVATO DIGNITA’ E I REGGINI SI SONO RIAPPROPRIATI DI PALASPORT E IMPIANTI SPORTIVI”
A Bari hanno risposto all’invito del sindaco dichiarando di essere pronti a rimboccarsi le maniche, a Reggio Calabria si sono attivati di loro iniziativa: attrezzati di scope e sacchetti della spazzatura, nei giorni scorsi i migranti arrivati in riva allo Stretto di Messina si sono dedicati alla pulizia di strade e parchi.
“E’ stato il modo che hanno scelto per dimostrare gratitudine alla città “, dice Giuseppe Falcomatà , 32 anni, alla guida dell’amministrazione comunale reggina dall’ottobre scorso.
Sindaco, da cosa è nata l’iniziativa dei migranti?
“È stato un gesto spontaneo in un momento significativo. A Reggio Calabria, infatti, siamo riusciti finalmente a predisporre un luogo dignitoso per l’accoglienza: con la collaborazione del ministero e grazie alla sinergia con la prefettura e con tutte le forze impegnate nella gestione degli sbarchi abbiamo ristrutturato una vecchia scuola abbandonata nel rione Archi, alla periferia della città . E questa è una svolta per loro, ma anche per i reggini”
In che senso?
“Reggio vive una situazione di emergenza, anche se ormai non è nemmeno corretto definirla tale, dato che gli sbarchi avvengono di continuo. Qui c’è un centro di primissima accoglienza: questo significa che gli immigrati dovrebbero solo subire il trattamento sanitario per poi essere trasferiti altrove. In realtà molti vengono lasciati in città . In assenza di strutture, erano stati dirottati nel Palasport, nelle palestre, negli impianti sportivi. E questo stava creando tensione”
C’era il rischio che la situazione degenerasse?
“Questo luogo, come tutto il Sud, ha uno spirito di accoglienza innato, perchè non dimentica le migrazioni dei nostri avi. È chiaro però che alcune situazioni alimentano disagio. E poi ci si mette il populismo di chi aizza gli animi, affermando che le risorse destinate ai servizi per i cittadini vengono dirottate per accogliere gli immigrati: nelle zone in cui c’è carenza di strutture pubbliche, la gente è molto sensibile su questi temi”
Sempre in Calabria, a Corigliano, il sindaco ieri si è rifiutato di garantire i servizi di accoglienza in occasione di uno sbarco perchè lamentava carenza di fondi comunali, anche in seguito al nubifragio che ha devastato la sua città . Si tratta solo di scegliere tra emergenze
“A Reggio Calabria operiamo in regime controllato a causa di ciò che abbiamo ereditato nei conti comunali. Anche riuscire ad allestire il nuovo centro d’accoglienza non è stato facile. Noi cerchiamo di essere esempio positivo ma serve un coordinamento più ampio: quando sono stato ascoltato al Senato in commissione Affari costituzionali ho fatto presente proprio le difficoltà dei sindaci di frontiera. L’accoglienza e la contaminazione delle culture sono una ricchezza, ma il peso di un’operazione europea non può ricadere sui Comuni”
Andrea Gualtieri
(da “La Repubblica”)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DEGLI INTERNI SUL SUNDAY TIMES: “NO A CHI CERCA LAVORO SENZA AVERLO GIA’, TROPPI COSTI”
Il sistema di immigrazione interno all’Unione europea è fuori controllo, secondo Theresa
May.
Il ministro britannico dell’Interno chiede una riforma della libera circolazione comunitaria, in modo da autorizzare la permanenza in Gran Bretagna soltanto a chi possiede un lavoro e chiudendo invece le porte ai disoccupati che provengono da altri paesi Ue, che sono in deciso aumento nel Regno.
Secondo dati diffusi nei giorni scorsi, il saldo migratorio nel Paese ha infatti raggiunto il “massimo storico” su dodici mesi (da marzo 2014 a marzo 2015), pari a 329mila persone.
In un editoriale sul Sunday Times, May definisce l’attuale livello dell’immigrazione “non sostenibile”, in quanto mette troppa “pressione sulle infrastrutture, come case e trasporti, e i servizi pubblici, come scuole ed ospedali”.
Il ministro, sottolinea che l’immigrazione dai paesi Ue è più che raddoppiata rispetto al 2010, ed “è per questo che la volontà del governo di rinegoziare la relazione della Gran Bretagna con l’Ue è così importante”.
La May sostiene che “ridurre l’immigrazione al netto dall’Ue non significa un mancato rispetto del principio di libera circolazione. Quando è stata inizialmente sancita, libera circolazione significava libertà di spostarsi per lavorare, non libertà di attraversare le frontiere per cercare un lavoro o usufruire delle politiche previdenziali”.
(da agenzie)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
“RAPPRESENTA L’ITALIANO TIPO CHE DURANTE LA LOTTA TRA FASCISMO E ANTIFASCISMO ASPETTAVA DI VEDERE CHI AVREBBE VINTO PER POI SCHIERARSI”
Palavobis di Milano, anno 2002: Paolo Flores d’Arcais aveva organizzato la prima grande manifestazione per la legalità .
Massimo Fini concluse il suo intervento con una citazione: “A brigante, brigante e mezzo”. Il ministro Castelli, probabilmente ignorando che il riferimento fosse a una frase pronunciata da Sandro Pertini, a momenti voleva farlo arrestare.
E dunque con Fini proviamo a capire cos’è stata l’opposizione al berlusconismo.
Proviamo a definire l’oggetto: cos’ha significato combattere il sistema Berlusconi?
Affermare il rispetto e il primato della legalità . Il suo opposto, il berlusconismo, è stato il riuscitissimo tentativo di affermare che la legge esiste solo per i poveri cristi. Infatti è stato creato un doppio diritto: uno per i poveracci, che obbedivano al “dura lex sed lex”, e quindi “in galera subito e buttiamo pure le chiavi”, come disse Daniela Santanchè; e poi un secondo diritto inesistente, riservato ai potenti che in sostanza erano legibus soluti.
L’antiberlusconismo che avrebbe paralizzato l’Italia quale sarebbe stato?
Ai tempi, quelli del Pd dicevano: “Non mi prenderai per un girotondino?”. Cioè: non farmi il torto di considerarmi uno che chiede il rispetto della legge anche per potenti. Tutto risale però agli anni Ottanta. Il tentativo di impedire a Berlusconi di possedere l’intero comparto radio-televisivo italiano fu fatto dalla magistratura. Poi intervenne Craxi e fu fatta la legge Mammì. Quando violi un principio, non sai mai dove vai a finire.
Perchè il presidente del Consiglio ha scelto di dire adesso questa cosa (“Il berlusconismo e per certi versi anche l’antiberlusconismo hanno messo il tasto pausa al dibattito italiano: perse occasioni clamorose”)?
Renzi rappresenta l’italiano tipo che durante la lotta tra fascismo e antifascismo aspettava di vedere chi avrebbe vinto per poi schierarsi. Nel periodo berlusconiano ha fatto il pesce in barile e ora gli fa comodo presentarsi come l’uomo nuovo, che non era stato toccato da quella contrapposizione nè in un senso nè nell’altro.
Il patto del Nazareno l’ha fatto lui.
Vero. Ma ha poco a che vedere con la questione morale: è un’intesa che poteva firmare con lui come con chiunque altro.
Bè, forse non proprio. Non è affatto neutro per un premier di sinistra stringere alleanze con Berlusconi.
Non è neutro nella misura in cui tratti con un “delinquente naturale” come lo ha definito il Tribunale di Milano. Però già allora Berlusconi era politicamente quasi morto.
Dicono: è una polemica vecchia e di nessuna attualità .
Sembra esserlo. In realtà non lo è se la traduciamo in battaglia per il rispetto delle legalità . La più grave responsabilità di Berlusconi — condivisa anche dalla sinistra — è stata aver tolto al popolo italiano quel poco di senso di legalità che gli era rimasto.
È vero che l’Italia è stata paralizzata?
È stato fatto molto, ma in peggio. È lungo l’elenco delle leggi che hanno cercato, riuscendoci in parte, di cancellare principi come l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Producendo effetti che durano ancora oggi, perchè l’importanza dello Stato di diritto è molto scesa nella percezione dei cittadini. Mafia capitale ne è un esempio, ma è solo uno dei tanti.
All’inizio dell’ultimo ventennio era così?
No. La parabola di Di Pietro secondo me è la cartina di tornasole di questo ragionamento. Da eroe osannato, insieme al pool e a Borrelli, è diventato nel giro di pochissimo tempo il peggior nemico di quasi tutti. In fondo il sistema d’illegalità diffusa non dispiace agli italiani. Certamente non è il loro primo pensiero. Spiace dirlo, ma le battaglie che alcuni di noi hanno fatto sono state perfettamente inutili.
Gherardo Colombo, in un’intervista a questo giornale, ha detto che gl’italiani sono più sudditi che cittadini.
Ricordo nel 2002 una manifestazione di Micromega a piazza San Giovanni. C’erano un milione di persone: portare in piazza così tanta gente su un tema così — non per il lavoro o la crisi economica — non è facile. Il guaio è che non è servito a nulla. L’italiano oggi è fatto in questo modo, ma non è sempre stato così. Sono abbastanza vecchio per ricordare che negli anni Cinquanta l’onestà era un valore, nel mondo contadino, negli ambienti borghesi come in quelli proletari. È una degenerazione etica e culturale cui hanno contributo moltissimi fattori: Berlusconi è uno di questi, ma non il solo. Basta pensare a cos’era la televisione di Bernabei e cos’è stata dopo, con il pluralismo e infine con l’avvento del commerciale. Un processo che ha fatto rincretinire la gente: sembra che il popolo non aspettasse altro. Sennò non si capisce il capovolgimento per cui Tangentopoli da simbolo di riscossa è diventata un modello negativo. La democrazia è un sistema di parole, il modo migliore per ingannare la gente. Preferisco l’Isis…
Silvia Truzzi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
“SMARRITA LA ROTTA”: IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PRONTO AD APPOGGIARE RENZI
«Profondo disagio di stare con Sel se si smarrisce la rotta del centrosinistra». Dario Stefano,
il presidente della giunta delle autorizzazioni, è al passo d’addio
Stefà no, sta per uscire da Sel?
«La mia casa è il centrosinistra ma ho timore che il partito non creda più nel progetto di coalizione, se pensa ad esempio di andare da sola un po’ ovunque alle amministrative prossime e di guardare, sempre per stare ad un esempio, a De Magistris come frontiera su cui misurare l’alternativa. Sono a disagio».
Non seguirà il partito di Vendola?
«La discussione non è chiusa, ma dal partito che mi ha candidato, a cui sono legato soprattutto per la esperienza di governo vissuta con Vendola, non sento la voglia di puntare a far rivivere la coalizione di centrosinistra. Renzi sta diventando un alibi per uno schema in cui la sinistra va per conto suo a prescindere, finendo col non essere una alternativa nemmeno alla destra populista e xenofoba che è il vero pericolo attuale in Europa».
Anche altri senatori vendoliani sono così a disagio?
«Diversi colleghi condividono la mia posizione, molti militanti mi chiedono “dove andiamo?”, e penso che anche i sindaci di Cagliari e Genova, potrebbero condividere questa mia politica”
Non crede nella scommessa della nuova sinistra con Fassina, Civati, magari Landini?
«Credo che per noi sia un errore chiudere con la pagina del centrosinistra, che ha rappresentato una indiscutibile pagina di cambiamento in Puglia come a Milano o Cagliari. Non voglio rinunciare all’idea che un centrosinistra doc possa tornare a governare il paese. Perchè diversamente disperdiamo una capacità di prospettiva. Una sinistra con Fassina, Civati, detta così, è un’operazione di ceto politico, non certo un progetto di popolo».
Però dà l’addio?
«Non esemplifichiamo troppo un punto che è tutto politico. Trovo comunque un errore quello di Vendola di assumere una posizione un po’ defilata. Tra tutti gli aspiranti leader del nuovo progetto di sinistra, Fassina, Civati o Landini, l’unico leader riconosciuto resta sempre Vendola».
Lei la riforma del Senato la voterà alla fine?
«Sulla riforma del Senato si parla ormai più per sostenere, a prescindere, le proprie tesi che nel merito delle cose. Quando gli stessi funzionari di Palazzo Madama definiscono il ddl Boschi una sorta di matassa informe, allora bisogna essere allarmati. È frustrante che la madre di tutte le riforme, quella costituzionale, non venga discussa in Parlamento ma altrove. Credo che il bicameralismo vada superato, ma senza storture istituzionali».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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