Aprile 6th, 2016 Riccardo Fucile
DE MAGISTRIS: “STIA SERENO, NON METTERA’ LE MANI SULLA CITTA'”
Scontri fra manifestanti e polizia, lanci di pietre e fumogeni finiti anche sui bus turistici, la
risposta con gli idranti.
Il bilancio di una giornata di guerriglia a Napoli, nel giorno della visita di Matteo Renzi, è di 15 agenti e due attivisti feriti.
Il premier scopre un Mezzogiorno infuocato, dopo le vibranti polemiche attorno al petrolio della Basilicata arriva una Napoli pronta a far sentire la sua voce contro il progetto Bagnoli, a cominciare dal primo cittadino, Luigi De Magistris, scottato per il rifiuto di Renzi a un incontro e contrario alle strategie governative per Napoli.
Matteo Renzi sfida la piazza e il sindaco, lanciando un masterplan per far rinascere Bagnoli in tre anni, noncurante di fronte alle proteste di comitati civici, centri sociali, studenti e disoccupati: “Possono insultare, minacciare, tirare sassi e lacrimogeni. Noi siamo più forti delle minacce e più decisi dei loro insulti”.
Avanti tutta, insomma, su quella che vuole essere “la più grande opera di recupero ambientale della storia italiana”, promette Renzi.
Il messaggio politico di Renzi è lo stesso dei giorni scorsi: il suo governo è il governo “del cambiamento” che vuole “sbloccare l’Italia”. La spinta non si è esaurita, l’obiettivo non cambia.
Per Bagnoli Renzi annuncia un piano da 272 milioni, senza aumentare la cementificazione, con obiettivo di chiudere la bonifica nel 2019.
vrebbe preferito, scherza, il 2018, quando ci sarà il “grande” appuntamento delle elezioni politiche. Ma intanto, sbloccare l’opera vuol dire portare avanti “la grande scommessa di far tornare i cittadini a credere nel cambiamento e nelle opere che sembravano impossibili”. Contro i “gufi” e chi “lancia sassi”.
“I cittadini ci chiedono di non cadere nella trappola della rissa”, dice. E torna a marcare, con immagine a lui cara, la differenza “tra chi ci prova e chi urla solo”.
La manifestazione di chi giudica il piano del Governo, con relativo commissariamento, un “esproprio della città “, parte in mattinata; al via ci sono anche due assessori comunali, Sandro Fucito e Carmine Piscopo.
Il corteo attraversa la città in modo pacifico fin quando, sul lungomare, una parte dei manifestanti prova a forzare il cordone delle forze dell’ordine.
In pochi istanti è il caos: lancio di pietre e di fumogeni, idranti in azione per disperdere i manifestanti. I gas avvolgono anche auto private e bus turistici in transito, senza conseguenze per gli occupanti. Due manifestanti e undici agenti invece restano feriti, uno dei poliziotti finisce in ospedale.
In seguito la situazione torna tranquilla, gli attivisti si ritrovano per un’assemblea pubblica e proseguono la loro lunga giornata fino alla conclusione dei lavori della cabina di regia.
Riunione disertata, come d’abitudine, dal sindaco Luigi de Magistris, che attacca: “E’ una torbida saldatura tra presunto interesse pubblico e ben individuato interesse privato. Questa è una grande battaglia democratica e Renzi la perderà , stia sereno. Non metterà le mani sulla città fino a quando ci sarà gente con mani pulite che difende la Costituzione”.
La replica del premier arriva in un forum del quotidiano Il Mattino: “Siamo al quinto anno di amministrazione cittadina: se avessero fatto quello che potevano e dovevano non avremmo avuto bisogno di commissariamento. Siamo qui perchè altri non hanno fatto”.
“La procedura – aggiunge Renzi al termine della riunione in prefettura – sarà trasparente, verificabile costantemente su tutti gli strumenti di comunicazione, la gara sarà europea. La parola chiave è trasparenza con tempi certi. Chiameremo i napoletani a una grande campagna di ascolto: non intendiamo decidere in autonomia”. Soprattutto, massima vigilanza – con l’aiuto dell’Anac – contro il rischio di infiltrazioni malavitose.
L’Italsider di Bagnoli spense le ciminiere nel 1990, e da allora si parla del futuro di questi terreni, potenziale Eden sospeso tra verde e mare ma finora confinato nel libro dei sogni.
Così invece sarà il futuro delineato dal premier: “Nessuna cementificazione. Bonifichiamo le terre e il mare: stiamo procedendo alla più grande opera di recupero ambientale della storia italiana. Vale più di dieci abbattimenti di ecomostri. Eliminiamo il più grande scandalo ambientale, bonificando 230 ettari e rimuovendo due milioni di metri cubi di rifiuti lasciati per anni in condizioni atroci”.
Andrà via in particolare la cosiddetta ‘colmata’, costruita lungo la costa durante le attività siderurgiche per agevolare le procedure di carico e scarico dei materiali, fatta in gran parte di scarti industriali.
I fondi: “162 milioni per i terreni, 48 per il litorale, 59 per il mare. Per un totale di 272 milioni”. Previsti un porto turistico con 700 posti barca, uno stadio della vela per regate, alberghi, un polo per l’eccellenza artigianale e del food, un campus universitario, piscine e una terrazza sul golfo per rilanciare un turismo non solo estivo.
Piano imponente ma i manifestanti non cambiano idea, e rilanciano la mobilitazione: “Da Napoli inizia la grande battaglia contro il governo Renzi e contro le sue politiche di macelleria sociale”, ripetono davanti a una sagoma che raffigura un Pd-Pinocchio. Il presidente del Consiglio risponde dicendosi “quasi affezionato” alle proteste: “Tutte le volte che vengo a Napoli ho delle contestazioni molto veementi. Esprimo solidarietà agli agenti feriti, tutti lievemente. Sono grato alle forze dell’ordine. E se qualcuno pensa che, visto il comitato d’accoglienza, io non torni a Napoli, credo che tornerò una volta al mese”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 6th, 2016 Riccardo Fucile
L’OPERAZIONE COSTEREBBE 3,8 MILIARDI E RIGUARDEREBBE 3,8 MILIONI DI PENSIONATI
Una volta si diceva: chi tocca le pensioni muore.
Il tema è sensibile, soprattutto per i governi, e calamita l’attenzione. Da qui la lentezza dei cambiamenti degli ultimi 20-30 anni, mentre la legge Fornero frantumando gli ostacoli si è visto come è andata a finire.
Ora la proposta del presidente del Consiglio come «una voce dal sen fuggita» riapre un cantiere e conferma il coraggio dell’azzardo
Rispondendo via Twitter e Facebook alle domande da Palazzo Chigi il messaggio è deflagrante: «Allo studio c’è allargare gli 80 euro a chi prende la pensione minima. Vedremo se saremo in grado di farlo», spiega.
E il balletto ricomincia. Arte dello spiazzamento o ballon d’essai per vedere l’effetto che fa?
Le pensioni minime, o meglio, integrate al minimo, sono 3,3 milioni (3.318.021 per l’esattezza).
Se a queste si aggiungono le pensioni a maggiorazione sociale si arriva a 3,8 milioni. Seguendo il dizionario dell’Inps ci sono minime parzialmente integrate, cristallizzate o totalmente integrate.
E appartengono a tre famiglie, che hanno generato filiazioni oggi sotto i riflettori: vecchiaia, invalidità e superstiti.
Le più numerose si trovano nell’alveo della vecchiaia (1.808.641), ad indicare sia la fatica di avere contributi sia il frutto di redditi non dichiarati.
Il secondo gruppo è quello delle pensioni ai superstiti, dette anche di reversibilità (1.017.427), entrate a giorni alterni nel mirino dei governi dell’austerità ma subito abbandonate per il rischio di creare bombe sociali che nessun governo vorrebbe veder deflagrare.
Resta infine un gruppo di 500 mila pensioni di invalidità (491.953 per l’esattezza). Nella media le minime oggi valgono 492,42 euro, un valore che è sotto l’importo di 501,89 euro fissato dall’Inps per il 2016 che fa scattare l’integrazione.
Andrebbero quindi integrate, in particolare le cristallizzate, ferme a 372,87 euro.
La metà delle minime è già oggi sopra il minimo Inps, per cui si tratterebbe di alzare le altre
Ma un astuto contabile potrebbe scovare il colpo da maestro: dare a tutte le minime 80 euro al mese, sospendendo l’integrazione.
C’è poi la scoperta che integrate e minime sociali rendono gli 80 euro esentasse, ma non si può darli al nero.
Morale finale, l’operazione fa tremare i polsi: costerebbe 3,8 miliardi, euro più, euro meno, che non sono impossibili, ma che con i tempi che corrono sono difficili da trovare e metterebbero a rischio il già fragile bilancio del Paese.
Walter Passerini
(da “La Stampa”)
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Aprile 6th, 2016 Riccardo Fucile
SETTE PUNTI DI VANTAGGIO A SEI GIORNATE DALLA FINE: DALL’OBIETTIVO SALVEZZA ALLO SCUDETTO… E LA CITTA’ INGLESE PRONTA A DEDICARGLI UNA STRADA
Il sindaco della città , Peter Soulsby, ha già deciso come omaggiare l’eventuale trionfo dei Foxes:
intitolando alcune vie della città ai protagonisti dell’incredibile cavalcata.
Dunque l’entusiasmo a Leicester per la favola della squadra di Ranieri ha contagiato anche il primo cittadino: “Leicester ha già onorato le sue stelle dello sport in passato come dimostra la Lineker Road – il riferimento di Soulsby alla strada che porta il nome dell’ex attaccante inglese – E visto che in questo caso sarebbe un’impresa di squadra, avremmo la Vardy Vale, la Schmeichel Street, la Drinkwater Drive e la Ranieri Road”.
Onore che a calciatori in vita è toccato agli argentini per il secondo posto al mondiale brasiliano.
A El Chanar, provincia argentina di Tucuman, che per il secondo posto nella finale mondiale brasiliana ha voluto via Leo Messi, via Angel Di Maria e una via anche per Javier Mascherano, ma non c’è stato spazio nella toponomastica cittadina per Higuain, dopo il rigore fallito contro la Germania.
Intanto mancano sei giornate al termine della Premier League e il Leicester ha 7 punti di vantaggio sul Tottenham e ben 11 sull’Arsenal.
In caso di vittoria il sindaco mette le mani avanti conscio che non sarà facile contenere la gioia dei suoi concittadini che nel 2014, per festeggiare la promozione delle ‘Foxes’ in Premier presero d’assalto la piazza del municipio in 10mila. “Questa volta la Town Hall Square non basterà “, conclude pregustandosi la festa Soulsby.
“IL NOSTRO SEGRETO NATO IN PIZZERIA”
Sette punti di vantaggio da difendere nelle ultime sei giornate di campionato, poi il Leicester potrà festeggiare una delle imprese più clamorose della storia del calcio.
A raccontare l’incredibile avventura della squadra è l’artefice numero 1 dell’esaltante stagione di Vardy e compagni, Claudio Ranieri.
L’allenatore romano, in un articolo scritto sul sito americano The Players Tribune, parte dagli inizi del suo lavoro. “Mi ricordo il primo incontro con il presidente quando sono arrivato al Leicester questa estate.
“Claudio, questo è un anno molto importante per il club. Per noi è fondamentale restare in Premier League. Dobbiamo salvarcì. La mia risposta fu: ‘Okay, sicuro. Lavoreremo duramente sul campo per raggiungere questo traguardo’. Quaranta punti. Quello era il nostro obiettivo. Era il totale di cui avevamo bisogno per restare in prima divisione, per regalare ai nostri tifosi un altro anno di Premier League. Non avrei mai sognato di aprire il giornale il 4 aprile e vedere il Leicester in testa alla classifica con 69 punti. L’anno scorso, a questo punto della stagione, la squadra era in coda alla classifica. Incredibile”.
Ranieri parla dei suoi giocatori, racconta che Kantè “correva così tanto che pensavo avesse delle pile nascoste nei pantaloncini. Non si fermava mai in allenamento. Dovevo dirgli di rallentare, gli ho detto ‘un giorno farai un cross e andrai tu stesso a colpire di testa in area’. Poi c’è Vardy che non è un calciatore, ma un fantastico cavallo. Ha bisogno di sentirsi libero in campo”.
Il segreto del Leicester nasce in pizzeria. “Abbiamo iniziato bene la stagione. Vincevamo ma subivamo anche troppi gol. Prima di ogni partita chiedevo sempre di non subire gol e non ci riuscivamo mai. Ho provato ogni tipo di motivazione. Così prima della gara contro il Crystal Palace, ho detto: ‘Ragazzi se non subite gol vi offro una pizza’. Vittoria per 1-0…Così li ho portati alla Peter Pizzeria di Leicester City Square. Ma avevo una sorpresa per loro: “Voi dovete sempre lavorare duramente per tutto. E lavorerete anche per la pizza. Ognuno farà la sua”.
Così siamo andati in cucina e ci siamo messi a lavorare con formaggio e pomodoro. Abbiamo preparato le nostre pizze. Erano molto buone, ne ho mangiate diverse fette. Adesso sono tante le gare senza subire gol. Dodici dopo quella pizza, non credo sia una coincidenza”.
Ranieri sa che il sogno è sempre più vicino. “Mancano sei partite e dobbiamo continuare a lottare con cuore e anima. Siamo un piccolo club che deve dimostrare al mondo cosa si può ottenere con spirito e determinazione: 26 giocatori, 26 cervelli, ma un unico cuore. I tifosi del Leicester che incontro per strada mi dicono che stanno sognando, gli rispondo di farlo per noi, noi non sogniamo, noi lavoriamo duramente”. Al di là dell’esito finale della Premier, Ranieri è già soddisfatto di una cosa: “non importa come andrà a finire, credo che la nostra storia sia importante per tutti i calciatori in giro per il mondo. Offre speranza ai giovani e a chi ha sentito dirsi di non essere abbastanza bravo. Potranno dirsi: ‘Come posso arrivare ai massimi livelli? Se Vardy può fare questo, se Kantè può fare questo, allora posso riuscirci anche iò. Di cosa ho bisogno per arrivare? Un grande nome? No. Un grande contratto? No. Una mente aperta, un cuore aperto, batterie cariche e via correre liberamente. Chi lo sa a fine stagione potremmo avere due pizza party”.
Nicola Sellitti
(da “La Repubblica”)
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Aprile 6th, 2016 Riccardo Fucile
STORIA DI DUE RINASCITE… “COS’E’ PIU’ IMPORTANTE: I SOLDI O LA VITA?”
Un fornaio e un senzatetto sono i protagonisti di questa favola buona che si svolge nella cittadina di Dole, nelle montagne del Giura, a est della Francia.
Una favola che parla di solidarietà , tempismo e riconoscenza, dimostrando quanto un incontro, talvolta, possa davvero salvare la vita.
Michel Flamant ha 62 anni e fa il fornaio da quando ne aveva 14.
Spesso Jèrà’me Aucant si metteva proprio davanti al suo forno a chiedere qualche spiccio ai passanti; e Michel, invece di cacciarlo via, lo invitava a entrare per offrirgli un caffè e un croissant.
È stata proprio la sua gentilezza — come riporta il Telegraph – a salvare Michel da un’intossicazione da monossido di carbonio che poteva costargli la vita.
Un giorno Michel stava infornando le sue delizie, come al solito, quando ha iniziato a sentirsi male. Il malessere e la debolezza, in realtà , duravano da alcuni giorni, esattamente da quando un tecnico era venuto a ‘riparare’ il forno, in realtà dandogli il colpo di grazia e innescando una fuga di monossido di carbonio.
Quel giorno la fuoriuscita ha raggiunto un livello letale: Michel ha perso i sensi, accasciandosi sul pavimento.
Se non fosse intervenuto Jèrà’me, sarebbe morto nel giro di un quarto d’ora.
Jèrà’me è entrato, ha visto Michel privo di sensi e subito lo ha trascinato fuori, chiamando i soccorsi.
I medici lo hanno preso per i capelli. Dopo due settimane Michel è uscito dall’ospedale, determinato a fare qualcosa per ringraziare Jèrà’me.
Così gli ha offerto un lavoro nel forno. In pochi giorni Jèrà’me ha conquistato la fiducia di Michel, al punto da spingerlo a un gesto ancora più estremo: ‘vendergli’ per la cifra simbolica di un euro l’intera attività a Dole.
Negli anni Michel, definito da tutti un gran lavoratore, ha aperto diverse panetterie in Francia e persino a Chicago.
D’ora in poi quella di Dole non apparterrà più a lui, ma a monsieur Aucant, che nel mentre si è tagliato barba e capelli e rimboccato le maniche per imparare a fare baguette e dolci buoni almeno quanto quelli di Michel.
“Cos’è più importante: i soldi o la vita?”, chiede ironicamente Michel.
“Non sono ricco, ma non m’importa nulla dei soldi. Voglio essere libero, stare in pace con me stesso. E se posso fare felice un’altra persona, tanto meglio”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 6th, 2016 Riccardo Fucile
IN UN MONDO DI EGO ARROVENTATI, LA GUIDI MERITA UN ATTESTATO DI UMANITA’
Sulla base degli elementi forniti dalle cronache, Federica Guidi appare come la versione
moderna della monaca di Monza.
Una donna ricca e potente cresciuta alla scuola della freddezza con l’unica missione di prendere i voti: imprenditoriali, nel suo caso.
Per l’erede designata di un impero nessun sentimento è contemplato, se non quello di compiacere l’amata e temuta figura del Padre.
I duri e le dure non si innamorano. Perciò, quando succede, si innamorano delle persone sbagliate.
Lo sciagurato Egidio dell’algida Federica è un accalappiatore seriale di «figlie di».
Prima porta all’altare la figlia del cittadino più ricco di Siracusa, poi compie il salto di qualità e si fidanza con l’erede di uno degli uomini più ricchi d’Italia.
Gianluca Gemelli non è certo un adone, ma ha il talento dei veri seduttori: fare sentire uniche e desiderate le donne che non si sono mai sentite nè l’una cosa nè l’altra.
La Guidi è severa per educazione e ruolo, ma con lui si scioglie e impara ad amare, cioè a dare senza condizioni.
Quando scoppia lo scandalo del petrolio, per un attimo sembra di assistere al ribaltamento dello schema maschilista, con una femmina di potere che elargisce favori al sottoposto.
Ma poi viene diffusa l’intercettazione in cui la sventurata accusa tra le lacrime il suo Egidio: «Tu mi stai utilizzando».
E il quadro vira di colpo verso uno scenario più tradizionale: la donna innamorata, succube di un furbissimo principe ereditario.
L’antipatica Guidi ha sbagliato per amore di un uomo sbagliato.
Non è un’attenuante, ma in quel mondo di ego arroventati è quantomeno un attestato di umanità .
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Aprile 6th, 2016 Riccardo Fucile
“UN FIGLIO PUO’ GIUDICARE SUO PADRE, MA SE LO DEVE TENERE PER SE'”
La mafia cos’è? “Non me lo sono mai chiesto, non so cosa sia. Oggi la mafia può essere tutto e nulla. Omicidi e traffico di droga non sono soltanto della mafia”.
Dopo le polemiche, le richieste di chiarimenti, l’intervento della Bindi, il forfait di Bersani ecco l’intervista di Salvo Riina, figlio del boss con un libro in uscita, nel salotto di Porta a Porta.
“Un figlio può giudicare suo padre, ma se lo deve tenere per sè, non può andare in giro a dirlo in pubblico — dice intervistato da Bruno Vespa -. Per me lo Stato è l’entità in cui vivo, questo per me è lo Stato. Io rispetto lo Stato, l’ho sempre rispettato, magari non condivido determinate leggi o sentenze. Se condivido l’arresto di mio padre? No, perchè è mio padre. A me hanno tolto mio padre”.
Boss stragista condannato, tra le altre cose, per i massacri di Falcone e Borsellino. “Io non giudico Falcone e Borsellino. Qualsiasi cosa io dico sarebbe strumentalizzata. Se io esterno un parere su queste persone viene strumentalizzato, io ho sempre rispetto per i morti, per tutti”.
Della strage di Capaci però ha ricordi netti: “Noi solitamente uscivamo con la nostra compagnia e sentimmo un sacco di ambulanze, spesso se ne sentivano, ma questa volta c’era un viavai di ambulanze e auto della polizia che andavano verso Capaci. Ci dissero che avevano ucciso Giovanni Falcone. Restammo tutti ammutoliti, poi tornammo a casa e c’era mio padre che guardava il tg. Non mi venne mai il sospetto che mio padre era dietro gli attentati”.
Trentanove anni, mafioso pure lui con una condanna a 8 anni e 10 mesi completamente scontata, l’uomo vive a Padova, dove è stato inviato al soggiorno obbligato dopo la scarcerazione.
E dall’alto di questa esperienza che forse può dire: “Solo in Italia succede ciò. In tanti altri Paesi democratici non succede che un pentito che dice di aver commesso centinaia di omicidi non fa neanche un giorno di carcere. Poi accusano le persone, le mandano in carcere poi tornano a fare quello che facevano prima. Si poteva scegliere di fa scontare un minimo delle cose che avevano fatto”.
Della sua famiglia fa un quadretto. La vita nella famiglia era “giocosa” e “piacevole”, c’era un “tacito accordo”. “Molti penseranno che è un libro reticente” ma “i rimproveri non toccano a me”. Lo afferma, nell’intervista a Bruno Vespa a Porta a Porta, Salvo Riina, il figlio di Totò Riina.
Riina, raccontando della sua vita, parla di “un’infanzia molto serena, perchè a casa nostra non ci hanno mai trasmesso determinate problematiche che potevano vivere i miei genitori”.
E a Vespa che gli chiede se si è mai chiesto perchè non andasse a scuola, Salvo Riina replica: “Per noi non era normale ma non ci siamo mai chiesti perchè non ce le facevano queste domande, eravamo una sorta di famiglia diversa, abbiamo sempre vissuto un po questa vita diversa dagli altri. L’arresto mio padre è stato uno spartito. C’era — prosegue — una sorta di tacito accordo familiare, noi eravamo bambini particolari, il nostro contesto era diverso, abbiamo vissuto anche in maniera piacevole, nella sua complessità è stato come dire un gioco”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 6th, 2016 Riccardo Fucile
E UN ITALIANO SU DUE CHIEDE LE DIMISSIONI DELLA BOSCHI
Lo scandalo che ha travolto il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi fa sentire il
proprio effetto sulle intenzioni di voto degli italiani, penalizzando il Partito Democratico.
Lo dicono i sondaggi realizzati da Euromedia Research per Ballarò.
Alla domanda “Chi voterebbe oggi?”, il 30,7% degli intervistati ha risposto che sceglierebbe il Pd, in forte calo dell’1,8% rispetto alla scorsa settimana.
Guadagna terreno il Movimento 5 Stelle, che fa segnare un +0,5% e sale a quota 25,5%.
Ancora meglio fanno Sinistra Ecologia e Libertà e Sinistra Italiana: +0,7% sulla settimana passata, al 4%.
Flessione dello 0,2% per la Lega Nord, a quota 14%.
Più consistente il calo di Forza Italia, che perde lo 0,4% e scende al 13,5%.
Gli effetti del caso Total si fanno sentire anche sulla fiducia che gli italiani ripongono nel governo Renzi, che si attesta al 26,7%, -2% rispetto a sette giorni fa.
Male anche il capo del governo: il 29,9% degli intervistati sostiene di aver fiducia in Matteo Renzi, l’1,6% in meno rispetto all’ultima a rilevazione
Euromedia Research ha sondato gli italiani anche sulla vicenda che ha portato alle dimissioni del titolare del Mise.
Il 79,4% degli interpellati ha detto di condividere le dimissioni di Federica Guidi, contro il 6,5% di coloro che si sono detti contrari e il 14,1% di chi non ha espresso un parere.
Alla domanda “Si dovrebbe dimettere anche il ministro Boschi?”, il 54,6% ha risposto in maniera affermativa, il 28,7% ha risposto di no perchè il fatto che sia citata nelle carte non costituisce reato e il 16,7% non ha un’opinione in merito.
Ma in pochi credono che il governo rischi di cadere sul voto di fiducia: solo il 29,1% sostiene che l’esecutivo possa concludere la propria corsa, per il 49,6% la compagine governativa supererà indenne la prova; i “non so” sono il 21,3%.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 6th, 2016 Riccardo Fucile
CANTONE: “E’ UN TERRENO DI SCORRIBANDA PER I DELINQUENTI, AGIRE SULLE LISTE DI ATTESA”
«Penso che la sanità , per l’enorme giro d’affari che ha intorno, non può essere sottovalutata ed è un terreno di scorribande per delinquenti di ogni tipo. Abbiamo comunque una sanità che assicura standard elevatissimi, ma la corruzione abbassa anche il livello dei servizi».
A dirlo il presidente dell’Autorita nazionale anti-corruzione Raffaele Cantone, in occasione dell’incontro “Curiamo la corruzione” a Roma.
«Sui numeri sarei molto cauto – dice riferendosi alle cifre relative alla corruzione in sanità – ma credo però che vi sia un problema molto significativo, sia di sprechi sia di fatti corruttivi. Siamo intervenuti mettendo in campo un nuovo piano anticorruzione concordato anche con i tecnici del ministero della Salute e prossimamente firmeremo un altro protocollo per andare a controllare come i piani anticorruzione vengono applicati dalle singole Asl. Non si può intervenire solo con la repressione, ma mettendo in campo una serie di strumenti preventivi che cambino la mentalità ». L’allarme corruzione, secondo Cantone, riguarda episodi accertati nel 37% delle Asl. «Contro la corruzione nella sanità abbiamo messo in campo strumenti nuovi, abbiamo fatto delle linee guida ed individuato gli snodi su cui intervenire: primo fra tutti quello delle liste di attesa, ma anche gli ambiti legati alle aziende farmaceutiche e persino, ad esempio, la gestione delle sale mortuarie», ha detto Cantone.
«Sarebbe bello che le liste d’attesa potessero essere trasparenti, ma ciò è molto difficile, perchè ci sono in gioco i valori della privacy. Dobbiamo però intervenire e fatti come quello di Salerno (dove sono stati effettuati arresti per mazzette sulle liste di attesa) mi inquietano».
Per questo nel «nostro piano anticorruzione – ha sottolineato Cantone – abbiamo indicato le liste di attesa proprio come una delle maggiori criticità ». Bisogna, ha concluso, «creare nella sanità anticorpi anticorruzione, a partire dagli operatori».
Naturalmente fondamentali saranno i controlli.
«Stiamo per firmare un nuovo protocollo con il ministero della Salute, per avviare stretti controlli al fine di verificare se le Asl si sono adeguate alle norme ed i piani anticorruzione; andremo cioè a controllare come i piani anticorruzione vengono applicati», ha spiegato Cantone.
«Lo faremo con i tecnici del ministero della Salute per capire se le Asl rispettano veramente tali norme o se si tratta solo di un rispetto sulla carta». Inoltre, ha sottolineato, «con l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali Agenas stiamo lavorando per mettere a punto un codice etico forte, che non sia però carta straccia».
Il punto, ha concluso, è che «non si può intervenire solo con la repressione e dopo, ma mettendo in campo una serie di strumenti preventivi che cambino la mentalità ».
(da “La Repubblica”)
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Aprile 6th, 2016 Riccardo Fucile
INFORMATICI, ANALISTI E PROGRAMMATORI: AZIENDE PRONTE AD ASSUMERE, MA MANCANO GIOVANI COMPETENTI
Ogni dieci, preziosi, vecchi cari posti di lavoro, in Italia ce n’è uno che è difficile da creare. 
Non mancano le aziende pronte ad assumere, bensì i lavoratori che le aziende ricercano.
In un Paese con la disoccupazione all’11,7% può sembrare un paradosso, ma purtroppo non lo è. Le aziende italiane cercano ingegneri che non ci sono mentre un giovane disoccupato italiano su due è pronto ad andare all’estero per lavorare.
OFFERTA SCARSA
Nel 2015 le imprese italiane avevano in cantiere l’assunzione di 722 mila persone: di queste 76 mila, il 10,6%, sono definite «di difficile reperimento»: l’offerta di lavoratori è scarsa e la ricerca può richiedere più di tre mesi.
Il testo sacro delle professioni, il Sistema Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro, individua due ragioni fondamentali all’origine della difficoltà : le competenze che non ci sono e i titoli di studio.
I lavoratori più richiesti d’Italia sono analisti di procedure informatiche, progettisti per l’automazione industriale, sviluppatori di software e app e consulenti per la gestione aziendale.
Tra i non laureati i compiti più ricercati vanno dalla riscossione crediti all’installazione di macchinari industriali, dagli addetti agli stipendi ai tecnici elettronici.
I dati dell’Istat sull’andamento delle professioni dal 2011 al 2014 registrano alcune tendenze significative: oltre alla crescita dei lavoratori tecnici qualificati, c’è un mondo di mestieri specializzati, ma non tecnici, dalla logistica alla cura della persona, che meriterebbe un focus a parte in un Paese che invecchia.
Fin qui l’Italia non si distingue di molto dal resto d’Europa. Ma nell’agricoltura e nel turismo c’è un mondo di potenzialità che si scontra con una qualità dell’offerta non sempre all’altezza.
IL PARADOSSO DIGITALE
I numeri delle caselle più difficili da riempire rivelano anche la rincorsa dell’economia italiana per entrare davvero nell’epoca digitale. Le imprese investono su nuove figure che consentano loro di fare un passo decisivo nell’automazione e nell’uso di algoritmi e software.
Tutto ciò mette in luce un aspetto tragicomico della complessità contemporanea: tra dieci anni molti lavori che non richiedono inventiva intellettuale o artigianale potranno essere replicati facilmente da robot in grado di imparare dal comportamento umano, con conseguenze sociali tutte da valutare.
IL MODELLO-BIELLA
Ma gli allarmi non servono, serve il lavoro e il progetto.
Un settore rilevante come quello della moda si appoggia su una filiera lunga di mestieri antichi e difficili da preservare, dalla sarta al chimico tintore.
Nel distretto del Biellese per combattere preventivamente la carenza di professionalità sono state create scuole superiori, corsi universitari e master per salvaguardare i mestieri del tessile.
La filiera che parte dalla fibra per arrivare all’abito confezionato è ancora una delle poche a essere rimasta intatta e questo richiede, in reparto, figure specializzate, dalla rammendatrice al disegnatore.
Uno dei lanifici più antichi, la Vitale Barberis Canonico, fondata nel 1663 a Pratrivero, investe in corsi di formazione con la famosa alternanza scuola-lavoro. «I ragazzi entrano in azienda, fanno pratica e vengono retribuiti – dice l’amministratore delegato Alessandro Barberis Canonico -. Nel nostro stabilimento oggi abbiamo 15 tirocinanti a tutti i livelli: tre neolaureati, dodici distribuiti in orditura, filatura e tessitura. Così nasce una professionalità . Poi saranno loro a decidere se proseguire con noi o prendere altre strade».
Beniamino Pagliaro, Paola Guabello
(da “La Stampa“)
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